White
Day
[14th March]
"Ranma,
faremo tardi!"
Il tono
esasperato ed incrinato per la collera di Akane gli arrivò
nelle orecchie così
bruscamente che il ragazzo con il codino si schermò
istintivamente con la
coperta del futon. Ovviamente, quel gesto non bastò ad
ovattare la voce della
sua fidanzata che, vedendo i risultati poco soddisfacenti,
s'infervorò al punto
da calciargli il fianco. Con poca violenza, dovette ammettere Ranma, ma
pur
sempre un calcio.
“Ahia! Akane, ma
sei scema per caso?!” esclamò furibondo lui di
rimando, scostandosi del tutto
la coperta e guardandola storto.
“Per così
poco...” sbuffò lei con aria di sufficienza,
uscendo dalla soglia della sua
camera “Non era così forte, il calcio...”
No, non lo era.
Ma Ranma odiava il modo violento in cui Akane lo svegliava la mattina.
Avrebbe
preferito una scrollata leggera sul braccio, oppure scostare
semplicemente le
tende. Non di certo secchiate d’acqua fredda e schiaffetti
ben assestati,
specie provenienti dalla sua fidanzata.
Una fidanzata
non sveglierebbe mai il proprio ragazzo in malo modo. Non era un
esperto in
materia, ma sicuramente una giovane normale non gli avrebbe rifilato un
calcio negli stinchi.
Non avrebbe
ricevuto niente da lui, poteva starne certa! Anche se lei era stata
gentile
esattamente un mese prima, non poteva ancora tollerare quel suo
comportamento
da maschio mancato quale era. Ovviamente, non gli sarebbero nemmeno
piaciute
decine di smancerie tipiche delle sue altre spasimanti. Troppo
appiccicose.
Forse, Akane era molto più simile a lui di chiunque altro.
Forse.
***
Appena in tempo.
Per una volta, erano arrivati prima del suono della campanella
d’inizio
lezioni.
Akane avrebbe
tanto voluto congratularsi con Ranma per l’ardua
impresa conseguita, e
la frase beffarda già si stava facendo strada nella sua
mente, quando, arrivati
davanti agli armadietti delle calzature l’aprì,
facendo ruzzolare a terra una
quantità spropositata di pacchetti di cioccolato bianco
confezionato.
“Ma che cosa…?!”
abbozzò la giovane Tendo, meravigliata da tutti quei regali.
Era da tempo che
nessuno più le faceva la corte tentando di batterla a suon
di tecniche
marziali, e vedere che l’interesse degli uomini del liceo
Furinkan non si era affatto
affievolito, si sentì decisamente imbarazzata. E con lo
sguardo di Ranma, che
giurò di avere puntato su di sé, stava sul serio
prendendo in considerazione
l’idea di scappare via, anche se le gambe le si paralizzarono
all’istante.
Ovviamente, a
nessuno sfuggì quella confusione, nemmeno a Ranma, il quale,
ancora più
arrabbiato di quanto già non fosse, si avvicinò
protendendosi verso il terreno
per prenderne alcuni, ma la fidanzata lo prevenne, affrettandosi a
raccoglierli
lei stessa, per poi curiosare sui mittenti. Molti erano da parte anche
di
ragazzi i cui nomi le erano del tutto estranei, ed allegati ai pacchi,
vi erano
addirittura dei messaggi scritti.
Uno diceva:
“Cara Akane
Tendo
Anche se non mi
hai regalato nulla il giorno di S. Valentino, sono certo che gradirai
lo
stesso. Tu non mi conosci, ma io conosco te abbastanza da sapere che
sei una
ragazza fantastica, la più bella che io abbia mai visto.
Anonimo”
Un altro
recitava così:
“Dolcissima
Akane Tendo
Hai rinnegato
falsamente il tuo amore per me troppo a lungo. Un fiore così
dolce e delicato
può soltanto amare il Tuono Blu del Furinkan, ovvero
l’unico che può renderti
immensamente felice, al contrario di quello sciocco plebeo di nome
Ranma
Saotome. Non dolerti per la provocante presenza della Ragazza con il
Codino nel
mio cuore: qui, sul mio bruciante petto appassionato,
c’è spazio anche per te!
Kuno Tatewaki”
La giovane fece
una smorfia disgustata alla vista di quelle parole così
mielose, ancor peggio
se appartenevano a quel depravato di Kuno. Ma non fu la sola.
Anche Ranma, nel
frattempo, aprì a sua volta il suo armadietto, trovandone
uno anche per lui.
Sempre da parte di Kuno.
“Nonostante la
mi intelligenza superi ogni possibile immaginazione, non ho la minima
idea di
cosa tu possa aver a che fare con la sensuale Ragazza con il Codino.
Quell’arpia di Nabiki Tendo, nonché sorella della
dolce Akane Tendo, mi ha
intimato di dare a te, ignobile essere di un Saotome, il regalo
destinato a
lei. Confido che tu possa riuscire a farglielo recapitare, con
qualsiasi mezzo.
Kuno Tatewaki”
“Bleah! A breve
mi farà vomitare sul serio!” sbottò il
giovane. Per evitare che la sua mente
formulasse qualsiasi pensiero su cosa sarebbe potuto accadere se Kuno
avesse
rincontrato la sua versione femminile, gettò a terra il
pacchetto, pestandolo e
saltandovi sopra ripetutamente. Ne aveva abbastanza di quel maniaco
degenere di
un Kuno, ma non era l’unico motivo per cui lo detestava: ce
l’aveva con lui
anche perché non lasciava stare Akane, sebbene sapesse che
era fidanzata con
lui.
Quella
consapevolezza lo riportò al giorno precedente, quando ebbe
quel
fastidiosissimo discorso con quei due ficcanaso dei suoi amici, ed
anche a
quella stessa mattina nella sua stanza, nel momento in cui decise che
non le
avrebbe regalato niente.
Se lui la
reputava sua fidanzata, sarebbe stato inappropriato
non dimostrarglielo.
Dopotutto, anche
lui non era da meno quando le affibbiava quei soprannomi che, ne era
sicuro
ormai, non facevano altro che minare il suo orgoglio di donna. Lo
poteva capire
ogni
volta che qualcuno dubitava della sua virilità chiamandolo mezz’uomo,
come soleva fare Ryoga, oppure quando ripensava al momento in cui si
ritrovò
nelle sembianze di ragazzina avvenente per la prima volta.
Non
lo sopportava, e l’abitudinario atteggiamento
privo di delicatezza di Akane lo portava a constatare che anche lei
doveva
sentirsi allo stesso modo ogni volta che la chiamava
“maschiaccio”.
Gettò
un’occhiata nella sua direzione, osservando che riponeva con
cura le scatoline
nell’armadio, l’una sopra l’altra, per
poi richiuderlo. Ovviamente, non sarebbe
stata così umile da spiegargli la
ragione di quel comportamento, tanto
meno lui sarebbe stato così imprudente
da chiederle spiegazioni.
Il giovane con
il codino invece raccolse il suo, ormai frantumato, scaraventandolo poi
in una
pattumiera poco distante.
***
Al mondo non
c’era nulla di più fastidioso del ticchettio di un
orologio.
Ascoltandolo
durante il compito in classe, a Ranma sembrava un’atroce
sofferenza a cui era volontariamente
sottoposto. Gli spezzava irrimediabilmente la concentrazione, mandando
all’aria
tutti gli sforzi fatti con Akane affinché prendesse un voto
decente, e questo
lo faceva sentire inconcludente ed ingrato. Inoltre, se con tutta
quella fatica
impiegata avesse preso lo stesso una nota bassa, la ragazza si sarebbe
davvero
arrabbiata. Sconcertato e con un pizzico di commiserazione,
notò che sul foglio
vi erano esattamente tutti i concetti che avevano ripassato qualche
sera prima.
Ciò lo spinse a puntare gli occhi sulla prima domanda,
lambiccandosi il
cervello per ricordare i ripassi fatti a casa.
Infine, i
tentativi si rivelarono utili. Riuscì a rammentare
relativamente tutto, e a
racimolare risposte semplici ma efficaci. Non aveva tempo da perdere
dietro a
qualcosa che era del tutto distaccato dal mondo delle arti marziali
come lo era
lo studio.
Fortuna che
quella era l’ultima ora di lezione. All’ultimo
suono della campanella, il
ragazzo raccattò il suo materiale scolastico e si
precipitò fuori, incurante
dello sguardo di Akane che lo stava letteralmente squadrando da capo a
piedi.
Chissà perché
era scivolato via dal suo banco in quel modo così
frettoloso. Era convinta che
non ci fosse nulla di grave, e che avrebbe fatto la via di casa insieme
a lui,
ma a quanto pareva Ranma era di tutt’altra opinione.
Sconsolata, ritornò a casa
accompagnata a metà strada da una compagna di classe, non
trovandovi,
ovviamente, nessuno. Salvo un biglietto attaccato al frigorifero che
l’informò
sulle varie destinazioni dei membri delle famiglie Saotome e Tendo,
eccetto
Nabiki, rimasta con le sue amiche a scuola per le pulizie.
“No, un’altra
volta no!” esclamò la giovane esasperata, allo
stesso tempo arrendendosi
all’idea di dover stare da sola con il ragazzo con il codino.
Approfittò della
sua assenza per rintanarsi in camera sua, sperando vivamente di non
doverci
litigare un’ennesima volta.
Cominciò ad
aprire il libro di letteratura giapponese, limitandosi a memorizzare
soltanto
un paio di pagine; dopo di che si lasciò cadere sulla
scrivania in un pesante
sonno.
***
Il dojo era deserto.
Fu la prima cosa di cui Ranma si accorse, a giudicare
dall’assenza degli
schiamazzi fra i due giocatori di shogi più accaniti
dell’universo e dalla
mancanza dei cinguettii di Kasumi. Di Akane, nemmeno l’ombra.
Si aspettava di
trovarla in palestra intenta in qualche esercizio di riscaldamento, ma
forse
aveva deciso di non allenarsi quel pomeriggio.
Salì nella
stanza che condivideva con il padre, per poi posare la cartella in un
angolo
con insolita delicatezza e buttarsi nel suo futon, anche se non aveva
voglia di
dormire.
A ripensarci,
non aveva neanche controllato per bene se qualcuno ci fosse in casa. Si
rialzò
scattando in piedi, dirigendosi verso la familiare papera con inciso il
nome
della sua fidanzata. Bussò piano, abbastanza per farsi
sentire distintamente.
Nessuna risposta. Provandoci ancora, e non ricevendo alcun invito ad
entrare,
l’istinto lo spinse ad addentrarsi nella sua stanza anche
senza permesso.
Così, osò aprire
la porta. La stanza era illuminata tanto quanto bastava per studiare,
un’attività
che ad Akane piaceva molto. Ranma poteva vederlo da come si
preoccupasse di
ripassare qualche concetto da tutta la passione che ci metteva ogni
volta che
lo aiutava in matematica, in chimica o in inglese. Tirava fuori una
tale
energia che sembrava fuoriuscire dai suoi stessi occhi, facendoli
brillare di
eccitazione, la stessa che utilizzava anche nelle arti marziali. Se
solo
guardasse anche lui con quelle espressioni colme di eccitazione un
po’ più
spesso, forse ci sarebbe riuscito ad ammettere ciò che
sentiva nei suoi
confronti. Ma molto probabilmente non era possibile, date tutte le
occhiatacce
che gli rivolgeva dalla mattina alla sera, accusandolo di essere un
pervertito
e donnaiolo.
La trovò di
spalle, seduta e riversa sulla scrivania, addormentata. Rincuorato dal
fatto
che al momento la giovane era completamente innocua, le si
avvicinò,
osservandole il volto fanciullesco. I suoi tratti quais infantili
eppure così
ben distinti ed individuali gli facevano letteralmente mozzare il fiato
ed
accelerare i suoi battiti cardiaci. Si sporse ancora un po’
per osservarla
meglio, quando lei, sentendo il respiro del ragazzo infastidirle
leggermente un
orecchio, aprì piano gli occhi. Focalizzando
l’immagine davanti a sé, vide che
respirava profondamente.
Mai come in quel
momento Ranma provò contemporaneamente i desideri
contrastanti di rimanere ed
andarsene. Tuttavia, non voleva assecondare per nulla al mondo quella
vocina
che gli intimava di uscire dalla stanza di Akane. Aveva, anzi,
l’intenzione di
starsene lì a godere del suo viso angelico addormentato. Ma
era anche vero che,
se l’avesse scoperto, quel faccino quasi infantile sarebbe
mutato in uno
estremamente collerico.
Azzardò un passo
avanti, ma subito si ritrasse e, in punta di piedi, cominciò
a retrocedere
verso la porta semichiusa. Ma improvvisamente, un mugolio lo distolse
dalla sua
fuga silenziosa.
Akane si stava
svegliando, forse disturbata dalla presenza del suo ki. Ranma fece per
affrettarsi, ma lei riuscì a coglierlo in flagrante.
“Che ci facevi
qui?”
Il tono
utilizzato con lui non era il suo tipico cipiglio guerrafondaio, anzi,
avrebbe
detto piuttosto calmo ed assonnato, e questo dettaglio lo
rincuorò molto.
Almeno, non si sarebbe beccato una sedia in testa.
“N-Niente…”
balbettò lui “Volevo solo vedere se
c’era qualcuno in casa, siccome sono
tornato e ho trovato il dojo vuoto…” concluse
infine. Non voleva restare lì più
del necessario; fu per questo che si dileguò in fretta e
furia, rischiando
anche di cadere per le scale.
Un comportamento
che lasciò la ragazza irrimediabilmente perplessa. Ma si
riscosse praticamente
subito, provando a seguirlo. Quasi sicuramente, si era recato in
salotto,
perché se si fosse messo in testa di allenarsi, sarebbe
andato in camera sua ad
indossare il ji. Stette ancora un po’ assopita nella stessa
posizione in cui si
era addormentata, godendosi quel tepore che si era creato.
Dopodiché fece un
salto in bagno, lavandosi il viso e rimettendosi a posto i capelli,
spazzolandoli accuratamente.
Nel mentre, si
ricordò di dover star sola con lui per tutta la serata, se
non almeno per metà
di tutto l’arco della notte. Forse, avrebbe fatto meglio a
non intraprendere
con lui nessuna disputa, se non voleva rovinare il resto del giorno ad
entrambi. E poi, era stato così carino la sera prima che
avrebbe fatto chissà
cosa per rivederlo in quell'atteggiamento così disarmante.
Improvvisamente,
squillò il telefono. Il suono dell'apparecchio non
durò a lungo; perciò era
sicura che Ranma, trovandosi nelle vicinanze, fosse andato a
rispondere.
“Akane!” la
chiamò infatti dal corridoio, “È per
te!”
La ragazza scese
velocemente gli ultimi gradini rimasti e, con evidente stupore, si
fermò a
guardare l’orologio, le cui lancette segnavano esattamente le
cinque del
pomeriggio. Ma quella cornetta lasciata accanto al ricevitore le
ricordò il
motivo per cui aveva così tanta fretta.
“Pronto?”
***
A Ranma non gli
ci volle molto per comprendere la ragione della chiamata; ma sperava
tanto che
si sbagliasse.
“Ranma!”
La sentì
cercarlo dal fondo del soggiorno, mentre lui era seduto sulla veranda a
lasciarsi accarezzare dai tiepidi raggi del sole, che tentavano in
tutti i modi
di ostentare l’arrivo della primavera. Poggiando una mano sul
parquet per
ruotarsi verso l’interno, la vide spuntare ad appena un paio
di metri da lui.
“Erano Yuka e
Sayuri. Mi hanno chiesto se potevo uscire con
loro…” bofonchiò con un tono che
rasentava una malcelata tristezza. Le dispiaceva lasciarlo da solo, ma
le
ragazze avevano insistito così tanto che non seppe dire di
no. E poi, quelle
due avevano cominciato a fare domande un po’ troppo
invadenti. Stando con loro,
avrebbe soppresso ogni dubbio circa il suo interesse per il ragazzo con
il
codino. Non trascorrendo il quattordici
di Marzo con lui, non c’era il minimo timore di
essere scoperta.
Ranma la guardò
per un paio di secondi negli occhi, per poi darle le spalle, ritornando
a
sedere composto, e congedarla con una semplice battuta: “Ok,
va bene. Se gli
altri arriveranno prima di te, li avvertirò io.”
La giovane Tendo
annuì, facendo retrofront e avviandosi verso il luogo
d’incontro delle sue
amiche.
Stupido Ranma!
Quando gli aveva detto che usciva, lui non ha minimamente cercato di
fermarla.
Ma in fondo, cosa poteva aspettarsi? Che le dicesse di trascorrere del
tempo
con lui, da soli per tutta la seconda metà del pomeriggio,
inclusa la sera? No,
da parte non avrebbe attenuto mai niente del genere. Sospirando
affrettò il
passo, scacciando i pensieri opprimenti che non le avrebbero permesso
di
divertirsi.
In verità, era
quello che Ranma, in fondo, avrebbe voluto fare. Ma non voleva nemmeno
immaginare come sarebbe andata a finire. La fidanzata avrebbe
cominciato a
tentare di tirar fuori i suoi segreti più reconditi sul suo
conto, per poi
pretendere una definitiva conclusione.
Per una volta
che avrebbe davvero potuto combinare qualcosa di buono con Akane senza
incorrere a fraintendimenti che successivamente sarebbero sfociati in
litigate
di proporzioni colossali, ecco che telefonavano quelle streghe delle
sue amiche,
invitandola fuori, magari a mangiare, così lui non avrebbe
nemmeno potuto cucinarle
qualcosa per mostrarsi carino nei suoi confronti.
Scocciato da
tutti quei ragionamenti, si alzò di scatto dalla sua
postazione e si diresse in
camera di lei, con l’intento di lasciarle almeno
ciò che le aveva comprato.
Quando
finalmente si fosse decisa a tornare, l’avrebbe trovato sulla
sua scrivania.
NDA
Vi ho fatto
attendere molto, lo so… -.-
Chiedo venia, ma
sapete come sono gli impegni… Fortuna che un po’
di tempo si trova sempre. :P