Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Lys3    20/09/2013    1 recensioni
Come si sarebbero conclusi i 74esimi Hunger Games se Rue avesse evitato il colpo di Marvel nell'ultimo istante? Chi sarebbero stai i finalisti e chi i vincitori?
Dal testo:
"Rue se ne stava rannicchiata alla base della Cornucopia, in attesa di Thresh. Quando divenne buio si chiese se lo avrebbe rivisto ancora una volta."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Rue, Thresh, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 8 – Thresh
 
Rue guardava con immensa tristezza l’ingresso del villaggio dei vincitori. Era tornata da due giorni, in cui non c’erano state altro che feste e banchetti, abbracci da parte dei familiari e giochi con i suoi fratellini, ma lei si sentiva vuota dentro.
Guardava quelle case enormi disposte in fila e pensava alla sua, ora piena di gente. La sua famiglia si trovava bene, essendo numerosa, dato che nella vecchia c’era a stento lo spazio per muoversi.
Poi guardava le altre case, vuote, e pensava che una di quelle era stata privata ingiustamente dei suoi inquilini.
Tutti nel Distretto 11 la guardavano sorridendo, si complimentavano con lei e la salutavano con amore. I suoi fratelli erano contenti perché finalmente avevano il “tesoro” da lei promesso. Le lacrime di sua madre per i primi due giorni ogni volta che la vedeva e il sorriso radioso di suo padre erano qualcosa di inspiegabile.
Ma lei non si sentiva altrettanto contenta di essere a casa. Ormai si era rassegnata all’idea che i suoi amici non c’erano più, che lei aveva vinto solo grazie alla loro protezione e al suicidio di Thresh. Eppure sentiva come un vuoto dentro, che niente poteva colmare.
Non bastava sapere di avere una casa grande dove c’era spazio per tutti, non bastava sapere di avere denaro sufficiente per vivere a lungo di rendita, non bastava sapere che i suoi genitori avrebbero dovuto lavorare di meno e non bastava sapere che lei avrebbe potuto studiare e badare ai suoi fratelli senza lavorare nei campi perché il vuoto era sempre lì, incolmabile.

Dopo mangiato prese un sacchetto pieno di soldi. “Mamma io esco.”
“Dove vai?” chiese lei intimorita.
Era difficile farle credere che gli Hunger Games fossero finiti, che adesso sarebbe stata sempre a casa e nessuno l’avrebbe mai più portata via. “Faccio solo un giro.”
Sapeva esattamente dove andare con quelle monete. Se i suoi fratelli in futuro non avrebbero mai avuto bigliettini extra, c’era un’altra ragazza che non doveva averne per i prossimi anni di Hunger Games.
Camminava spedita nel decadente Distretto. Cercava di evitare le strade principali per non incrociare gente dallo sguardo compassionevole o triste. Ricordava perfettamente la sua meta quanto fosse lontana, ma anche che conosceva bene le persone da cui si stava recando.
Arrivò davanti alla piccola abitazione in legno, quelle più scadenti del Distretto 11. Aveva solo il piano terra e, come la sua vecchia casa, a stento stava in piedi. Bussò, ma nessuno rispose. Passeggiò qualche minuto lì vicino, ma dall’interno non proveniva il minimo suono.
“Mi scusi, dove sono?” domandò a un passante, indicando la casa.
“Non ne ho idea, credo nei campi. Oggi era il giorno del raccolto più importante. Dicono che i primi che arrivavano ai frutteti e andavano via per ultimi potevano avere qualche soldo in più.”
Rue aveva dimenticato di non conoscere i nuovi orari lavorativi, le nuove norme e le cavolate che di tanto in tanto inventavano per farti sgobbare il doppio, facendo leva sulla povertà e la necessità di soldi.
Si sedette sulla soglia, in attesa. Era il tramonto quando una ragazza muscolosa e dalla grossa stazza sbucò da una stradina. Vedendo la ragazzina davanti casa sua, rimase palesemente sorpresa.
Rue si alzò timidamente e le andò incontro. “Ciao, Andhra. Posso parlarti?”
La ragazza, con gli occhi lucidi, annuì, tremante. La guidò dentro casa sua. L’ambiente era sporco e malsano, non c’erano, come previsto, tubature, era un unico ambiente e in più punti il soffitto era bucato.
Non appena la porta fu chiusa, la vincitrice dei 74esimi Hunger Games parlò: “Dov’è tua nonna?”
“Non è in casa.”
“Avrei preferito parlare anche con lei. Tra quanto torna?”
“Non ne ho idea, se hai qualcosa da dirmi dimmela subito o vai via” rispose lei, sgarbata.
Ma Rue non esitò e non ebbe nemmeno ripensamenti su cosa fare. Le porse il sacchetto con i soldi. “Per te e tua nonna. Ve ne darò uno alla settimana. Non posso permettere che il tuo nome continui ad aumentare tra tutti gli altri foglietti per colpa del cibo.”
Andhra la guardò, gli occhi ancora più lucidi. “Tieniti i tuoi soldi, per favore e vai via di qui.”
“Non me ne andrò fin quando non li avrai presi.”
“Non li voglio. Vai via!” iniziò a urlare.
“Perché ti comporti così? Lascia che io ti dia una mano!”
La ragazza esitò. “Non sono io quella a cui dovevi dare una mano. Dovevi aiutare mio fratello.”
Rue sentì come un colpo al centro dello stomaco. Si era sentita fin dall’inizio inutile ed ora queste parole lo avevano solo confermato. La parte più brutta era che non poteva rispondere in nessun modo, aveva ragione.
“Thresh non è uno che si fa aiutare, e lo sai” disse una voce alle sue spalle. Era arrivata l’anziana signora. Aveva l’aria affaticata e, con la gobba che aveva, sembrava che non riuscisse a camminare. “Lui ha sempre preferito fare le cose da solo, e in via del tutto eccezionale aiutare gli altri.”
“Buonasera, signora” disse Rue.
“Ciao, piccola. Ti trovo bene” disse la donna con un sorriso.
“Vi prego, potreste accettare questa mia offerta?” continuò Rue, quasi in tono di supplica.
“Non la accetteremo. I tuoi soldi non sono infiniti e non puoi mantenere la tua famiglia e noi!” protestò Andhra.
“Allora accettate uno di questo una volta al mese. Ci sono altri due anni di Hunger Games per te, non puoi avere altri biglietti.”
Andhra esitò. “Solo una volta al mese.”
“Promesso” disse Rue con un sorriso. “Vi dispiace se qualche volta vengo a trovarvi?”
“Non troverai nessuno. Io lavoro e la nonna o lavora o è da Thresh”rispose Andhra.
“Oh…” fece la ragazzina. Non sapeva cosa dire. Voleva solo rendersi utile.
“Puoi venire quando vuoi” disse l’anziana. “La porta è aperta e anche se noi non ci siamo tu puoi entrare. Thresh è troppo lontano per le mie gambe stanche, non posso andare da lui ogni giorno.”
Rue sentiva un nodo in gola. Per lei fu una fatica enorme fare quella domanda: “Dov’è?”
“Nella parte nord del Distretto. Dopo il villaggio dei vincitori. E’ sulla prima fila a destra, insieme a tutti gli altri. Sarà felice di vederti.”

Qualche minuto dopo Rue era già fuori nell’aria tiepida del crepuscolo. Stava quasi correndo e si chiese se uscire così velocemente da casa delle due donne non sembrasse scortese come cosa. Il problema era che moriva dalla voglia di vedere Thresh. Voleva parlargli, anche se non credeva a tutte quelle storielle, ma doveva farlo.
Seguì le indicazioni e lo trovò subito. “Ciao, Thresh” disse guardandolo negli occhi. “Alla fine hai avuto il posto migliore, eh? La prima fila di tutti i partecipanti degli Hunger Games.” Rue si guardò attorno. Il cimitero a quell’ora era un luogo spettrale.
Si sedette di fianco alla lapide, continuando a guardare il ragazzo. Era la foto che avevano scattato loro per gli Hunger Games. “Mi dispiace di non averti portato un fiore” disse. Era difficile parlare con un pezzo di pietra, sapendo che la persona era proprio sotto di lei, morta. “Sai, io non credo nelle cose che dice tua nonna, la vita ultraterrena eccetera. Sono cose per antichi, no? Cosa dicevi tu di lei? Che era cattolica, giusto? Sinceramente non ricordo cosa vuol dire.” Ancora silenzio. Avrebbe voluto tanto ricevere una risposta. “Hanno accettato il mio aiuto. Ne sono felice.” Guardò ancora il ragazzo con gli occhi pieni di lacrime. “Mi manchi, Thresh. Mi manchi da morire” sussurrò tra i singhiozzi.
Cercava di asciugare le lacrime con le mani, ma erano troppe. “Ogni notte mi sveglio in preda agli incubi. E tu non ci sei. Non è come nell’Arena, dove sapevo di poter contare su di te. Qui non c’è nessuno, nessuno capisce cosa vuol dire. Non dovevi farlo, dovevi uccidermi.”
Quando non sentì una risposta le parve di percepire un vuoto dentro. “Anche se non rispondi, so cosa avresti detto: io dovevo continuare a vivere e tu no. Eppure fidati, un giorno ci sarà qualcuno che gliela farà pagare a Capitol City per tutto il male che ha fatto.” Fece una pausa come per riflettere. “Però ti devo dire grazie, e non solo per la possibilità che mi hai dato di vivere, ma perché nulla di tutto quello presente qua fuori, nel mondo reale, mi spaventa più. Dopo l’Arena nulla mi fa paura, tranne il vuoto che hai lasciato tu.”
Il sole era ormai calato e il buio la circondava. “Devo andare, ma tornerò domani. Te lo prometto. Ti voglio bene.”
Tornò a casa. Si chiuse nella sua stanza e si addormentò.

E dal quel giorno mantenne la sua promessa: tutti i mesi consegnava un sacchetto di denaro ai familiari di Thresh; si recava a casa loro per sistemare delle piccole faccende; ma soprattutto, cosa più importante, faceva visita alla tomba del suo amico ogni giorno, accompagnando sua nonna su una sedia a rotelle, dato che quasi non camminava più.
E così pian piano riuscì a lenire il dolore. Riuscì a credere che Thresh non fosse mai andato via. Ma le notti erano tremende, all’insegna di incubi. E quando si svegliava la realtà l’assaliva, facendola scoppiare a piangere tutte le mattine.
Quando poi la nonna del ragazzo decise di raggiungerlo, Rue ormai aveva diciotto anni e Andhra ventidue. Andarono a vivere insieme, formando una famiglia. Erano diventate come sorelle e nella grande casa da vincitrice di Rue c’era spazio per lei e il suo ragazzo.
La loro vita fu felice, nonostante le perdite subite e nonostante gli Hunger Games.
Rue riuscì a trovare finalmente l’amore quando arrivò a compiere venti anni. Era un giovanotto del suo Distretto, poco più grande di lei e molto intelligente. Il matrimonio e i tre figli non tardarono ad arrivare e la vita sembrava migliore.

Ma Rue, di notte quando solo suo marito poteva vederla, nonostante fossero passati trent’anni da quel giorno, continuava a vedere Thresh con la spada in mano mentre si tranciava in due la gola.



Buongiorno a tutti! Eccomi per l'ultimo "vero" capitolo di questa fan fiction! Mi scuso per il ritardo ma ho avuto troppi impegni. Cosa ne pensate? Vi piace? Fatemelo sapere tramite una recensione, grazie :) il prima possibile scriverò un piccolo epilogo  di questa storia, per dare una fine definitiva alla storia di Rue e di Thresh. A presto ^^

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Lys3