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Autore: GioTanner    23/09/2013    2 recensioni
'Ogni addio era eterno per lui.
Per lui, lui che aveva tutto il cosmo e tutta la vita del mondo davanti e poteva vivere ere intere, mentre tutto intorno semplicemente sbiadiva e invecchiava, ingrigiva e si logorava, cambiava o scompariva definitivamente. [...]
Eppure si era ritrovato a pensare che gli addii, alla fine, erano giusti. Era meglio dire addio -così come aveva fatto con Sarah Jane- che andarsene lasciando speranze.
-
«Ehi, dico a lei! Non può stare qui.»
«Sì che posso.- rispose lui ovvio, aprendo le braccia e scrutando a destra e manca -Io posso stare dovunque e, se permetti, non parlo al vento. Fatti vedere!» perse la pazienza. Non riusciva ancora a frenare l'ira nonostante le cause del suo dolore fossero così lontane.'

- - - -
Fan fiction ambientata dopo l'addio a Donna [4x13]. Il Dottore parte con il TARDIS e si ritrova in un circo. Non sarà un clown a tirarlo su di morale, forse una funambola, forse no.
Genere: Avventura, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Angeli Piangenti, Doctor - 10, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buildings In The Sky



Fu un solo istante, un margine infinitesimale, ma bastò quel lieve battito di ciglia per far sì che l'angelo piangente si spostasse rapidamente verso di loro.

Maria non s'accorse neppure d'aver chiuso gli occhi, tanto era naturale e spontanea quell'azione, ma ne costatò il danno non appena vide, più nitidamente, la statua a una spanna dal raggiungerli.


«Oddio...»

Il Dottore la sentì gridare ed un fremito di paura le attraversò il corpo, un brivido che sentì lui stesso arrivare sulla pelle perché la sua mano era stretta in quella della ragazza.

«Si è mossa. S-si è mossa! È vicina, si avvicina! Io...» le si mozzò il fiato in gola, quasi inciampando nei suoi stessi passi.

«Pensa a correre, Maria! Voi umani vi concentrate troppo sulle cose ovvie e perdete di vista l'obbiettivo! Il che sarebbe anche fantastico quando non siete inseguiti da una statua, ecco! Insomma dire a Mozart che ha talento è lodevole! Ovvio eh, ma lodevole da parte tua. Dire che un angelo piangente si muova, invece, è uno spreco di ossigeno.» monologò lui, schioccando le dita e aprendo così le porte del TARDIS come le aveva detto poco tempo fa quella grandiosa archeologa.

«E adesso... Dentro!» urlò perentorio.

Trascinò dentro Maria e lasciò la sua mano solo quando si fu assicurato che fossero entrambi in salvo all'interno. Chiuse la porta della cabina con uno slancio fulmineo e un attimo dopo ci si adagiò con la schiena per riprendere fiato: «Non... non potranno entrare. Ora sei al sicuro. -un sorriso galante illuminò il suo viso -Già, al sicuro! Ti ho salvata. Sei salva. Sono belle parole, vero? “Salvare una vita umana”, da quant'è che non lo facevo!» si disse, tenendo ancora le spalle al muro e guardando Maria che si era piegata sulle ginocchia per riprendere aria nei polmoni e sufficiente coscienza dell'essere ancora viva.

«Non ti capita molto spesso, eh?» disse lei, una volta ripresasi. Ma le parole rimasero a mezz'aria perché, una volta alzato il capo, il panorama che le si presentava davanti era qualcosa di pazzescamente futuristico e inimmaginabile per una funambola di fine milleottocento.

Fece due passi avanti e poi ritornò indietro, schiacciandosi sul legno della porta, chiuse gli occhi e li riaprì, prima piano poi più velocemente e in fine crollò a terra, lasciandosi scivolare sulla parete, mettendosi a gambe incrociate. Subito dopo provò due volte ad aprire bocca per dire qualcosa e per tre volte la richiuse. Si tolse persino il cappello di paglia, che tanto saldamente aveva retto con una mano per non perderlo durante la corsa.

Il Dottore inclinò il capo da un lato allargando gli angoli della sua bocca: nessuno che fosse mai entrato nel TARDIS se ben ricordasse aveva fatto tutto quel siparietto. Nei peggiori dei casi c'era chi urlacchiava e imprecava come Donna, ma Donna ormai per lui non era altro che un ricordo.

Nei migliori dei casi le sue companion gli facevano notare l'ovvio “è più grande all'interno!”, però giustamente non poteva essere questo il caso giacché Maria non aveva visto neppure la cabina blu esteriormente, essendo stata di spalle fino a quando non erano ormai dentro l'astronave.

«Oddio..! -la ragazza non sapeva se quello che aveva davanti agli occhi la spaventasse di più o la incantasse -Fammi uscire, fammi uscire, dove cavolo mi hai portato?!» scelse la prima impressione e giunse alla conclusione che non ne poteva più di roba stramba. Sbatté un pugno contro la porta, e cercò d'aprirla, fortuna che il Dottore con il suo corpo bloccava l'uscita.

Il sorriso sul volto dell'uomo venne meno, al suo posto comparve una nota di disappunto e sincero rammarico con giusto un quarto di sorpresa: «Ehi, sta ferma! Sta ferma! Guardala... guarda la mia astronave! È un gioiello, una Ferrari! Non può non piacerti, dai! È bellissima, è fedelissima e non m'ha mai tradito, beeh, quasi. Alle volte mi porta dove vuole lei... - cercò di convincerla -Non devi avere paura! È giusto un po' più strana di una macchina a vapore, ma ehi, ha un comando centrale, dei pulsanti, qualche luce qua e là e tante stanze meravigliose, niente di cui preoccuparsi, insomma! Mbè, tranne per la stanza in fondo a destra girando due volte a sinistra scendendo poi i ventitré scalini. Ecco, forse lì non ti consiglierei di andarci, ma per il resto... E poi è più grande all'interno! Come solo un TARDIS può esserlo.» specificò, compiaciuto della sua stessa spiegazione.

Maria mise le mani sulle tempie, abbassando gli occhi, per poi fare l'ennesimo lungo respiro: «Io lo sapevo che non dovevo seguirti. Lo sapevo.»

Calò il silenzio per un po', da fuori provenivano rumori ovattati.

«Avresti voluto rimanere là fuori? Con quelle statue?» sentenziò lui.

«NO. -fece lei -No, no e... No, affatto. C'avrei rimesso la vita, c'avrei rimesso tutta la fatica che ho fatto per riuscire a viaggiare in giro per l'Europa e tutto questo solo perché dei... Mostri, dei maledetti mostri sono venuti a spedire povera gente in qualche passato a caso, così per sport! Però non puoi aspettarti che riesca... a concepire tutto questo, sul serio. Arrivi tu, fai l'eroe della situazione... con la tua astronave aliena, le tue strane scarpe e i tuoi aggeggi luminosi, pensando che tutto questo sia routine! Non so quanti umani tu abbia incontrato nella tua vita, non so nemmeno se hai davvero gli anni che dimostri a dire il vero...»

Il Dottore accennò un assenso girando gli occhi per guardare altrove: «Dobbiamo spostarci da qui. Gli angeli piangenti sono pericolosi per il TARDIS. È la fonte di potere custodita al suo interno che bramano.»

La ragazza si appoggiò alla parete mentre il Dottore staccandosi dalla porta zompettò fino ai comandi, appendendo poco più in là il lungo cappotto per stare più comodo.

La lasciò lì, in balia del dubbio perché non sapeva che dirle. Non voleva più, davvero più, andare oltre un rapporto basato sulla superficialità stando a contatto con un essere umano. Voleva essere solo un conoscente, e da un conoscente non ti aspetti risposte e valide informazioni. Se avesse risposto sarebbe stato un errore e non voleva farlo, non più. Si sarebbe affezionato, ecco, perché accade sempre così quando si inizia a conversare e a scavare nella memoria di qualcuno; e lui non aveva bisogno di altri sensi di colpa.

«Sei un viaggiatore, hai detto. Viaggi con questa cosa? Può camminare?»

«Può far di più, può volare! -le rispose euforico, al contrario del tumulto che aveva nella sua mente, guardando su, verso il cilindro che iniziava a muoversi -Tieniti forte! Allons-y, Maria!» enunciò abbassando una leva. Il classico rumore del TARDIS si fece sentire e un sorriso sornione apparve sul viso del Dottore, sorriso di cui ne avrebbe fatto anche a meno.


Si ritrovarono a poche centinaia di chilometri da dove erano scappati, su un'alta collina di qualche paese vicino a quello dov'era la fiera. Lontani abbastanza per non correre il rischio di farsi prendere dagli angeli e salvarsi per il momento, senza debellare la minaccia. Non si sentivano neanche più i tamburi della banda della città.

L'atterraggio era stato abbastanza facile, ma Maria ne era rimasta ugualmente scombussolata.

«Puoi aprire quella porta, ora, se vuoi. Magari senza prenderla a pugni.» le aveva detto il Dottore, incoraggiandola.

«No, non ci penso proprio. -gli aveva risposto lei, incrociando le braccia -Prima che io esca e mi ritrovi davanti agli occhi di nuovo quelle statue, prima ancora che io possa completamente fidarmi di te e dire che non sei uscito di testa, devi...-

«Non ti devo niente. Ti ho salvato la vita, basta e avanza a mezzo pianeta e all'intera storia del diciannovesimo secolo.»

-DEVI dirmi come fai a sapere cose su di me che ancora non sono avvenute. Anzi, parli di cose che non so neanche cosa siano, che magari ancora neanche esistono. Parli perfettamente l'inglese che uso da anni stando in un circo itinerante, conosci quei mostri e i clown, hai detto che viaggi, hai detto che questa cosa vola, che sei un Signore del tempo, ma... esattamente, cos'è un Signore del Tempo?»

«Eeeh Nikola Tesla esiste! Magari non è ancora famosissimo, ma esiste, lo giuro! E poi io NON parlo solo inglese, parlo tutte le lingue della Terra, sono così poche! -tergiversò, ma poi si decise a darle almeno un chiarimento, omettendo chi fosse il suo compianto e sventurato popolo- Ahh, io sono solo un uomo che viaggia. Ma non limitatamente come voi uomini. Posso viaggiare nel tempo e nello spazio. Se punti una stella nel cielo, tu la vedi e ti perdi ad osservarla, io vado a guardarla da vicino e la posso vedere oggi così come fra due milioni di anni. Ecco chi sono. E non mi fermo mai, non mi stanco mai, e domani già sarò solo un tuo brutto sogno.»

La ragazza trattenne il respiro: «Te ne andrai?»

«Vado via sempre. Sono sempre un passeggero, uno di passaggio, ci si dimentica facilmente di me. Ed è un bene, sconvolgerei troppi eventi che devono restare tali.- chiarì, alzando gli occhi verso il soffitto -E poi una volta sistemate le cose non avrei niente da fare qui, niente mi trattiene.» Niente e nessuno lo tratteneva.

«Se non facessi parte di una compagnia mi piacerebbe viaggiare con te, 'Dottor. Vagabondo'. Non so se sia vero quello che dici: il tempo, lo spazio... però sarebbe bello lo fosse. -buttò lì Maria -Ma penso di starti antipatica, perché cambi spesso d'umore con me. Ci siamo conosciuti mentre mi gridavi contro, poi mi hai sorriso, mi hai ripreso, mi hai sorriso ancora, mi hai sgridato, mi hai detto che faccio troppe domande, mi hai salvato, ti sono debitrice e un attimo dopo mi hai sorriso nuovamente. Quasi tutti sorrisi di circostanza, scommetto. Non sorridi affatto col cuore.»

«L'essere umano è incredibile. -affermò, più a se stesso che a lei, scoppiando involontariamente a ridere appoggiandosi alla console -Mi domando sempre perché riusciate così bene a empatizzare con il prossimo. È una vostra caratteristica genetica che mi affascina ogni volta. Voglio dire... guardati, fino a poche ore fa non mi avevi mai visto in vita tua, non ti fidavi e mi credevi addirittura un pazzo-veggente e adesso, invece, pensi a come sto. Con tutto quello che è successo, pensi a me!»

«Ed è strano? È divertente?» chiese lei, assottigliando gli occhi.

«No, è solo vero. Quello che hai detto, sai. Ho perso così tanto in così poco tempo. Relativamente poco, pochissimo tempo. Troppo breve per uno come me.- aprì la porta della cabina e stiracchiò le braccia una volta fuori- Comunque non mi stai antipatica. Giulio Cesare mi stava antipatico, Schumacher, Maria Stuarda..!* Grandi personalità, ma non troppo garbate.»

La ragazza lo seguì e sgranò gli occhi una volta fuori dalla cabina: era davvero piccola, ma immensa all'interno -come le aveva blaterato poco prima il Dottore-. Non poteva crederci eppure era davanti ai suoi occhi. La cosa sconcertante inoltre, era che si erano mossi per davvero e non sapeva neanche dove si trovassero.

«Dov'è che siamo?»

«A centosette chilometri di distanza, se le coordinate sono esatte. Ma non ho viaggiato nel tempo, non preoccuparti. Forse ho sfasato di una mezz'ora, tre quarti d'ora e... uhm, si credo sia probabile.- si guardò l'ombra chinando la testa- Penso sia pomeriggio inoltrato adesso.»

«Che coosa? Io devo fare il mio spettacolo! Devo prepararmi!» esclamò Maria su di giri.

Il Dottore si ritrovò a pensare che quell'attaccamento febbrile di chi non voleva mollare e, nonostante tutto, aveva una meta da perseguire, era un comportamento che aveva visto davvero tante volte negli sguardi delle sue companion.

«È molto umano da parte tua, -confidò, puntando gli occhi verso l'orizzonte appena sorto- ma io non posso riportarti indietro, non ora. Devo prima risolvere questa situazione, seguire la scia del teletrasporto dei clown con il TARDIS.»

«Smettila di parlare di 'umani', mi dà ai brividi. Non sei poi così diverso tu, che fai tanto l'asociale. “Io, io, io, risolvo io, ti salvo io, faccio io, sono io.”»

«Non sono asociale.»

«Viaggi sempre da solo, Dottore?- cambiò discorso lei, alzando il volto per guardarlo -Dico, se sei così nostalgico, se hai perso così tanto, prima avevi qualcuno con te?»

«Sì.»

«E ora? Dov'è?»

«Lontano. A Londra, in cerca di un lavoro e di un abbraccio materno.»

«Hai salvato anche quella persona?»

«Anche lei.»

«Perché sei un uomo buono.»

«Perché glielo dovevo.»

«E ora sei qui.»

Il discorso stava diventando troppo spinoso, non lo avrebbe retto ancora. Perché gli uomini cercavano sempre di allacciare un legame? Ma, soprattutto, perché si lasciava sempre, incondizionatamente, ammaliare da loro?

«Che intendi?»

«A me non lo dovevi, ma sei qui. Quindi... Grazie.»


Passò un quarto d'ora, odore di erba e di terriccio impregnò gli abiti della ragazza che si era seduta a mirare dall'altura il cielo scurire. Il Dottore frattanto era rientrato dentro la cabina, non una parola, a smanettare con i suoi apparecchi elettronici. Fra fili e pulsanti cercava il modo di far funzionare il radar che doveva trovare la scia a cui allacciarsi, per rintracciare i robot clown.

«Ci siamo!- annunciò, affacciandosi fuori dal TARDIS -Ho trovato la pista. Si trovano a otto chilometri dal centro di Copenaghen del 1871. Sembrano in attesa, è il momento buono.»

Maria si alzò da terra, un soffio di vento le scompigliò i capelli tenuti insieme dal fermaglio: «Copenaghen? In Danimarca? »

«Sì.» rimase fermo lui sull'uscio della porta.

«D'accordo.- continuò lei, impacciata. Una leggera brezza si alzò improvvisamente e si ritrovò a guardare il cielo serale con qualche nuvola qua e là -Spero che non piova, qui. Non vorrei andare in scena bagnata come uno straccio, che figura ci farei!» alzò le spalle.

«Cosa?»

«Non osare fare tardi*. Alle 21 spaccate devo essere al circo. » dichiarò riallacciando nel frattempo il fiocco sulla schiena.

«No, non farò tardi, ho una macchina del tempo a disposizione.»

Il Dottore si dondolò su i talloni, segno della sua indecisione, per poi sbuffare e uscire fuori dal TARDIS : «Vuoi venire a Copenaghen con me?»

«Non dovevo restare qui mentre tu risolvevi la situazione? Non erano questi i piani?» chiese, sospettosa.

«È sera. Sarei veramente un maleducato a lasciare 'una funambola su una collina'.» alzò un sopracciglio lui, assottigliando le labbra.

«Suona bene, sembra l'inizio di un romanzo giallo...» fece lei, sorridendo di sottecchi.

«Oh sì! ...Copenaghen, Danimarca allora?»

«Troveremo anche Dandén e Frank? Magari non sono stati presi dagli angeli, magari...- ribadì un'altra volta la ragazza, rimembrando i due componenti della sua compagnia circense.

L'uomo fece qualche passo avanti, guardando la luna accentuare il suo pallido chiarore in quella splendida serata primaverile di metà marzo: -Io non lo so chi riusciremo a salvare, Maria. -si sentì l'erba calpestata dalle Converse e solo un alito di vento- Ma sta pur certa che faremo tutto quello che si deve fare per sistemare la storia. Nessun circo, nessuna cittadina sparirà questa notte, né tu, né io. Lo prometto.»

«Sei proprio fissato a fare la parte dell'eroe. Ma immagino che se tu non lo faccia, “chi altri potrebbe salvarci dai mostri”? -protese un braccio verso il Dottore e gli fece l'occhiolino -Copenaghen sia. Poi riportami indietro, cavaliere errante. Mi piace viaggiare a terra sai, quando non sono sopra una corda.»

Lui le afferrò la mano e si ripromise che sì, non era ancora pronto a viaggiare di nuovo con qualcuno al suo fianco. Non dopo Rose, non dopo Donna.

Ma gli era sempre piaciuta la compagnia, perché l'umanità era così devastante, così straordinaria, così differente, così bella. Avrebbe potuto avere tutte le colpe del mondo e ancora non riuscire ad allontanarsi dall'uomo.

Ed era un vero peccato perché, ogni volta che lui toccava una vita umana, essa, inesorabilmente, cambiava.


Le porte si chiusero, la destinazione fu stabilita.



- - - - -

PS: so che è 'LA' TARDIS, ma considerando il doppiaggio italiano e la forma base ho voluto scriverne 'IL', se trovate sia troppo 'fuori posto', ditemelo vedrò di provvedere :)

*Giulio Cesare, Schumacher, Maria Stuarda: se ci fate caso l'ho scelti apposta. Giulio Cesare incarna 'l'italia', Schumacher incarna il 'ventunesimo secolo', Maria Stuarda, essendo regina di Scozia... beh, Tennant è di tale nazionalità. Asd. Gran bei personaggi :'D

*Non osare fare tardi: oh, io ho tratto questa fantastica citazione dal film 'Captain America'. L'ho adorata.

Detto ciò, Buona Sera gente! Grazie ancora per i meravigliosi commenti lasciati negli scorsi capitoli, giuro son felice. :')

Come avrete certamente notato questo capitolo è INTROSPETTIVO -un po' fiacco? Non so, ditemi voi- volevo chiarire alcune cose, parlare di come si sente il Dottore -che certo lui 'parla, parla, parla, ma non dice mai niente' come gli fece notare Donna in una puntata- e di questo piccolo legame che si è creato fra lui e la funambola. 

Spero non ve ne prenda a male se i capitoli saranno cinque o SEI. Già. Non più di sei, non vi preoccupate :) Anyway,  I hope u like it.

Enjoy,

Giò.

   
 
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