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Autore: Luxij_    21/09/2013    8 recensioni
TRATTO DALLA STORIA
-Fin da quando ero piccola ero costretta a subire abusi e violenze...-mi girai verso di lui: mi stava guardando. Aveva la mascella serrata e gli occhi lucidi... Mi maledii averglielo detto...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo l’accaduto ci mettemmo a sedere sul letto a ridere e a scherzare per l’intera giornata. Non sembrava fosse in imbarazzo o a disagio, cosa che da parte mia c’era, ma sembrava fosse tranquilla, calma, rilassata.
 
Avevamo acceso la televisione, giusto per fare qualcosa, e come al solito non c’era niente di bello da guardare e mentre parlavamo del più e del meno ci capitò un documentario sulle blatte o comunemente detti scarafaggi.
-No per favore giriamo- disse distogliendo lo sguardo.
-Non ti piacciono gli scarafaggi?- stupida domanda ma lasciamo stare. Non ci riusciva proprio a guardare lo schermo senza fare una smorfia di ripudio nei loro confronti.
-Li odio e ora, per cortesia, gira canale- mi divertì questa cosa.
-No, non voglio girare. Voglio acculturarmi su questo argomento- dissi facendo finta di essere interessato al programma che stavano trasmettendo.
-Sono sicura che non arriverai nemmeno alla pubblicità che già starai dormendo profondamente- per mia sfortuna aveva ragione, mi stavo addormentando ma volevo dimostrarle che potevo resistere.
Non ce la farai mai..
 
Cercò di prendermi il telecomando più volte dalle mani ma fallendo miseramente perché mi ero alzato in piedi. Era in questi momenti che adoravo essere alto…
 
-Senti, non fare il bastardo, non usare cose che io non ho- scossi la testa, mi stavo divertendo.
-Cosa ho io che tu non hai?- dissi il più ingenuamente possibile
-Non ti si addice la parte del santarellino e ora, per favore,dammi il telecomando- era una persona diplomatica, anche se era incazzata nera perché la stavo prendendo in giro, era sempre cortese e gentile.
-Quale parte da santarellino?- le volevo proprio prendere.
-So di essere bassa ma dove non arrivo con l’altezza arrivo con l’intelligenza- non capii subito ma quando si avvicinò a me la cosa iniziò a preoccuparmi. Lei avanzava e io indietreggiavo e così finche non inciampai e mi ritrovai seduto sulla poltrona,subito pensai adesso mi ammazza, ed è stato proprio allora che attaccò.
 
Con un gesto limpido e veloce mi sfilò il telecomando da mano, subito dopo le comparve un sorrisetto beffardo sul volto ma non capii come aveva fatto. Mi ero sicuramente perso qualcosa…
 
La sera non tardò ad arrivare e quando lei se ne accorse guardò l’ora sul cellulare. Non era tardi ma se si era fatta notte vuol dire che avevamo saltato il pranzo e che se non volevamo morire di fame dovevamo mangiare.
-Cosa vuoi per cena?- dissi mentre ci avviavamo nella cucina.
-Cosa hai?-
-Tutto oppure vuoi che ti cucini qualcosa?- aprendo le ante dell’armadietto sopra i fornelli ma lei scosse la testa
-No non ti preoccupare- non sembrava convinta
-Sono un ottimo cuoco, te lo posso assicurare- rise
-Non metto in dubbio le tue capacità di cuoco ma a me basta un bicchiere di latte-
-Ammetti che non ti fidi di me come cuoco- chiudendo le ante e puntandole il dito contro
-Sono certa che sei un ottimo cuoco ma mi basta una cosa semplice- sorrise. Mi piaceva vederla sorridere, era tranquilla col pensiero di essere lontana dal padre e da chi le faceva del male.
 
Sapendo di volerla vedere sempre così e quindi di far continuare la sua felicità, decisi di proporle di vedere un film. Accettò con un dolce sorriso.
-Vuoi la cioccolata calda mentre guardiamo il film?- chiesi già sapendo che avrei avuto un ‘si’ da lei.
-Certo- disse sorridente
 
Mentre parlavamo, io cercavo di preparare la cioccolata che dovevamo bere durante il film ma se avessi continuato così non ci sarebbe stata una cioccolata…
-Cosa vuoi vedere?- chiesi cercando di farle distogliere lo sguardo dalla cioccolata.
-Qualunque cosa ma no horror- sentivo la sua faccia schifata dietro di me.
-Va bene- quando mi vide in seria difficoltà prese lei il comando e mi tolse tutto da mano.
-Faccio io- ridendo
-Perché ridi?-
-Perché ‘l’ottimo cuoco’ non sa fare una cioccolata- soffocando nelle sue stesse risate per non farmi sentire un fallito.
-Hey io so cucinare- facevo l’offeso perché ero offeso.
-Dai no, non fare così- mi dava le spalle ma si sentiva benissimo che aveva un sorriso sulle labbra.
-Non è giusto- appoggiandomi all’isola dietro di lei.
-Cosa non è giusto?-
-So fare la cioccolata- incrociando le braccia al petto.
 
Pov julie
-Nessuno è perfetto, ognuno ha il suo punto debole- risposi con semplicità, infatti, nessuno è perfetto, per quanto una persona cerchi di essere perfetta in tutto avrà pur sempre il suo tallone d’Achille ma non credo che il punto debole di justin fosse la cioccolata calda.
 
Sentii delle braccia avvolgermi i fianchi e una testa posarsi sulla mia spalla.
-Tu sei perfetta- risi, adoravo la sua dolcezza ma purtroppo si sbagliava, non ero perfetta con lividi sul corpo e  lacrime che scendevano appena stavo sola.
 
Era difficile accettare tutto questo ma, in fin dei conti abbiamo una sola vita, una sola chance di essere quello che vogliamo, un tot di giorni che dobbiamo vivere. Alcuni ci riescono…altri no…pazienza!
-Sbagli se pensi questo- era la pura verità, sbagliava.
-Sbagli tu, sei più perfetta di quanto pensi- sorrisi
-Io non penso di essere perfetta- non pensavo niente figuriamoci se pensavo di essere perfetta.
-Visto che sbagli?- disse inclinando la testa per guardarmi.
-Vogliamo prendere questione su una cosa stupida?-
-Non è…- lo interruppi dicendo che era pronta la cioccolata e che mi servivano le tazze, si dimenticò della conversazione avuta precedentemente e io tirai un sospiro di sollievo.
 
Prendemmo la cioccolata calda e ci incamminammo nel salone, ci sedemmo sul divano e a sua scelta guardammo un film. Non ci volle molto che mi stesi, rannicchiandomi su me stessa.
 
Pov justin
La vidi rannicchiarsi su se stessa e subito pensai che avesse sonno, così glielo chiesi ma rispose di no e continuò a guardare il film.
Io ero sempre più assonnato ma non volendola lasciare da sola resistetti il più possibile. Morfeo mi avevo preso di mira, per lui, dovevo addormentarmi per forza ma io non mollavo e continuavo a resistere.
 
Quando mi chiamò julie, sobbalzai, stavo pian piano abbandonandomi al sonno più completo…
-Domani vado a casa mia- poche parole e stavo morendo là terra. Cosa? Voleva andare a casa sua? Era impazzita?
-Spero di aver sentito male, dimmi che ho sentito male- ero sconvolto, questo era sicuro. Il mio sguardo credo avesse la preoccupazione che usciva da tutti i pori ma lei sedendosi accanto a me mi disse che non avevo sbagliato ad ascoltare e che ci sarebbe andata domani mattina.
 
Un misto di preoccupazione e paura prese a circolare nel mio corpo, diceva di non preoccuparmi e che sarebbe andata là solo per prendere un paio di cose e dei soldi.
 
Ammetto che mi calmai molto ma comunque se l’avesse vista il padre sicuramente non avrebbe esitato ad alzare le mani.
-Vengo con te- mi prese la mano e scosse la testa -Perché no?-
-Perché devo andarci da sola, ho già pianificato tutto-
-E se tuo padre ti scoprisse?- ero più preoccupato io che lei
-Mi sono già messa d’accordo con mia sorella, loro saranno già usciti quando io entrerò- annuii con la testa anche se controvoglia.
 
Ci rimettemmo a guardare il film, lei accanto a me e io pregavo che il giorno seguente andasse come aveva pianificato julie. Non mi piaceva il fatto che ci andasse da sola ma comunque non potevo obbligarla a portarmi con sé, quindi io dovevo fare la parte di quello che stava a guardare in un angolino senza poter far niente. La cosa mi irritava ma nelle mie capacità non potevo aiutarla.
 
Sapevo benissimo che era preoccupata più di me ma non lo dava a vedere. Non riuscivo a non pensare all’indomani a cosa sarebbe successo e a come si sarebbero svolti  i fatti, come aveva predetto julie o ci sarebbe stato qualche imprevisto?
-Justin calmati, ti sento tremare- appoggiandomi una mano sulla gamba.
-Io sono calmo- si, si come no.
-Anche io sono in ansia ma mica posso stare tutte le notti a tremare con il pensiero che mio padre prima o poi mi scopra? Si va avanti e ora è il momento di voltare pagina. Credimi sono la prima ad aver paura di mio padre ma non posso vivere sempre con il terrore addosso, vedrò cosa posso fare domani e cosa potrò fare in futuro. Mi butto il passato alle spalle, anche se non è facile, e continuo la mia vita. Abbiamo una sola vita e io questi 18anni li ho buttati letteralmente nel cesso, è stata mia la colpa che tendevo a giustificare le persone a cui CREDEVO di voler bene e credevo loro ne volessero a me. Ho fallito io che non ho fatto prima i bagagli e non me ne sono andata e così anche mia sorella. ORA faccio i bagagli e ORA me ne vado, non devo dipendere più da nessuno, denuncio mio padre e tutti gli altri che mi hanno fatto del male, le prove le ho addosso, non possono togliermele dalla pelle- mostrandomi vari lividi sulle gambe e sulle braccia – reagisco ora solo perché prima non ne avevo il coraggio e ne tirerò fuori anche mia sorella. Su questo non ci sono dubbi- doveva sfogare molto quella ragazza, voleva partire di nuovo da zero e credetemi, l’avrei aiutata in qualsiasi modo.
 
-Lo so che non puoi vivere nel terrore ma è pur sempre un rischio grosso- non volevo fermarla perché era decisa e io non sono niente ma almeno dovevo metterla in guardia.
-I rischi grossi si devono correre altrimenti la vita non cambierebbe mai. Fino ad ora sono stata io a subire tutte le ingiurie e tutti malintenzionati di questo mondo, sono stata stupida perché volevo vedere solo il buono delle persone invece di vederle per come erano in realtà- mi guardava con gli occhi di una persona che voleva vendetta. Voleva solo prendersi ciò che gli era stato negato.
-Non darti la colpa perché non è tua-
facile dirlo ma analizziamo i fatti, chi è che si è fatta trattare così per così tanto? Chi è che non reagiva? Chi è che passava le notti a piangere perché l’avevano appena abusata? La risposta è una sola IO-
-Sei troppo severa con te stessa- ammettiamolo lo era.
-No justin non sono severa sono rassegnata, rassegnata dal fatto che 18 fottutissimi anni sono andati persi per colpa di una sola persona, rassegnata dal fatto che ciò che sto dicendo è vero e rassegnata perché non ce la faccio più, perché per accettare che la colpa,anche se è solo una piccola parte, sia tua ti rende fragile e rimpiangi quei momenti in cui tu potevi cambiare tutto e invece non ti sei mosso. So che è colpa mia e so anche che me ne sono accorta solo ora ma non è mai troppo tardi per cambiare e per cambiare la propria vita- stava per mettersi a piangere me lo sentivo, quegl’occhi che tanto mi piacevano si incupirono mostrandomi una parte di julie che non conoscevo e, secondo me, neanche lei conosceva. Per lei era dura, per lei era come ricevere una coltellata che non ti uccide ma ti fa solo soffrire e così da farti fare una morte lenta e dolorosa, cosa più brutta non c’è.
 
Non mi piaceva vederla così, non mi piaceva che si dava tutta la colpa, che soffriva a causa di altre persone. Era atroce la cosa perché a chiunque si voglia bene non si attribuisce mai la colpa, non vuoi capacitarti che è loro la colpa e che anche le persone a cui vuoi bene sbagliano.
 
Stavano indebolendo julie proprio per farle subire il doppio di ciò che stava già passando, per fare i loro porci comodi quando stavano solo disintegrando l’anima di una persona dolcissima.
 
Faceva male vedere una persona ridotta così ma pensare che proprio quella persona, che avevano buttato giù tantissime volte, si voleva rialzare dopo aver subito colpi quasi fatali e quasi non riuscendo più a muoversi, ti faceva pensare, pensare al fatto che qualcosa dentro questa persona le faceva trovare la forza per rialzarsi, pensare che seppur debole fuori aveva la forza di reagire e di sorridere beffarda al proprio avversario come a dire ‘è solo questo che sai fare?’.
 
Ammiravo coloro che si alzavano seppur se ne erano accorti tardi. Persone che possono essere ovunque, fin troppe ce ne sono ma noi, cosa possiamo fare se non guardare e invogliarli a cacciare tutta la loro forza per farli reagire contro le persone che li maltrattavano.
 
Le lacrime minacciavano di rigare il volto di julie, non sopportavo vederla  piangere ma, per non farsi vedere, si trattenne, cosa che non la aiutava molto.
 
Gli occhi dolci non tenettero e fece scendere una lacrima che si asciugò subito, la abbracciai facendola sedere sulle mie gambe.
-Odio piangere- aveva ragione con tutte le lacrime che aveva versato, ora, non ce la faceva più. Seppur si voleva dimostrare forte, cosa che era, il passato non la aiutava ad affrontare tutti i problemi con un sorriso anzi la buttava ancora più giù.
 
-E io odio vederti piangere- cosa vera, perché era una persona dolcissima e odiavo veder piangere una ragazza, soprattutto se era una bella persona come julie.
 
Le accarezzai il viso per togliere  quelle lacrime, la abbracciavo sempre più forte per tenerla più vicino a me. Odiavo solo il pensiero che il padre la scoprisse, la paura si faceva sentire ma l’abbraccio che mi dava mi rassicurava.
 
Spensi la televisione dato che julie si era addormentata e che io non la guardavo neanche, ero troppo preso a farmi film in testa di come sarebbe andata. Sono un tipo abbastanza ansioso ma dovevo lasciarmi andare, il problema era che seppur ci provavo non ci riuscivo.
 
Guardandola sembrava piccola e  provavo una sensazione strana nel vederla dormire sul mio petto. Era come un bambina che dorme tra le braccia della sua mamma,  che non  riesci a staccarle gli occhi da dosso neanche se ti ci metti di buona volontà. Quella calma, quel rilassamento  che ci incanta.
 
Quando eravamo piccoli e piangevamo, c’era sempre qualcuno pronto a consolarci, ci prendeva in braccio e ci cantava una ninna nanna e noi come per magia smettevamo di piangere. Ora che siamo cresciuti e che piangiamo di nascosto, in silenzio  a volte abbiamo ancora bisogno di quell’abbraccio ed è lì che ci viene in mente una nonna oppure vorremmo chiamare la nostra mamma…
 
Ci son persone che però non lo possono fare, come me, che per avere un po’ di conforto devono aggrapparsi ai ricordi oramai lontani, sfocati, quasi inesistenti. Ma sono proprio quei ricordi quasi inesistenti che ti fanno andare avanti e addolcire la pillola amara della vita.
 
La presi e la portai in camera adagiandola sul letto e coprendola con una coperta. Mi sedetti accanto a lei, sul bordo del letto. Ammiravo la sua tenacia nell’affrontare il passato, nel voler prendere una posizione, nel dire alla vita, una volta per tutte, ‘una vita mi spetta e la voglio vivere come dico io’. Così piccola, così indifesa sembrava…
 
Era da matti ciò che voleva fare, mettersi contro la persona che l’aveva fatta male tante volte, che l’aveva fatta soffrire non solo fisicamente. Io non mi opponevo alla decisione che aveva preso, ma neanche l’accettavo.
 
Uscii da quella stanza, diciamo, con un peso addosso ma non mi doveva toccare più di tanto perché non mi dovevo immischiare nei problemi altrui. Avevo già i miei che bastavano per un esercito, poi se mi dovevo mettere addosso anche quelli degl’altri non bastava  tutta la carta del mondo per elencarli.
 
Andai a fare una doccia in camera mia, mi spogliai e mi misi sotto il getto d’acqua calda.
                                             *            *            *            *            *
 
Avete mai ascoltato la voce del silenzio…?
...è assordante.
 
Avevo qualcosa dentro che non mi permetteva né di dormire né di pensare bene a ciò che avevo. Era come un buco, un vuoto, una sensazione spiacevole dentro lo stomaco che mi impediva di fare…tutto, non potevo mangiare perché mi passava la voglia, non potevo guardare il soffitto perché mi annoiavo, non potevo dormire perché appena chiudevo gli occhi mi tornavano alla mente quelle immagini dell’incubo che avevo fatto in quelle poche ore di sonno. Era pesante quella situazione…
 
Mi giravo e rigiravo nel letto, le avevo provate tutte le combinazioni per dormire. Pancia in su, pancia in giù, di lato, nell’altro lato, in obliquo, per terra…ci mancava solo in aria e per il resto avevo fatto tutto ma il potere di levitare non ce l’avevo ancora, non ero ancora arrivato a quel livello ma con calma e pazienza…
Era, sicuramente, più facile farsi proclamare padre eterno ma questi sono piccoli dettagli.
 
Ritornando a noi, le avevo provate tutti, o quasi. Cambiavo posizione come se avessi le formiche che mi camminassero sulla pelle.
 
Mi giravo così tante volte che oramai facevo scintille, i capelli erano talmente dritti che se davo una testata a qualcuno, i capelli fungevano da lama. Manco avessi messo il viagra nello shampoo…
 
Decisi di alzarmi, uno perché a forza di girarmi nel letto ero diventato una batteria umana, potevo ricaricarmi la macchina con il solo uso delle mani e due perché il mio letto non ce la faceva più, se avessi continuato mi avrebbe mandato a quel paese.
 
Andai girando per casa come uno senza meta, andai in cucina, girai intorno all’isola e uscii. Camminai fino al salone e mi guardai intorno. Ritornai indietro, camminai lungo il corridoio, accesi le luci e aprii lentamente la porta della camera di julie.
 
Feci entrare un minuscolo raggio di  luce del corridoio, per illuminare metà del suo corpo. Vedendo julie sul letto, mi tranquillizzai. Non so dirvi il perché ma fu così.
 
Chiusi tutto, luci, porte e altro per poi dirigermi di nuovo nella mia camera, per la felicità del mio letto…
 
Ricominciai a non dormire, a girarmi e a muovermi…
 
-Justin…- un sussurro, girandomi di scatto verso la porta vidi chiaramente una sagoma nell’ombra. Alzandomi sulle ginocchia vidi più chiaramente la figura.
 -Julie…- ero abbastanza sorpreso dato che l’avevo vista dormire fino a poco tempo prima.
-Ora che sappiamo i nostri nomi mi vuoi spiegare perché non dormi, ti si sente dall’altra camera che ti giri- appoggiandosi allo stipite della porta, con le braccia incrociate.
 
Io di tutta risposta, mi lasciai cadere a pancia in giù finendo con la faccia nel cuscino.
Sentii i suoi passi avvicinarsi al letto, girai la faccia e, seppur era buio, riuscii a intravedere un dolce sorriso sulle sue labbra. La invitai a sedersi accanto a me, accettò annuendo col capo.
-Perché non dormi?- disse sedendosi accanto a me.
-Ti potrei fare la stessa domanda-
-Perché qualcuno è andato girando per casa, accendendo la luce nel corridoio-
-Chissà chi sarà stato?- il più ingenuamente possibile risposi
-Io un mezza idea me la sono già fatta-
-E dimmi chi è stato?-
-Senti justin, se non dormi ci sarà un motivo, no? Me lo vorresti, cortesemente illustrare, perché non l’ho capito- invece lo sapeva benissimo.
 
Mi alzai e sedendomi mi misi a giocare con il laccetto dei miei pantaloncini. A parte che non glielo volevo dire ma io, che figura ci avrei fatto se glielo avessi detto?
-Niente, non ho niente-
-E allora perché sei sveglio?- perché sono preoccupato per te
-Non ti è mai capitato di non riuscire a dormire?-
-Tantissime volte ma sempre per un motivo- anche io ho un motivo
-Io, invece, non prendo sonno senza motivo-
-Ok va bene, posso fare qualcosa per farti riuscire a dormire o vado?- che persona dolce
-No, no va pure e poi non vedo come tu possa aiutarmi-
-Ci sono tantissimi modi, sonniferi, thé, camomilla oppure quelli più efficaci detti anche metodi pesanti, una padellata in testa-
-Opterei per la camomilla-
-Va bene ma non ti garantisco che dopo dormirai-
-Non mi darai una padellata in testa-
-Ma tanto non ci arriverei- sospirando. Era bello, diciamo, scherzare con lei, vederla sorridere ti faceva sorridere. Non potevi essere triste davanti a lei, era contagioso il suo sorriso.
 
Dopo un abbraccio e una risata da parte mia, andammo a preparare le tazze di camomilla, cosa che sapevo fare. Ufficialmente era per farmi addormentare, ufficiosamente era per far calmare entrambi e far distendere i nervi, anche a lei.
 
Mentre preparavo la camomilla continuammo a parlare del più e del meno.  Ci stavamo, pian piano, conoscendo.
-Quanti anni hai?- chiese lei dietro di me. Era seduta sullo sgabello, giocando con un braccialetto  che aveva sfilato dal polso poco prima. Era un braccialetto normale, color lilla di stoffa.
-Tu quanti me ne daresti?- giusto per allungare la conversazione
-Non lo so- era bella quando sorrideva, si vedeva poco ma quella piccola e fioca luce sopra l’isola bastava per guardarla.
-Di un numero a caso-
-46- mi girai e credo la mia espressione fu più che esplicita.
-Si julie, ho 46 anni- mi appoggiai al piano della cucina dove stavano i fornelli, con le braccia incrociate al petto. La assecondai, più che assecondare era una presa in giro.
-Te li porti davvero bene- ma che stava scherzando?
-Si sono troppo bello- facendo vedere i muscoli e vantandomene.
-Non fa per te la parte del narcisista- scuotendo la testa.
-No?-
-No-
 
-Va beh, io ci ho provato- ridacchiando.
-Si ma in tutta questa storia non mi hai detto ancora quanti anni hai- facendo girare il braccialetto tra le sue dita sottili.
-Ti do un piccolo aiutino, è un numero compreso tra 18 e 20-
-È difficile, non è che mi dai un altro aiuto?-
-Devi farcela da sola-
-Mh cattivo- facendo il broncio – Va beh provo ad indovinare, 19- mi girai facendo una finta faccia stupito con inclusa la mano davanti alla bocca.
-Ma come hai fatto? Era talmente difficile- facendo anche un po’ la voce da gay, cosa di cui mi pentii subito dopo. Fece una sonora risata. Le mie guancie si tinsero di rosa. Le passai la tazza di camomilla e sedendomi accanto a lei.
 
-Questa è una cosa che rimarrà tra noi due- avvicinandomi alla sua faccia e puntandole il dito contro.
-Ok- sorridendomi e annuendo.
-Grazie- rimettendomi seduto composto e sorseggiando la bevanda calda.
-Rimarrà in queste quattro mura- indicando le quattro mura attorno a noi.
-Devi promettere che non lo dirai mai a nessuno- ancora con un po’ di rossore sulle guance.
-Non lo dirò a nessuno, te lo  prometto- lasciando la tazza fumante sul bancone e mettendosi una mano sul cuore.
 
Ridemmo, scherzammo e tutto in una sola sera. Non mi ero mai sentito così bene con un'altra persona. Ci conoscemmo, scoprii che lei cercava lavoro e che aveva trovato un posto ad una caffetteria non poco lontano ma che il proprietario doveva ancora decidere tra lei ed un'altra ragazza.
 
Scoprii anche il nome della sorella, giulia. Praticamente una persona fantastica che l’ha ascoltata quando ne aveva bisogno, che l’ha protetta quando il padre alzava le mani, che ha fatto di tutto pur di farle scampare l’abuso del padre.
 
Vedevo nei suoi occhi la scintilla che si accendeva quando ne parlava, le voleva bene, voleva solo il meglio per l’unica persona che le stava accanto ogni giorno, costretta anche lei a subire abusi.
 
Il sorriso che si formava su di lei quando parlava di questa persona era un sorriso indescrivibile, quel sorriso che ti viene quando abbracci il tuo amico più caro che non vedevi da tanto, quel sorriso che ti viene quando scoprivi che i tuoi familiari ti avevano fatto una festa a sorpresa per il tuo compleanno quando, invece, avevi espresso chiaramente che non la volevi per non fargli spendere soldi, quel sorriso che ti viene quando sei piccolo e ti fai male e che al posto della sgridata, avevi dalla mamma un bacio sulla bua.
 
Non bastano gli esempi per descriverlo, lo dovevate solo vedere, vedere quegl’occhi sorridere, vedere la felicità in degl’occhi che avevano visto dolori su dolori. Quanto mi faceva bene vederla felice…
 
-Giulia è forte, combattiva, tenace praticamente l’esatto opposto di me-
-Non ti credere julie anche tu hai queste caratteristiche solo che le hai scoperte da poco- sorrisi mettendo le tazze vuote nel lavandino e sedendomi di nuovo accanto a lei.
-Si e dimmi dove le vedi queste qualità in me-
-Le vedo nei gesti che fai. Uno. Sei scappata di casa e questo significa essere forte. Ti lasci tutto dietro e continui per la strada che vuoi tu- indicandola – Due. Domani vuoi andare a casa tua per prendere la tua roba e sembra che te ne fotti proprio dei rischi che corri. E questo si chiama essere combattivi- presi una pausa. - Terzo. Andrai a denunciare tutti quelli che ti hanno fatto del male e credo che nessuno riuscirà a convincerti di non farlo. Questo si chiama essere tenace- girai con un dito il suo viso per far combaciare i nostri sguardi. –Non dire che non hai queste qualità. Tu le hai più di ogni altra persona. Te lo posso garantire- sorridendo.
-Grazie- appoggiandosi con la testa sulla spalla.
-E di che. Per aver detto la verità?- abbracciandola. In fondo avevo ragione…
 
SPAZIO AUTRICE
Ok, ok. Avete tutto il diritto di mandarmi a quel paese e giuro l’ho fatto anche io in questi 2 mesi e due settimane. Sulla storia vorrei dirvi una cosa, so già che mi direte julie e guilia si assomigliano e direte che io non ho fantasia ma questo capitolo è dedicato a una persona che non vorrei che si scoprisse. Questa persona è come l’ho descritta nella storia, mi ha aiutata a non avere una crisi di nervi e mi ha ascoltato quando ne avevo bisogno. La ringrazio tantissimo. Ringrazio tutti quelli che hanno recensito la mia storia e quelli che recensiranno, se ce ne saranno.
Ditemi se vi piace come l’ho scritto o se devo cambiare qualcosa :)
Grazie di tutto.
Luxij 
  
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