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Autore: Sciarpata di verde    21/09/2013    2 recensioni
[Storia revisionata]
Al termine del vestiario un paio di francesine scure a punta, probabilmente davvero francesi il cui tacchetto risuonava sull’asfalto.
Che movenze eleganti e raffinate. No, quella non sembrava la classica napoletana…
Doveva diventare la protagonista del mio libro! A qualunque costo!
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Per un paio di francesine

Capitolo 1

IIII

L’inverno era quasi finito ma, nonostante questo, quel giorno faceva comunque molto freddo. A dirla tutta, io non ne soffrivo: venivo da Grenoble, e mi ero appena trasferito… in Francia sì che faceva freddo!

Difatti, quel mattino giravo per le strade di Napoli con un cappotto leggero, anche sbottonato, ed ero in cerca d’ispirazione. Perché Napoli? Beh… mi aveva incuriosito, mi sembrava una bella città… anche se non aveva esattamente l’aspetto pulito ed ordinato che aveva la mia cittadina francese…

- Ho deciso!- avevo esclamato d’un tratto, un giorno - Il mio libro sarà ambientato a Napoli! -, e l’avevo deciso così, all’improvviso.

Si, il mio intento era scrivere un libro, dall’argomento un po’ particolare. Ma mi serviva una protagonista vera, reale e nel contempo non comune. Ed ore ero in giro, cercando la mia musa. Tutti erano vestiti pesanti, non abituati a quel gelo polare in un paese marittimo, e ogni tanto si sentiva esclamare qualcosa in napoletano, dai suoni stentati e cadenzati del dialetto, che non riuscivo a comprendere bene… somigliava a qualche invocazione ai santi, di quelle che si sentono in chiesa, con la parola “fridd” (forse “freddo”) stampata sulle labbra.

In italiano me la cavo abbastanza! Dopotutto ho avuto un buon insegnante, mio fratello maggiore si trasferì a Firenze. È un pittore dalle grandi capacità, e devo a lui la mia creatività e sensibilità. Potrei dire che mi ha insegnato lui tutto quel che so. Anche se, personalmente alla pittura ho sempre preferito la scrittura.

La pioggerellina che aveva iniziato a cadere quasi non si sentiva, tanto fitta e leggera da parere foschia; il tempo grigio spegneva quella città che solitamente era luminosa e allegra. Le strade erano un tantino scivolose e avevo rischiato parecchie volte, ormai, di cadere col sedere per terra… Fortunatamente, avevo un buon equilibrio.

Al mio fianco camminava Corrado Cirillo, un tipo sulla trentina, non più alto di me, un italiano che aveva il compito di mostrarmi la città, anche se lui non era napoletano.

Era diventato una sorta di assistente, nonchè vicino di casa, dato che era stato grazie a lui se ero riuscito a trovare una casa in poco tempo… cioè, una casa che non sia stata solo un piccolo appartamento in centro.

Avevo trovato una casa carina, non lontano dal centro. Faceva parte di una serie di case a schiera, a due piani. Piccola, ma non male come stile, mi ci ero subito adattato.*

C’era molta gente…

Passò una ragazza dai capelli scuri, col taglio corto e asimmetrico, un trucco molto pesante sugli occhi e pelle olivastra. Scarsamente vestita (in inverno?), magra e piatta. E aveva una camminata alquanto svogliata, di chi se ne sta altamente fregando di ciò che la circonda. Gesticolava molto parlando al telefono, probabilmente era rivolta al proprio ragazzo.

“Non potrebbe mai essere adatta…”pensai.

- Che ne dici di quella? – Corrado mi indicò un’altra ragazza.

Una tipa dall’andatura sicura di sé, la voce fin troppo alta e stridula, i capelli ricci e disordinati di un castano chiaro, le labbra doppie e colorate di rosso, la pelle scura. Delle belle mani affusolate, ma dei forti muscoli alle spalle, forse era una nuotatrice.

- No… non mi piace! – ribadii.

- Beh, sai, se almeno mi dessi qualche indizio su come vuoi questa benedetta protagonista, forse ti saprei aiutare meglio! – non so quante volte da quella mattina mi aveva ripetuto quelle parole.

Voltammo l’angolo e da Via Duomo ci ritrovammo a Via Foria, una strada ancora più affollata di prima, se non più rovinata e poco curata. A fatica superammo la folla che si era creata sul marciapiede, vicino a una rosticceria. Quante ragazze con una dose smisurata di trucco in faccia, quante con scollature assurde nonostante il freddo, e quante con colori decisamente improbabili abbinati ad altri ancora più indecenti!

Forse avevo sbagliato città… forse mi ero illuso al riguardo!

Avevo fatto male a trasferirmi, forse avrei dovuto studiare meglio la questione a casa, analizzare mentalmente un piano, e invece ho voluto per una volta seguire l’istinto e mi sono lanciato, come la chiamo io, in una “grande impresa” speranzoso di avere un minimo di fortuna! Chissà se davvero era una passeggiata a vuoto, quella che stavo compiendo.

- Trovato! – esclamai.

- Cosa? – domandò.

- Voglio una tipa particolare… Proviamo a teatro! – mi incamminai verso il teatro Bellini.

- Come vuoi… - e con pazienza infinita Corrado mi seguì.

IIIII

 

Quando arrivammo era tutto chiuso e non c’era anima viva… a parte una vecchietta che tentava di attraversare la strada.

Niente da fare: un altro buco nell’acqua.

- Come non detto… torniamo indietro – dissi, deluso dalla strana situazione.

- E dove andiamo?–

- A Piazza Garibaldi… anche se non ne sono del tutto convinto. – risposi sbuffando.

Così ci incamminammo verso Piazza Cavour, dove avremmo preso il treno.

- Ti va se ti offro un caffè? – domandò il mio collega.

- Oui, merci… ne avrei proprio bisogno… -

IIIIII

 

Come poteva chiamarsi una grafferia, se non Parentesi Graffe? Una volta arrivati, più che di un caffè, mi venne una certa golosità di dolci; così, su consiglio di Corrado, ne presi alcuni buonissimi chiamati Via col vento.

Oh ouierano veramente squisiti!

- Sai, non c’è solo il tuo libro, in questo momento… dovremmo parlare anche del pagamento della casa… non c’è solo il tuo libro in questo momento. – mi ricordò il mio amico.

- Lo so. Prometto che pagherò. I soldi devono ancora arrivarmi da Grenoble – mi passai una mano in faccia, stanco.

Il piccolo bar era quasi vuoto ma, del resto, date le dimensioni forse avrebbe fatto meglio a rimanere tale: era un locale stretto dove a malapena entravano due tavolini ed un bancone. C’era un forte odore di zucchero e cioccolato, di dolci e bevande di tutti i tipi, ipercalorici. Oltre a noi due, c’era solo una coppia che parlava di musica. Insomma, era un posto davvero accogliente, il posto perfetto per una qualsivoglia tipo di uscita mattutina… o anche pomeridiana volendo.

- Perché non chiedi a tuo fratello di spedirteli? – Corrado prese un altro dolcetto.

- Perché è troppo occupato con la sua arte e con le modelle della sua arte… non so se mi spiego. –

Ridemmo insieme: erano piacevoli quei momenti... sembrava che non potessero diventare ancora più piacevoli.

Fu in quel momento, che mi sentii come quando ci si perde ad osservare un uccellino appena atterrato sul davanzale della tua finestra, e ci si mette a fissarlo come qualcosa di incredibilmente raro; oppure, come quando ci si siede su una panchina stanchi della giornata appena passata e si rimane a fissare i rami degli alberi che si aprono verso il cielo limpido, e si comincia a pensare quanto sia pazzesca la natura. Fu così che mi sentii, nel momento in cui vidi entrare nella grafferia lei, la ragazza perfetta per il mio libro…

I capelli parevano fili d’oro, gli occhi erano verde smeraldo e le labbra, invece, leggermente rosate; un profumo inebriante di zucchero filato mi solleticò il naso nonostante l’odore del locale. Indossava un cappotto nero, di quelli larghi sotto, con sopra una lucida sciarpa verde: le sue mani affusolate erano coperte da elegantissimi guanti neri di pelle, e ai piedi portava un paio di francesine nere a punta…Si avvicinò al bancone con movenze eleganti e raffinate. No, quella non sembrava la classica napoletana…

- Aspetta! –sussurrai all’improvviso colto da un’ispirazione improvvisa.

Corrado si girò nella direzione in cui stavo guardando e capì che stavo chiamando la ragazza che aveva attirato la mia attenzione.

- Ma cos… Perché chiami quella ragazza? – io non lo ascoltai minimamente, mi alzai con uno slancio dallo sgabello alto e la raggiunsi con un passo. Lei non aveva badato a nulla, era concentrata su cosa ordinare.

- Io ti consiglierei i “Via col vento” sono ottimi – involontariamente e inaspettatamente mi venne da parlarle con il mio accento un po’ francese, e subito dopo mi resi conto che forse la stavo disturbando…

Lei in un primo momento mi guardò un po’ sorpresa… come se stesse analizzando lentamente la situazione.

- Oh! – esclamò all’improvviso – Diceva a me? –

- Oui – risposi accennando un sorriso.

- Grazie del consiglio! – e mi rivolse un dolce sorriso.

- Che diavolo combini?! – mi sussurrò arrabbiato il mio collega.

- L’ho trovata! – risposi.

- Mi scuso, signorina – mi rivolsi di nuovo a lei che sta volta mi stava prestando più attenzione – Non mi sono presentato! Mi chiamo Daniel Legrand e… -

- Molto piacere! – non mi fece finire la frase! – Vorrei qualche “Via col vento” da mangiare ora, grazie! – si rivolse alla commessa.

- Vorrei proporle… - tentai di continuare il mio discorso.

- Mi scusi solo un secondo – mi guardò dispiaciuta – Quant’è? – si rivolse di nuovo alla commessa.

Pagò, e si sedette al nostro tavolino che ormai avevamo lasciato vuoto.

- Mi dica… - appoggiò i dolci sul tavolo dove poco prima c’erano i nostri, si sfilò i guanti e prese a mangiare accavallando le gambe con nonchalance.

- Le piacerebbe diventare la protagonista del mio libro? – domandai velocemente senza fermarmi a pensare.

Lei si fermò con un dolcetto a mezz’aria, chiuse la bocca e mi guardò un po’ sorpresa.

- Cos’è? Un nuovo modo per rimorchiare? – e riprese a mangiare.

Mi scappò una leggera risata. In effetti avevo corso un po’ troppo… mi ero lasciato trascinare dall’entusiasmo, come al solito, e non avevo pensato alle conseguenze.

Il mio collega intanto, sapevo perfettamente che dietro a me si disperava pensando alla pessima figura che gli stavo facendo fare.

- Posso rubarle solo qualche minuto del suo tempo? – chiesi cordialmente.

- Okay… però faccia presto, a mezzogiorno ho un appuntamento importante –

IIII

 

- Il mio nome è Melinda Bloomwood – mi tese la mano.

Ormai eravamo tutti e tre seduti ad un tavolino a parlare, ed io le avevo spiegato chi ero, chi era il mio collega e perché la stavamo disturbando. Lei ascoltò con pazienza ma poi esclamò: - Sinceramente, non so se crederle… potrebbe essere chiunque –

- Non le do torto! – ribatté il mio amico guardandomi storto.

- Oui…je compris… troviamo un accordo – mi guardarono dubbiosi. Le porsi così il mio biglietto da visita.

- Qui ci sono il io indirizzo e il mio numero di telefono. La pregherei di chiamarmi, devo, diciamo… intervistarla. Ho bisogno della sua personalità per scrivere il libro, non della sua presenza. Anche se mi avrebbe ispirato di più – le sorrisi un po’ deluso e feci per andarmene.

Lei mi fermò.

- Aspetti! Io… io sono una persona molto ingenua generalmente… è per questo che cerco di non fidarmi di nessuno –

Che razza di ragionamento…??

- E’ per questo che ho scelto lei – risposi enigmatico e me ne andai seguito dal mio collega che esclamò:- Buona giornata signorina! – prima di allontanarsi al mio fianco.

III

 

Passarono ventiquattro ore, e lei non aveva mai chiamato. Ero a casa solo ed inconsolabile. Mi serviva ispirazione!! Mi serviva lei!! Perché diamine non faceva una semplice telefonata?? Avevo mille domande da porle!

Bussarono alla porta.

“Cavolo! Sarà lei?”

Ero talmente emozionato ed ansioso di incontrarla, di parlarle! Non volevo una conoscenza approfondita, ma, chessò, capire il suo carattere ed il suo modo di agire, e sapevo benissimo che se non si fosse fidata di me, non sarei mai riuscito a combinare niente!

- Melinda?! – esclamai aprendo la porta di corsa.

No… Corrado…

- Che vuoi?! – domandai seccato.

- Oh, grazie! Sono anche io felice di vederti! – ironizzò.

- Taglia corto! Diable! –

- Oggi è passato da me il proprietario di casa tua! – aveva un accento leggermente infuriato.

- Et alors?

- E allora? E allora?! Casa tua è intestata a me! E qualcuno non mi ha dato i soldi per finire di pagarla! – chiuse la porta dietro di se e si infuriò ancora peggio.

- Ti ho già detto che devo aspettare i soldi da Grenoble! –

- E quando arrivano questi maledetti soldi?! È una settimana che vivi qui a mie spese! –

- Okay… scusami – abbassai il tono.

Lui si fermò a guardarmi.

- Mi spiace, ti ho trascinato in questa specie di follia che mi è balenata in testa… non scriverò mai questo libro, e non so quando arriveranno i soldi che mi servono per sopravvivere. Ho sprecato due mesi di tempo per organizzare tutto, ed in poco tempo l’ho guastata. Appena mi arriveranno i soldi ti pagherò e tornerò a Grenoble… qui non ho più niente da fare. –

- Prima mi coinvolgi nei tuoi assurdi piani, e poi all’improvviso molli tutto! Non credi di essere un pochino frettoloso nel prendere le decisioni? - mi posò le mani sulle spalle guardandomi in faccia – Dovresti pensare prima di parlare! Facciamo così… io avrò ancora un po’ di pazienza. E tu cerchi di trattenerti dal fermare le persone in mezzo alla strada per domandare loro se vogliono far parte del tuo libro. Okay? –

Ci fu un momento di pausa, respirai a fondo ed affermai:- Okay, va bene, farò come dici tu… -

- Io torno a casa, ormai le mie finanze stanno andando in fumo! – girò sui tacchi e fece per andarsene.

- Ti ringrazio – gli urlai dietro.

- Non c’è di che – rispose per poi sparire dietro la mia porta.

Io passai la maggior parte del giorno su internet cercando di farmi venire idee originali, ma capii ben presto che su internet sono più le idee che se ne vanno piuttosto che quelle che vengono! Così decisi di fare quattro passi. Mi fermai a Piazza Cavour, dove si trovava un discreto spazio verde, mi sedetti su una panchina e mi fermai a pensare e ad osservare l’acqua della fontana che sgorgava.

Ogni tanto una gran folla usciva dalla metropolitana proprio lì affianco, e mi domandavo se gli altri si fermassero mai un secondo ad osservare. Io trovo interessante guardare le persone, i gesti che fanno, il modo in cui si comportano ed immaginare cosa si dicono… guardare ogni particolare e pensare quanto effettivamente siano diversi i francesi dai napoletani. E poi pensai, “Chissà che tipo è Melinda… sarà la classica napoletana?” e mentre immaginavo come sarebbe potuta essere la mia protagonista, mi appisolai sulla panchina per pochi minuti…

“Sarebbe bello se la rincontrassi di nuovo per caso… aveva delle deliziose francesine… scommetto che questa non era una coincidenza…”

 

 

 

 

Note:

* Non credo di aver mai visto a Napoli una serie di case a schiera vicino al centro… perdonatemi questa piccola immaginazione… ho pensato che sarebbe stata più carina una casetta, piuttosto che un appartamento.

   
 
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