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Autore: Lux_daisy    23/09/2013    4 recensioni
Dal capitolo 3:
-- Sei fastidioso, feccia. Ti conosco a malapena e già mi verrebbe voglia di massacrarti fino a farti urlare pietà, perciò ti avverto: non continuare a provocarmi --. La sua voce si era ridotta a un sussurro: si insinuò nella pelle di Squalo, strisciando come un serpente e scavò fino a raggiungere la carne e i muscoli e le ossa per poi incidersi nell’anima e mozzargli il respiro. Squalo sgranò gli occhi e per la prima volta in vita sua si accorse di provare paura di fronte a un avversario.
In una prestigiosa Accademia si incrociano le vite di due ragazzi dal passato difficile. Xanxus e Squalo si odiano e si scontrano, si respingono e si attraggono, come le falena di fronte alle fiamme, senza capire quant'è grande il pericolo di bruciarsi.
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dino Cavallone, Superbi Squalo, Xanxus
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Uno di noi


Quando Dino si svegliò quella mattina, la prima cosa che notò fu il letto vuoto di Squalo. Guardò l’orologio: segnava le sette e mezza.
“Dove cavolo è andato a quest’ora?” si domandò mettendosi in piedi. Nell’entrare in bagno, il suo piede destro colpì in pieno lo stipite della porta, ma la sua testa era talmente piena di pensieri che ci fece a malapena caso.
Da alcuni giorni ormai il rapporto tra lui e Squalo si era costantemente raffreddato fino a diventare quello di due ragazzi che condividevano solo una stanza e si parlavano appena. I suoi ripetuti tentativi di dissuadere Squalo dal suo folle piano non avevano fatto altro che metterli l’uno contro l’altro e nel momento in cui Dino aveva capito che mai e poi mai sarebbe riuscito a fargli cambiare idea, aveva semplicemente smesso di insistere.
Cos’altro avrebbe potuto fare?
La testa di Squalo era più dura di un blocco di cemento e niente di quello che Dino avrebbe potuto dirgli sarebbe stato in grado di farlo ragionare. Era fin troppo determinato a compiere la sua vendetta contro Xanxus e il biondo sapeva che era disposto a qualunque cosa per riuscirci, anche a mettere da parte i suoi principi. Perché stare con i Varia voleva dire proprio quello: obbedire a qualsiasi ordine del Boss, indipendentemente da tutto e tutti.
“Perché diavolo è dovuta andare a finire così?” si chiese frustrato per l’ennesima volta. Guardare Squalo mentre si metteva nei guai e non poter fare nulla per impedirlo lo faceva sentire del tutto impotente. Avrebbe dato qualsiasi cosa per riuscire a trovare un modo per risolvere la faccenda prima che degenerasse del tutto, ma non aveva la più pallida idea di cosa fare. Per un momento aveva anche pensato di rivolgersi a suo padre per chiedere aiuto, ma aveva subito scartato questa possibilità: non poteva comportarsi come un ragazzino viziato che correva dai genitori al primo problema. Doveva affrontare la faccenda da solo. Inoltre Squalo l’avrebbe di sicuro odiato a vita se lui avesse fatto la spia al Preside e l’ultima cosa che Dino voleva era perdere l’amicizia di Squalo.
Anche se in quel momento non era più in grado di dire se avesse potuto ancora considerare l’altro come un amico.
 
 
 
 
“Cosa potrei prendermi oggi per colazione?” si chiese Dino, dopo aver sentito il suo stomaco brontolare per la terza volta in meno di cinque minuti. Affamato, affrettò il passo, ma arrivato in mensa, i suoi pensieri furono interrotti dalla folla di studenti che si era radunata vicino la porta.
“Che sta succedendo?”. Il biondo si avvicinò fino a ritrovarsi immerso nella calca di gente. Sembravano tutti osservare qualcosa al centro della sala ma per quanto Dino allungasse il collo per cercare di scorgere qualcosa, non riusciva a vedere niente eccetto una massa di teste voltate nella stessa direzione.
<< Non ci posso credere! >> sentì esclamare d’un tratto una ragazza vicina.
<< Chissà chi è stato a fare una cosa del genere… >> domandò quella che Dino presunse essere la sua amica.
<< Chi volete che sia stato?! >> intervenne un ragazzo accanto a loro con voce irritata, << c’è solo un gruppo di persone che arriverebbe a tanto >>.
<< Certo che quando vogliono sanno davvero essere teatrali! >> commentò un’altra voce maschile.
<< Ma di che diavolo stanno parlando? >> borbottò Dino confuso. Cosa mai poteva esserci di così interessante in mensa alle otto del mattino?
Infastidito da quella situazione, iniziò a farsi spazio tra la folla, chiedendo permesso e scusandosi fino a che, dopo aver pestato molte paia di piedi, riuscì a sbucare fuori. Curioso di scoprire la causa di tanto interesse, si guardò intorno e nell’istante in cui i suoi occhi la videro, desiderò con tutte le forze di trovarsi dentro ad un incubo.
Su un tavolo lasciato apposta al centro della sala, ridotta in uno stato pietoso, giaceva abbondonata la sua amata chitarra. La tastiera era stata spezzata in due e la cassa era ricoperta di qualsiasi schifezza immaginabile: oltre a una grossa quantità di cibo, tra cui panna, ketchup, maionese e altre salse di vari colori, c’erano macchie di vernice, carta-igienica usata, quelle che Dino sperò seriamente non fossero feci e quelli che erano innegabilmente dei preservativi. Le corde infine erano state usate per legare la chitarra alle gambe del tavolo.

Non seppe neanche dire per quanto tempo restò immobile, paralizzato fin nelle ossa, ad osservare sconvolto e incredulo la chitarra che suo padre gli aveva regalato anni fa per il suo compleanno. Persino le voci di tutti gli studenti in sala si affievolirono fino a scomparire, lasciandolo solo con quella scena dalla quale i suoi occhi non volevano staccarsi. Una vocina in un angolo remoto della sua mente continuava a ripetere “non può essere vero! Qualcuno mi dica che sto sognando”, ma ciò che stava vedendo era troppo nitido e devastante per essere un semplice frutto del suo subconscio.
Quando, dopo un tempo che gli parve infinito, riuscì a distogliere lo sguardo, l’incredulità e la confusione furono spazzate via dall’improvvisa consapevolezza che gli si palesò davanti. In piedi vicini al loro tavolo, i Varia osservavano la scena chiaramente divertiti, sghignazzando e parlottando tra loro. Ma ciò che sconvolse davvero Dino fu vedere Squalo in mezzo a loro che lo fissava con un’espressione ferita e colpevole. A poco a poco i pezzi del puzzle cominciarono a prendere forma e quando il biondo notò Xanxus che, con un ghigno soddisfatto, metteva una mano sulla spalla di Squalo e gli sussurrava qualcosa all’orecchio, comprese e sentì una fitta di dolore al petto. Gli occhi iniziarono a pungergli, mentre lacrime di rabbia tentavano di uscire, ma Dino non l’avrebbe permesso, non in quel momento, non davanti a tutti, non davanti a loro.
Si voltò e uscì dalla mensa, mentre gli altri studenti, forse ormai divenuti consapevoli, si spostavano per farlo passare. Si accorse dei loro sguardi compassionevoli e ondate di rabbia gli attraversarono il corpo, come continue scariche elettriche che minacciavano di farlo esplodere.
In quel momento voleva solo distruggere qualcosa o correre fino a non avere neanche le forze per pensare.
 
 
Sentì la mano di Xanxus posarsi sulla spalla e pochi istanti dopo il respiro caldo infrangersi sul suo orecchio e la sua voce fluire dentro di lui, densa come il sangue e dolorosa come fuoco vivo.
<< Ottimo lavoro, feccia. Ora sei uno di noi >>.
Era stato quasi un sussurro, ma per Squalo fu come se il moro l’avesse urlato. Ce l’aveva fatta. Era riuscito a farsi accettare nei Varia, ma a quale prezzo? Nel vedere l’espressione sconvolta, furiosa e sofferente di Dino, non aveva potuto fare a meno di pensare a quanto disgusto provasse nei confronti di se stesso.
Xanxus gli aveva chiesto una dimostrazione delle sue intenzioni e lui aveva accettato, nonostante il senso di colpa lo avesse attanagliato dall’inizio, da prima ancora di mettere in atto gli ordini di quello che ora avrebbe dovuto considerare il suo “boss”.
Se vuoi essere uno di noi, devi dimostrarti degno, feccia.
Squalo strinse i pugni fino a piantarsi le unghie nella carne, mentre le parole di Xanxus continuavano a risuonargli nella testa, come un’eco infinito che non voleva saperne di sparire.
<< Ushishishi, avete visto la sua faccia? >> ridacchiò Belphegor, << stava per mettersi a piangere! >>.
<< È stata una scena così teatrale! Uno spettacolo di-vi-no! >> si aggiunse Lussuria. Le risate dei Varia riempirono la mensa e inondarono la mente di Squalo, mentre la rabbia invadeva ogni singolo atomo del suo corpo. Senza pensare, iniziò a correre sempre più veloce, spingendo con violenza quelli che non si spostavano in tempo per farlo passare.

Corse a perdifiato e in pochi minuti fu di fronte la porta della sua stanza. Si fermò con i polmoni in fiamme e il respiro che assomigliava a un rantolo, mentre il cuore gli ringhiava nel petto e sembrava voler uscire fuori attraverso la gola. Allungò una mano verso la maniglia, ma la bloccò a mezz’aria, d’un tratto indeciso. Si rese conto di non avere la più pallida idea di quello che avrebbe dovuto dire e una parte di lui desiderò che la stanza fosse vuota, così da non dover affrontare l’altro.
“Ah, fanculo!”. Scosse la testa, come a scacciare i dubbi e aprì rapido la porta.
Trovò Dino seduto sul letto col viso nascosto tra le mani e per un momento temette che stesse piangendo. Ma quando quello alzò la testa e gli puntò gli occhi addosso, Squalo poté vedere il suo volto contratto in una smorfia di rabbia mista ad odio.
<< Che cazzo vuoi? Sei venuto a gongolare per la riuscita del tuo grandioso piano? >> esclamò il biondo, la voce trattenuta a stento.
Squalo rimase interdetto per alcuni istanti non perché non si aspettava che l’altro fosse furioso, ma semplicemente perché per la prima volta ebbe l’impressione di vedere un nuovo Dino, qualcuno che non aveva niente a che fare col ragazzo solare, allegro e sempre sorridente che aveva imparato a conoscere nelle ultime settimane.
Fu doloroso.
E anche più doloroso fu notare il suo sguardo carico di disprezzo. Quegli occhi nocciola di solito così caldi e luminosi adesso erano freddi e spenti, eppure bruciavano di rancore e indignazione.
<< Farò in modo che Xanxus paghi anche per questo >> dichiarò d’un tratto con voce sicura, sostenendo lo sguardo del biondo.
Dino scattò in piedi e lo fissò come se fosse pazzo. << Xanxus?! Sei stato TU a rubare la mia chitarra! TU l’hai ridotta in quel modo! Hai idea di quanto fosse importante per me?! Quella chitarra me l’aveva regalata mio padre quand’ero piccolo. È con lei che ho iniziato a suonare! Forse per chiunque altro era solo una chitarra, ma per me era l’oggetto più prezioso! E TU l’hai distrutta solo per il tuo insulso piano di entrare nei Varia! >>.
Il volto arrossato e le pupille dilatate, Dino ormai urlava senza curarsi di trattenere la voce, mentre Squalo lo fissava in silenzio, lasciando che si sfogasse.
<< Non volevo farlo, ma non ho avuto scelta >> si limitò a replicare, ben consapevole di quanto fosse debole e insulsa come scusa.
<< Non prendermi per il culo! Tu ce l’avevi una scelta! Potevi lasciar perdere; potevi ignorare Xanxus e dimenticare quello che era successo. Se non avessi deciso di entrare nei Varia a tutti i costi solo per il tuo stupido desiderio di rivalsa, tutto questo non sarebbe mai successo! Non dare la colpa agli altri per le tue decisioni! >>.
Squalo strinse ancora una volta i pugni e mentre un angolo della sua mente gli diceva che Dino aveva ragione, il suo orgoglio e la sua cocciutaggine gli impedivano di ammettere di aver sbagliato e di scusarsi. << Non potevo lasciar perdere >>.
Dino gli lanciò una lunga occhiata gelida prima di parlare. << Non potevi o non volevi? Allora, qual è il tuo problema? Non puoi sopportare che ci sia qualcuno più forte di te? O vuoi semplicemente dimostrare a te stesso di essere in grado di poter sconfiggere chiunque? >>. Si interruppe e attese una replica da parte di Squalo, che non arrivò. << Ma non vedi quello che ti sta facendo Xanxus? >> riprese col tono di chi sta cercando di far aprire gli occhi a qualcuno, << ti sta manipolando e tu glielo stai lasciando fare. Pensi che sia una coincidenza che ti abbia chiesto di fare una cosa del genere? Lui ti sta mettendo alla prova perché non si fida di te: vuole vedere fino a dove ti spingerai pur di rimanere nei Varia e nel frattempo ride alle tue spalle, vedendo quanto potere ha su di te… >>.
<< Lo so benissimo questo! >> gridò Squalo, facendo zittire Dino, << non sono così ingenuo! >>.
<< Invece sì! >> gli urlò di sopra il biondo, ormai esasperato, << sei un ingenuo perché pensi davvero che questo tuo folle piano ti farà avere la tua vendetta! Sai come andrà a finire? Te lo dico io! Xanxus ti sfrutterà e ti umilierà fino a quando non si sarà stancato di giocare con te; a quel punto troverà il modo per farti pentire di averlo sfidato e tu non avrai concluso un cazzo! >>.
<< Non permetterò che accada >> fu l’unica replica di Squalo.
Dino prese un respiro profondo e scosse la testa, rassegnato. << Fa come ti pare. Non ho più voglia di discutere >>. Si passò una mano tra i capelli – un gesto che faceva sempre quando cercava di calmarsi – e si diresse verso la porta. Superò Squalo, ma prima di uscire disse: << Il tuo orgoglio sarà la tua rovina >>.
Oltre al rumore della porta che si chiudeva alle sue spalle, Squalo ebbe l’impressione di sentire il suono di qualcosa che si spezzava dentro di lui. Qualcosa a cui non seppe dare un nome, ma che lo fece sentire incredibilmente e terribilmente vuoto.
In quell’istante capì di non poter più tornare indietro.
 
 
 
Quando, quello stesso giorno, a pranzo, Squalo si sedette al tavolo dei Varia, si ritrovò addosso gli sguardi di tutta la mensa, accompagnati da bisbigli e sussurri. Erano tutti chiaramente sorpresi e increduli che il nuovo arrivato si fosse unito al gruppo più potente della scuola, ma a Squalo non importava niente del giudizio degli altri. Cercò Dino tra la folla, ma non lo vide da nessuna parte, neppure al tavolo dove erano soliti sedersi loro due insieme ai ragazzi della band. Un sospirò incontrollato gli sfuggì dalle labbra.
<< Tutto bene, Squalo? >> gli domandò d’un tratto Lussuria, interrompendo il flusso confuso dei suoi pensieri.
L’interpellato smise di giocare col cibo nel piatto e guardò l’altro, inarcando il sopracciglio. << Ti interessa davvero? >> replicò con tono scettico.
Lussuria unì le mani davanti al volto e sorrise. << Ma certo che mi interessa, tesoro! Ora sei uno di noi! >> squittì compiaciuto.
“Tesoro?! Ma che problemi ha questo?”.
<< Lascia in pace la feccia >> s’intromise Xanxus con un sorriso divertito, << deve ancora superare lo shock per aver tradito il suo unico amico >>.
Squalo gli lanciò un’occhiata truce, ma non ebbe il coraggio di replicare. Del resto, sapeva che l’altro aveva semplicemente detto la verità.
<< Hai ragione, Boss. Come sempre >> si complimentò Levi con sguardo ammirato, << ti ho preso un altro pezzo di carne: so quanto ti piace >> aggiunse con enfasi, posando un piatto davanti al moro.
“Ma che caz… cos’è, il suo maggiordomo?” si chiese Squalo sconvolto. Belphegor, sedutogli accanto, dovette indovinare i suoi pensieri, perché si avvicinò a lui e in un sussurro divertito disse: << Quell’idiota stravede per il Boss: se glielo chiedesse, Levi si metterebbe anche a novanta gradi. Se capisci che intendo… >>.
Squalo voltò di scatto la testa e si ritrovò davanti il ghigno inquietante del biondo. << Farò finta di non aver capito >> replicò, tornando subito dopo a concentrarsi sulle sue lasagne.
<< Ushishishi, come siamo innocenti… >> ridacchiò Bel. Squalo non rispose, ma si limitò a lanciargli un’occhiata infastidita.

Era insieme ai Varia da neanche dodici ore e già gli sembravano un branco di spostati fuori di testa: Lussuria impegnato a leggere riviste di moda e gossip e a ridacchiare come una gallina, Levi in ammirazione e contemplazione perpetua del Boss, Belphegor che non faceva altro che infastidire e punzecchiare Viper, la quale, dal canto suo, dimostrava un livello di sopportazione davvero notevole, unito alla sua ammirevole capacità di fingere che il ragazzo non esistesse. Xanxus infine ignorava tutti loro, degnandoli a malapena di qualche parola. In compenso però Squalo notò come, ogni volta che alzava lo sguardo dal piatto, gli occhi del moro fossero piantati su di lui. All’inizio pensò fosse solo un caso, ma dopo un po’ inizio a sentirsi a disagio e il desiderio di farlo smettere divenne sempre più forte.
Lo odiava.
Odiava la sua arroganza, il suo guardare gli altri dall’alto in basso, come se lui fosse il migliore. Odiava il suo potere all’interno della scuola e il fatto che tutti ne avessero una tale paura da non mettersi contro di lui. Odiava essere stato sconfitto e umiliato ed essere stato costretto ad ammettere che non poteva sperare di vincere. Ma soprattutto odiava quel suo ghigno del cazzo e quei suoi occhi che sembravano volerlo scrutare fin negli abissi più profondi della sua anima. Non riusciva a comprendere e a tollerare la sensazione di essere alla sua mercé, come un uccello intrappolato in una gabbia. Gli sembrava di essere sotto il controllo di Xanxus e, se una parte di lui ne era più consapevole, l’altra si convinse che, una volta avuta la sua vendetta, si sarebbe finalmente liberato della sua influenza.
Per questo aveva già deciso che avrebbe portato a termine il suo piano a qualunque costo.

Perso in questi pensieri, si riscosse solo quando si sentì chiamare dal moro.
<< Feccia, ho sete. Portami qualcosa da bere >> gli ordinò con tono freddo.
Squalo gli lanciò un’occhiata irritata.
<< Ci penso io, Boss! >> s’intromise subito Levi, pronto a soddisfare ogni bisogno del suo capo come al solito.
<< Tu non t’immischiare! Voglio che sia il nuovo arrivato a servirmi >> replicò il moro, le labbra piegate in un ghigno divertito.
Sbuffando sonoramente, Squalo si alzò e si diresse verso il bancone delle bevande. Avrebbe tanto voluto dire a Xanxus di infilarsi i suoi ordini dove non batteva il sole, ma sapeva che stare nei Varia voleva dire obbedire al Boss e fu quello che fece.
Tornato al tavolo, gli posò davanti una bottiglietta d’acqua. << Ecco qua >>.
Il moro le lanciò un’occhiata e scosse la testa. << Niente acqua. Portami qualcos’altro >>.
Squalo aggrottò le sopracciglia e digrignò i denti, ma non rispose.
Tornò con una lattina di aranciata, ma Xanxus lo mandò di nuovo a prendere qualcos’altro, provocando nell’altro grugniti, sbuffi e imprecazioni. Alla quinta volta in cui il moro, ancora non soddisfatto, gli ordinò di portargli un’altra bevanda, Squalo non resse più.
<< Voooooi! Adesso basta! >> esplose, sbattendo sul tavolo la lattina di chinotto, << mi sono rotto di farti da fattorino! Se hai sete, alza il tuo culo e vai a prenderti quello che cazzo ti pare! >>.
Non furono solo i Varia a interrompere quello che stavano facendo per fissare Squalo, ma anche molti studenti dei tavoli vicini che non avevano potuto ignorare i decibel della sua voce.

Xanxus lo guardò a lungo, in silenzio, le braccia incrociate sul petto, mentre gli altri attendevano una sua reazione. D’un tratto si alzò in piedi, si avvicinò a Squalo e senza preavviso lo afferrò per i capelli e gli sbatté la testa sul tavolo.
La sorpresa fu tale che l’argenteo non fece in tempo ad emettere un suono, ma sentì il dolore per  l’urto esplodere con violenza.
Sempre tenendo una mano premuta sul cranio di Squalo, Xanxus avvicinò la bocca al suo orecchio e disse: << Mi chiedevo quanto ci avresti messo prima di scoppiare… >>.
Squalo grugnì e provò a liberarsi, ma la presa dell’altro era peggio di una morsa; per di più il suo respiro caldo si insinuava in lui, provocandogli spiacevoli sensazioni lungo la spina dorsale.
<< Non so perché ti sei voluto unire a noi e sinceramente me ne fotto >> riprese, avvicinandosi ancora di più, tanto che Squalo poté sentire le sue labbra sfiorargli la pelle, << ma scolpisciti bene in mente le mie parole, feccia: se mi fai incazzare, ti distruggo >>.

Subito dopo mollò la presa e lasciò che Squalo si rimettesse in piedi. Lo sguardo del ragazzo era un concentrato di rabbia e odio e Xanxus ne rimase ancora una volta sorpreso: quella fottuta feccia non mostrava alcuna paura nei suoi confronti, ma solo disprezzo. Era la prima volta in vita sua che incontrava qualcuno che non lo guardasse con timore o ammirazione e la cosa gli procurò un certo fastidio, ma fu abile a nasconderlo dietro un’espressione fredda e indifferente.

Dal canto suo Squalo si ritrovò a sperare che i suoi occhi avessero il potere di far saltare in aria la testa dell’altro. “Sarebbe uno spettacolo divertente” si disse, ma la testa di Xanxus restò al suo posto e Squalo si costrinse al silenzio mordendosi un labbro. Era sicuro che se gli avesse ancora riposto per le rime, quello non si sarebbe fatto nessun problema a mettere subito in atto la sua minaccia.
Doveva aspettare e sopportare: presto avrebbe avuto la sua agognata vendetta.







Oh cielo, eccoci qua... avrei diverse note da fare a proposito di questo capitolo ma ne farò solo 1 che ritengo più importante. Riguarda il comportamento di Squalo: vi prego, non odiatelo perchè ha ferito Dino u.u lo so, è stato uno stronzo, ma lui è ossessionato dal desiderio di vendetta e anche se sa che quello che ha fatto è una carognata, è convinto comunque che potrà vendicarsi anche di questo... è ferito nell'orgoglio e non sente ragioni. diciamo che è anche combattuto, ma invece di seguire la ragione, segue l'istinto, pur sentendosi in colpa.... insomma, fa esaurire pure me! X) bene, chiarito questo, mi auguro che il cap vi sia piaciuto: ho cercato di rendere al meglio ogni parte e spero di aver fatto un buon lavoro ^^ diciamo che adesso si entra finalmente nel vivo della storia e nel prossimo cap si scopriranno diverse verità importanti ;) ringrazio come sempre tutti quelli che seguono e commentano la storia: se altri si vogliono aggiungere facendomi sapere cosa ne pensano, mi farebbe un immenso piacere <3
baci a tutti e alla prossima! ciaossu ;D
  
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