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Autore: SignorinaWallie    23/09/2013    0 recensioni
Ero vicinissimo alla porta.
La porta di quella casa.
Una casa ricca di misteri, che hanno regnato la mia vita.
Una casa dove è iniziata una storia e questa storia con la casa è finita con un incendio, spazzando via tutto di quella vita. Tutto.
Addio.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MISTERI.
Di MrsLyla_90.



Fuoco.
Fiamme.
Un urlo acuto squarciò l'aria.
“Hector!!!” aveva gridato Elizabeth.

Hector.
Eravamo in una battaglia di fuoco, la casa in fiamme. Ogni cosa era offuscata dalle fiamme, attorno a noi era come un gioco di lingue rosse che si muovevano in una danza veloce, quasi capace di agitarti e di soffocarti.
Sentivo la sua voce. Ma non si sentiva quella di Hector. Eravamo gli uni dispersi dagli altri. Nessuno era con nessuno. Completamente divisi, in punti divisi della casa.
Lo dicevo io, quindici anni fa che questa casa non andava bene. Ero piccolo, ma abbastanza intelligente. In questa casa è successa una cosa brutta. Qui mia madre è morta, nessuno ha mai saputo come. Un giorno avevo scritto una letterina per lei, ero salito per le scale, nell'ultimo piano: il terzo. Con le pareti opache e il pavimento che sembrava di ferro tutto adornato di graffi, argentati e rosso ramati. Dalle scale la intravidi accasciata a terra. C'era la porta della stanza da letto aperta, sul fianco c'era un mobile di mogano e dall'altra parte si vedeva un po' il letto, e lei era proprio stesa lì sul fianco, era chiaramente dietro il letto ma dal torace alla testa si poteva vedere, la testa infatti finiva toccando il mobile di mogano.
Il suo volto sembrava marmoreo, e gli occhi erano spalancati. Erano sempre stati azzurri, ma in quel momento sembrava ci fossero delle chiazze bluastre nelle iridi. Era spenta, morta. E da dietro di lei, c'era il balcone, da dove entrava tutta la luce.
La mia mente ritornò alla realtà rapidamente, le fiamme continuavano a bruciare ogni strato della casa, ogni pezzo, ogni ricordo, i quadri, la libreria di mio padre.
“Hector!! Alexander!!”
Lei era ancora viva, ma perchè Hector non si faceva sentire? Scesi le scale, lì sembrava tutto sparito, tutto completamente distrutto. Passai vicino ad una scrivania metà in fiamme, e mi cadde distrattamente l'occhio su una agenda che usava mio padre quando era ancora vivo, non ce la faceva nemmeno toccare.

Era nera con delle ricamature sui bordi color oro. Mi avvicinai e la sfogliai. Le pagine erano ingiallite e vecchie. Poi vidi una tabella fatta a mano, con delle cifre e delle crocette a fianco, e poi in mezzo alle due pagine c'era un foglietto ben ripiegato, lo aprii appoggiando l'agenda sulla scrivania.
“Uccidila o noi uccideremo te”, aggrottai la fronte.

E poi come un'immagine, tanti pezzi di un puzzle che si mettono insieme. Ma certo. Qualcuno minacciava mio padre, loro lo hanno costretto ad ucciderla.

Elizabeth!!” gridai.

Volevo dirglielo, non mi importava proprio, che c'era in corso un incendio. Non potevo non farglielo vedere quel foglietto, lo misi nella tasca posteriore. Cambiai stanza, con la pesante pressione di volerla trovare subito.

Alexander!!! Hector!”
Passai per una camera da letto dove anche il lampadario di ebano aveva preso fuoco, quella stanza era di Elizabeth, sulle pareti vi erano attaccate delle foto, molte di queste c'erano lei con Hector. Ci fu un periodo dove lei ed Hector erano molto amici, non so per quale motivo poi smisero di frequentarsi, ricordo solo che un giorno ero in cima alle scale dell'ingresso e l'avevo vista entrare con le braccia incrociate e lo sguardo basso, mi aveva visto e l'unica cosa che fece fu sorridermi mesta, e da fuori si sentì il rombo della Mercedes di Hector.

Misteri.
Nella mia vita ci sono stati un diluvio di misteri. Mai risolti. Tutte porte rimaste aperte.

Andai avanti.
“Elizabeth! Hector!!” gridai.
Scesi al piano di sotto. Il pianoforte che suonava Elizabeth, si era fracassato con una trave infuocata infilata in mezzo. Camminai poco più avanti, voglioso di ritrovare Elizabeth. Dovevo dirle tutto. Volevo chiederle cos'era successo con Hector. Perchè? Perchè hanno smesso di frequentarsi? E mio padre, perchè non ha lottato per mia madre?
Hector, per un periodo era giù, lui si è sempre preso cura di me, ero un tipo molto solitario e quasi misterioso, molti mi vedevano anche come una persona un po' tenebrosa, lo diceva anche Hector.

HECTOR! ELIZABETH!!” gridai più forte.
Tutto, qualsiasi cosa, qualsiasi ricordo, si stava distruggendo, consumato da quelle fiamme apocalittiche. C'era ancora tempo, tempo per risolvere i misteri che avevano influenzato molto la mia vita. Che l'avevano condizionata in ogni istante, alcuni segreti che mi sono sentito addosso mi hanno fatto sentire escluso dalla vita di tutti. Il parquet di ciliegio, era sporco e bruciato in molti punti, i quadri ad olio erano fiammeggianti, tutti. Nessuna cosa era sopravvissuta in quella casa.
Finalmente, dal fondo del corridoio, vidi Elizabeth, voltata, e sembrava cercasse qualcuno. Era disperata.
“ELIZABETH!!” gridai, correndo verso di lei con calma.

ALEXANDER!!” gridò venendomi incontro.
Mi strinse la mano brevemente come per assicurarsi che fossi vero.
La guardai un po' sconcertato e molto ansioso, dovevo chiedergli...
“Hector, non lo trovo!!” Emise un verso strozzato simile ad un “oh!”.

Elizabeth, hai mai visto questo?” e gli parai davanti il foglietto che avevo trovato nel diario di mio padre.

Uccidila o noi uccideremo te”.

Elizabeth lo guardò come se non se lo ricordasse, lo scrutava quasi lo perforava con i suoi occhi. Potevo vedere attraverso di essi tutti i ricordi che stava rivivendo nella sua mente, un turbine di ricordi che la turbavano e sembravano svegliarla da un sonno lungo.

Poi mi guardò. “Alex, è una storia lunga. Adesso dobbiamo fuggire e trovare Hector” disse guardandomi drasticamente e poi mi voltò le spalle, ripercorrendo il corridoio. La segui continuando a parlare. “Perchè papà la uccise?” dissi stringendo le dita attorno al foglietto. “HECTOR!!” gridò mia sorella ancora più disperata. Corse al piano di sopra e dovetti seguirla.

Elizabeth!” la chiamai correndole dietro.

Eravamo proprio dove ero prima io, vicino alla stanza dove mia madre è morta. Non so da dove era sbucato, ma lo trovai alle prese di una trave infilzata, fortunatamente non era ricoperta dalle fiamme, ma lui era poco distante dalle fiamme, stava cercando di liberare la maglietta che si era impigliata ad uno spacco appuntito di legno della trave.
“Hector!” gridò Elizabeth, lanciandosi verso di lui.

Li guardai, e mi chiesi se tra loro ci fosse mai stato un bacio. Si sfioravano le mani, ma le loro espressioni erano come immutabili. La faccia di mia sorella era come terrorizzata, la sua era sempre immutabile, aveva un'espressione disinteressata e dura.

Andiamo!” disse tirando per una manica Hector e prendendo per un braccio me.

Mia sorella era sempre stata quella di cui cui si occupava di tutto, quella che sapeva ogni cosa ogni segreto brutale, e se ne prendeva le responsibilità, era sempre pronta a sacrificare tutto, ma lo faceva come fosse un dovere, per lei la vita era un dovere, un dovere sacro. Anche Hector era un po' così, ma poco, la sua vita era programmata, se lo si vedeva in giro non lo vedevi mai sorridere, lo vedevi sempre con uno sguardo serio e disinteressato. Il mio migliore amico. Strano, è veramente strano tutto questo. Tutto quello che sta succedendo.
Scendemmo al piano di sotto.

Li segui. Poi mi affiancai a Elizabeth: “Elizabeth, per favore, perchè papà non ha lottato per la mamma?”.

La vidi sospirare. “E' una lunga storia, mamma aveva beccato papà che scambiava delle mazzette ad un signore, ma è stata zitta, anche se era un po' impaurita, cominciò ad indagare e scoprì che papà era minacciato dalla mafia, quando anche gli “uomini” della banda se ne accorsero, minacciarono papà di ucciderlo se lui non uccideva lei.”
La guardai mentre raccontava, sembrava essere preoccupata solo di uscire di lì. Sperai fosse solo una mia impressione.

E perchè tu e Hector avete smesso di frequentarvi? Cosa successe quel pomeriggio?”
Per un attimo sembrò che Elizabeth si stesse per fermare, ma non successe e il suo volto fù attraversato da ricordi e da emozioni indecifrabili.
Sentii Hector irrigidirsi, non lo vedevo perciò mi voltai per guardarlo ma fissava davanti a sé con il suo solito sguardo disinteressato e duro, ma sapevo che dentro di lui qualcosa si era mosso.
“Lo abbiamo fatto per te, avevamo paura che non avresti accettato la nostra relazione” disse guardandomi con la fronte aggrottata e uno sguardo indecifrabile.
“Ma tu volevi stare con lei, vero?” dissi immediatamente a Hector.
Per la prima volta mi guardò negli occhi.
“Sì” disse semplicemente, piantando i suoi occhi nei miei.
“Ne avevamo discusso ma poi decisi che era meglio per tutti non fare niente”
“Ma...” sussurrai confuso.

Ad un certo punto ci fu come un terremoto, la casa stava crollando. Dovevamo muoverci.
“..abbiamo fatto tanti sacrifici per te Alexander, per non crearti mai problemi, tu odiavi i problemi...” disse con voce consapevole.
Lo guardai un po' sconvolto.

Ti ho sempre voluto bene, come un fratello, per me è sempre stato un dovere proteggerti. Tu sei ed eri il mio migliore amico Alex” disse guardandomi.

E poi vidi attraverso i suoi occhi tutto quello che aveva fatto per me, tutti suoi sacrifici, i suoi affetti nei miei confronti. Era troppo tardi. Tardissimo. Successe troppo in fretta, una trave di legno cadde addosso a a Hector.
“No!” Non seppi mai chi urlò.
Io ed mia sorella cercammo di togliere di dosso la trave da Hector. Ma era troppo tardi. La sua maglietta era sporca di sangue, fortunatamente i suoi occhi erano chiusi. No. Hector no. Elizabeth lo guardò quasi piegata in due gemendo dal dolore.

No....Mi dispiace Hec, mi dispiace, avevi ragione tu...” sussurrò.
Non seppi come ma mi ritrovai a terra, ansante e stanco cercavo di tirare su il suo cadavere.
“No...Alex no! Dobbiamo andare via! Lascia stare” disse tra le lacrime tirandomi per la manica. Mi feci trascinare. Avevo perso la persona più importante della mia vita....

Corremmo, corremmo, ma non si poteva proprio dire che ne saremo usciti, non si poteva proprio dire.
Un esplosione, fiamme feroci, ci fecero saltare in aria. Io finii a terra, ma avevo sentito un piccolo botto. Mi alzai con la vista accecata per il troppo fumo e la troppa luce che emanava il fuoco. La trovai accasciata a terra con una pozzanghera di sangue proprio che proveniva dalla testa, il volto era coperto da un braccio.

Mi avvicinai, ma tanto lo sapevo già.

Le scoprii il volto. E la fissai con lo sguardo inerme. Le accarezzai una guancia.
“Grazie. Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Ti voglio bene.” le diedi un bacio sulla fronte.
E con gli occhi lucidi scesi l'ultimo piano. Attraversarlo fu come attraversare la via Crucis. Mi erano morte le uniche persone che mi erano rimaste.
Attorno a me, regnava l'inferno.
Addio casa dei misteri.
Ci voleva un incendio per risolverli e poi portarmi via tutto.
Addio Hector.
Addio Elizabeth.
Addio Mamma.
“Mi dispiace per voi.”

Pensai mentre attraversavo tragicamente l'ultimo piano vicino alla porta di casa di legno e vetro, con le lacrime che scendevano sul mio volto.
Gridai violentemente mentre acceleravo il passo.
Ero vicinissimo alla porta.
La porta di quella casa.
Una casa ricca di misteri, che hanno regnato la mia vita.
Una casa dove è iniziata una storia e questa storia con la casa è finita con un incendio, spazzando via tutto di quella vita. Tutto.
Addio.
Avevo appena poggiato la mano sulla maniglia di ferro della porta.

Era l'inizio di una nuova vita.
Aprii la porta e uscii sotto il portico. Dovevo avere l'aria di chi era uscito da una dura impresa, che non comprendeva solo un incendio, ma che comprendeva anche una vita ricca di misteri.
Ero l'unico uscito illeso da quella casa spaventosa. L'unico rimasto vivo da quella serie di eventi sfortunati. L'unico ricordo che avevo di loro era la fotografia di Hector e Elizabeth e il foglietto della minaccia dei mafiosi rivolta a mio padre.
Guardai la foto. Elizabeth cingeva con una braccio la schiena di Hector, e la foto era stata fatta un po' dall'alto, in una bella giornata di sole. Guardai il loro volti. Erano felici, e sarebbero stati una bella coppia.
Fissai intensamente la foto.
Non mi dimenticherò mai di voi. Mai.
Addio Hector, soprattutto tu.

Ti voglio bene.
Addio.

  
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