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Autore: xingchan    04/09/2013    8 recensioni
"I sorrisi, gli sguardi imbarazzati, i bisticci... Ad un occhio esterno potevano sembrare banalità, ma era di quei gesti che si nutriva l'albero del loro fidanzamento."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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White Day*


[13th March]


"Allora, Ranma! Cosa regalerai ad Akane domani?"

Hiroshi e Daisuke erano sempre i soliti. Sempre a ficcare il naso in questioni che non li riguardavano, per di più private.

Anche se aveva un rapporto più che burrascoso con quel maschiaccio, rimaneva il fatto che lei era la sua fidanzata. Dunque nessuno doveva immischiarsi nelle loro faccende, anche su cose che a prima vista apparivano di poco conto. Perché erano proprio quelle cose di poco conto che caratterizzavano il loro legame così impetuoso e traballante.

I sorrisi, gli sguardi imbarazzati, i bisticci... Ad un occhio esterno potevano sembrare banalità, ma era di quei gesti che si nutriva l'albero del loro fidanzamento.

Semplici e privi di malizia.

Ranma sapeva bene che per Akane erano di vitale importanza, così com'erano per lui. Tuttavia, era anche a conoscenza di ciò che poteva simboleggiare un minuscolo cuoricino di cioccolato nel giorno di S. Valentino, tra l'altro regalato da una ragazza difficile ed orgogliosa come lei. Si era presa il disturbo di fargli quel pensierino, mettendo da parte tutto quel rancore accumulato nel pomeriggio, e lui naturalmente non voleva essere da meno.

"Ma a voi che importa, si può sapere?"

Divenuto ormai paonazzo, aveva sbraitato in modo così vistoso che tutti quelli che erano con loro al bar della pista di pattinaggio si voltarono per capire cosa diamine fosse successo. Persino Akane e le sue due amiche Yuka e Sayuri, sedute ad un tavolo poco distante, furono attratte dalle sue grida.

"Che ha da gridare, quello scemo?" si chiese ad alta voce Sayuri.

L'altra scosse la testa, mentre la giovane Tendo si sentì terribilmente a disagio. Più della metà delle persone lì presenti le avevano viste entrare insieme a quei tre scalmanati, perciò aveva una gran paura di essere riconosciuta come la loro accompagnatrice, specialmente del ragazzo con i capelli lunghi. Tentò di coprirsi il volto, ma i suoi timori fortunatamente non si avverarono.

"Abbassa la voce, Ranma! Non puoi urlare in un luogo pubblico!" lo ammonì Daisuke.

"Già, Daisuke ha ragione. E comunque, amico" disse Hiroshi voltandosi verso il ragazzo castano "in queste occasioni si regala del cioccolato bianco, naturalmente!" ironizzò con una punta di furbizia, tanto che l'altro prese a ridacchiare facendo innervosire ancora di più il giovane con il codino.

"Mi avete stancato!" sbottò infine l'oggetto della loro attenzione, alzandosi di colpo e dirigendosi verso l'uscita. Ne aveva abbastanza delle loro insinuazioni.

"Ma perchè se l'è presa tanto?"

"E te lo domandi?" rispose ovviamente il suo interlocutore assottigliando gli occhi.

Akane lo vide avanzare verso la porta ed oltrepassarla, finchè riuscì a scorgere soltanto il colore della sua camicia azzurra, a causa della lontananza. Non aveva voglia di ritornare a casa da sola; dopotutto si era avviata con Ranma e rincasare senza di lui avrebbe scatenato una miriade di domande da parte di tutti i loro familiari, specie di Nabiki, Soun e Genma.

"Mi dispiace, ragazze. Devo andare!" si scusò dispiaciuta la giovane con il caschetto afferrando il cappotto. "Ci vediamo domani a scuola!

Intraprese una modesta corsetta per arrivare di pari passo con Ranma, ma a quanto pareva lui non si era nemmeno voltato per guardare o sapere se doveva ancora rimanere con le sue compagne di classe. L'aveva lasciata con le sue amiche senza avvertirla. Che stupido!

"Ranma!"

Lo chiamò a gran voce, ottenendo il risultato sperato soltanto fuori dall'edificio che ospitava la pista di pattinaggio ed il locale adiacente. Il ragazzo si fermò voltandosi appena. Si mise le mani in tasca e sbuffò, dondolando sulle scarpe in uno strano tentativo di ammazzare il tempo mentre attendeva. Già sapeva che il maschiaccio avrebbe preteso spiegazioni per il suo riprovevole comportamento di poco prima e, a dir la verità, non se la sentiva di fornirle i dettagli di quella conversazione fra lui ed i suoi amici. Sicuramente si sarebbe arrivati ad un tasto dolente, e lui non ne aveva la minima intenzione.

Finalmente la giovane lo raggiunse e, con il fiato corto, lo osservò stranita.

"Ma che cosa ti è preso prima al bar?"

"Non sono affari tuoi, Akane..." le rispose il ragazzo con noncuranza, riprendendo a camminare sorpassandola almeno due metri più avanti.

"Che gentilezza!" replicò lei offesa, rimanendo ferma sul posto ed aggrottando le sopracciglia fini. "Ti sto chiedendo che cosa è successo, siccome avete attirato l'attenzione di più della metà del locale," puntualizzò "e tu ti rivolgi a me in questo modo? Sei un idiota!"

Alla parola "idiota", Ranma si volse di scatto e si piazzò davanti a lei, conscio di essere stato, ancora un'ennesima volta, vittima dell'ira della sua dolce fidanzata.

"Senti un po', tu! Pensi di essere meglio di me, eh? Neanche tu sei una campionessa di gentilezza!" disse indispettito, appuntando un enorme accento all'ultima parola, la stessa che Akane aveva utilizzato prima.

"Uhm, forse." ipotizzò la ragazza punta sul vivo. "Ma almeno io non starnazzo in un bar pieno zeppo di gente come se fossi a casa mia!" concluse, poi riprendendo vigore.

Il giovane Saotome serrò i pugni e la sgridò con tutto il fiato che aveva in corpo. "NON SEI PER NIENTE CARINA!"

"Ah, è così? Bene, allora spero tanto che riuscirai a fare a meno di me, d'ora in poi!"

Si voltò furiosa e si avviò verso casa a passo di marcia.

Era troppo fuori di sé per avere la forza di passarci sopra e ritornare indietro insieme a lui. Se Ranma continuava a comportarsi in quel modo barbaro, perché lei avrebbe dovuto riservargli un trattamento differente? Le aveva intimato di non impicciarsi nei fatti suoi e ripetuto per la millesima volta che non era "carina", probabilmente sottintendendo dei paragoni riferiti alle altre sue fidanzate, prendendole come modelli esemplari di dolcezza e bellezza da contrapporre a lei, un maschiaccio violento e privo di fascino.

Ma Akane era fiera della differenza che la caratterizzava. Era questo che la rendeva più individuale, più vera, e non aveva la minima intenzione di somigliare a quelle arpie che tentavano di baciarlo od abbracciarlo con tutte quelle sdolcinatezze possibili ed immaginabili, non contando ovviamente i loro trucchetti sporchi.

Se a lui tutte quelle ipocrisie andavano bene, poteva benissimo andare a stare da loro ed anche fidanzarsi con tutte quante, per quello che le importava. Bastava poco per dimenticarlo, anzi, tutti i suoi guai si sarebbero risolti in un batter d'occhio. Sì, Akane ne era convinta, più che convinta.

Anche se, in fondo, le sarebbe mancato tutto ciò; ma soprattutto, le sarebbe mancato proprio lui, quello stupido sbruffone che però sapeva come farsi perdonare. Naturalmente, quella volta doveva proprio metterci d'impegno, se non voleva essere defenestrato o spedito in orbita.

***

A cena non andò meglio.

Akane si ostinava a non volergli rivolgere nemmeno una sillaba, figurarsi un semplice sguardo, mentre lui era fortemente tentato di chiedere agli altri in malo modo cosa avessero tanto da guardare. Aveva una gran voglia di abbandonare la cena a metà, anche se non era da lui un comportamento simile, e di rintanarsi in camera sua o nel dojo pur di non sorbirsi tutte quelle paia d'occhi interrogative che di tanto in tanto s'indirizzavano ai due fidanzati. Infatti, gli altri membri delle due famiglie parlottavano del più e del meno con fare disinvolto, ma ogni volta che terminavano per attendere una replica dai propri interlocutori gettavano sempre un'occhiata pressocché indecifrabile prima alla piccola Tendo e poi un'altra densa di rimprovero all'altro.

Alla fine, fu la ragazza ad andarsene per prima. Con una finta serenità che, a dirla tutta, faceva raggelare peggio delle sue sfuriate, pose delicatamente sul tavolo il tovagliolo e si scostò quasi fosse una piastra rovente dal giovane accanto a lei. In risposta, Ranma aveva aggrottato le sopracciglia e trattenuto un'esclamazione che si preannunciava esageratamente sdegnosa.

"Avete litigato ancora, non è vero?" chiese Nabiki con tono seccato, ma con una punta di sarcasmo.

"Lasciami in pace..." sibilò il ragazzo con il codino, scattando in piedi anch'egli e dirigendosi su per le scale.

Chiudendosi nella propria stanza, il ragazzo si buttò sul suo futon di schiena, pensando che forse aveva esagerato con la sua fidanzata e che avrebbe dovuto porre rimedio al danno fatto. Anche se lo avevano fatto incavolare, quei due impiccioni di Daisuke e Hiroshi avevano ragione: doveva ricambiare al più presto quella gentilezza che Akane gli aveva fatto lanciandogli quel cuore di cioccolato; un semplice, innocuo cioccolatino che aveva provocato così tanto imbarazzo fra di loro, e anche qualcos'altro. Gli aveva scatenato delle reazioni che non riusciva a controllare, e poteva giurare sul suo nome che anche Akane doveva aver provato qualcosa, oltre quel velo di rossore che la rendeva molto più carina del solito.

Era evidente che l'uno non era indifferente all'altro e viceversa, ma l'orgoglio sembrava vincere su qualsiasi cosa. La sicurezza di sapersela cavare da soli, la paura di rimanere scottati, la spropositata affermazione di sé ed altre cose simili non avevano fatto loro altro che male.

In aggiunta, Akane sembrava accettare di privarsene soltanto quando anche lui abbassava le sue difese. Raramente succedeva il contrario. Ma Ranma contava sempre di avere quel piccolo asso nella manica che sfruttava quando non sapeva come relazionarsi pacificamente con lei.

Quella chance si chiamava gentilezza. Ma non di quelle di cui aveva bisogno per potersela ingraziare, come spesso succedeva fra loro, magari per farsi aiutare nello studio o per farsi tirar fuori dalle risse fra i rispettivi spasimanti. Non voleva sicuramente intendere senza screzi e martellate, perché quelle c'erano sempre state e molto probabilmente le avrebbe ricevute a vita, ma quella spontanea, almeno, non forzata dalla necessità di volersi proteggere dal mondo esterno e prima di tutto, dall'oggetto dei loro desideri.

Al contrario di quello che gli aveva detto prima di lasciarlo per le vie del distretto, lui era certo di non poter fare a meno di lei. Non era una certezza assoluta, ma con il passare del tempo si era reso conto che oltre Akane Tendo, non c'era altro che un futuro oscuro ed indefinito che lo attendeva, dove a lui non rimaneva nulla per cui combattere e per cui sacrificarsi. Gli capitava persino di sognarla la notte, e questo non fece altro che alimentare la convinzione che ormai era legato a lei mediante un rapporto molto più profondo di un semplice accordo fra due mummie ubriacone quali erano i loro padri. Un legame invisibile, o qualcos'altro che non sapeva definire.

Non era il tipo da andare dietro a simili e sciocche credenze tradizionali, ma più ci pensava e più ne appurava la concretezza.

Doveva, voleva dimostrarle che al di là delle beffe vi era un sentimento che non poteva essere scalfito da stupidi battibecchi. Non poteva neanche affermare che fosse amore, siccome lui non sapeva nemmeno cosa volesse dire innamorarsi di qualcuno. In ogni caso, quei batticuori ad ogni suo sorriso qualcosa significavano, così come quel vuoto che non sapeva di avere finché non fu colmato il primo giorno in casa Tendo.

Perciò, l'indomani avrebbe fatto pace con lei, a costo di forzarla.

Sperando che lei non facesse esageratamente la difficile, ovviamente.

Per Akane invece, non era così semplice come appariva al giovane con la treccia. Raggomitolata sul suo letto, rimuginava su ciò che gli aveva sbattuto in faccia, e a cosa poteva conseguirne. Mai come in quel momento sentiva la necessità di far pace con lui.

Ma d'altro canto, non voleva accantonare il fatto che lei aveva ragione in quel frangente. Perché invece di spiegarle, Ranma l'aveva fatta arrabbiare ancora. Lei gli aveva risposto a tono, come sempre, puntualizzando anche che con lei era arrivato al capolinea: un pensiero che aveva sempre avuto, e che aveva sempre voluto sbattergli in faccia. Ma chissà perchè dopo diventava inspiegabilmente triste.

Sembrava quasi che anche a Ranma non piacessero quelle situazioni appese ad un filo. Sebbene litigassero ogni giorno, il ragazzo era sempre disposto a riappacificarsi, soprattutto negli ultimi tempi. Soprattutto, da quando si erano salvati la vita, l'incolumità e le prime esperienze con l'altro sesso forzate a vicenda.

Si strinse nelle coperte, nonostante la serata fosse ancora agli inizi, e tentò di addormentarsi con la speranza che tutto si sarebbe andato apposto, come l'esperienza le aveva insegnato.

Naturalmente, non gli avrebbe offerto il suo perdono su di un piatto d'argento. Questo mai.

***

Perché quella stupida Akane aveva il potere di non farlo dormire in quelle circostanze? Aveva passato ore a girarsi e rigirarsi nel futon senza prendere sonno, cercando di sgombrare la mente e di concentrarsi, ma fu tutto vano. Senza contare che il suo pigiama aveva fatto la sua parte accaldandogli esageratamente la pelle fin quasi a sudare. Scaraventò via il piumone, per poi farsi aria con l'ausilio delle mani. Non che servisse a molto, constatò.

Si trascinò via dal letto, sotto il pesante russare del panda steso vicino a lui, e si avviò fuori dalla camera. Provò a togliersi la maglia, ma in casa faceva abbastanza freddo da non permetteglielo. Forse un po' d'acqua avrebbe fatto al caso suo. Dopotutto, la situazione non era così tragica come appariva. Era sul punto di sporgersi verso il rubinetto della cucina, quando vide la ragazza comparire sullo stipite dell'entrata. Dal canto suo, capendo che c'era qualcun altro lì con lei, rimase pietrificata quando si accorse di avere di fronte proprio il ragazzo con il codino. I suoi occhi sembravano brillare, ma pochissimi attimi dopo si riscosse e scappò via.

Ma Ranma non voleva dargliela vinta. Si lanciò all'inseguimento chiamandola piano per non svegliare nessuno, ma lei fu più lesta. Si chiuse subito in camera sua e per poco l'altro non sbatté il naso sul legno, imprecando sommessamente.

"Akane, ti devo parlare!" disse poi, considerandosi fortunato per aver evitato la porta in faccia.

"Non ho niente da dirti!" rispose acidamente la ragazza da dietro la porta chiusa a chiave.

"Io invece sì!" insisté impettito lui.

"Sparisci!"

"No!"

"Sta zitto e vattene!"

"Allora aprimi, poi me ne andrò!"

"Mai!"

"Vorrà dire che entrerò dalla finestra!"

"Non ti permettere, Ranma!"

"Oh, sì che mi permetto..."

Non udì nemmeno cosa aveva da replicare la sua fidanzata che subito si fiondò verso l'esterno dell'abitazione, salendo sulla scaletta che portava al tetto ed arrampicandosi sul cornicione fino a giungere con un balzo al davanzale della finestra semichiusa. Nel frattempo, Akane si affrettò ad abbassare la serranda avvolgibile. Ma questa era un bel po' pesante anche per lei, e poco prima di calarla del tutto, sentì all'esterno il ragazzo con il codino che tentava di impedirglielo infilando tutte le dita della mano al di sotto, in modo da poterla alzare quel poco che bastava per poter parlare a quattr'occhi.

"Sei ostinato, eh?!"

"Tu non sei da meno..." disse rassegnato lui. Akane gettò gli occhi a terra, risentita, mentre lui, non appagato dalla visuale, afferrò la corda della tapparella tirandola violentemente verso il basso. Il gesto fu così repentino che la piccola Tendo se ne accorse appena, non avendo in tal modo il tempo per controbattere l'azione.

Soddisfatto del risultato, Ranma si sedette sulla scrivania, mentre Akane lo guardava a metà strada fra il truce ed il sorpreso. Lo sguardo del giovane si fece serio, prendendo quanto più coraggio avesse per affrontare la questione che si presentò quel pomeriggio, e precisamente le ultimissime frasi cariche di astio che si erano scambiati.

"C-Cosa intendevi quando mi hai detto che potrei fare a meno di te?" Si stava sfregando le mani, segno che era estremamente nervoso. Questi piccoli accorgimenti fecero capire alla ragazza che Ranma stava faticando parecchio nel porle quella domanda. Non nascose che questo la fece intenerire e, anche se fece finta di non  rammentare di preciso cosa gli avesse detto prima di andarsene a casa da sola, gli intimò di lasciar perdere, che non era nelle sue intenzioni dirgli quella frase e che poteva stare tranquillo.

Si era prefissata di non fargliela passare liscia, era vero, ma non voleva ignorare quello che sembrava un vero e proprio sincero pentimento da parte sua. E poi, quell'espressione sollevata e addolcita sul volto del ragazzo la convinse che era stata la scelta giusta.

"Beh, ho freddo adesso." sussurrò Akane, sentendo che l'atmosfera si stava facendo piuttosto ambigua. Avevano preso ad arrossire entrambi, e già cominciavano a sentire molto più caldo del previsto.

"Hai ragione, scusa..." appurò il ragazzo riscuotendosi. Si osservarono per qualche secondo ancora prima che Ranma uscisse sempre dalla finestra e atterrasse sull'erba fresca del giardino.

La giovane lo seguì prima con lo sguardo, senza muovere un muscolo, poi affacciandosi lo vide rientrare dalla porta scorrevole.




NDA
*In Giappone è usanza, di cui non conosco i dettagli, che i ragazzi che hanno ricevuto del cioccolato scuro il giorno di S. Valentino dalle proprie fidanzate/ragazze, ricambino esattamente un mese dopo con del cioccolato bianco (da qui il nome "White Day").
Ora, non so se questa tradizione viene rispettata alla lettera, ma mi ha sempre interessato questa "replica" del San Valentino celebrato nel paese del Sol Levante, anche se per natura sono la prima a non andare dietro a queste cose. XD
Naturalmente, era giusto un imput per avviare la ff, cominciata quasi per caso, nell'attesa di trovare altra ispirazione per proseguirla! XP Nonostante sia partita con questa novità, la ff si prospetta abbastanza ripetitiva, perciò... a voi la scelta di seguirla e/o recensirla.
   
 
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