La canzone, per chi non la riconoscerà, è degli Oasis, la
bellissima Wonderwall!
Buona lettura! =)
May Flower
I don't believe that anybody
feels
The way I do about you now
And all the roads we have to
walk along are winding
And all the lights that lead us
there are blinding
There are many things that I would
Like to say
to you
I don't know how…
…e anche l’ultimo raggio di sole di quella magica giornata scomparve dietro la
linea d’orizzonte.
Lentamente, portata dal vento, una foglia gialla si staccò dall’albero,
disegnando in aria alcune piroette e cerchi, fino a posarsi sulle pagine
invecchiate di un libro aperto a metà. Una mano la scostò gentilmente, e la
foglia tornò a disegnare qualche altra danza prima di cadere a terra, affianco alle sue compagne.
Presto sarà l’inverno, e tu verrai spazzata via, rovinata dalla gelida
neve..
La mano gentile, invece, scostò dal viso una ciocca di capelli, prima di
tornare a posarsi sul libro aperto. Gli occhi marrone,
rapiti dallo scorrere della lettura, non si accorsero di nulla, neanche del
fatto che si stava facendo buio.
“Interessante?” chiese una voce di donna, poco più distante. Ma la voce parve
disperdersi nel vento, perché gli occhi marrone non si
affrettarono ad alzarsi per guardare chi aveva parlato.
“Professor Lupin? È interessante il libro che sta leggendo?” chiese quindi di
nuovo, con un tono di voce leggermente più alto.
“Buonasera… sì, molto interessante!” questa volta il messaggio era arrivato, e la risposta non aveva tardato.
E gli occhi marrone, finalmente misero a fuoco una
ragazza, sulla quindicina, abbastanza alta.
Aveva indosso un grazioso vestitino autunnale con un tema colorato di azzurro e verde, mentre lunghi capelli rossicci erano
raccolti in un grazioso nastro. La ragazza notò lo sguardo perplesso del
professore, quindi, come se ci tenesse, si affrettò nel dire:
“è il giorno delle visite oggi… e mia madre mi ha pregato di vestirmi in questo
modo. E per un giorno l’anno ho voluto accontentarla,
ma tra poco corro a cambiarmi”.
“Difatti è la prima volta che mi capita di incontrarla vestita così, signorina
Tonks. Dovrebbe farlo più spesso, sta bene vestita
così!” azzardò il professore.
Lei arrossì vistosamente, fece un piccolo inchino per
ringraziare non trovando le parole.
“Che libro legge?” chiese per stroncare l’imbarazzante silenzio.
“I soliti di Creature Magiche… Bestie di Mondi Paralleli… “ rispose il
professore, mettendosi a sedere più comodamente tornando ad appoggiare la
schiena contro l’albero. Lei invece azzardò qualche passo avanti, con le mani
intrecciate dietro la schiena.
“Quindi anche le sue domenica pomeriggio sono dedicate
alle Creature Magiche, non solo tutto il resto dell’anno!” scherzò la ragazza.
“Non avevo di meglio da fare… dato che voi studenti eravate così presi da
queste inaspettate visite di parentele! A proposito: come mai lei è qui?”chiese
curioso Remus.
“Mia madre è dovuta tornare subito a casa… mio padre
invece, babbano, non ha mai messo piede qui ad Hogwarts, e non credo ve lo
metterà mai!” disse scherzosamente, facendo sorridere anche il professore.
“E come mai proprio da queste parti? Pensavo che questa zona del
Giardino… questo panorama… fosse stato dimenticato da
tutti..” chiese adesso il professore, curioso, mentre
la ragazza continuava ad avvicinarsi lentamente.
E gli studenti non avevano tutti i torti a tenersi lontani da quella zona: al
limitare della Foresta Proibita, dove il sole batteva di rado e la neve non
scioglieva fino ai primi di Aprile. Ve n’erano di
posti migliori di quello! Ma il panorama era
assolutamente fantastico da lì…
“é un bel panorama questo… specie al tramonto. E
soprattutto, lontano da occhi indiscreti, dove si può leggere tranquillamente
un buon libro, o fare una calma passeggiata di domenica sera senza essere
disturbati” rispose misteriosa lei.
“Ha ragione! Come vedo, abbiamo qualcosa in comune”
sorrise di nuovo Remus.
“Già…” sussurrò lei. Era arrivata ai piedi dell’uomo ancora seduto per terra
col libro chiuso in mano… si inginocchiò al suo fianco
con estrema lentezza e calma, quasi come per paura di rovinare quell’armonia
stabilitasi tra i loro corpi e tutto quello che li circondava…
Si posizionò di fianco a Remus, appoggiandosi con una spalla sull’albero. Le
gambe incrociate si accomodarono sull’erba e sulle foglie secche, a sfiorare le
gambe dell’uomo. Poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, poggiò una
mano sulla spalla di Remus, mentre con l’altra cominciò ad accarezzare qualche
capello arruffato.
“Lontano da occhi indiscreti… perfetto per incontri segreti!” sorrise, prima di
poggiare le labbra appena inumidite sulle morbide guance di Remus.
Lui si girò verso di lei, le passò una mano fra i capelli e l’altra attorno
alla schiena.
“Mi sei mancata, Nin…” disse, accarezzandole la testa e lasciando cadere a
terra il nastro celeste, mentre le sue labbra finalmente si unirono con quelle
di lei per l’ennesima volta dopo tanto, troppo tempo, in un bacio passionale e
desiderato a lungo durante le noiose lezioni di scuola o le notti senza fine.
Le sussurrò quelle parole sul collo, proprio come a lei piaceva, e rise
divertita.
Rideva sempre, ogni volta che la chiamava Nin.
Ricordava il primo loro incontro come se fosse ieri… Remus disperatamente aveva
cercato una soluzione, dato che la ragazza odiava il
suo nome (Ninphadora) e di certo non poteva chiamarla per cognome… come un
professore ad uno studente… ehm… bè, in effetti lo erano! Ma
non nei loro momenti…
“Bè allora posso chiamarti Nin… Nin è carino! E
buffo… proprio come te”
“Anche tu mi sei mancato” disse lei a sua volta, prima di tuffarsi nelle sue
braccia appoggiando la testa sul suo petto. Chiuse gli occhi: adorava farlo in
quei momenti di pace, quando poteva sentire il profumo di lui,
senza curarsi di tutto il resto. Gli unici momenti di pace, dal momento che non
esattamente tutta la scuola era al corrente della loro
storia.
Remus, a sua volta, la strinse a sè… e tornò a poggiare
la testa verso l’albero, pensieroso.
“A che pensi?” chiese lei dopo alcuni istanti.
“A niente” mentì lui. A qualcosa si doveva pur pensare, sempre. Ma lei non indagò oltre. Si stava facendo buio, presto si
sarebbe avvicinata l’ora di cena, e chissà dopo quanto tempo si sarebbero rivisti. Come… o dove!
“Forse dovremo rientrare… è tardi”propose Remus.
“Già.. vado prima io allora” si levò da quella
posizione facendo un tremendo sforzo contro la sua volontà, per tornare in
ginocchio. Prima di alzarsi, gli stampò un nuovo ed ultimo bacio, morto lì
troppo presto. Ma era davvero troppo tardi.
“Sì vai… vai!”
Così si alzò da terra. Remus la seguì con lo sguardo che si allontanava verso
il Castello con la sua solita camminata buffa. Ormai aveva imparato ogni piccolo
dettaglio di Nin, tutte quelle piccole cose che rientravano nella sua
quotidianità. La sua camminata buffa era inconfondibile anche a chilometri di
distanza. Oppure il modo di vestirsi abbastanza trascurato (ad eccezione di
quella magica domenica pomeriggio), o il modo di mangiucchiarsi le unghie… e il
modo di trovarla diversa ogni mattina, a seconda di
come aveva in mente di tenere i capelli! Si stava troppo affezionando, e forse
non doveva…
Dopotutto, una ragazza così eccezionale aveva bisogno di un ragazzetto in
gamba, e non di un Lupo Mannaro nonché suo professore,
oh no.
Assorto nei suoi pensieri, raccolse il libro da terra e si tirò in piedi.
Era cominciato tutto per scherzo con lei: da quando Peter,
james e Lily erano morti e Black aveva comprato un
biglietto di sola andata per Azkaban, Remus aveva vagato per qualche anno in
giro per la Londra Babbana. Poi, la
inaspettata lettera da Silente, che lo invitava ad insegnare ad Hogwarts
come assistente di Cura delle Creature Magiche: sapeva di aver ricevuto pietà
da Silente, ma non ci pensò su più di tanto ad accettare, anche se lo stipendio
non era dei migliori, sempre meglio della vita che aveva condotto a Londra.
Ed ecco che, un giorno, per un fortuito caso, Silente ammette ad Hogwarts una
ragazzina Metamorfomagus, una cugina di Black.
“Una Metamorfomagus, è una parente di Sirius
Black, sa chi sei… o almeno sa che una volta tu e suo cugino eravate in buoni
rapporti. Era molto legata a lui. Tienila d’occhio, Remus, è una Metamorfomagus abbastanza inesperta e non controlla appieno
i suoi poteri. Ho pensato che magari potresti
aiutarla…”
gli aveva spiegato Silente. E da allora si erano
conosciuti.
Da subito Remus si accorse di quanto era in gamba, anche se molto
distratta e molto pasticciona, ma dalla mente brillante. Si era distinta
molto in fretta dal resto della sua classe, e piano piano
aveva imparato a controllare i suoi poteri.
“La ringrazio, professor Lupin! Ora riesco a
controllare quasi bene i miei poteri. Mi chiedo come lei
sappia tutte queste cose”
Ovviamente Nin non era a conoscenza della sua duplice vita, del suo essere
Mannaro. Nessuno lo sapeva, tranne ovviamente il corpo
insegnanti. E nessuno doveva saperlo,
altrimenti Remus avrebbe rischiato il suo posto di lavoro.
Col tempo, i rapporti tra i due si erano saldati: molto spesso Nin si fermava a
studiare con lui sempre in cerca di approfondimenti
vari per arricchire la sua già vasta cultura su praticamente tutto. E Remus ne era più che entusiasta di accontentarla!
Proprio durante questi tempi che Remus imparò a conoscere ogni singola cosa di
Nin e Nin di Remus. Proprio di questi tempi che Nin lo baciò
per la prima volta. Inutile dire che lo lasciò spiazzato…
In una delle loro “riunioni di studio”, Nin si era
alzata per andarsene, ma scattò indietro per ringraziarlo con un fugace bacio
sulla bocca.
“Ed ora eccomi qui a seguirla da lontano…”.
Sospirò.
* * * * *
La domenica era passata, ed anche il lunedì successivo. Più i giorni passavano,
più si avvicinava il nuovo Plenilunio.
Come al solito, Severus era stato così ehm… gentile,
da preparargli la Pozione, che Remus avrebbe dovuto bere qualche tempo prima
del tramonto. Così, a fine giornata, un ultimo fugace
sguardo verso il tavolo dei Corvonero dove Nin le rispedì un largo sorriso. Si
alzò, e uscì di gran carriera dalla Sala Comune pregando che la ragazza non lo
seguisse come avvolte era solita fare. Una volta lontano dagli schiamazzi
provenienti dalla sala, cominciò a correre per i corridoi, su per le scale e
raggiunse la sua stanza… la Pozione era lì sul tavolo.
Aveva il brutto presentimento che qualcuno… Nin, potesse entrare da un
secondo all’altro, così bevve di fretta tutta la Pozione, si spogliò del
Mantello pulito che aveva indosso e ne indossò uno
liso buttato su una sedia di fronte a lui prima di uscire di nuovo dalla sua
stanza.
Senza poche scuse, si era congedata dalle sue amiche fingendo un mal di pancia
pazzesco, quindi era scivolata via dalla rumorosa Sala Grande. Remus l’aveva guardata, forse voleva stare un po’ con lei!
Difatti eccolo lì, dietro una colonna. La guardò, poi con uno
strano cenno alla testa la invitò a seguirla. Indossava uno strano
mantello tutto sporco che non gli aveva mai visto indosso prima… ma non si fece
altre domande, si strinse nel suo e cercò di seguirlo, nonostante Remus correva
come un pazzo. Chissà cosa aveva in mente!
Girarono per il corridoio principale, Remus correva ancora e lei non riusciva a
stargli dietro, quando lo vide sgusciare fuori nel giardino dal portone
principale.
Tonks si fermò, perché Remus era così strano? Perché
non la stava aspettando?
Forse aveva in mente una…. sorpresa? Magari per lei?
Animata da questo pensiero, lasciò cadere la sua borsa a terra e cominciò a
correre anche lei verso il portone, quindi lo aprì e anche lei scivolò fuori
nel buio… eccolo lì di nuovo, non aveva affatto arrestato
la sua corsa forsennata. E si stava dirigendo verso…
“… il Platano? Se non si ferma andrà a sbattergli
contro… “ sussurrò a sé stessa.
Difatti l’uomo si fermò; si imbambolò come stesse
fissando qualcosa… e il Platano Picchiatore cominciò a muoversi ed agitarsi…
Tonks era al corrente della pericolosità del Platano Picchiatore, e sembrava
che Remus non si fosse accorto di nulla, restava lì imbambolato.
“Remuusss!” gridò più e più volte, ma l’uomo sembrava
non sentire la sua voce. Così decise di avvicinarsi, e cominciò a correre sul
prato.
Era quasi arrivata, quando il Platano Picchiatore (che nel frattempo aveva
aizzato un grosso ramo verso Remus) si bloccò
all’istante, immobile, ed una specie di varco strettissimo si aprì ai piedi del
grosso albero, dove Remus parve scomparirvi dentro. Indecisa su dafarsi e incredula, si buttò all’inseguimento dell’uomo,
arrivando ai piedi del grosso albero appena in tempo, prima che quest’ultimo ricominciasse ad agitarsi.
“Uhff… per un pelo” disse, accostandosi su una parete
di quel che sembrava un lunghissimo tunnel senza fine, per riprendere fiato.
Ma adesso aveva un altro problema: era sola, era buio,
faceva freddo e soprattutto: di Remus nessuna traccia. Non poteva neanche
tornare indietro, volendo, non distingueva più il passaggio da cui era entrata…
e non aveva la bacchetta con sé, lasciata dentro la borsa…
“Accidenti!” disse, battendo i pugni all’aria.
Si levò da quella posizione e cominciò a camminare dritto davanti a sé. Remus
era entrato, di questo ne era sicura! Quindi non
poteva non essere lì, o oltre la fine di quel tunnel.
Passarono interminabili minuti, il tunnel non accennava di finire, era sempre
più freddo ed umido, Tonks stava quasi per perdere le speranze, quando una
flebile luce la colpì appena il tunnel svoltò leggermente.
“Finalmente!”disse, accellerò l’andatura, fin quando
arrivò ai piedi di una scalinata breve, fatta di terriccio e radici. Si aiutò
con le mani per salire, e quando fu su entrò in una
costruzione, una casa rovinata dal tempo piena di polvere. Travi in legno buttati qua e là bloccavano un’entrata alla sua
destra, mentre alla sua sinistra una seconda scalinata, questa volta di legno e
con tanto di scorrimano, anche se impolverato e
scheggiato. Una lampadina sopra la sua testa oscillava ogni
qualvolta qualche spiffero di vento entrava da una finestra rotta. Aveva
un non so che di spettrale familiare quella
casa… così buia…
Poi, uno sbuffo di vento proveniente da quello che una volta doveva essere un
camino la fece sobbalzare dalla paura, tanto che inciampò e cadde con la faccia
su un divano durissimo, sollevando una quantità enorme di polvere. Alcuni topi
squittirono da sotto il divano, mentre alcuni pipistrelli, dapprima dormienti
su una delle travi del soffitto, volarono per tutta la stanza, prima di
scomparire fuori o su per la cappa del camino.
“Uhuu” rabbrividì, rialzandosi senza neanche
spolverarsi, tanto era impossibile. Fece qualche passo indietro dopo aver
sentito un rumore proveniente dal piano di sopra.
Forse Remus era lì…
Se mi ha giocato un brutto scherzo giuro che...
Prese a salire le scale in tutta furia, scricchiolando di tanto in tanto… una
luce proveniva da una stanza a destra, con molta calma si affacciò dentro,
appoggiandosi alla porta.
Ma la stanza era deserta… un mezzo letto con le molle
saltate per aria era al centro della stanza, un comodino pieno di… raschi…
uno specchio rotto.
Un ombra alle sue spalle, uno scricchiolio e una mano
che le tappava la bocca… voleva urlare ma la mano le stava otturando le vie di
respirazione, non riusciva a parlare…
“Zitta! Sta zitta e ferma…” le sussurrò una voce
all’orecchio. Era Remus, smise di agitarsi. Lui la
lasciò e si voltò.
“Sei pazzo! Dove mi hai portato, potevi aspettarmi almeno!” disse, cacciando
fuori tutta la rabbia accumulata in tutti gli istanti di terrore appena
vissuti.
Remus la guardava strano.
“Tu sei pazza, che ci fai qui!!!!!”urlò poi, a sua
volta.
“Non dovevi seguirmi! Chi ti ha detto di farlo! Vai via, ora
subito VELOCE!” urlò ancora più forte. Tonks non sapeva cosa fare,
immobile a fissarlo. Perché era così furioso, e
soprattutto cosa era venuto a fare lì?
“Ma tu… insomma, tu mi hai fatto cenno con la testa di seguirti e… eri dietro
la colonna…” tentò. Ma forse Remus non le aveva fatto
nessun cenno, prima al Castello… era frutto della sua immaginazione?
“Quale cenno? Che colonna, io non ti ho vista! Tu non puoi stare qui!”disse lui, agitatissimo. “Ma
perché! Cos’è questo posto! Remus!” disse, cominciando
ad agitarsi anche lei.
“Senti” disse lui, facendo qualche passo avanti prendendola
per le spalle, “non c’è tempo per le spiegazioni. Ti chiedo di
andartene, e in più fretta possibile” disse. Tonks lo
guardò più attentamente… alcuni peli cominciarono a crescere a vista d’occhio
in faccia, gli occhi cominciarono a scurirsi e a diventare più grossi,
taglienti… i capelli ad allungarsi, avvertiva una strana sensazione anche sulle
sue spalle dove un ammasso di pelo la stava dividendo dalle mani di Remus.
“C-cosa…” disse spaventatissima.
“T-ti prego… la via… al contrario… vai Nin, vai…
prima che sia.. troppo.. troppo ta-tardi…
VAI!” si staccò da lei spingendola verso le scale, mentre col poco
autocontrollo che gli era rimasto, fece dietro-front e scomparì in una delle
stanze buie della casa.
Lei decise di fare come aveva detto Remus. Non ci stava capendo nulla, con le
lacrime agli occhi tentò di fare un breve resoconto di quanto stava per
accadere.. forse non doveva andare via, doveva aiutare
Remus, stava diventando un ammasso di peli!
Tornò al piano di sotto fino alla breve scalinata di terra, scese
maldestramente proprio quando un terrificante ululato fece tremare tutta la
casa. Poi, un rumore di zampe pesanti cominciò a farsi sentire che zampettavano
per tutta la casa. Tonks si strinse attorno al mantello, avrebbe voluto urlare
dalla paura, ma si trattenne coraggiosamente, prima di iniziare la folle corsa
lungo il tunnel.
Era quasi a metà, quando un secondo ululato avvertì Tonks che molto
probabilmente Remus era sceso sotto al tunnel.
“No!” gridò questa volta, si voltò ma subito riprese la corsa, urtando di tanto
in tanto verso le pareti. Anche la bestia cominciò a
correre dietro di lei, la sentiva sempre più vicina…
Finalmente arrivò alla fine del tunnel. L’ingresso non si vedeva,
così Tonks cominciò tastoni a trovare qualcosa, qualche leva, maniglia,
per poter aprire quel dannato passaggio!
Intanto la bestia si avvicinava sempre di più, ringhiando… aveva una paura
pazzesca.
“Se solo non avessi lasciato la bacchetta, accidenti ACCIDENTI!”
disse.
Era la fine, la bestia l’aveva raggiunta, aveva perso le speranze, quando sentì
con la mano qualcosa che assomigliava ad un rametto… o una radice! La tirò su e
giù, nulla. Verso di lei: niente.
“APRITI MALEDETTA!” la tirò verso la parete e finalmente uno spiraglio di luce
di una grossa Luna Piena la beccò in piena faccia… si tirò su verso l’uscita e
questa si richiuse dietro di lei proprio in tempo.
Il Platano era calmo immobile, proprio come quando era entrata… e ne approfittò per scappare via, verso il Castello.
Quando rientrò fu così sfortunata da essere sorpresa dal custode Gazza.
“Cosa ci fa qui una Corvonero, dovresti stare al letto, l’ora di gironzolare è
scaduta da tempo!”le disse, con un ghigno malefico in volto.
“Sono venuta per… ehm… ritrovare la mia borsa, infatti eccola lì, grazie signor
Gazza!” disse lei, intravedendo la sua borsa buttata a terra proprio come lei
l’aveva lasciata qualche ora prima, scappando dalle grinfie del Custode
ammutolito.
Recuperò la borsa, sentendosi rilassata al tocco con la bacchetta, e corse via
verso la sua Sala Comune, pensando a Remus… era forse il caso di avvisare
Silente che Remus era in pericolo? E come spiegare in
fatto che lei sapesse cosa gli stava succedendo? Forse avrebbe messo nei casini
Remus… forse invece poteva salvargli la vita..
Ma, alla fine, optò per non dire nulla a nessuno. O
almeno per quella notte.
* * * * *
La mattina seguente, si alzò dal letto, si vestì in fretta e furia e scese in
Sala Grande una delle prime. Prese posto dove poteva
ben controllare l’ingresso ed il tavolo Professori… eppure la Sala Grande si
riempì poco a poco, Tonks parve non accorgersene neppure. Ma
di Remus, neanche l’ombra.
Così, aspettò il momento opportuno, che si presentò poco dopo quando Silente si
alzò da tavola da solo; lei lo imitò e lo raggiunse appena sulla soglia.
“Professor Silente… professore?” lo chiamò.
“Signorina Tonks… c’è qualcosa che non va?” rispose lui, con il suo solito
sorriso tirando su col dito gli occhiali a mezza luna.
“Bè, ecco… dovevo… dovevo consegnare una relazione al Professore Lupin ma non
l’ho visto e mi chiedevo..”tentò. tutta la notte aveva
pensato all’eventualità di mentire dapprima, e così aveva fatto.
“Il professore purtroppo è malato in camera sua, per due giorni non frequenterà
le lezioni, mi spiace.” disse lui dispiaciuto.
“Quindi è in camera sua??? E sta bene???” chiese molto curiosa, senza pesare
bene le sue parole.
“Certo che è in camera sua, ma non mi pare il caso di andare a disturbarlo. La
tua relazione potrà aspettare!” disse, e sorrise di nuovo.
“Oh oh certo professore, non volevo intendere…
va bene, grazie!”disse, arrossendo come un peperone.
Così sta bene…
Un sorriso ebete si dipinse sul suo volto, così si tirò su la borsa e corse
via, la campanella era appena suonata.
Due giorni erano trascorsi molto lentamente. Tonks si divideva tra la sua Sala
Comune e la biblioteca, doveva studiare molto quest’anno
per i suoi G.U.F.O., inoltre
tendeva a distrarsi molto facilmente ogni qualvolta qualcosa la faceva pensare
a Remus.
Ripose i libri nella borsa, stanca, almeno per oggi, di studiare… si trascinò
fuori dalla biblioteca verso la Sala Grande per la cena. Remus non si era fatto vivo neanche quel giorno, magari stasera l’avrebbe
trovato lì, seduto al tavolo dei Professori. Difatti era lì!
Quasi meccanicamente si era girata verso il tavolo e lo aveva visto parlare
animatamente con la McGrannitt, quindi lei gli sorrise.
Remus all’inizio parve non vederla, ma Tonks fu sicura di scorgere il movimento
dei suoi occhi scuri su di lei e di nuovo sul piatto che aveva dinanzi. Delusa,
continuò goffamente la sua camminata fino al tavolo dei Corvonero al solito
posto. Continuò a fissarlo per molto tempo, nonostante lui non si degnò di
guardarla neanche per un secondo. Fino a quando non si alzò
da tavola augurando la buonanotte ai colleghi per uscire via. Tonks lo
seguì poco dopo, con una nuova scusa per le sue compagne, verso la Guferia, dove scrisse un veloce bigliettino e lo legò alla
zampa di un gufo.
Il rumore di un becco che batte sul vetro lo distrasse… alla finestra, difatti,
vi era un piccolo gufetto che batteva eccitato alla
piccola finestrella. Remus corse ad aprirla, permettendo al
gufo di planare dentro. Gli sfilò una lettera, due parole scritte su un
pezzo di pergamena, la scrittura era inconfondibile:
Caro Remus,
ho assolutamente bisogno di parlarti, di far chiarezza su tutto quello che è
successo la scorsa notte. Ho mille domande da porti, è per
questo che non puoi far finta che non esista. Sono stata davvero in
pensiero per te..
Nin
Rilesse il bigliettino. Non sapeva cosa fare. Ma non poteva evitarla, questo
era vero… così intinse una piuma al calamaio, e buttò giù due righe dietro la
pergamena:
Nin, vieni alla solita ora, nella mia
stanza.
Non sapeva cosa aggiungere, neanche firmò il foglietto e subito lo rilegò alla
zampa del gufo che, contento, viaggiò fiori dalla finestrella da dove prima era entrato.
Remus sospirò e si buttò sul letto. Non sapeva che fare, che pensare… e quel
che era peggio è che lei, proprio lei la sua Nin ci
era capitata di mezzo. In mezzo alla sua vita da vagabondo.
È strano… quando la vita sembra sorriderti per la prima volta… quando delle
persone speciali ti accettano per quello che sei, persone che non badano
affatto ai tuoi difetti… qualcuno è pronto lì a distruggerti tutto. Perché non è potuto morire anche lui con james, Lily e Peter? Perché anche le ultime
persone che lo avevano accettato lo avevano abbandonato così presto?
Forse si addormentò pensando a tutto quello… perché quando qualcuno bussò alla
porta molto violentemente trasalì dallo spavento.
“Ecco, eccomi…” disse, un po’ confuso.
Aprì la porta, sulla soglia c’era lei con un paio di libri
in mano.
“Dormivi? Scusami…” disse, vedendo Remus abbastanza arruffato. Lui la guardò
con uno strano sguardo, e lei capì al volo.
“Ah ehm sì… Professor Lupin, buonasera. Mi scusi ma ho bisogno di chiederle una
cosa riguardo la Creatura che abbiamo studiato ieri a
lezione!” disse, alzando di poco il tono della voce.
“Non si preoccupi signorina Tonks, entri pure…” disse, e con un gesto da
galantuomo la fece accomodare dentro.
Era solito chiudersi la porta dando le spalle alla stanza dopo aver recitato quella
solita scenetta (a scanso di equivoci, qualora
qualcuno fosse passato di lì in quei momenti), tanto che Nin le sarebbe saltata
addosso appena la serratura fosse scattata. Ma questa
volta non successe nulla. La serratura scattò, e con grande
dispiacere di lui(riluttante anche nell’ammettere quel desiderio con se
stesso), nessuna Nin le si attaccò al collo.
Si voltò, lei si era seduta sul letto, quindi Remus preferì sedersi su una
sedia, come per rimanere a debita distanza.
“Mi ero appisolato” disse lui, per rompere il silenzio, “Ma non preoccuparti”
aggiunse subito dopo.
Tonks alzò le spalle, poggiò il libro sul letto ed incrociò le mani, non
sapendo da dove cominciare. “Spiegami… perché ti sei trasformato in un ammasso
di peli, perché il Platano Picchiatore si è fermato per farci passare sotto
quel tunnel, perché mi sono spaventata a morte!!” disse finalmente, liberandosi
di un enorme peso che portava da tre giorni.
“Non l’hai ancora capito? Eppure non è difficile…”
disse lui, abbassando lo sguardo. Lei non aggiunse nulla, era un attesa di una risposta.
“La Luna Piena, il mio periodico assentarmi dalle lezioni mensilmente, la mia
trasformazione in un ammasso di pelo, non ti dice proprio nulla? Lupo Mannaro,
questo neanche ti fa riflettere???” disse, con un tono
quasi arrabbiato.
Lei tacque ancora. L’unica cosa che riuscì a fare fu… ricacciare indietro una
lacrima che minacciava pericolosamente di scivolare via.
Remus si alzò dalla sedia, cominciò a passeggiare avanti e indietro.
“Tuo cugino Sirius… lui e altri, gli unici amici che io abbia
mai avuto, ogni mese potevano trasformarsi con me, da Animagi, ed accompagnarmi nella Stamberga Strillante
passando da un tunnel, scavato sotto il Platano Picchiatore. Non potevo
rimanere qui al Castello durante le mie notti da Lupo Mannaro, ero troppo
pericoloso, avrei potuto uccidere qualcuno. E quella sera avrei potuto uccidere te. È
per questo che adesso devi prendere i libri e andartene via, Nin”
sussurrò.
Lei rabbrividì, come al solito, quando la chiamò così…
il sussurro di quelle dolci lettere che quella piccola bocca, solo lei, osava
pronunciare per chiamarla. Quella bocca che tante volte aveva passionalmente
baciato, che le aveva sussurrato al collo tante parole dolci, quelle stesse
labbra che ora la stava scacciando via per sempre.
Privandola dell’unico spiraglio di vita, dall’unico pensiero
davvero felice che ogni giorno la alimentava, quel desiderio indispensabile.
“Non mi interessa se sei un Lupo Mannaro o meno,
Remus…”riuscì a dire. Aveva detto la verità, ma non tutta la verità, voleva digli di più, fargli capire che lui per lei era davvero
importante.
“Ma interessa a me” la riprese lui, guardandola negli occhi per la prima volta.
E la guardò, ne trovò il coraggio per la prima volta da quella sera.
Era ancora seduta su quel letto in una sua strana e goffa posizione, con una
mano dietro la schiena e l’altra in bocca… mangiucchiava, come al solito, le sue unghia…
Avrebbe voluto tanto sgridarla, come faceva sempre..
..e lei magicamente smetteva di mangiarsi le unghia, per cominciare la
tortura dei capelli! Quanto era buffa…
No, non poteva lasciarsi andare. Non immaginava neanche,
tempo fa, la pericolosità di quel bacio innocente. Non poteva immaginare
una sua alunna… una ALUNNA accidenti!
Ma Nin era qualcosa di più di una studentessa del quinto anno, per lui, non
sapeva cosa fare.
E, un’ultima volta, i suoi pensieri si rivolsero di nuovo a jamie…
a tutte le persone cui aveva voluto davvero bene, e che adesso non c’erano più,
scomparse chissà dove in un’altra dimensione o in un carcere… senza di lui.
“Mi spiace Nin… io… non posso.” aggiunse,
con un grosso sforzo.
“Ma COSA REMUS? Non sai altro che dispiacerti, ma non pensi a me? Pensavo fra di noi esistesse qualcosa di davvero speciale, e non
dire, per favore, di essere troppo vecchio per me, quello che davvero importa è
il bene che ti voglio! Ecco, te l’ho detto, ma a te non importa, sicuramente…
perché TU non puoi, a TE interessa… e io?Io non conto, vero? Il mio parere non
conta, vero? Credi che io potrei spifferare ai quattro venti
cosa sei? Non mi importa in cosa puoi
trasformarti… non mi importa se potresti farmi del male, so che non lo faresti
mai. Ma a te questo non importa” disse, in preda al
panico.
Non l’aveva mai vista così… era furiosa, arrabbiata… ed i suoi occhi erano
tristi. Non poteva aggiungere altro, aveva preso la sua decisione… Nin, la sua
piccola Nin, non poteva rischiare la vita solo per un piccolo capriccio, solo
perché lui, Remus Lupin, lei si era affezionato davvero. “REMUS!” gridò lei,
ancora e ancora.
Le si gettò ai piedi in ginocchio, cercandolo con lo
sguardo, ma lui continuava a girare la testa.
Così si alzò, lentamente… fece qualche passo verso la porta,e
prima di aprirla si girò verso l’uomo che le dava le spalle, che…
Quel modo di inclinare la testa in avanti mentre sorrideva e la prendeva in
giro… quel modo di legarsi con un codino i capelli… quel modo di incrociare i
piedi…
…tornò sui suoi passi, si piegò verso di lui… gli poggiò una mano sulla guancia
sinistra, mentre sulla destra gli stampò un piccolo bacio, sfiorandolo appena.
Remus spalancò gli occhi incredulo, stupito da quella
magica dolcezza. E non si mosse di mezzo millimetro, intento a sentire il profumo di lei di nuovo a contatto con la sua pelle..
Quasi straziante, il momento in cui lei si staccò ed uscì velocemente dalla sua
porta.
* * * * *
Presto sarà l’Inverno, e tu verrai spazzata via,
rovinata dalla gelida neve.. ma poi tornerà la Primavera, a ridare vita a fiori
e foglie,e tu potrai rinascere dalla tua tomba.
L’Inverno era passato, così come la Primavera, molto tranquillamente.
“Un anno abbastanza tranquillo, non trovi Ninpha? Gli
unici guai sono stati qualche esplosione di tanto in tanto
provenienti dall’aula di Pozioni… mi stai ascoltando? Cosa guardi?” chiese la rossa seduta di fianco a lei.
“Non chiamarmi Ninpha!” disse lei, di tutta risposta.
Aveva lo sguardo rivolto verso il Tavolo dei Professori. Da tre giorni Remus
non si faceva vedere e, cosa fondamentale, non era periodo di Luna Piena.
Da quella notte in camera sua, le cose fra di loro
erano cambiate… ridimensionate al rapporto Professore-alunna.
Non c’erano stati più incontri di studio, Tonks aveva passato le ultime due stagioni chiusa in biblioteca sforzandosi
notevolmente di più.
Si era promessa di non pensare più a Remus… anzi, al professor Lupin; doveva
dare i G.U.F.O. a fine anno,
non poteva permettersi distrazioni.
L’unico piccolo stralcio di conversazione extra che avevano avuto al di fuori
delle lezioni era stato quando lui, sì proprio lui, si
era presentato in biblioteca per restituirle i libri che quella notte aveva
dimenticato in camera, buttati sul letto.
“Grazie” le aveva risposto timidamente. Lui le aveva chiesto
come stava, prima di sparire di nuovo, per sempre.
“Ma tu non mi stai proprio ascoltando!” disse ancora la rossa.
“Senti, ho un terribile mal di testa, vado in infermeria” rispose Tonks. Uno
dei suoi soliti giochetti. Non poteva sopportarla ancora a lungo… così, decise
di tornare in Sala Comune.
Quella domenica mattina aveva molte cose da fare… da studiare, era meglio
mettersi al lavoro.
Arrivata su un Sala Comune, incrociò tutto il resto
delle compagne di stanza che scendevano a colazione, le congedò con una seconda
scusa trovata sul momento e salì le scale fino al quinto piano.
Spalancò la porta, notò subito un gufo appollaiato sul
trespolo del suo letto, poi una lettera sul letto e… un fiore, adagiato sulle
coperte.
Un bellissimo fiore arancio e rosa, dal gambo sottile e con
qualche spina, che non aveva mai visto. Uno spiraglio di vento gelido di inizio maggio quasi non fece volare via la lettera,
quindi si apprestò a chiudere la finestra, prima di afferrare la pergamena.
La aprì facendo attenzione a non strapparla, quindi estrasse un grazioso
bigliettino all’interno. Era di…
“R-remus…?”
Tremò, al sol pensiero di quello che poteva esserci scritto…
Cara Nin,
perdonami se l’unico modo che ho trovato per salutarti è questa lettera.
Sto lasciando Hogwarts, per sempre… Silente non ha potuto più assicurarmi il
posto, dato che da pochi giorni corrono voci per tutto
il Castello sulla mia natura… o almeno per un paio di anni non metterò più
piede al Castello.
Mentre tu leggi questa lettera, io mi affretto a fare i bagagli, tornerò a
Londra, forse c’è ancora un posticino per me in una vecchia biblioteca dove
tempo fa ho lavorato per un vecchio babbano.
Nin… vedi quel fiore?
È un modo per scusarmi, e ringraziarti di tutto. Niente di formale, se
non l’hai riconosciuto quello è un fiore che chiamano
Fiore di Maggio, cresce solo di questi tempi, ed è un fiore molto raro.
Stacca delicatamente i petali in senso orario, assaporane l’odore… ed esprimi un desiderio prima di aver finito.
È l’unico regalo che ho per te… forse, un giorno, il tuo desiderio si avvererà,
anche se sarà dura, come le spine sul gambo del May Flower.
Addio Nin, sappi che ti voglio comunque bene.
Remus
Prima di pensare qualsiasi cosa, prima di reagire, questa volta lasciò
scivolare la lacrima, che da tanto aspettava quel momento…
Poggiò la lettera sul letto ed afferrò il fiore delicato; si avvicinò alla
finestra e guardò fuori…
Lo vide per l’ultima volta, Remus, il suo Remus, salutare Silente e la
McGrannitt, per poi dirigersi verso i cancelli che lo avrebbero portato ad Hogsmeade,in seguito al
Binario,poi a Londra e, infine, lontano da lei.
Assaporò l’odore del Fiore di Maggio… chiuse gli occhi, e prima che ebbe finito
di staccare anche l’ultimo petalo, anche l’ultima lacrima cadde a terra,
confondendosi con le altre.
E dai fiori nasceranno dei nuovi frutti… in Estate.