C'è qualcosa, qualcosa tipo... "ciao". E la chiazza di confettura a mimetizzarsi tra i fiorellini rossi stampati sulla camicetta che piaceva tanto ad Amalia; a lui pure, quando te la sfilava via dalla testa ricoprendoti la pelle d'oca.
'Sei così bianca, così bianca'.
C'è qualcosa. Sì. Qualcosa tipo "ciao". ... E bella. Tu capivi "bella".
C'è qualcosa, c'è qualcosa. Dio.
E pensi 'disfunzione cerebrale', 'sinapsi nervose danneggiate' ed e' come raccontarsi storie: "dì qualcosa, dì qualcosa, dì..."
Ciglia nere nere nere lucide di pioggia, pelle screpolata che scopre i denti e lui qui, vicino, vicino, vicino.
Ti rannicchi tutta, tenendoti al riparo e il mondo ti scorre addosso col suo fiato - aria e lui - impregnandoti il cotone fradicio di rovesci e passati più dolorosi che imperfetti.
C'è qualcosa, dannazione. Promesse bugiarde bofonchiate nell'incavo delle tue clavicole e polpastrelli freddi a numerarti le costole, disegnandone il profilo - indice e pollice.
'Ciao'
Hai un gran da fare, pensi. Tralasciando l'impellente ed aprioristica necessità di sfilarti una scarpa e ficcargliela in bocca, così di forza, o baciarlo e soffocarlo con la saliva e con le mani e...
Strapparti quel seme corrotto dal tessuto cerebrale e riscoprirti ancora integra, immutata, intoccabile.
La verità è che non sei ancora riuscita a sbarazzarti della visione grandangolare di lui a due passi dal tuo mondo sformato, delle sue spalle.
C'è qualcosa, sì. Un nugulo di sillabe mutile imbrigliate nelle cartilagini articolate tra laringe e trachea.
"Ciao"