Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Segui la storia  |       
Autore: smarsties    22/09/2013    8 recensioni
Sono passati due giorni dalla fine del reality e la parola d'ordine è "dimenticare". Piuttosto difficile se trovi lavoro nello stesso quartiere in cui abitano il tuo ex e la ragazza con cui ti ha tradita.
Spinti dal rancore, Duncan e Courtney daranno il via a un'intensa e a lungo andare ridicola sfide tra coppie, coinvolgendo rispettivamente Gwen e John, collega di lei. La demenzialità della situazione, però, potrebbe fornire la giusta spinta per maturare e, chissà, forse anche pedonare.
***
Dal settimo capitolo:
La ragazza venne sbattuta qua e là come una bambolina di pezza, per poi cadere – per pura coincidenza – sul petto di Duncan. Si aggrappò con forza alla sua maglietta, per evitare di cadere… peccato che a terra ci finirono entrambi.
Si ritrovarono stesi sul suolo, lui sotto e lei sopra. La situazione era alquanto critica.
Avrebbe voluto tanto rimanere accoccolata per un po’ sul suo petto, come ai vecchi tempi.
***
Non tiene conto dei fatti successivi ad A Tutto Reality: il Tour.
Genere: Demenziale, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Nuovo Personaggio | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'La storia inversa: quando tutto va come non dovrebbe'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sabato
 
Non c’era niente di meglio che mettersi in malattia, per scampare ad alcuni giorni di lavoro. Era stata un’idea ingegnosa, tipica di John. Certo gli servivano i soldi - dimenticando ciò che era successo due giorni prima - ma una vacanza non ha mai fatto male a nessuno.
Se ne stava sul divano con un cartone di pizza fumante, a pianificare il “giorno migliore dell’anno.” Non sapeva di preciso cosa fare, ma di sicuro il programma comprendeva mangiare e dormire. Oppure dormire e mangiare, era indeciso.
Guardate che sono due cose diverse e bruciano molte calorie. Avrebbe fatto una sudata pazzesca, se lo sentiva.
Ok, ironia a parte, era sudato sul serio. Scegliere cosa fare è stressantissimo, ragazzi.
Addentò una fetta di pizza e gustò lentamente il boccone. Era veramente buona, cavolo!
Ovviamente, data la sua abnorme sfiga, il telefono cominciò a squillare interrottamente.
Ma non possono inventare un aggeggio per prendere le cose a distanza? Per evitare che la gente interrompa le sue attività, no sapete com’è …
Si alzò con una botta secca e buttò uno sbuffo che potrebbe essere stato intercettato fino in Alaska. Afferrò l’utensile, cercando di non spaccarlo.
La solita telefonata abituale di Courtney. Mi chiederà sicuramente perché non sono venuto al lavoro, pensò prima di cominciare quella conversazione – che, probabilmente, comprendeva anche una ramanzina.
-Pronto?- chiese sorridendo.
Una voce stridula ed acida non tardò a farsi sentire, letteralmente.
-Si può sapere perché io devo restare qui a lavorare, mentre tu sei in casa a poltrire pur essendo in perfetta salute?- urlò una voce femminile.
Sì, Courtney come aveva immaginato.
Potrei fare l’indovino …
-Nessuno ti obbliga a sgobbare per forza.- rispose lui, con tutta la santa calma di cui un essere umano può essere dotato.
-Io almeno lo faccio il mio dovere! E Ora, qualunque cosa tu stia compiendo, muovi quelle gambe e degnaci della tua presenza.-
Era veramente nera, non scherzava.
-Mi spiace tesoro, te lo scordi. Buona divertimento e saluta Daniel da parte mia.- le chiuse il telefono in faccia.
Ok, appena l’avrebbe rivista gli avrebbe sicuramente fatto del male ma, per il momento, era uno a zero per lui.
Gustati la vittoria finché dura. E amico, credimi, non sarà a lungo …
Già … ma chissene fregava!
In quel momento voleva solo godersi al meglio quella giornata all’apparenza rilassante, ma dal punto di vista del ragazzo faticosissima.
Ormai lo conoscete, lui e la sua esagerazione su queste cose.
Si sdraiò nuovamente sul divano. Accese la televisione e iniziò a girovagare tra i vari canali, con noia.
Anche la TV mi è contraria. Possibile che non esiste più nulla di decente al giorno d’oggi?
Solo vari telegiornali si vedevano e parlavano tutti della neonata relazione tra lei e Courtney la quale, tecnicamente, non si era mai creata. Non l’avevano ancora capito che erano solo amici – anche se non si notava esattamente – e mai lo capiranno.
Gli occhi si fecero stranamente pesanti. Tutta quell’attualità lo stava facendo addormentare  … se non fosse stato per il citofono!
Ovviamente, doveva suonare sempre nei momenti meno opportuni.
Scattò in piedi e, ringhiando, si diresse verso l’utensile attaccata sul muro dell’ingresso.
-Chi è?- domandò spazientito.
Sapete bene che i suoi limiti non raggiungono picchi elevatissimi, soprattutto se parliamo di una dote che John chiaramente non ha.
Ma per capirlo non serviva mica uno scienziato.
-Sono il postino; ho un pacco per lei. Se cortesemente viene sotto e mi mette una firmetta … -
Cortesemente? Povero uomo, non sapeva proprio con chi aveva a che fare.
Prese un respiro profondo … prima di cominciare a sclerare come un pazzo.
-Ora si sturi le orecchie e mi ascolti attentamente, perché non ho intenzione di ripeterlo due volte. Io sono semplicemente un ragazzo che sta cercando di godersi le sue ferie non meritate e non alzo il mio regale fondoschiena, anche se l’ho già fatto, per venire sotto a firmare un foglio. Quindi, lasci quel pacco vicino alla mia cassetta e se ne torni a lavorare. Grazie mille e buona giornata.-
Prima di richiudere, però, si sentì di nuovo la voce di quel lavoratore fannullone e pagato troppo.
-Ma signore è una regola. Non posso darglielo se lei non mi firma l’autorizzazione.-
-Sa una cosa? Se lo mangi quel pacco perché io non lo vengo a ritirare! E non si faccia mai più vedere sotto questo palazzo, altrimenti chiamo i carabinieri. Tutto chiaro?-
L’ultima frase sembrava da vittima innocente ma fa niente.
Finita la sottospecie di minaccia cominciò a tirare la cornetta e, con forza sovraumana, staccò il citofono e provocò un buco enorme al muro, che si sgretolò un po’. Lo buttò a terra e, per romperlo ulteriormente, iniziò a prenderlo a calci.
Eh sì, la pazienza era proprio una specialità di famiglia.
Non era abbastanza, sapeva che lui era ancora sotto. S’incamminò verso il balcone con una ciotola in mano e iniziò a lanciargli contro il contenuto in testa: frutta.
Il postino scappò via impaurito. Non sarebbe di certo tornato in quel luogo infernale, poco ma sicuro.
-Sì bravo! Corri, corri!- urlò il ragazzo, salutandolo con la mano.
Si sa, la giornata perfetta di John deve comprendere almeno uno sclero mattutino. E già che ci siamo pure uno pomeridiano e serale …
 
***
 
La luce del sole filtrava dalle tapparelle già da un po’.
Gwen si svegliò grazie ad essa e, solo dopo essersi alzata, realizzò che doveva essersi appisolata sul divano.
Non si era accorta di nulla, era successo tutto così velocemente. Aveva parlato al telefono con Trent per due o tre ore, mentre guardava un film – visto e rivisto con lui. E tra commenti e ricordi nostalgici il tempo era volato e aveva chiuso gli occhi.
Si diresse in camera, senza un intenzione ben precisa. Ma, quando aprì la porta, rimase immobile a fissare un punto ben preciso.
Duncan stava dormendo con la testa poggiata sulle braccia – stile cuscino – e sedeva sulla scrivania.
Ecco che fine aveva fatto …
Gli si avvicinò e lo scosse lentamente, per farlo tornare sul pianeta Terra. Lui la guardò con fatica, con uno sguardo omicida del tipo “Dammi una buona ragione per avermi svegliato così presto.”
Quando si accorse chi aveva davanti, la sua espressione tornò alla normalità e la fissò attentamente, in attesa di una sua frase.
-Allora?- la incalzò dopo un po’.
Iniziò il discorso con il termine più idiota che potesse mai venirgli in mente.
-A che ora sei tornato ieri notte? Non ti ho sentito.-
Ecco appunto.
Che razza di domande vai a fare pure tu!
Il fatto è che pareva tesa. Come il ragazzo, d’altronde.
-Non eccessivamente tardi, credo. Tu invece? Come mai eri sul divano?-
Avvampò imbarazzata.
-Ehm, ecco … stavo vedendo un film e mi è venuto sonno all’improvviso.-
Lui fece uno strano cenno con la testa – un misto tra sì è no - e si alzò, facendo come per andarsene.
-Dobbiamo parlare.- sillabò lei, fredda ed impassibile.
Perché ho la netta sensazione che non riguardi nulla di buono?
Si sedette sul letto, seguita a ruota da Duncan. La fine – in senso letterale - era vicina …
-Senti, non so come dirtelo quindi lo faccio e basta. Tu mi piaci, sì, ma quello che provo per te non è amore. O almeno non lo è più. Siamo troppo simili e non potrà mai nascere qualcosa di serio.-
Sapeva già dove voleva andare a parare, eppure rimase fermo ad ascoltare, senza spiccicare parola.
-E’ un modo carino per dirmi che è finita?- chiese poi, anche se sapeva che non avrebbe mai dovuto farlo. O forse sì?
Lei annuì, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento.
Non ci fu nessun tipo di reazione, se lo aspettava.
Poi nemmeno lui non provava più nulla. Della serie “chiudiamola qui e smettiamo di fare gli ipocriti.”
Gwen si alzò e prese una valigia da sotto il letto.
Aprì la bocca come un idiota ma non ne uscì niente.
-Non preoccuparti, so dove andare e non c’è bisogno che tu mi caccia per farmelo capire.- la precedette lei, come se fosse una veggente.
Che la sia veramente?
-Te ne torni dal caro Elvis, per caso?- domandò.
Mio caro Watson, stai diventando sempre più intuitivo … e stupido. Quanto è elevato il tuo quoziente intellettivo? Anzi, ce l’hai il cervello?
Non aspettò una risposta, la conosceva già da buono e fidato Watson.
Stava per varcare la porta della stanza, trascinandosi dietro il suo trolley blu notte, ma fu fermata.
-Gwen, noi saremo ancora amici?-
Si voltò sorridendo.
-Ovvio che lo siamo ancora. Ci si vede in giro.- lo congedò.
Il rumore della porta fu il segnale che si trovava ufficialmente solo. Di nuovo.
Ghignò. Non sarebbe rimasto in quella situazione ancora per molto, se lo sentiva …
 
***
 
Courtney uscì dal bar, sbattendo la porta d’ingresso. Era nerissima.
Non solo era stato un giorno pessimo in tutti i sensi, ma John aveva avuto la faccia tosta di NON presentarsi al lavoro e di mettersi in malattia.
E gli aveva persino chiuso il telefono in faccia! No, ci rendiamo conto?
Quel ragazzo aveva appena firmato la sua condanna a morte. Appena avrebbe rimesso piede al bar si sarebbe dovuto scontrare contro la collera di Courtney.
Povero essere vivente – ancora per poco – comune. Ok, non è esattamente comune, ma va beh …
Arrivò alla fermata e si sedette sulla panchina, sotto il portico a vetro. Il suo sguardo cadde per puro caso sul tabellone con l’orario dell’autobus e lo confrontò con il suo palmare.
Buttò un grido che fece voltare tutti i passanti.
Quello stradannato autista era in ritardo di UN misero minuto. E magari fosse un evento che si ripeteva una volta ogni tanto … succedeva ogni santissimo giorno!
Le opzioni, allora, erano due: o gli faceva causa per mancata puntualità, oppure gli avrebbe fatto fare la stessa fine di John. La prima, grazie.
Il ragazzo meritava un trattamento speciale, più unico che raro.
Cos’altro può succedere, ora?
Il suo pessimismo influì anche sul tempo atmosferico: da un sole splendente ad un acquazzone violento.
Grande.
Mentre le gocce venivano giù velocemente si accorse che qualcuno – con la grazia di un bufalo - si era appena seduto affianco a lei.
Lo guardò di sbieco e, ricorrendo a tutta la buona volontà, cercò di non diventare rossa. Missione fallita, come non detto.
Duncan era lì a nemmeno un centimetro dal suo corpo.
Non guardarlo, ti prego non guardarlo!
Si voltò e lo fissò imbambolata. Lui, accortosi di ciò, fece lo stesso.
I loro occhi si scontrarono, facendo diventare – sempre se possibile – la ragazza ancora più paonazza.
Un ghigno da parte di lui, dovuto sicuramente al color semaforo acceso che si era dipinto sulle sue gote.
Che figura. E proprio davanti a lui!
-Ciao.- sussurrò risoluto.
Lei, di tutta risposta, abbozzò un sorriso, mantenendo il suo “fantastico” colorito.
-Che c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?- chiese con ironia.
Ed ecco a voi la tipica frase di un moccioso di tre anni … o, in questo caso, di un aspirante Watson. Facciamo tutti un grande applauso al mitico Duncan!
Accennò una flebile smorfia quasi adorabile, giusto per farlo ricredere.
Scoppiarono a ridere come due ebeti, senza ragione – o quasi. Sembravano bambini, sembrava come se fossero tornati indietro nel tempo, a pochi anni prima. Stavano bene insieme anche si ostinavano a negarlo. Avevano dimenticato quanto fosse bello stare un po’ da soli, loro due soltanto, senza nessuno attorno.
Finalmente l’autobus arrivò alla fermata e quei pochi passeggeri si affrettarono a salire, velocemente per non bagnarsi.
Per grande sfortuna – o forse no – i posti a sedere erano finiti e i due, che si erano attardati un po’, furono costretti al solo appiglio di una misera sbarra di metallo, uno di fronte all’altra.
Courtney cercò di evitare di incrociare i suoi stupendi occhi acquamarina, per non far andare le sue guance a fuoco nuovamente … e per non far un’altra figuraccia. Non voleva dargliela vinta a quel punk da strapazzo.
Dai, ce la puoi fare. Il viaggio non è poi così lungo e, una volta a casa, potrai maledirti per non avergli confessato tutto.
Un urto improvviso.
La ragazza venne sbattuta qua e là come una bambolina di pezza, per poi cadere – per pura coincidenza – sul petto di Duncan. Si aggrappò con forza alla sua maglietta, per evitare di cadere … peccato che a terra ci finirono entrambi.
Si ritrovarono stesi sul suolo, lui sotto e lei sopra. La situazione era alquanto critica.
Avrebbe voluto tanto rimanere accoccolata per un po’ sul suo petto, come ai vecchi tempi. Forse lo voleva anche lui, forse no.
Cosa diavolo pensi? Lui non è più tuo, è della tua ex amica. Tu non sei lei, quindi non glielo porterai via in modo subdolo e meschino.
Anche se avrebbe potuto …
D’impulso, però, si alzò di scatto. Duncan fece lo stesso.
-Scusami.- balbettò.
Il colore rosso semaforo tornò – perennemente – a dipingere le sue gote, come quelle di una bambina di ritorno da un prato.
-Di cosa scusa? So che ti è piaciuto e, in un certo senso, è piaciuto anche a me, malgrado sia stato solo un incidente.-
Calcò molto sulla parola “solo.”
I loro visi erano ormai a pochi centimetri di distanza, la ragazza abbassò il suo visibilmente imbarazzata.
Si allontanò a passi lunghi verso la portiera e premette un pulsante rosso, per prenotare la prossima fermata. Prima sarebbe uscita da quella scatola di latta, meglio sarebbe stato per entrambi.
Stare lì, con lui, da soli – si fa sempre per dire - , la faceva stare male, faceva riaffiorare vecchi ricordi che era meglio che annegassero nell’oscurità per sempre.
Non era più suo e non si sarebbe comportata mai da sgualdrina per riaverlo: era una persona onesta, non come Gwen. Poi, non era nemmeno del tutto sicura che lui voleva la stessa cosa.
L’autobus si fermò. Duncan la inseguì e la bloccò poco prima che potesse allontanarsi.
-Insomma, che diavolo ti prende?-
Courtney tentò di trattenere le lacrime.
-Lasciami stare!- urlò isterica.
Strinse più forte la presa che aveva sul braccio esile della ragazza.
-Gradirei una risposta!-
Il suo tono la fece rabbrividire, ma si riprese in fretta.
-Sono fatti miei personali, non ne voglio discutere con te.- prese un respiro, per tentare di riacquistare la calma.
Dovresti, invece. Dovresti proprio mia cara.
Lui sorrise ma non fu un ghigno, bensì un sorriso sincero. L’attirò verso sé e l’abbracciò.
Un momento magico, era come se tutto si fosse fermato. Bastava un semplice gesto affettuoso per far sentire i due al paradiso. Sarebbero rimasti così per chissà quanto tempo … se non fosse stato per l’autista che, dopo il ritardo, aveva anche il coraggio di commentare.
-Ci muoviamo? Ho un giro da fare e vorrei essere pagato.- domandò seccato.
Il ragazzo sciolse l’abbraccio e puntò lo sguardo – omicida – in sua direzione, corrugando le sopracciglia.
-Sì, un secondo. La pazienza non è esattamente il suo forte.- urlò di rimando.
Poteva ritenersi fortunato che non c’era John, altrimenti il capitolo sarebbe finito a botte. Ops, sto divagando …
-Comunque, questo è per te.- disse, allungando il braccio in sua direzione e stendendole una busta di carta.
Lei rimase incredula, non riusciva a credere ancora che tutto ciò fosse vero. Forse stava ancora dormendo e si trovava nel mondo dei sogni.
-Davvero?- balbettò, prendendolo con la mano tremolante.
Si sorrisero nuovamente.
Non le rispose, ma la ragazza ebbe la netta sensazione che due labbra le avevano sfiorato appena la guancia sinistra. Forse se lo era solo immaginato, forse no.
Ma quando alzò lo sguardo, in cerca di una risposta, davanti non c’era più nessuno. L’autobus era ripartito verso l’orizzonte con Duncan dentro, lasciandola lì sotto la pioggia.
 
***


 
Courtney si sedette al tavolo di vetro del soggiorno e vi poggiò la busta sopra.
Prese un sospiro: non era esattamente del tutto sicura di voler sapere di cosa si trattava, ma la curiosità era troppo forte.
Sfilò dall’interno un pacchetto quadrato, avvolto tra la carta da regalo bianca e un fiocco rosso.
I suoi occhi caddero immediatamente su un bigliettino, incastrato perfettamente. Lo prese e, col in cuore in gola, lo lesse con un po’ di tensione.
La sua conoscibile calligrafia.
 
Non dimenticare, so benissimo che non vuoi neanche tu.
Duncan.
 
Dimenticare? Dimenticare cosa? Non riusciva a capire proprio.
Fece velocemente a brandelli la carta e gli si prostrò davanti una scatola di cartone. La aprì subito, senza rimuginarci troppo, e rimase scioccata.
Ciò di cui pensava di essersi liberata – un giorno prima, guarda caso – era di nuovo lì, davanti ai suoi occhi.
E una domanda sorse spontanea: come diavolo ha fatto ad avere questi oggetti?
Poggiò altrove il fascicolo e, forse contro la sua volontà, si infilò il diadema tra i capelli. La sua mano afferrò poi un piccolo oggettino, tenuto insieme da una striscia compatta di scotch.
Il teschietto di legno. L’aveva "riparato". Per lei.
La finestra era stranamente aperta – forse una dimenticanza – e una folata di vento fece scivolare sul pavimento il biglietto che, prontamente, lei afferrò.
Dietro vi era scritta una frase, solo in quel momento lo notò.
Abbozzò un sorrisetto: la tipica frase stile stalker.
 
PS. Non ti libererai così facilmente di me.
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice che merita la fucilazione perché ci ha messo una vita ad aggiornare
E siamo arrivati così all’ultimo capitolo. Grazie a tutti coloro che hanno seguito la mia fic, ve ne sono grata c’:
Cosa ne pensate? Vi è piaciuto?
Io sono notevolmente colpita dalle mie inutili doti, sono soddisfatta di me.
*prende un pacco di fazzoletti*
Lo so, è triste. L’ultimo capitolo, la mia prima fan fiction conclusa. Mi mancherà e sono sicura mancherà anche a voi.
I’m crying D’:
Beh, con la conclusione suspensosa (?) vi annuncio che, da adesso, wizard 101 non è più sospesa e che inizierò a scrivere il secondo capitolo da domani. Successivamente - ma forse anche prima - ri posterò la mia storia sui pirati.
Grazie, ancora, di cuore per avermi sostenuta in questi due lunghi mesi.
 
Solluxy <3
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: smarsties