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Autore: HuGmyShadoW    24/03/2008    1 recensioni
E' una vita davvero fantastica, quella dei Tokio Hotel... Fra concerti, interviste, passaggi da un albergo all'altro, non hanno quasi il momento di riposare. Ma ecco che un giorno, proprio a Bill Kaulitz càpita l'incontro più importante della sua vita, che da quel momento, non sarà più fantastica: sarà meravigliosa, unica ed inimmaginabile. Non mancheranno però gli intrighi, le cospirazioni, le passioni e le gelosie... Perchè la vita, in fondo, non è mai solo rose e fiori....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Nel dormiveglia qualunque pensiero si annulla. Preoccupazioni? Dubbi? Paure? Tutto scompare in un delicato oblio. Il perfetto equilibrio...

Tom riemerse sputacchiante e senza fiato, aggrappandosi tentoni alla vasca, spruzzando acqua saponata tutt’intorno. Si rizzò a sedere, respirando avidamente l’aria fresca che da un bel po’ si era inconsciamente negato, e passandosi una mano sugli occhi per tornare a vedere, sbatté le palpebre, ansimando.
Si guardò intorno. Era nello stesso, freddo bagno che l’aveva accolto qualche minuto fa, e si trovava nella medesima vasca candida, accarezzato allo stomaco da acqua ormai tiepida.  
Chiuse gli occhi, intontito, e realizzò l’accaduto: si era addormentato, e probabilmente era sprofondato sotto il livello dell’acqua, rimanendo in involontaria apnea per chissà quanto, finché non aveva, evidentemente, più resisto, e si era risvegliato bruscamente.
Se non si fosse ridestato, in poco tempo sarebbe morto annegato...
Tom rimase ad ingoiare aria finché i suoi polmoni non furono pieni e riuscì a smettere di ansimare; dopodiché si alzò, un po’ insicuro sulle gambe, e dopo essersi frettolosamente asciugato, si avvolse un asciugamano bianco alla vita.
Aprì la porta e rimase un momento interdetto sulla soglia: il contrasto fra la luce accecante della stanza precedente e la semioscurità del salotto lo costrinsero a sbattere le palpebre più volte finché il suo sguardo non si fu abituato.
Poi, la vide. Lei.
Le gambe e le braccia quasi sfolgoranti nell’oscurità e il luccichio dei suoi occhi chiari gli tolsero il fiato. Lo aspettava, seducente e predatrice, indossando ancora la sua larga felpa. La visione delle labbra morbide incurvate in un seducente sorriso lo eccitava, ma quella notte non era quella giusta per lui.
Tom si sfregò mesto il collo, e guardando con aria di supplica Layla, dichiarò:
-Scusa piccola, stasera non è aria...-.
Layla sgranò gli occhi, sbalordita, poi si alzò in piedi, irritata, e sbottò:
-Come ‘non è aria’?! Non puoi trattarmi così! Ho aspettato che tu finissi il tuo maledetto bagno, ho preparato e pulito la stanza-, e indicò tutt’attorno. Tom si accorse solo allora delle tante candele rosse su ogni mobile. -... e tu mi dici solo ‘...’!-.
-Senti, bella, non te l’ho mica chiesto io!!-, la interruppe Tom, scocciato, lanciandole uno sguardo di puro fuoco che la paralizzò. La testa gli faceva un male cane, e nelle orecchie sentiva un ronzio più che fastidioso.
Lei si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo umido. Tom capì di essere stato troppo sgarbato. Tentò di rimediare in qualche modo:
-Senti... Vuoi...? Ti accompagno a casa...-.
Layla annuì, seria, e senza una parola, cominciò a mettere tutto in ordine.
Tom iniziò invece a rivestirsi silenziosamente, e quando rimase a torso nudo, si voltò e sussurrò:
-Ti spiace?-, tendendo una mano alla ragazza con un cenno alla sua felpa.
Lei, con uno sguardo duro come marmo, si spogliò e gliela lanciò, furibonda. Tom non si risparmiò di certo uno sguardo al suo bel sedere.
Quando tutto fu in ordine, Tom si avvicinò alla porta e girò la chiave, aprendola. Uscì fuori nel corridoio deserto con Layla al seguito, imbronciata, e per poco non si scontrò con un ragazzo alto e un po’ cicciotto, con un lungo naso adunco che lo faceva vagamente assomigliare ad un corvo, il viso costellato di lentiggini e brufoli.  
-Ups!-, esclamò quando per poco un giovane coi rasta non lo investì. Dedicò un ampio sguardo di approvazione alla brunetta dietro di lui, e solo quando la coppia lo ebbe superato, si riscosse. Trafficò un po’, poi tirò fuori da un’enorme tasca degli immensi jeans un foglietto tutto spiegazzato, e chiese con una vocetta acuta:
-Scusate, siete della camera 329?-.
Tom si voltò, scocciato, e alzando un sopracciglio, ribattè, indicando la porta dalla quale era appena uscito:
-Dì, ma sai leggere?-.
Il ragazzo arrossì violentemente dopo che si accorse del vistoso numero stampato su una targhetta dorata, ma si riprese quasi subito:
-Scu-scusatemi... Siete voi che avete ordinato due pizze? “Salamino piccante” e “Delicata”, mi pare...-, balbettò controllando ancora il foglietto unto, tenendo contemporaneamente due pizze in bilico su una mano, comparse forse magicamente.
Tom ricordò dell’ordinazione fatta per telefono poco prima, guardò in tralice Layla, che pareva aver rammentato la stessa cosa, e sorrise:
-No, mi spiace, devi aver sbagliato camera... Prova a quella affianco!-, indicò Tom ghignando, e presa per mano Layla, corsero fuori, lasciando perplesso il ragazzo-corvo, che diligentemente, si avviò a bussare alla stanza seguente, terrorista degli innocenti sogni altrui.

I due ragazzi, tenendosi per mano, sbucarono fuori ancora ridendo dello scherzo giocato al povero fattorino e l’aria fredda della notte li investì improvvisa, senza chiedere il permesso.
Tom rivolse un sorriso luminoso alle stelle, e un altro ancora più grande alla ragazza che gli stava a fianco. Si guardarono negli occhi qualche secondo, finché un’altra folata di vento non li cominciò a sospingere delicatamente verso l’albergo, invitante. Tom si schiarì la voce, in imbarazzo, e senza lasciarle la mano, prese ad accompagnare Layla al garage dell’hotel.
Tirò fuori il telecomando dalla tasca, sollevò la saracinesca ed eccola lì, il suo vero amore.
-Ciao, tesoro mio!-, flautò Tom lasciando immediatamente la presa sulla ragazza, e si fiondò a dare pacchette affettuose al cofano lustro della sua Cadillac.
Layla sorrise incrociando le braccia sul petto, e quando finalmente le effusioni amorose di Tom cessarono, si avviò a prendere posto sull’ampio sedile anteriore dell’auto.
Chiuse la portiera facendola sbattere.
-Attenta! Non essere così brusca con Cilla!-, la rimproverò il ragazzo mettendo in moto. La macchina fece le fusa, obbediente, e accese i suoi grandi occhi per illuminare la via da percorrere.
Layla sbuffò forte dal naso e trattenendosi dal ridergli in faccia, domandò a Tom in un ghigno:
-Cilla? Le hai anche dato un nome?!-.
-Ma certo! Hai mai provato a chiamare un cane solo “cane”? E un gatto solo “gatto”?-.
-Sempre-.
-Be’, ci potrebbero essere mille gatti che accorrerebbero quando tu li chiami così! E invece il mio tesoro si deve distinguere dalle altre macchine!-, illustrò pomposamente battendo i pollici su volante.
Layla era seriamente combattuta tra lo scoppiare a ridere e al rimanere ammutolita per non prendere troppo in giro il ragazzo. Scelse un compromesso:
-E perché proprio “Cilla”? Non dà l’idea di... una salsa piccante?-.
-Guarda che quello è il chilly! E comunque Cilla è il diminutivo di Cadillac, no?-.
Layla lo guardò di sottecchi, il viso illuminato a tratti dalle luci soffuse dei lampioni, e borbottò soltanto uno: -Se lo dici tu...-.
I minuti passarono in silenzio, tranquilli, senza bisogno di troppe domande o di assordanti risposte. All’improvviso la voce profonda di Tom ruppe la bolla di pace, e chiese:
-A proposito, non ti ho ancora chiesto dove abiti...-.
-Avevi mai intenzione di farmela questa piccola domanda?-, lo schernì Layla, ricevendo in risposta una linguaccia.
-Be’, a questo incrocio giri a destra, poi vai dritto una centinaia di metri e infine giri a sinistra...-.
-È vicino a quel pub, no?-.
Layla annuì. Tom annuì, ricordando quante volte ci era passato, per quel piccolo bar, a quante facce conosceva. E soprattutto, a quanti corpi...
Ovviamente non espresse ad alta voce i suoi pensieri, e continuò a guidare, sciolto e rilassato, giocando un po’ con il freno e l’acceleratore. Nonostante la sua espressione fosse serena, alla luce dei fanali delle altre auto uno strato di sudore freddo sulla fronte riluceva e un dolore incentrato alle tempie, invisibile, gli perforava però il cranio.

-Bill, fermati un momento!-, esclamò ansimando Jade.
Bill rallentò, e rimase ad aspettare la ragazza piegata mentre cercava di riprendere fiato. Tornò lentamente sui propri passi, e con un po’ di fiatone si chinò a sussurrare a Jade:
-Tutto bene?-.
Lei si raddrizzò, e respirando affannosamente, disse:
-Bill, tutto questo non ha senso! Tuo fratello potrebbe essere dovunque! Lui ha la macchina e noi siamo appiedati! Che possibilità abbiamo di trovarlo?-, domandò allargando le braccia, come a comprendere l’intera Germania.
-Non è colpa mia se non ho la patente!-, ribattè Bill incrociando le braccia sul magro petto.
-Di certo non è colpa mia se ti sei fatto bocciare all’esame!-, sibilò velenosa Jade di rimando.
L’aria gelida di Dicembre spazzava la strada e divideva come un coltello i due ragazzi. Il marciapiede buio illuminato fiocamente dalle luci dei pochi negozi ancora aperti era costellato di inquietanti ombre: normali oggetti di vita quotidiana, lì, parevano prendere vita sotto forma di serpenti, mostri e quant’altro.   
Bill sospirò, e in un mormorio disse:
-Non serve a niente litigare... Dobbiamo trovare Tom-, e presale la mano, ricominciò a tirare con impetuosità Jade fra ombre e paure. Lei, però, si ribellò: impuntò i piedi a terra e facendo il broncio, esclamò:
-Io non vado più da nessuno parte se tu non mi dici che diamine sta succedendo!-.
Bill sospirò di nuovo, e voltandosi lentamente verso la ragazza, sembrava molto più vecchio di quello che era.
-Senti, Jade, adesso non c’è tempo... Ti spiegherò tutto più...-.
-No, io voglio saperlo adesso! Sono stufa di correre di notte di ristorante, in bar, in bettole di ogni genere per... qualcosa che non so e che forse non mi interessa!-.
Bill sgranò gli occhi lasciando cadere la propria mano lungo il fianco:
-Non ti importa di Tom? Se sta bene o è in pericolo di vita per te è la stessa cosa?!-.
Jade si morse il labbro inferiore, ferita, e abbassando lo sguardo mormorò ad una lattina vuota ai suoi piedi:
-...No, certo che no...-.
-E allora devi fidarti di me!-, la incitò Bill, a metà tra l’esasperato e il supplicante.
Jade alzò lo sguardo dispiaciuto sulla mano che il ragazzo le tendeva, ed esitò.
-Jade...-. Lo sguardo dorato si fissò su quello nocciola. -Tu ti fidi di me?-.
Jade trattenne il respiro, e mentre gli occhi le si riempivano di lacrime, sussurrò:
-...Sì...-.
Due mani si strinsero nuovamente, le dita insensibili per il freddo di nuovo miracolosamente calde. Jade si asciugò gli occhi, e con un sorriso, riprese a marciare dietro a Bill nella notte.
-Un’ultima tappa, poi torneremo in albergo e proveremo in qualche altro modo...-, urlò Bill scivolando fra bidoni della spazzatura e ombre inconsistenti. In quel momento più che in qualunque altro, rimpianse di non aver pensato a portare con sé il cellulare.
-Dove intendi andare?-, strillò Jade contro il vento che le riempiva la bocca e le faceva lacrimare ancora gli occhi.
La voce di Bill, portata dalle potenti folate, le arrivò forte e chiara alle orecchie, come se le fosse accanto, e non davanti:
-Un pub, poco più avanti. Tom ci ha passato molte delle sue serate... Non resta che incrociare le dita...-.

-Grazie mille, Tom-, disse con un sorriso Layla slacciandosi la cintura di sicurezza. Tom girò la chiave e l’auto si spense.
-E di che?-, mentì lui, mentre una fitta più forte alla testa lo stordiva per un momento. Si stropicciò distrattamente la fronte, e aspettò sorridente che Layla scendesse dall’auto per tornare finalmente alla pace della sua stanza, solo. Lei però lo fissò negli occhi, e con un lampo stuzzicante nello sguardo domandò, euforica:
-Perché prima di andare non ci facciamo una birra? Il pub è qui vicino...-, e lo indicò con un pollice dall’unghia smaltata di nero. La cosa lo tentava, ma...
-No, Layla. Sono stanco, e poi devo guidare...-.
Ma lei lo stava già liberando dalla sicura morsa della cinghia e lo strattonava impaziente:
-E dai, Tomi! Un bicchiere solo! Guarda che non è bastato accompagnarmi a casa per farmi dimenticare di come mi hai trattata!-, supplicò Layla giocando con il suo irresistibile sguardo bagnato. Tom sospirò, e fra gli enormi sorrisi della ragazza, sbottò, contrariato:
-Va bene... ma solo una!-. Layla quasi non lo sentì perché era corsa fuori (sbattendo la portiera) e gli bussava sul vetro del finestrino per incitarlo a scendere.
Tom spalancò lo sportello scaraventandosi sul duro marciapiede, e atterrito, sbraitò:
-No, Cilla!-.  
Layla rise, e impedendogli di controllare i “danni” lo trascinò verso la porta scrostata di un bar dall’aria squallida.
Spinse la porta, e stringendogli il braccio, spuntarono in un locale dall’aria trasandata, e per questo, speciale.
La coppia si diresse senza indugio al bancone semivuoto, e sedendosi su uno scassato sgabello girevole, Layla chiamò allegramente il barista:
-Mi scusi... salve, vorrei un vodka alla pesca!-.
-Avevi detto birra!-, le sibilò all’orecchio Tom, accigliato.
-Sì, ma perché non approfittarne?-, rispose lei, divertita.
Tom, tuttavia, ordinò solo la sua birra.
All’improvviso, una voce argentina, acuta, gli perforò i timpani:
-Ehi, ma guarda chi si vede!-.
Tom per poco non si strozzò con la sua bibita, e quando ne riemerse, sputacchiante, quasi gli prese un infarto: Giusy, i capelli biondi raccolti sulla testa lo fissava sorridente.
-T-tu qui?!-, tossì il ragazzo.
-Sì, Tomi! È un bar pubblico, sai!-, lo derise lei.
-Ciao Giusy!-, strillò Layla sopra il fragore della musica, e la testa di Tom, che si trovava nel mezzo tra le due donne, chiese pietà.
Giusy ricambiò il saluto e si sistemò su un traballante sgabello, iniziando a parlare fitto fitto con l’amica, Tom che assisteva impotente.

Mentre sorseggiava la sua birra, la porta si spalancò. Tom si voltò, annoiato, e un altro infarto minacciò di colpirlo. Stagliato contro il nero velluto della notte, Bill, suo fratello, e Jade, osservavano il locale da cima a fondo. Cercavano qualcuno. Cercavano lui.
I due ragazzi entrarono, chiudendosi la porta alle spalle, e si avviarono verso il bancone, mezzi nascosti da un branco di bassi tavolini. Tom non riuscì a voltarsi. In un momento, quasi come in un sogno, gli occhi nocciola di Bill si fissarono sui suoi. Bill si immobilizzò. Jade anche.
In quel momento anche Giusy si girò, puntando lo sguardo curioso sulla coppia appena entrata.
Bill, ormai a pochi passi da loro, impallidì.
Poi, accadde tutto come al rallentatore.
Bill corse in avanti, l’espressione vuota e risoluta,  e levò una mano. Vicino, sempre più vicino. Tom ne distinse il neo sotto al labbro, e poi...
SCIAF!
Lo schiaffo potente risuonò in tutto il locale. Sorpresa e paura si mischiarono. E il tempo parve fermarsi.



   
 
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