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Autore: Pervinca95    22/09/2013    9 recensioni
Avete presente "La guerra dei mondi" di Steven Spielberg? Ecco, immaginate qualcosa di vagamente simile in cui i protagonisti, però, sono due ragazzi del liceo e il cui unico sentimento capace di accomunarli è l'odio reciproco: David Trent e Sarah Anderson.
Il primo è il tipico bello e dannato, arrogante fino al punto giusto e indisponente oltre i limiti dell'immaginazione.
La seconda è una ragazza come tante, determinata e testarda, che non ha intenzione di farsi mettere i piedi in testa da nessuno; al contempo, però, è anche sensibile e dolce, un'inguaribile romantica.
*REVISIONE E CORREZIONE IN CORSO- POSSIBILI AGGIUNTE*
**********************************************
Dal capitolo tredici:
Con la mano libera mi afferra il polso e lo stringe.- Sarei comunque in grado di fermarti in tempo, quindi la tua minaccia non mi sfiora nemmeno di striscio-
Sollevo un sopracciglio scettica.- Non è vero, non ce la faresti- replico convinta.
- Vuoi scommettere?-
- Ci sto-
- Ok, allora, se io vinco...- Fa una pausa e guarda il soffitto in fase meditativa, dopo poco riporta lo sguardo su di me, ma una strana luce illumina i suoi occhi.- Se io vinco tu dovrai spogliarti-
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
Capitoli:
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Fuori dal rifugio


In questo capitolo è presente un particolare (diciamo due) che apre un collegamento con un qualcosa. Ve lo dico prima di farvi leggere il capitolo perchè se qualcuno volesse scovarlo e prenderlo come sfida è ben accetto :)
Spero solo di non deludervi!!! >//<
Posso darvi due indizi: è in una frase di David e si collega con qualcosa che avete o dovete ancora studiare (ma non vi preoccupate, è famosa, l'avete siuramente sentita nominare).
A voi il piacere di scovarlo, piccole Sherlock Holmes! Quindi afferrate la lente d'ingrandimento e... a caccia!


















Sono sveglia da quattro ore all'incirca. Ho dormito poco e a tratti, e tutto perché ho paura di addormentarmi.
Ho paura che, mentre io dormo, uno di quei mostri si possa avvicinare e portarmi via. Ho paura di non svegliarmi più, in un certo senso.

Il troglodita non so se abbia dormito, dato che non l'ho mai sentito né russare né respirare più pesantemente. È sempre stato fermo e in silenzio.

Rimango ancora un po' distesa sul divano e poi mi alzo, cercando di non calpestarlo.
Guardo fuori dalla piccola finestra e quello che vedo mi lascia senza fiato, immobilizzata.

- Che c'è?- sento dire a Trent, che si è alzato e si sta avvicinando.

Non lo ascolto e continuo a guardare fuori: è tutto grigio, nero e rosso. 
Grigio per il colore del cielo, nero per quello dei palazzi bruciati, rosso per il fuoco che circonda la zona e per qualcos'altro...sangue. 
In alcuni punti ci sono delle vere e proprie pozze e sembra quasi che delle persone si siano ammazzate in un combattimento, però non ci sono corpi...non c'è nessuno.

Mi porto le mani nei capelli e comincio a scuotere la testa. Cos'è quel sangue?! Da dove viene?! Perché non c'è nessuno?! 

Faccio qualche passo indietro ed arrivo a toccare il muro con la schiena, cominciando poi a tremare come una foglia.
Dov'è la mia famiglia?! Dov'è Clarice?! E quella donna che mi aveva stretta a sé per proteggermi?! Dove sono le persone?! 

Inizio ad urlare istericamente e quasi mi strappo i capelli, tanta è la foga con cui li tiro. 

- Ehi ehi, calmati- Trent si avvicina a me e mi prende per le spalle- Calmati- ordina nuovamente, fissando i suoi occhi nei miei.

- Da dove viene quel sangue?!- urlo ancora, con gli occhi fuori dalle orbite ed indicando la finestra- Dove sono tutti?!- 

- Si saranno nascosti, come noi- ipotizza.- Di sicuro non stanno fuori a farsi vedere da quei cosi- 

- E il sangue?! Quello è sangue! È sangue umano!- Sto tremando come una foglia... E non riesco né smettere né a ragionare lucidamente.

Mi guarda intensamente e poi abbassa lo sguardo- Non lo so- sussurra, aumentando la presa sulle mie spalle e mordendosi il labbro.
E invece lui sa, lui sa tante cose che non vuole dirmi.

- Voglio uscire, voglio andare via di qui!- urlo, dimenandomi e sfuggendo alla sua presa.

Mi riagguanta un secondo dopo e mi tira verso di sé- Sei pazza?! Ti prenderebbero subito- 

- Non m'importa! Voglio mio fratello! Voglio la mia famiglia! Voglio tornare alla mia vita normale!- Comincio a lanciare gli oggetti impilati contro la porta alla rinfusa, ma poi mi sento strattonare per un braccio e subito dopo schiacciare con le spalle al muro.

Porta le mani ai lati del mio viso e mi osserva severo.- Non puoi averli, non ora, quindi togliti dalla testa questo pensiero. Vuoi farci scoprire per caso? Non mi diverto nemmeno io a stare qui, ma non abbiamo altra scelta adesso- scandisce ogni parola con una calma solo apparente, si vede benissimo che è nervoso ed agitato.

Volto la testa e punto lo sguardo sulla porta.

- Guardami- ordina categorico. Faccio finta di non sentirlo e resto con lo sguardo fisso sulla porta.

- Ehi- Con un dito mi sfiora il mento e mi fa girare la testa.- Guardami- ripete, stavolta più dolcemente.

Punto i miei occhi nei suoi e aspetto di sentirlo parlare. Sto ancora tremando ed ho il respiro accelerato, per non parlare poi del cuore, il quale mi sta praticamente uscendo dal petto.

- Devi stare calma. È difficile, ma devi provarci, ok?- chiede, alzando le sopracciglia ed appoggiando le braccia sulle mie spalle.

Annuisco e cerco di regolarizzare il respiro.- Soffro di attacchi di panico- confesso, facendo dei grossi e profondi respiri come consigliatomi dal medico.

Sorride.- Me ne sono accorto- 

- Prendo delle pasticche per tenerli sotto controllo- continuo, rilasciando un grande sospiro.

- E dove ce le hai? A casa?- chiede, forse sperando che io le abbia nella tracolla.

Annuisco.- Sì, in un mobiletto della cucina- 

- E quelle riescono a calmarti? Ti fanno stare meglio?- 

- Il più delle volte sì- ammetto, annuendo.

- Le rimanenti volte?- 

- Le rimanenti volte non bastano nemmeno quelle e, in quei casi, cerco di far affidamento sulla mia ragione- 

- Beh, prima la tua ragione ti avrebbe mandata a morire, perciò credo faccia cilecca- ironizza, sorridendo.

- Non è facile- mi lamento, incrociando le braccia al petto.- Non è affatto facile avere a che fare con un attacco di panico: t'immobilizza, non ti fa ragionare e sei preda della paura. Anche...-

- Anche in quella strada, eri immobilizzata a guardare quel coso- m'interrompe, rendendosi finalmente conto.

Annuisco.- Anche lì- Sospiro e mi passo una mano sulla faccia.- Ah, e grazie- 

- Per cosa? Per averti calmata o per averti salvata in quella strada?- chiede, sorridendo sfacciatamente.

- Per entrambe- ammetto, abbassando lo sguardo.

- Te ne prenderanno altri? Di attacchi di panico intendo- chiede poi, ritornando serio.

- Probabile, non lo so- 

- Quelle pasticche fanno parte di una cura?- È stranamente interessato a questa cosa, non fa altro che ritornare sull'argomento.

- Sì, le prendo da un po' di anni e me le ha prescritte il medico. Con quelle ho cominciato a stare meglio, anche se, a volte, non bastano nemmeno quelle. Ne prendo una ogni mattina prima di venire a scuola- spiego, tornando a guardarlo.

È concentrato e ha captato ogni informazione con uno strano e serio cipiglio… non l'ho mai visto così... mi fa quasi impressione.

- Ok- conclude, senza spostarsi di un millimetro. Abbassa la testa e osserva per qualche istante un punto indefinito del pavimento, poi sembra ritornare in sé e torna a guardarmi.- Dobbiamo mangiare, ma qui non c'è cibo. Se lo sono portato via tutto- 

Sgrano gli occhi e deglutisco a vuoto.- Quindi...dobbiamo...uscire?- 

Mi guarda e non risponde, però chi tace acconsente, quindi la risposta non può che essere affermativa.

- No, esco solo io- se ne esce fuori all'improvviso, spiazzandomi.

- Non se ne parla. Se tu non torni io che faccio? No, preferisco venire- 

- Sei molto ottimista- commenta, sorridendo ironico, per poi tornare serio e scrutarmi a fondo- Non sarà una passeggiata- 

- Lo so- rispondo, con voce tremula.
Ho una paura folle di uscire. E pensare che prima me ne volevo andare da qua. Pazza.

Si allontana da me e torna a rovistare tra i cassetti della cucina. Da uno di questi fa uscire un panno da cucina e torna verso di me, mentre lo arrotola in modo da formare una specie di...benda?

- Che vuoi farci?- chiedo, sospettosa.

- Bendarti- Appunto, come immaginavo.

- Perché? Ce la posso fare- mi lamento, cercando di allontanare, inutilmente, le sue mani.

Mi tira verso di sé per un braccio e poi mi mette di spalle, passandomi velocemente il panno sugli occhi e legandolo dietro la testa con almeno una ventina di nodi.

- Esagerato- sbotto, incrociando le braccia al petto.

- Ora stai ferma, devo spostare la roba dalla porta.- Sento i suoi passi e poi degli oggetti che vengono sollevati e lanciati alla rinfusa. A forza fisica sta bene, non c'è che dire.

- Tu sai di preciso dove siamo?- chiedo, rimanendo immobile come ordinatomi.

- Siamo nel centro di Bronx- fiata, lanciando qualcos'altro e tirando calci ad un...mobile credo.

- Come facevi a sapere la strada?- C'è qualcosa che non mi torna: io, ad esempio, non sapevo dove eravamo, e infatti per me potevamo pure essere arrivati in Antartide; lui, invece, sembra piuttosto pratico della zona.

- Forse perché abito in questo quartiere- risponde annoiato e facendo uno sbuffo.- Ok, possiamo andare- 

Abita in questo quartiere?! Il Bronx è uno dei quartieri più malfamati e col più alto tasso di criminalità di New York, tanto che, ad una certa ora, viene pure chiuso ai turisti, che di certo non vengono a visitare un posto simile.

- Scioccata?- chiede, ridendo.- La riccona di Riverdale non credeva potessero esistere persone che vivono in questo quartiere?- 

Mi tolgo la benda di scatto, rabbiosa, e gliela lancio addosso.- Cosa vorresti dire?! Credi sia nata ieri?! So perfettamente che ci abitano delle persone in questo posto, e so anche di che tipo!- urlo, accusatoria.

- Credi che sia un criminale?- Apre le braccia e sorride beffardo.- Se ti dicessi di sì cambierebbe qualcosa? Avresti paura?- 

- Sei solo uno stupido montato!- 

- Credo sia più tu la montata, ma forse è una caratteristica comune dei ricconi- Fa segno di resa con le mani e solleva le sopracciglia.

- Come ti permetti di insinuare certe cose?- Gli punto un dito contro e mi avvicino velocemente a lui, arrivando ad un palmo dal suo naso.

- Ehi stai calma, se no ti prende un altro attacco di panico, poveretta. I malati devono essere curati e lasciati tranquilli, non trovi?- domanda, sorridendo leggero ma con una malignità tale da farmi rimanere senza fiato.

Indietreggio con gli occhi sbarrati ed annaspo con la bocca, come in assenza di ossigeno, il quale mi manca davvero…mi ha spiazzata. 
Non ho più parole… mi ha dato della malata, e con una cattiveria così raggelante da fare invidia al più crudele assassino.
Mi ha dato della malata per una mia debolezza, per il semplice fatto che soffro di attacchi di panico. Nessuno mi aveva mai offesa in questo modo, nessuno si è mai permesso di arrivare a tanto. Forse perché non l'ho mai confessato a nessuno.
Proprio a lui dovevo dirlo? Sono stata tanto stupida da fidarmi, di Trent poi. Neanche un cane si fiderebbe.

Arrivo con le spalle alla porta e stacco gli occhi dal suo viso, che adesso non sorride più, ma sta solo esaminando ogni mia mossa. 
Ho voglia di andarmene, di scappare lontano da qui, da lui e dalle sue offese.
Porto una mano sulla maniglia e, nel momento stesso in cui riesco ad aprire la porta e sto per mettere il viso fuori, vengo ritirata dentro con una velocità tale da farmi girare la testa.

- Lasciami!- urlo, dimenandomi dalla sua presa.- Ti ho detto di lasciarmi!- 

Chiude la porta con un calcio e, tenendomi per i polsi, mi trascina verso il divano, mentre io scalcio e tento di graffiargli la faccia.

- Stai ferma, stupida!- vocia, facendomi distendere e portandosi a sedere sopra il mio bacino, per tenermi ferme le gambe.

- E tu lasciami, animale!- Mi alzo col busto, ma mi spinge nuovamente giù con poca grazia. La grazia di un animale appunto.

- È inutile che continui a dimenarti come una posseduta. Sono più forte di te, non hai speranze- fa presente, sorridendo divertito.

Mi calmo e volto la testa di lato. Tutto pur di non guardarlo.
Nessuno dei due parla e, nella stanza, si sente solo un silenzio innaturale, quasi pesante; poi, sento una sua mano sul mio viso per spostarmi un ciuffo di capelli e portarlo dietro l'orecchio.
E quello scemo di cuore che mi ritrovo sobbalza per lo stupore procurato dal suo gesto del tutto inaspettato.

- Non volevo offenderti- sussurra, puntando i suoi occhi nei miei.

- Però l'hai fatto- ribatto prontamente, tanto per mettere i puntini sulle i.- E sei stato anche abbastanza chiaro su quello che volevi dire- 

- Anche tu, se è per questo- 

- Io?!- mi indico e lo guardo scioccata. Questo è il colmo!

- Sono stato io a darmi del criminale solo perché vivo in questo schifo di quartiere?- chiede, leggermente innervosito.

- Sì, io non l'ho detto- 

- Era sotto inteso, pure un cane lo avrebbe capito- Fa una smorfia con la bocca e ruota lo sguardo.

- Non ho detto che sei un criminale o giù di lì. So solo la fama di questo posto, fine della storia- 

Torna a guardarmi, infervorato.- Credi che non la sappia già da solo?! Credi mi piaccia vivere in questo schifo di posto?! Credi che mi diverta a far uscire di casa mia madre o mio fratello pur sapendo che potrei non rivederli la sera quando torno in quella specie di topaia?! Per te è tutto facile: hai una bella casa, una bella famiglia, una vita tranquilla. Per me non è così. Ho visto cose che nemmeno immagini, perciò non importa che tu mi ricordi la fama di questo schifo, la conosco da me- conclude, fulminandomi con lo sguardo e voltando la testa.

Rimango in silenzio e lo guardo intensamente per qualche istante, poi abbasso lo sguardo non appena i suoi occhi incontrano i miei.

- Scusa- sussurro, senza alzare gli occhi.

Sospira e sembra calmarsi.- Non lo penso davvero- se ne esce fuori, confondendomi.- Non penso che tu sia una malata- ripete, stavolta specificando.

Alzo la testa e fisso i miei occhi nei suoi.- Resti comunque un animale- appunto, scherzosa.

Sorride- E tu resti comunque una stupida- 

- Siamo pari- constato, sorridendo anch'io.

- Pari- ripete guardandomi, poi comincia a saltellare sul mio bacino- Lo sai che sei comoda?- domanda, sorridendo divertito.

Rido e cerco di allontanarlo spingendolo per le spalle.- Grazie, ma così mi spezzi in due- 

Fa spallucce, sorridendo, e continua a saltellare senza un minimo di ritegno per il mio povero bacino, che si sta sgretolando. 

- Ohi- dico ridendo e cominciando a scalciare per allontanarlo.

- Che pappa molla che sei, non sai nemmeno difenderti- commenta, piegando il labbro inferiore e facendomi il verso.

Mi rimbocco le maniche, facendolo ridere, e mi sollevo sui gomiti per avere un minimo di altezza in più.- O ti sposti o sarò costretta a scaraventarti a terra, e non sarà piacevole per te- lo minaccio.

Apre le braccia e solleva un sopracciglio.- Prego-

Sollevo di scatto una gamba e lo colpisco sia sulla schiena col ginocchio, che sulla testa con la scarpa. Si tocca il capo dolorante e io ne approfitto per spingerlo di sotto, giù dal divano, riuscendoci egregiamente. 

Mi lascio ricadere con la schiena sul divano e rido a crepapelle, come da molto non riuscivo più a fare. E sembra un paradosso che io rida in un momento simile, ma almeno per una volta voglio godermi il momento.
Mi sento afferrare per un braccio e poi vengo malamente spinta a terra pure io, accanto a lui.

- Così impari a ridere di me- si lamenta, cercando di fare lo stizzito, anche se non si direbbe dal sorriso che ha stampato in faccia.

- E tu, così, impari a darmi della pappa molla- ribatto, voltando la testa per guardarlo.

- Siamo pari- constata, appoggiando le mani sulla pancia e osservandomi.

- Di nuovo- noto curiosamente.

Mi sollevo da terra e cerco di pulirmi i vestiti sbattendoli qua e là, ma poi noto che Trent non si è mosso da terra e che mi sta guardando.

- Dobbiamo andare a prendere qualcosa da mangiare- gli ricordo, sistemandomi i capelli e cercando di pettinarli con le dita.

Annuisce e si alza.- Stavo pensando- 

- A cosa?- chiedo, corrugando la fronte.

- È meglio che tu rimanga qua, nascosta- Si passa una mano fra i capelli e porta lo sguardo su di me.

- No, te l'ho già detto. No. Senti, è già un traguardo che tu riesca a pensare, almeno pensa cose che abbiano un senso- 

- Come sei acida, deve essere tipico delle zitelle come te- ribatte, sorridendo beffardo.

- Come sei stupido, deve essere tipico dei trogloditi come te- Faccio una smorfia e sbuffo.- Muoviamoci, ho fame- 

Arrivo alla porta e mi ferma un'altra volta tirandomi indietro, stavolta, per i capelli.
Mi volto a guardarlo furiosa, mentre lui sorride tranquillo. Coraggioso...o pazzo, a seconda dei punti di vista.

- Trent, ti ho già detto che mi dà sui nervi questo tuo modo di fermarmi. Potresti essere più aggraziato e rispettoso nei confronti dei miei capelli? Vorrei continuare ad averli tutti, non solo qualche ciocca. Grazie.- concludo, sbuffando come un bue e annuendo con la testa.

- Anderson, ti ho già detto che devi metterti la benda. Su, forza, non far perdere altro tempo a papà- mi prende in giro, facendomi segno di avvicinarmi.- Uh, ma che cipiglio assassino! Lo sai che non si addice ad una bambina brava e buona come te?- Scuote la testa in senso di diniego e fa di no con l'indice.

Sbuffo, fulminandolo un'ultima volta e sperando che la sua testa prenda fuoco. Mi metto poi davanti a lui, dandogli le spalle per farmi allacciare il panno dietro la testa.

- Ecco fatto, brava bambina- Stringe l'ultimo nodo e io incrocio le braccia al petto per trattenermi dal prenderlo a pugni.

- Quante sono?- mi chiede all'improvviso, probabilmente facendo un numero con le dita davanti ai miei occhi.

- Non lo so, non vedo niente. Lo hai stretto talmente tanto che, quando lo leverò, avrò gli occhi incavati di venti centimetri- mi lamento, facendolo scoppiare a ridere.

- Almeno hai il senso dell'umorismo, Anderson- 

- Non è senso dell'umorismo, quanto la pura, triste, amara e sconsolante realtà- 

- Brava, così ti voglio! Ottimista!- commenta ridendo e facendo sorridere anche me.- Ora andiamo- 

Gli sento aprire la porta lentamente e mi sale il cuore in gola. Non voglio sapere che cosa stia vedendo lui, non voglio saperlo.

- Muoviti- ordina, sbuffando.

- Come faccio a muovermi se non vedo dove vado?- sbotto, innervosita. Come fa ad essere tanto scemo? Questo stupido troglodita credeva di bendarmi e poi lasciarmi allo sbando...ma si può essere più ottusi?

- Almeno fino a qui ci arrivi, no?- chiede annoiato e, anche se non lo vedo, di sicuro scocciato.

- Ti prenderei a sprangate- commento, facendo alcuni passi e mettendo le mani avanti.

- Pure io, specialmente quando fai così- ribatte, non muovendo nemmeno un dito per aiutarmi.

- Così come?- chiedo, alzando il tono di voce di qualche ottava e perforandomi i timpani.

- Come ora, quando ti lamenti e sei petulante- Sbuffa e gli sento fare un risolino.- Di qua scema, o vuoi prendere un'altra porta in faccia?- 

- Mamma mia come sei gentile, sono commossa da tanta galanteria- Sposto le braccia, molto in stile zombie, e cammino verso di lui.

- Sembri un mostro- commenta, ridendo sommessamente.

- Tu lo sei invece- ribatto prontamente.- E dammi un braccio, una gamba, qualcosa per farmi capire quanto mi manca a raggiungerti cavolo!- sbotto all'improvviso, stanca e stressata di andare a tentoni.

- Quanto sei stressante- si lamenta ridacchiando e afferrandomi un polso.- Arrivata- 

Sospiro e mi trattengo dal mollargli una cinquina in piena faccia. Dopodichè, sempre tenendomi per il polso, comincia a trascinarmi fuori dal nostro rifugio.

- Ci sono nove gradini- m'informa, cominciando a salire il primo. Lentamente lo seguo e mi aggrappo alla sua maglietta con l'altra mano non appena rischio di scivolare sul terzo.
Prontamente aumenta la presa sul mio polso e mi raddrizza, evitandomi la caduta di faccia.

Finita la salita infernale cominciamo a camminare, lentamente, lungo la strada.
Posso solo affidarmi ai sensi e a Trent in questo momento...bella cosa! Adesso sì che mi sento meglio.

Sento puzza di bruciato ed un grande calore inondarmi, soprattutto sul fianco sinistro. Mi passo una mano sul viso, sul quale avverto qualcosa...tipo polvere.

- Cosa brucia?- domando, flebilmente.

- Un palazzo- risponde velocemente, come per non perdere la concentrazione.

Si ferma di botto e fa qualche passo indietro, aumentando la presa sul mio polso e tenendomi vicina a lui.

- Che...- 

- Zitta, non fiatare- sibila, scandendo le ultime due parole con una calma apparente.

Faccio come mi dice e trattengo il respiro, con il cuore che mi batte a mille e le mani che sudano. 
Rimaniamo con le spalle al muro dell'edificio dietro di noi per qualche minuto, forse di più; dopodiché ricomincia a camminare davanti a me e diminuisce la stretta intorno al mio polso.

Ho come l'impressione che uno di quei mostri sia passato molto vicino a noi, probabilmente nella strada perpendicolare alla nostra. 
Mi vengono i brividi e la tremarella solo a pensarci, quindi meglio che faccia finta di niente.

Sbadatamente metto un piede in una pozza e mi aggrappo alla schiena di Trent, quasi certamente graffiandolo. Si ferma e si volta verso di me, a giudicare dal fatto che adesso ho davanti un braccio e non più la sua schiena.

- Stupida, perché sei andata in quella pozza?!- sbraita, ma comunque a bassa voce.

- Non l'ho fatto mica apposta! Non ci vedo- mi giustifico, indicando gli occhi e liberando il polso dalla sua presa.- Perché? Cos'è?- chiedo, leggermente allarmata.

- È solo acqua, acqua putrida- taglia corto, riafferrandomi il polso e rimanendo immobile, non so a fare cosa.

Abbasso un braccio per cercare di toccare la parte bagnata del pantalone e verificare che sia effettivamente acqua, ma la sua mano mi ferma ancor prima che io allunghi la mia.
Corrugo la fronte e dei brutti presentimenti cominciano a sorgere nella mia testa.

- Puzza- dice soltanto, senza lasciarmi né il polso né la mano.- Non ti conviene toccarla- 

Annuisco e decido di accantonare l'argomento. Mi lascia la mano, ma non il polso e, nel frattempo, riprendiamo a camminare, stando sempre all'erta.
Dopo una decina di minuti circa si ferma e si volta verso di me.

- Che c'è?- chiedo, preoccupata.

- Niente, siamo arrivati. C'è un supermercato, ma è dall'altra parte della strada, indi per cui dobbiamo correre se non vogliamo farci vedere- spiega calmo.- Te la senti?- mi chiede poi.

- Certo- affermo, annuendo con la testa.

- Ok- Aumenta la presa intorno al mio polso e si volta di nuovo verso la strada.

- Trent?- lo chiamo, picchiettando con un dito sul suo braccio.

- Che c'è Anderson?- 

- Solo...non lasciarmi cadere- dico quasi in una preghiera, mordendomi il labbro inferiore.

Lo sento sorridere, o almeno ho l'impressione che lo stia facendo, mentre fa scivolare la sua mano nella mia, liberandomi una volta per tutte il polso.- Al mio tre comincia a correre più veloce che puoi, capito?- 

Annuisco e istintivamente stringo la sua mano.

- Uno- I suoni, gli odori… è tutto ovattato. Il mio unico pensiero, adesso, è arrivare dall'altra parte di questa benedetta strada sana e salva. 

- Due- L'unica cosa che percepisco è il battito impazzito del mio cuore. Nient'altro. Anche il mio respiro è sempre più agitato e veloce. Tutto solo in attesa di un momento.

- Tre- Comincio a correre, a correre come mai in vita mia. Corro come se, dall'altra parte, ci fosse la salvezza, anche se so benissimo che non è così.
Ci sono solo il mio respiro accelerato e il rumore della ghiaia sotto le mie scarpe a farmi mantenere il contatto con la realtà...ah no, non solo, adesso c'è anche la mia mano stretta in quella di Trent. 

- Salta- mi avverte nella corsa, sollevando il mio braccio per saltare prima lui.

Seguo i suoi ordini alla lettera e, poco dopo, sento aprire velocemente una porta, per poi ritrovarmi dentro un luogo chiuso: il supermercato.

- Ce l'abbiamo fatta- dico, sorridendo felice.

- Meno male- Sospira, cominciando a trascinarmi dietro di sé per i corridoi, ancora mano nella mano.

Sta camminando a passo spedito, segno che è molto pratico di questo posto. Probabilmente è qui che era solito fare la spesa, e, cosa ancora più probabile, ha una meta ben precisa in mente.

- Dove stiamo andando?- chiedo confusa e cercando di stargli dietro. 

- Reparto vestiti- E, ancora una volta, la sua risposta è telegrafica. Ormai ho capito che più è nervoso per qualcosa più le sue risposte sono secche e vaghe.

- Perché dobbiamo partire dai vestiti?- domando, non appena svoltiamo l'angolo di un corridoio.

- Almeno ci leviamo subito il pensiero- Altra risposta vaga e senza troppi particolari.

Si ferma e mi lascia la mano, per poi cominciare a cercare qualcosa in uno scaffale. Lo sento sbuffare ed imprecare allo stesso tempo, dopodiché mi prende le mani e mi ci lascia dei...pantaloni...jeans sembrerebbe.

- Mettili e poi passami i tuoi- ordina perentorio e ricominciando a cercare qualcosa.

- Girati- 

- Devo cercare dei vestiti qua, non ti guardo- mi rassicura, muovendo effettivamente delle grucce.

Senza aggiungere altro comincio a sbottonarmi i pantaloni e li faccio calare velocemente, ma una gamba del pantalone mi rimane impigliata alla scarpa e avvicino le mani per liberarmi.

- Ferma, faccio io- interviene Trent, bloccandomi le mani e scacciandole malamente.

- Grazie, ma un briciolo di gentilezza nei modi non stonerebbe- lo appunto, tenendomi alle sue spalle per non cadere a terra.

- Come cavolo puoi pensare di levarti i pantaloni senza prima togliere le scarpe?!- sbraita, non riuscendo a liberarmi il piede.
Strattona il pantalone e quasi me lo strappa di dosso.

Rido silenziosamente e stringo le mani sulle sue spalle non appena riesce a liberarmi, pur rischiando di farmi cascare.

- Oh, finalmente- esulta sospirando.- Ora le scarpe-

- Faccio io, tu continua a cercare quello che stavi cercando- propongo, chinandomi per raggiungere una scarpa.

- No, ormai sono qui e levo anche queste- Allontana ancora una volta le mie mani e comincia a sciogliere i lacci della prima scarpa.

Corrugo la fronte- Come mai ti comporti da mio schiavetto?- 

- Quello neanche nei tuoi sogni. Semplicemente sei troppo lenta e, prima che tu riesca a toglierti una scarpa, passa un anno. Se poi sono due è peggio ancora.- commenta, slacciando la prima e passando alla seconda.- Chi se ne frega- La prende e me la fa scivolare via, senza sciogliere i nodi.

- Alza un piede- ordina, afferrandomi il polpaccio. Faccio come mi dice e mi toglie velocemente il calzino, facendo la stessa cosa con l'altro.- Ora aspettami qua e non ti muovere- 

Annuisco e lo sento correre via, lontano da me. M'infilo i pantaloni e poi mi siedo a terra, in attesa che torni...perché tornerà vero? Non mi lascerà qui da sola...

Mi tolgo la benda e, finalmente, riapro gli occhi. Mi alzo e comincio a cercare dei calzini e delle scarpe da potermi mettere, dal momento che non c'è più nulla di mio qui intorno.
Prendo dei calzini corti bianchi e li infilo, poi rovisto tra le scarpe e trovo delle converse rosse. Sono le uniche della mia misura.
In realtà sarebbe meglio che cambiassi anche maglietta e prendessi un golf...ma sì, dato che ci sono.
Opto per una maglietta di flanella a maniche corte turchese ed un golf bianco aperto sul davanti, che si può chiudere tramite una cerniera. Molto comodo.
I jeans che mi aveva passato sono scuri e, per fortuna, della mia taglia. Per lo meno ha occhio.

Tolgo la mia maglietta e la lancio a terra, rimanendo in reggiseno.

- Sono...- sento dire alla mia sinistra, dal fondo del corridoio. Volto la testa lentamente, gustandomi tutto l'imbarazzo che sto provando, e lo vedo immobile che sta scrutando il mio corpo millimetro per millimetro. Poi sorride e incrocia le braccia al petto, facendo dei passi verso di me.- Potevi pure dirlo che aspettavi solo me per spogliarti. Avrei aspettato ad allontanarmi- 

- Depravato- lo appunto, infilando velocemente la maglia.- Dove sei stato?- chiedo, mettendo anche il golf, ma lasciandolo aperto.

Scrolla le spalle- A buttare via i tuoi vestiti- Prima che io ribatta fa un altro passo avanti e mette una mano davanti alla mia faccia.- Quell'acqua era puzzolente, fine della storia. E comunque non li avresti riusati- 

Sospiro e decido di non continuare a discutere su una cosa tanto scema...e vera.- Ti sei tolta la benda- constata, notando il panno appoggiato a terra.

- Mi dava fastidio e poi, se no, non vedo niente qua dentro- mi giustifico, riafferrando la benda e tenendola in mano.

- Tanto dopo la rimetti- dice, facendo spallucce.- Ora devo cambiarmi io-
Prende una maglietta a maniche corte nera e un golf beige con degli alamari davanti. Infine opta per dei jeans scuri simili ai miei.

Senza nemmeno curarsi del fatto che io lo stia guardando si toglie la maglietta ed i pantaloni, rimanendo solo in boxer.
Giro la testa di scatto e guardo uno scaffale alla mia destra.
Certo che ad addominali sta bene, anzi, benone. Ha un fisico invidiabile, o almeno invidiabile dalla maggior parte dei ragazzi......ma perché penso queste cose? 

- Puoi girarti- annuncia, ridendo.

Torno lentamente con lo sguardo su di lui e lo guardo accigliata.- Anche se sei abituato a spogliarti spesso davanti a delle ragazze- Chiaro riferimento alle cheerleaders, anche se avrei preferito dire ‘oche’.- Avresti potuto avvertirmi- 

- Perché avrei dovuto?- chiede, sorridendo beffardo e avvicinando il suo viso al mio.- Non mi dispiace se guardi- sussurra al mio orecchio, spostandomi una ciocca di capelli dietro.

Allontano il viso di scatto e sollevo un sopracciglio.- Dispiace a me, e ora muoviamoci- affermo, allontanandomi e recuperando un minimo di spazio vitale.

Sorride divertito.- Capisco che ti dispiaccia, visto che puoi solo guardare ma non toccare- 

- Ma quanto sarai scemo- Sospiro e mi tolgo le pinzette dai capelli, lasciandoli ricadere fluenti sulla schiena.

Li raccolgo su una spalla per farci una treccia e comincio a dividerli in ciocche, poi alzo lo sguardo su Trent che noto sta seguendo ogni mio movimento con la massima attenzione...in realtà sembra quasi rapito.

- Sono belli- commenta, avvicinandosi e prendendo a sfiorarli.- Mi piacciono...anche il colore-

- Con tutte le volte che me li hai tirati non lo avrei mai detto...o forse eri solo geloso e cercavi di lasciarmi spelacchiata per fartici un parrucchino?- insinuo, sorridendo.

Sorride e continua a tenere lo sguardo fisso sui miei capelli, poi prende una piccola ciocca e la tira, anche se delicatamente.- Aspetta, com'era la tua minaccia? Ah sì, ora ricordo: azzardati a tirarmi un'altra volta i capelli e taglio i tuoi- 

- È ancora valida, specialmente se mi fai arrabbiare- minaccio, bloccando sul nascere la sua risata.

- Se dovessi adottare il tuo stesso ragionamento, a quest'ora, saresti pelata- 

- Allora vedi di stare attento. Anche tu urti molto spesso il mio sistema nervoso- concludo, dandogli le spalle e cominciando a camminare per il corridoio.

Finisco di fare la treccia e la lascio ricadere sulla spalla destra.
Poi, passo al secondo scompartimento: cibo, finalmente.

- Trent, dove ti sei cacciato?- lo chiamo, sbuffando.

- Buu- sento fare dietro di me. Sobbalzo e per poco non caccio un urlo.- Dovresti imparare a guardarti alle spalle, Anderson- Strizza l'occhio e mi passa avanti.

- Tu invece comincia a tenere gli occhi sempre aperti- minaccio, seguendolo.

Si ferma e torna verso di me, sorridendo divertito.- Perché, se no che fai?- 

Scrollo le spalle.- Semplicemente potrei mettere in pratica la mia minaccia- E faccio il verso delle forbici sui capelli, con tanto di un sonoro "zac".

- Tu provaci e una mattina ti sveglierai senza i tuoi- Fa un sorrisino antipatico e afferra una scatola di biscotti lì accanto, aprendola all'istante.

Guardo la confezione e lo sorpasso schifata.- Come fanno a piacerti i biscotti alla marmellata di albicocche?- domando, afferrando un altro pacchetto e sedendomi a terra per mangiare.

- Come fanno a piacerti quelli con la marmellata di more, piuttosto- ribatte, sedendosi di spalle allo scaffale davanti al mio.

- È la migliore- 

- Su questo ho qualche dubbio- 

- Gusti- taglio corto, continuando a mangiare.

- Gusti- ripete, osservando il suo biscotto e divorandolo un attimo dopo.- Bene, ora io prendo qualcosa da mangiare per portarlo via, tu intanto cerca qualcosa che può esserci utile- ordina, mangiando tre biscotti insieme.

Mi alzo e mi guardo attorno in cerca di una bottiglietta d'acqua o di latte; ho più sete di un pellegrino nel deserto.
Con il sacchetto di biscotti in mano comincio a percorrere tutto il corridoio, lanciando occhiate a tutti gli scaffali.

Svolto l'angolo e ancora dell'acqua nessuna traccia ma, in compenso, trovo delle confezioni stracolme di mutandine. Ne prendo tre e torno da Trent per fargliele mettere in un sacchetto.

- Ti sembra che le tue mutande possano esserci utili a qualcosa?- domanda, indicando le tre confezioni che ho sottobraccio.

Ingoio il biscotto e annuisco.- A me sono utili. Non ho intenzione di rimanere per sempre con quelle che ho ora- 

Le guarda e ne prende una per metterla nel sacchetto.- Solo una- accorda, sospirando.

- Due- ribatto velocemente.

- Una-

- Tre- 

Sbuffa.- Due- Prende la seconda confezione e la lancia nel sacchetto.

Sorrido soddisfatta e saltello per andare a cercare la mia acqua. Supero il primo corridoio, poi passo ad un altro e ad un altro ancora.
Dell'acqua nemmeno l'ombra, o forse sono io che cerco nei punti sbagliati.
Svolto un altro angolo e, finalmente, vedo delle casse d'acqua impilate l'una vicina all'altra. Accanto ad esse, vi è un frigorifero contente bottiglie di latte. Bingo.

Mi avvicino e prendo una bottiglia di latte, la apro e bevo velocemente qualche sorso. Mi era mancato il suo sapore: mi ricorda la mia casa, la mia precedente routine, la mia famiglia...
Richiudo la bottiglia di scatto e la rimetto nel frigo, passando a scuoiare una cassa d'acqua per prendere solo alcune bottiglie.

All'improvviso sento dei passi avvicinarsi nella mia direzione, così mi fermo e mi alzo sulle punte per poter vedere meglio.

- Trent? Sei tu?- chiedo flebilmente, muovendo la testa.

- Non so chi sia questo Trent, però ci sono io a farti compagnia adesso- sento dire da una voce sconosciuta, che poco dopo s'impersona in un uomo alto e robusto.

Indietreggio con gli occhi sbarrati dalla paura e l'uomo mi punta contro una pistola.- Non ti voglio fare del male piccolina, ho solo bisogno di soldi- 

- Non ho soldi- dico immediatamente, arrestando il passo.

- Lo so- Sorride malignamente e avanza.- È per questo che mi servi. Potrei venderti, ci guadagnerei abbastanza- 

- Non mi comprerebbe nessuno- ribatto cercando, inutilmente, di dissuaderlo.

- Io invece credo di sì. Ti donerebbero a quei mostri come vittima, al posto loro. Del resto nessuno vorrebbe essere...- 

- Taci!- Un urlo riesce a coprire la voce dell'uomo e a far dirottare la nostra attenzione su Trent, comparso alle spalle del pazzo mercenario.

L'uomo gli punta la pistola contro e mi dà la schiena, mentre vedo Trent farmi segno di scappare.
Sì certo, come no, e lo lascio qui a morire. Pur essendo il mio peggior nemico non ne sarei capace.

- Potrei vendere anche te- medita l'uomo, riferendosi a Trent.

- Ma venditi il cervello- gli risponde, facendo una smorfia e poi alzando il dito medio in sua direzione.

Oh cavolo! Certo non è che così migliori la situazione, anzi. Di questo passo gli pianta una pallottola in testa alla velocità della luce.

- Se la metti così prima ti ucciderò e poi andrò a vendere la ragazza. Tu mi saresti solo d'impiccio- decide l'uomo, preparando la pistola allo sparo.

No, no, e ora che faccio?! Potrei urlare, saltargli addosso… Insomma, fare qualcosa! Ma cosa?!

- Se te la vuoi prendere fai pure, non ho intenzione di oppormi- Che?! Cosa odono le mie orecchie?!
Mi sta deliberatamente lasciando nelle mani di questo pazzo!

L'uomo abbassa la pistola e sorride.- Allora ti posso anche risparmiare, mi stai simpatico- 

Trent fa spallucce e gli sorride.- Buon divertimento con lei- Poi punta lo sguardo su di me e mi saluta con la mano.- Addio, Anderson-














Angolo dell'autrice:
Eccomi come al solito in ritardo! La cosa non vi sorprende eh?
Ahahahahah ;)
La colpa stavolta è da attribuire alla scuola, ovviamente.

Spero il vostro rientro a scuola sia stato meno traumatico del mio ahahahahah.
Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto, e cosa avrà intenzione di fare David? 
Il nostro amato protagonista non è proprio uno stinco di santo (e ne ha dato conferma) quindi cosa deciderà di fare?
Questo capitolo è anche più lungo degli altri, spero vi possa alleggerire il ritorno domani a scuola :)
Fatemi sapere cosa ne pensate!

E poi, il piccolo particolare:Allora, il riferimento nascosto è a Dante. Più precisamente alla Divina Commedia e più nel dettaglio all'Inferno.
Quando David dice: - Ci sono nove gradini- E Sarah la definisce "salita infernale".
Allora, mi spiego meglio: Dante suddivide l'Inferno in nove cerchi concentrici, in ognuno dei quali vengono punite le anime a seconda dei loro peccati.
Volevo ricreare un collegamento tra l'Inferno immaginato da Dante e l'Inferno che stanno vivendo i due protagonisti.
I nove cerchi sono rappresentati dai nove gradini che ci sono per scendere nel seminterrato in cui vivono.
Inoltre Sarah inciampa sul terzo gradino, e la cosa non è casuale.
Nel terzo cerchio si trovano i golosi, i quali sono condannati per aver fatto affidamento soltanto sui loro sensi: soprattutto il gusto, ma anche la vista e l'olfatto.
E questo è ciò che fa Sarah, ovvero fa affidamento solo sui suoi sensi dal momento che è bendata.
Nel suo caso i sensi sono solo l'olfatto (quando sente odore di bruciato), udito e tatto.Inoltre lo si intuisce dai colori: rosso, nero e grigio che in questo capitolo sono i colori dominanti.
Ecco spiegato!

Spero davvero che non sia una cosa estremamente banale >\\< 
E spero soprattutto di non avervi deluse >\\<


Un GRAZIE IMMENSO a tutte voi!!!!! 
Alla settimana prossima, un bacione!!!!!!!
  
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