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Autore: Nichigin    22/09/2013    5 recensioni
"Arthur stava iniziando a irritarsi seriamente. La camicia bagnata gli si era attaccata alla pelle e la voce assurda dell'americano gli faceva venire il mal di testa. Il pomeriggio non doveva andare così; erano previsti solo lui e il suo tea. Magari qualche unicorno di passaggio, al massimo, ma NON Alfred!" [UsUk]
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Arthur portò lentamente alle labbra la tazza di fine porcellana e prese un piccolo sorso di tea. Annuì compiaciuto; Earl Grey della migliore qualità, delizioso come sempre. Aaah, com'era bello dopo una giornata di duro lavoro godersi qualche istante di tranquillit---SBAMMM.
- Bloody hell! - imprecò Arthur, facendo un salto per la sorpresa e rovesciandosi metà tea sulla camicia. Si girò verso la finestra, fumante di rabbia. I vetri ancora vibravano per il forte colpo che avevano ricevuto. Si alzò e marciò fino alla finestra, determinato a dirne quattro all'idiota che giocava al tiro a segno con i suoi vetri. Non ebbe neanche il tempo di affacciarsi che sentì una voce fin troppo nota urlare da sotto - Ehi Art, amico! Sbrigati a scendere, non vorrai mica far aspettare l'eroe? -
Prese un profondo respiro. Il maledetto Yankee stava sotto casa sua. Con una palla da baseball in mano. E invece di citofonare, come una qualsiasi persona sana di mente avrebbe fatto, aveva… - COME OSI TIRARE LA TUA MALEDETTA PALLA CONTRO LA MIA FINESTRA, BLOODY YANK? - sbraitò Arthur, agitando il pugno in direzione dell'americano, che si limitò a ghignare.
- Stai calmo, mica l'ho rotta no? - disse noncurante, passandosi la palla da una mano all'altra. - E comunque dovresti essermene grato. Intendo, chi altro passerebbe il suo tempo con un vecchio noioso come te? Solo un eroe come me può farlo. 
Arthur strinse i pugni fino a conficcare le unghie nel palmo. Doveva trattenersi, era un gentiluomo rispettabile e non avrebbe perso la calma per colpa di quello stupido yankee. Che tra l'altro sembrava avere come obiettivo il farlo andare fuori dai gangheri.
- Allora, scendi sì o no? - insistette quello.
- Arrivo, sì… - mugugnò Arthur. S’infilò la prima giacca che riuscì a trovare, tentando di coprire la macchia di tea fin troppo visibile sulla sua camicia, e scese le scale. Quando aprì la porta, la prima cosa che vide fu l'improbabile giubbotto di pelle dell'americano. - Ciao, Alfred - Lo salutò, gelido.
L'altro fece un enorme sorriso e replicò allegramente - Ehilà, Art, amico! Come va? -
- Bene, prima che arrivassi tu. - replicò Arthur irritato. - E ti ho già detto mille volte di non chiamarmi Art. Odio i diminutivi. -
- Ed è proprio per quello che ti chiamo così. - ridacchiò Alfred. - Avanti, andiamo. -
- Ma dove? Non avevamo nessun appuntamento, se non sbaglio. Che ci fai qui? - Arthur stava iniziando a irritarsi seriamente. La camicia bagnata gli si era attaccata alla pelle e la voce assurda dell'americano gli faceva venire il mal di testa. Il pomeriggio non doveva andare così; erano previsti solo lui e il suo tea. Magari qualche unicorno di passaggio, al massimo, ma NON Alfred! - Il mio istinto di eroe mi diceva che un vecchio inglese stava facendo la muffa nel suo appartamento, solo col suo tea, e aveva bisogno di un po' di aria fresca. Quindi eccomi qui.
- Uno. Ho ventitré anni, non sono vecchio.
Due. Non volevo affatto compagnia, soprattutto non la TUA.
Tre. Fila immediatamente e lasciami tornare al mio tea! - la voce di Arthur si alzò progressivamente mentre parlava, e le ultime parole furono dette così forte da essere probabilmente sentite da tutto il vicinato.
Quando Arthur si fermò per riprendere fiato Alfred lo prese per un braccio e iniziò a tirarselo dietro, dicendo: - Avanti, avanti. Tu hai bisogno di una vita sociale, vecchietto, o finirai per iniziare a vedere strane creature e impazzire.
Arthur deglutì. Lui non vedeva strane creature! Loro erano reali! Stava per dirlo ad Alfred, ma si trattenne. Ci mancava che lo ritenesse anche pazzo.
- Andiamo a farci un giro in centro, ok? E poi ti offro qualcosa da McDonald, oggi mi sento generoso. - continuò Alfred.
- Non lo voglio il tuo cibo spazzatura! - replicò Arthur, liberando con uno strattone il braccio dalla presa dell'americano.
- Ma perché devi essere sempre così intrattabile? Cosa c'è di così strano a uscire per una volta, siamo amici no? - Alfred fissò l’inglese con aria seccata.
- Diciamo conoscenti. - minimizzò Arthur, incrociando le braccia. Purtroppo, lui e il bloody yank erano amici d'infanzia. Alfred era di un paio d'anni più giovane di lui, ma i loro genitori si conoscevano e l'avevano obbligato a frequentare quell'odioso marmocchio che andava in giro con una coperta sulle spalle chiamandola "il suo mantello da supereroe". E il peggio era che nonostante adesso avesse quasi vent'anni, si comportava nello stesso identico modo. E continuava a presentarsi davanti a casa sua quando meno se l'aspettava, in nome della loro "grande amicizia".
- E allora oggi saremo due conoscenti che vanno a mangiare al McDonald, contento?
Arthur avrebbe voluto replicare, ma notò che uno dei suoi vicini si era affacciato alla finestra e li stava guardando, e si accorse solo allora di star gridando addosso ad Alfred sul vialetto di casa dove chiunque poteva sentire. Un comportamento poco rispettabile e per nulla inglese. "Maledetti americani" pensò rassegnandosi a seguire Alfred al McDonald "Devono essere contagiosi."
 
  
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