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Autore: Lelahel    20/09/2013    4 recensioni
Chicago, 1923
"La Leonessa"
È con questo nome che la giovanissima cantante April Ford è conosciuta nella città di Chicago.
"L'Ibrido"
È con questo nome che è conosciuto il temuto e potente vampiro Niklaus.
Due persone completamente diverse, nella loro natura e nella loro personalità, ma le cui vite saranno destinate a incrociarsi proprio in una notte di fine estate, nella città di Chicago.
Il fuoco e il ghiaccio davvero non hanno nulla in comune?
[Dalla storia]
"Possibile che dove la notte è più buia ci sia tu?"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katherine, Pierce, Klaus, Nuovo, personaggio, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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http://www.youtube.com/watch?v=iIWHIvaK7DA

-Capitolo 11: Poison hearts will never change, walk away again

Don't waste your touch, you won't feel anything
Or were you sent to save me?
I've thought too much, you won't find anything...

Worthy of redeeming

(The Leaving Song by Afi)

Fu costretta ad ammettere che era particolarmente strano passare un'intera nottata senza dormire.

Il sonno era il miglior rimedio per i malanni delle giornate: Morfeo abbracciava le anime dei suoi caduti e le cullava, liberandoli di tutte le preoccupazioni e le paure che essi vivevano alla luce del sole.

Bastava chiudere gli occhi e abbandonarsi a lui, senza difese.

Ma non tutti i malanni potevano essere curati con il sonno, e perciò April non chiuse occhio per tutta la notte. Si limitò a passeggiare per le strade di Chicago, come un fantasma in cerca di un luogo da chiamare casa, riflettendo su quanto aveva scoperto poche ore prima e sulla proposta avanzata da Klaus riguardo il trasformarla in un vampiro.

Bevve un lungo sorso del secondo bicchiere di whisky di quelle sei del mattino, così tanto lunghe e tormentate da non passare mai. L'uomo oltre il bancone glieli aveva portati entrambi, riservandole un'occhiata gelida nel contempo, ma senza obiettare nulla. Visto l'aspetto trasandato della ragazza, doveva averla presa per una prostituta, ma dato che lei era disposta a pagare ogni bicchiere bevuto, si tenne i suoi pensieri per sé.

Trasformarsi.

La proposta di vivere per sempre, restare giovane per l'eternità e non dover temere mai più la morte era allettante per April. C'erano stati dei momenti, in quella notte, in cui aveva quasi pensato di andare da Klaus e accettare la sua proposta di renderla un vampiro, finché una vocina nella sua testa non iniziava a offuscarle il pensiero, ricordandole che c'era un qualcosa che la faceva tentennare riguardo quella decisione. Non sapeva spiegarlo con certezza, ma era qualcosa che aveva visto negli occhi di Klaus, Rebekah e Stefan, ed era un qualcosa che era a lei sconosciuto.

Bere whisky di prima mattina....non è molto femminile.”

Quello che parlò fu un'ombra, anch'essa seduta al bancone, e poco distante da lei.

April non si era nemmeno accorta di non essere sola nel locale, talmente i suoi pensieri l'avessero isolata dal mondo; guardò con la coda dell'occhio verso il possessore di quella voce sensuale e melodica, e appurò che si trattava di un uomo. Vedere il resto non le importava affatto.

Non farsi i fatti propri....è molto umano.” rispose di rimando, portandosi il bicchiere alle labbra e provocando un risolino da parte dello sconosciuto. Questi però doveva essere una di quelle persone che, più veniva respinta, e più si sentiva stimolata a rompere le scatole.

Accidenti, hai una bella lingua lunga per essere una che non ha dormito tutta la notte e che beve tranquillamente alcolici alle sei del mattino come uno scaricatore di porto!” esclamò, spalancando le braccia.

Guarda che quello che ha tutta questa voglia di parlare sei tu, non io.”

Il ragazzo si zittì per un istante e April lo vide muovere il capo in maniera tale da agitare lievemente i suoi folti capelli scuri. Sentì che lui stava scrutandola.

S'incontrano sempre molti cuori soli quando si vaga in mezzo a tanta gente.” disse lui, portandosi il suo, di bicchiere, alle labbra.

April fissò il vuoto davanti a sé.

Devi essere più disperata di me per ridurti a questo stato.”

A meno che anche tu non stia morendo, qui quella più disperata sono io.” April rispose prontamente, senza porsi limiti o problemi nel rivelare quell'atroce verità. Che importava se aveva appena rivelato una cosa talmente personale come quella a un emerito sconosciuto? Le erano rimasti giorni, ore, forse minuti di vita, e quindi non si sentiva più in dovere di rispettare alcuna regola che fosse di moralità.

Tesoro mio, io sono morto anni fa e ti assicuro...”

Risparmiati i questi discorsi pseudo filosofici del cazzo che voi uomini siete soliti fare quando volete infilarvi nel letto di una donna.” April si voltò verso di lui, ostentando un'acidità nel tono della voce che la rese irriconoscibile persino alle sue orecchie. “Io sto morendo davvero. Nel senso letterale della frase.”

Il ragazzo con cui stava parlando era di una bellezza irreale. Aveva scompigliati capelli scuri, che possedevano il colore del riflesso della notte sull'oceano; occhi cristallini in cui sembrava potersi specchiare, la pelle era bianca come il latte e le labbra rosse come il sangue. Era sicuramente un uomo che faceva cadere le donne ai suoi piedi ma April si chiese, amaramente, cosa se ne faceva un essere umano di qualcosa di così sfuggevole come la bellezza: la morte avrebbe portato via tutto, anche quella.

Sopratutto quella.

L'espressione, fino ad allora seria, del bel moro si trasformò immediatamente in una smorfia simile a un sorriso che la lasciò di stucco. Si poteva ridere in faccia a qualcuno che aveva appena confessato di stare per morire? Incredibile quanto la gente potesse essere sorprendente.

Allora, se questo è vero, sei davvero una stupida a passare il poco tempo che ti rimane bevendo in uno squallido bar piuttosto che vivere.” le disse, e alzò poi il bicchiere in aria come per fare un brindisi in suo onore. “Cincin, bellezza. Hai davvero capito tutto.”

April non replicò in alcuna maniera. Avrebbe dovuto essere arrabbiata con lui, per il modo in cui le si era appena rivolto e per averle riso in faccia malgrado avesse appena confessato di essere prossima alla morte. Ma non le importava; non trovava il senso di provare rabbia quando mancava davvero poco tempo alla fine. Aveva preso a vagare in quella notte buia semplicemente perché voleva schiarirsi le idee e pensare a come organizzare il tempo che restava. Peccato non avrebbe trovato alcuna risposta dentro di sé, visto che tutti i pensieri si erano improvvisamente ammutoliti e si rifiutavano di rispondere alle sue domande.

Tornò a guardare davanti a sé, e le parole le uscirono spontaneamente dalle labbra. “Ti piacerebbe vivere per sempre?”

Come scusa?”

Ti ho chiesto se ti piacerebbe vivere per sempre.” ripeté April, con voce incolore e voltando il proprio sguardo in direzione del ragazzo. Notò che lui la stava guardando con aria stranamente attenta, stringendo in mano il suo bicchiere di liquore. Era logico che fosse stupito; non era una domanda con senso logico quello che lei aveva appena posto, eppure il ragazzo le sembrò essere più turbato che sorpreso.

Fece spallucce. “A chi non piacerebbe vivere altre di queste vite?” rispose, nella maniera più ovvia in cui qualcuno avrebbe potuto rispondere.

April abbozzò un sorrisetto spontaneo, abbassando gli occhi sulle mani adagiate sopra il bancone e cullandosi in quelle parole.

Sì, a chi non sarebbe piaciuto?

Ma non tutti sopporterebbero una situazione simile. Vivere per l'eternità, intendo.” Il ragazzo riprese a parlare dopo qualche secondo di silenzio, quando April aveva iniziato ad ascoltare la voce della propria mente. “Insomma non tutti hanno la forza necessaria per vivere altri dieci, cento, mille anni!”

Tutti, nel loro intimo, sognano l'immortalità.”

Sì, la sognano...ma poi, nel caso la ottenessero, rimpiangerebbero il fatto di averla desiderata.” Il ragazzo si portò il bicchiere alla bocca, lasciando che il liquido all'interno gli accarezzasse le labbra. “Sai, all'apparenza sembrerebbe facile, ma non è così. L'eternità ha un prezzo e in pochi sono capaci di espiarlo: i ricordi si accumulano tutti nella tua testa, divenendo man mano sempre più offuscati fino a scomparire; le persone che hai amato, che ami e che forse avresti potuto amare diverranno polvere, mentre tu continui a vivere la tua esistenza, perdi tutti quei limiti e quelle regole che hai imposto a te stesso quando eri umano e così perdi te stesso. E tutti sanno quanto siano difficili da gestire, i cambiamenti, sopratutto se questi strabaltano completamente la tua natura, rendendoti una persona che non avresti mai voluto essere. Credi davvero di poter sorreggere un peso simile sulle tue spalle, bellezza?”

April ci rifletté su per qualche secondo. “Sì.” rispose.

No, non puoi.” Lui le puntò l'indice contro, sgranando i suoi grandi occhi cerulei su di lei.

La ragazza non poté nemmeno replicare in nessuna maniera, perché l'indecisione che aveva provato dentro di sé quando Occhi di ghiaccio le aveva rivolto quella domanda era completamente trapelata dalla sua risposta.

Perché aveva visto, aveva visto Rebekah, Stefan e Klaus giocare con la vita di quel bastardo di Christopher senza alcun rimorso nel loro sguardo, quasi non contasse nulla. E dubitava che loro, un tempo, quando erano umani, avrebbero mai fatto una cosa simile senza nemmeno pensarci mille volte prima di farlo. Perché il mondo cambia e gli uomini cambiano con lui, malgrado il pianeta cambi sempre e continuamente in peggio. Perciò non si può fare altro che abbracciare l'oscurità pur di sopravvivere. Era una cosa che succedeva nei brevi anni di un'umana esistenza, figurarsi se si viveva per sempre.

Ma lei non voleva morire.

Perciò cosa poteva fare?

Perché non mi reputeresti idonea?” domandò al bel ragazzo, guardandolo con la coda dell'occhio. Sperò che non fosse uno di quei fanatici religiosi che credevano in una vita immateriale dopo la morte, e che quindi voleva spingerla a donarsi a un qualche Dio o robe del genere. Ma visto il modo in cui beveva, e visto che sembrava un così detto tombeur de femmes, dubitava persino che potesse essere un comunissimo credente.

Mi sembri una di quelle persone che ha appena scoperto l'amore. Per la vita, per un uomo, per un cucciolo, io non lo so...ma te lo leggo negli occhi.” Il ragazzo la indicò nuovamente; allora fu chiaro quanto ubriaco fosse. “E credimi le persone come te, se ottenessero l'immortalità, diverrebbero le peggiori.”

E tu come fai a dirlo?”

Visto che, come la vecchia me, non dovresti credere nell'immortalità?, pensò poi.

L'espressione sul pallido e marmoreo volto di Occhi di ghiaccio si fece improvvisamente più serio. I suoi occhi sembravano fissare il vuoto, mentre scorrevano silenziosamente pagine di ricordi che lui aveva ben custodito dentro di sé. “Il mondo mi ha insegnato che chi ama troppo è sempre quello che paga il prezzo più alto.” disse. “In un modo o nell'altro.”

Scese ancora il silenzio; Occhi di ghiaccio continuò deliberatamente a non guardarla, preferendole il bicchiere vuoto davanti a sé, mentre April lo guardava attentamente, valutando le sue parole.

Fino a quando, sentì il bisogno incessante di tornare a casa. Troppe voci inondavano i suoi pensieri.

Scattò in piedi, prendendo la pochette dal bancone e le scarpe che aveva adagiato sul pavimento, e si avvicinò a passi rapidi al ragazzo. “Posso sapere il tuo nome?” gli domandò.

Lui fece un gesto di stizza con la mano, storcendo le labbra. “Senti, se vuoi fare sesso basta chiedere.”

Non voglio...” April stava per rispondergli stizzita, ma si trattenne dandosi un morso sulle labbra. Era ironico come lui, malgrado la frase ricca di malizia, le avesse provocato un senso di ilarità; alzò gli occhi al cielo e prese un lungo respiro. “Dai, come ti chiami?”

L'altro ci mise qualche secondo prima di rispondere. “Damon.” disse, facendo ruotare un bicchierino tra pollice, indice e medio della mano destra, in un giochetto lento e ipnotico di cui lui nemmeno si rese conto, talmente venne di nuovo pervaso dai pensieri.

Damon...” ripeté lei, avvertendo una sorta di inquietudine standogli così vicina. All'apparenza sembrava calmo e tranquillo, ma bastava avvicinarsi per sentire la tempesta che aveva dentro. “Grazie.”

Per cosa? Non abbiamo ancora fatto sesso.” replicò lui, spalancando le braccia e alzando le spalle.

April sorrise e scosse la testa. Sentiva di nuovo le emozioni e i pensieri fluirle dentro, come un fiume che, mano mano che procedeva nel suo corso, si faceva sempre più impetuoso.

Damon, hai l'aspetto di un uomo che ha appena perso l'amore. Per la vita, per una donna, per un cucciolo, io non lo so...ma sappi che un giorno, forse vicino o forse lontano, ritroverai una ragione per tornare ad amare.”

Damon non si aspettò minimamente quelle parole, e lei lo capì dal modo in cui si voltò lentamente nella sua direzione e la fissò negli occhi. Si guardarono in quella maniera per molti minuti, quasi avessero ritrovato delle risposte, una speranza perduta, l'uno nelle parole dell'altra.

Nah, sto bene come sto. Pensa per te piuttosto.” le disse, alzando le mani come volesse scacciare una mosca, e girandosi di nuovo verso il bancone.

April era certa che lui non avrebbe aggiunto nient'altro, perciò si accinse a raggiungere la porta d'uscita del locale. Prima che lei varcasse la soglia e si lasciasse baciare dalle prime luci del mattino, Damon la guardò un'ultima volta.

* * * * * * * * * * * * * * * *

Quella mattina era iniziata proprio nel modo che Klaus si era prospettato, vista la notte a cui stava facendo seguito.

Noiosa.

Apatica.

Infinita.

Klaus aveva perso il conto dei minuti, delle ore-ed era certo non potessero essere giorni solo perché il sole non si era mosso dal punto in cui si era fatto trovare-che aveva passato a fissare il paesaggio oltre la finestra. L'immenso giardino della loro dimora era immobile; ogni tanto il vento smuoveva gli umidi fili d'erba e qualche uccello dalle piume scure rompeva quell'immobilità cercando riposo sopra di loro. Il sole era caldo, ma non abbastanza per combattere la foschia bianca che lo circondava, promettendo che, entro la fine della giornata, sarebbe diventata man mano sempre più pesante, fino a condurre a un vero e proprio temporale.

Nik.”

La voce di Rebekah, rumorosa per natura, quando era così soffice e delicata lasciava solo intendere due cose: o aveva combinato un qualche danno che avrebbe scatenato la sua ira-e ne dubitava, visto che la sorella era rimasta per tutto il tempo a casa-oppure lui era giunto a fargli visita. C'era solo una persona, un fratello, che era capace di mettere a tacere le tempeste che imperversavano nei loro animi da molti secoli a quella parte, e lo faceva con la sua sola presenza.

Klaus si voltò, in maniera passiva, come se avesse compiuto quel gesto semplicemente perché era doveroso.

Elijah era lì.

Accanto a Rebekah, egli indossava un'elegante abito scuro che metteva in risalto la sua figura longilinea e i muscoli tesi delle braccia e delle gambe. I suoi capelli si erano leggermente allungati rispetto all'ultima volta-che, se non andava errando, risaliva a circa vent'anni prima-ed erano tirati all'indietro con del gel. I suoi occhi erano socchiusi, fissi in quelli del fratello, mentre un sorriso serrato gli delineava le labbra.

Klaus avvertì lo stesso un moto di rabbia nei suoi confronti, malgrado fosse quasi sollevato nel rivederlo. Elijah aveva il dono innato della perspicacia, ed era capace di descrivere lo stato d'animo di qualcuno, vampiro o umano che fosse, con un semplice sguardo.

Sicuramente si era accorto di quanto Klaus fosse tormentato, ma perché ne sorrideva?

Elijah...” Klaus si allontanò dalla finestra e camminò in direzione del fratello, il quale continuava ancora a fissarlo, restando accanto a Rebekah. La sorella sembrava il riflesso del sole in primavera, guardava prima l'uno e poi l'altra con un'espressione sognante; faceva sempre così ogni qualvolta i suoi fratelli si rincontravano.

Forse perché, dopo l'allontanamento che coinvolse Elijah e Klaus alla fuga di Katerina e dopo la faccenda delle bare in cui il biondo aveva rinchiuso gli altri fratelli, ormai non si aspettava più l'immagine della famiglia che erano stati quasi un millennio prima. Si aggrappava a quei ricordi e, quando si rendeva conto che quelli non coincidevano più con la sua realtà, si rifugiava in amori sfuggenti e destinati a terminare, come quello per Stefan Salvatore. Che, per la cronaca, era scomparso da circa mezza giornata.

Niklaus.” Elijah si mosse verso di lui, con minore titubanza rispetto al fratello, e gli tese la mano in segno di saluto. “Sono lieto di rivederti, fratello.”

Klaus abbassò lo sguardo sull'arto di Elijah per un secondo, poi decise di non rispondere, perché era troppo nervoso e turbato per essere delicato. “Se sei giunto fin qui da Vienna, c'è solo un motivo e lo sappiamo entrambi.”

Nik, per favore.” Rebekah quasi lo implorò di non rovinare subito tutto, di concedere loro un attimo per trascorrerlo in pace, da fratelli. I mille problemi che li riguardavano potevano benissimo affrontarli nel tempo a venire.

Elijah non mostrò alcun tipo di risentimento per la mancata stretta di mano. Strinse il pugno, la ritirò, e serrò le labbra, senza smettere di sorridere. “Malgrado la lontananza Niklaus, sei proprio come ti ricordavo. E lo stesso vale per te, Rebekah.” Elijah si volse poi verso la sorella, che gli regalò un sorriso sincero e contento, come quelli che lanciano i bambini quando si trovano di fronte al loro parente preferito. Con Klaus lei non aveva mai sorriso a quella maniera.

Eppure...c'è qualcosa di diverso in entrambi. Questa città vi ha forse regalato qualcosa di compiacente?” Il fratello maggiore tornò a guardare nella direzione di Klaus, malgrado la domanda fosse bonariamente rivolta ad entrambi. I suoi occhi neri scavarono in quelli azzurri dell'altro, e Klaus era consapevole che Elijah avesse già capito tutto quanto.

O quasi.

Chicago è una città magica, Elijah.” Rebekah annullò le distanze che la tenevano lontana dai fratelli e guardò il volto di suo fratello. Sorrideva ancora, radiosa come non mai. “È divertente, ricca di musica e vita, e abbiamo conosciuto fuori dal normale, persone che sono diverse da quelle che abbiamo visto ripetersi per tutto questo tempo!”

Stefan Salvatore.

April Ford.

Oh, ma loro non erano fuori dall'ordinario: un vampiro folle e una ragazza dalla lingua lunga afflitta da una malattia mortale, e di esemplari come loro ne avevano visti a bizzeffe nel corso dei secoli, sia lei che Klaus. Era solo cambiato il loro modo di vedere, forse perché erano capitati in uno di quei periodi in cui la noia eterna uccide e si tende a vedere qualcosa di nuovo e interessante ovunque, anche dove questo non è presente.

Non abbiamo tempo di parlare di questo ora, Bekah.” Klaus lanciò un'occhiata di fuoco in direzione della sorella, spegnendole il sorriso come solo lui sapeva fare. “Nostro fratello è qui perché sicuramente c'è un problema. Parlare del tuo millesimo innamoramento non rientra nei piani.”

Non parlarle così. Visto quanto sei suscettibile, Niklaus, mi sembra di aver centrato in pieno quando dico che sei diverso.” Elijah lo guardò in maniera tagliente, una cosa che Klaus non sopportò.

Non propinarti il diritto di rivolgerti a me in quel modo fratello...o devo ricordarti che per il tuo folle e sciocco innamoramento, io ho perso tutto?”

A quelle parole fece seguito un pesante e tetro silenzio, che riportò alla luce vecchi rancori e sentimenti soffocati dall'odio. Elijah abbassò quelle pozze scure che erano i suoi occhi, ma mantenne comunque un proprio tono, senza avere alcuna reazione. Forse non riusciva a dimenticare quella macchia che sentiva sul proprio onore, e con cui si era sporcato per Katerina Petrova. Oppure il solo pensiero della ragazza riaccendeva in lui quei sentimenti che il tempo avrebbe dovuto cancellare.

Voleva dunque dire che forse anche lui non avrebbe dimenticato il volto di April, così come era successo con Tatia ad esempio? Malgrado i sentimenti che lo avevano legato alla prima Petrova non erano ancora lontanamente paragonabili a quelli che stava iniziando a nutrire per April, non poteva permettersi di aggiungere un altro volto a quelli che già lo accompagnavano nei suoi incubi più bui.

Sono venuto qui per avvisarvi: dovete abbandonare Chicago.”

Cosa?”

Rebekah scattò come una molla, mentre Klaus sembrò sentirsi risollevato nel dover lasciare quella città. Il tempo necessario per trasformare April e poi lasciarla andare. Per davvero.

Mikael è vicino?”

È troppo vicino.” lo corresse Elijah, sforzandosi di ignorare gli occhi sgranati di Rebekah su di loro. “Si sta avvalendo dell'aiuto di alcune streghe per arrivare a voi.”

Quindi...è davvero lui che sta mietendo vittime in città?” domandò Klaus, sentendosi pervadere da una sensazione di intenso nervosismo. Il pensiero che loro padre fosse così vicino, e ancora fortemente intenzionato a distruggerlo per quello che aveva fatto in passato, lo inquietava terribilmente.

Elijah si ammutolì per un istante, quasi stesse soppesando le parole con cui rispondere a quella domanda. “Non si tratta di lui. Ma è una cosa di cui mi occuperò io, Niklaus. Voi non ve ne dovete preoccupare.” rispose, sintetico come solo lui poteva essere.

Klaus annuì, non gli importava nulla di quel vampiro in città e si focalizzò unicamente sul concetto di Mikael a un passo da loro. Rifiutò persino l'immagine di April che balenava, di tanto in tanto, nella sua mente.

Va bene. Allora non ci resta che preparare le valigie e scegliere a caso la prossima città in cui andare.” disse, trattenendo il tremore che scosse la sua voce, al pensiero che Mikael potesse essere così vicino. Guardò oltre la spalla di Elijah, in direzione di Rebekah. “Possiamo andare in Europa. Venezia ti è sempre piaciuta, no?”

Rebekah scosse la testa; sembrava sul punto di scoppiare in una crisi di pianto. “Io non me ne voglio andare! Non senza Stefan, io...”

Va' al diavolo, Bekah. Qui rischiamo di farci accoppare e tu pensi alla tua cottarella?”

E tu invece non vedi l'ora di trascinarmi via solo perché vuoi liberarti della tua umana moribonda!” gridò la ragazza, avvicinandosi ad ampie falcate a loro.

Elijah evitò che continuassero a urlarsi contro, semplicemente alzando le mani in segno di resa. “Accanirsi l'uno contro l'altra ora non serve a nulla.” disse. Guardò prima Klaus poi la sorella; la curiosità di sapere di più riguardo quella situazione era tanta, ma si trattenne dal chiedere, per non creare ulteriori dissapori e per cercare di risolvere quelli già esistenti.

No, Elijah. Lui non fa altro che trascinarmi da una parte all'altra del mondo manco fossi un sacco da viaggio e ne sono stanca!” Rebekah lasciò che una lacrima le scorresse lungo la guancia. Non piangeva da moltissimo tempo, probabilmente dall'ultima volta che aveva creduto così fortemente nell'amore da non volerlo lasciare andare via non appena ne trovava un pallido riflesso.

E quand'era successo l'ultima volta? Klaus notò, amaramente, di non ricordarlo, vista l'estrema facilità che la vampira possedeva nell'innamorarsi.

Tu invece partirai, se non vuoi che stacchi la testa a te e al tuo amante e le esponga in un museo, sono stato chiaro?!” gridò Klaus, con tutta la furia che era riuscito a trattenere dentro per quell'intero mese.

Non aveva più nulla da perdere, perché dunque non farsi tornare ad odiare come aveva fatto fino a poco tempo prima?

Rebekah lo guardò turbata, in lacrime, desiderosa di urlargli contro tutto l'astio che doveva nutrire nei suoi confronti in quel momento.

Rebekah, è la cosa migliore da fare con Mikael alle calcagna.” Elijah parlò con più calma, come un arcobaleno dopo la tempesta, ma la ragazza non riuscì comunque a sopportare tali parole. Scuotendo la testa ripetutamente, si portò una mano alla bocca e corse fuori dal salone, lasciandoli così soli.

Klaus non si preoccupò che potesse scappare; Rebekah urlava, faceva i capricci, minacciava di compiere i gesti più assurdi pur di ottenere quello che voleva, ma alla fine tornava sempre in un punto: la sua famiglia.

Dovresti smetterla di rivolgerti così alla tua famiglia. Non hai alcun diritto...”

Va' al diavolo pure tu Elijah.” Klaus non volle più sentire nessuna parola. Voleva solo il silenzio, senza più interessarsi di niente, né della superiorità di Elijah, né della collera di Rebekah e nemmeno della decisione di April.

Niente.

Voleva solo la forza e il coraggio di spegnere tutto e non sentire più niente.

Superando Elijah, con l'intento di uscire da quella casa e prendere un po' d'aria, sentì gli occhi del fratello sulla propria schiena.

* * * * * * * * * * * * * * *

Pensando a casa, la ragazza non si diresse presso il suo triste e solitario appartamento, bensì presso il locale di Gloria, silenzioso e spento a quell'ora del mattino. Entrò utilizzando una delle chiavi della porta sul retro, che la donna le aveva affidato nei casi di necessità.

E quello era un caso di strettissima necessità.

Aveva sperato di trovare la donna, in maniera tale da poter discutere con lei su un certo pensiero che aveva pervaso i suoi pensieri, ma quella non si trovava all'interno del locale. Probabilmente si era ritirata a dormire nel suo appartamento, dopo aver pulito da capo a fondo tutto il bar.

Che sfortuna.”

Goffamente, April si avvicinò al bancone del bar, il quale odorava di fiori e vento di primavera, viste le pulizie a cui era stato soggetto. Lasciò cadere le scarpe sul pavimento, insieme alla borsa, e con un abile movimento si mise a sedere sulla sua superficie in legno levigato, restando in quella posizione seduta per qualche secondo. Lasciò scorrere lo sguardo lungo lo spazio ampio e buio che la circondava, senza ritrovare in esso alcuna somiglianza che le ricordasse il locale nelle ore notturne, quando le luci brillavano, la musica suonava e la sua voce cantava. Era tutto così diverso, quando c'era il buio ad avvolgere tutto.

Un capogiro la colpì e un senso di sopore spinse le palpebre ad abbassarsi. Aveva dimenticato di non aver dormito per nulla quella notte, perciò si mise distesa sul bancone, senza soffermarsi a pensare che quel comportamento potesse essere sconveniente, nel caso qualcuno la trovasse là dentro in quelle condizioni.

Si cullò nella noncuranza, portandosi un braccio a coprire gli occhi e ascoltando i suoi respiri lenti e regolari il tic toc di un orologio a cucù appeso sulla parete e il suono del suo cuore che martellava musicalmente dentro il petto.

Cadde nel sonno nel giro di pochissimi secondi.

Ho sempre adorato i tuoi capelli, April.” Una mano prese ad accarezzarle delicatamente la lunga chioma scura, distesa accuratamente sulla superficie in legno. April riconobbe in quel tocco le dita soffici di Violet che giocavano con i suoi ciuffi. “Sono così neri, così morbidi...”

È grazie all'impacco a cui li sottopongo ogni due giorni. Altrimenti sono grassissimi.”

La risata di Violet risultò soffice e vellutata, come il candore della sua ingenuità. Quando April aprì gli occhi, la vide chinata su di lei. Trovandosi in posizioni diametralmente opposte, il volto della bionda era a testa in giù per gli occhi di April. I lunghissimi capelli dorati di Violet erano arrivati ad accarezzarle la pelle del viso con dolcezza, scorrendo docilmente sulle sue gote. April aveva dimenticato quanto potere quegli occhi verdi avessero nel lenire le sue ferite più profonde.

Mi manchi tanto, amica mia.”

Violet sorrise più calorosamente, portando le mani a posarsi sulle tempie della compagna. “Non preoccuparti, April.” le sussurrò, chinando poi la testa su di lei, per accostare le proprie labbra al suo orecchio. “Io posso vivere per sempre, ora.”

April riaprì gli occhi.

La realtà risultò prettamente differente dal breve sogno in cui era caduta; era buia e dolorosa, non c'erano le luci oniriche o i profumi avvolgenti che un sogno era capace di portare con sé.

L'unica cosa rimasta in comune con quel dono di Morfeo fu il suo corpo disteso su una superficie e il volto di Violet a pochi centimetri dal suo. Anche se pure quello aveva un aspetto diverso da come lo possedeva nel sogno: era scavato, pesanti occhiaie violacee sottostavano a un paio di spenti occhi verdi, privati della vitalità e del vigore che avevano sempre posseduto. Le labbra, piene e rosee, erano tese in una linea retta, quasi avessero perso il potere del sorriso che erano sempre state capaci di emanare.

Violet era morta.

April era stata al suo funerale.

Eppure lei era lì.

Finalmente ti sei svegliata, April.”


Ciao a tutti, bellissimi, come va? :D

Come avete avuto modo di notare, ci sono state due belle apparizioni in questo capitolo e....lo avete apprezzato? ;D Io penso di sì, o almeno credo u.u sta di fatto che queste non saranno le uniche scene in cui loro saranno presenti. Ce ne saranno altre negli ultimi capitoli rimasti, che sono, oltre questo, quattro più l'epilogo. Vi ho dato una bellissima notizia, lo so v.v

Anyway, non ho molto da dire su questo capitolo, eccetto due piccoli punti che volevo chiarire:

  1. la frase in cui April descrive la pelle di Damon bianca come il latte e le sue labbra rosse il sangue è presa dal titolo del romanzo “Bianca come il latte, rossa come il sangue” di Alessandro D'avenia.

  2. Il termine tombeur de femmes, per chi non lo sapesse, vuol dire sciupa femmine, in poche parole ;P

Il prossimo si focalizzerà sopratutto su April e Violet e un altro personaggio che, però, non è Klaus.

Io spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto, e mi piacerebbe molto avere la vostra opinione al riguardo! :D

Vorrei inoltre approfittarne per segnalare, a chi è interessato e segue “The Walking Dead” , la mia prima long su questo fantastico telefilm http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2163696&i=1. Ne approfitto anche per scusarmi con coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e non hanno ricevuto risposta; provvederò domani, dato che oggi, purtroppo, ho davvero pochissimo tempo per farlo! Possiate perdonarmi!

Ringrazio come sempre tutti i lettori, silenziosi o meno che siano, per il sostegno dimostrato per questa storia e ringrazio chi l'ha inserita nelle varie cartelle. Vi adoro, dico sul serio.

Un bacione e alla prossima spero! :D ciaoooooo! :3



   
 
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