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Autore: _deny_    24/09/2013    0 recensioni
Nella vita della ventitreenne India c’è una piccola mansarda vicino al mare come aveva sempre desiderato e quei alcolizzati dei suoi amici: Dario, Fernando, Carlo e quell’idiota di Michele, che nemmeno con un disegno capirebbe la cotta che India nutre per lui da un anno o poco più.
Poi c’è Louis, così bravo nel farle iniziare la giornata con un sorriso e un cappuccino, se non fosse che Maria vorrebbe strozzarla ogni qualvolta lui le dona un sorriso.
Ci sono le sue adorabili amiche, tanto disperate da chiederle consigli sugli uomini, che poi lei gli uomini nemmeno sa se si sono estinti con i dinosauri o meno e si accontenta di perdersi nel suo sentimentalismo, quello ben nascosto dalla sua poca femminilità.
Infine c’è un lavoro che adorerebbe di più se non ci fosse quell'invidioso del suo collega, Andrea, e una famiglia che ama finché la vede una volta al mese.
Ma potrei aver dimenticato qualcosa.
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Legge di young:
Tutte le grandi scoperte si fanno per sbaglio.

 
 
 
 
India barcollò pericolosamente sui suoi stessi piedi che tendevano a incrociarsi sotto il peso dell’ultimo scatolone dove teneva le stoviglie; barcollando un rumore netto e acuto le suggeriva che ne sarebbero servite altre,
poco male dato che quelle che aveva appena assassinato erano fin troppo impersonali e noiose: piatti bianchi e bicchieri trasparenti, un pugno nei denti alla creatività, il prezzo per la sua incapacità di dire di no ai visi
più speranzosi.
Allungò il collo cercando di vedere almeno un accenno di pavimento oltre lo scatolone, cercando di dirigere i suoi piedi  lungo un’immaginaria linea dritta che portava ad un tavolo vuoto di cui, India, si era innamorata fin
da subito con la sua superficie a specchio e così lo aveva comperato dato che anche se si fosse rotto,  con tutta la sfortuna che le girava intorno dalla nascita, non sarebbe potuta andare peggio di così.  
“ Slyphs!”
Se può essere spiacevole accettare la frustrazione di  inciampare o cadere ovunque, si pensi ad aver intorno amici che te lo ricordano ogni giorno chiamandoti col nome dell’immagine della grazia alias Slyphs: leggendaria
fata del vento leggiadra e dalle movenze melodiose. L’ironia degli stronzi, detestabile quanto divertente soprattutto se sei innamorata di uno di loro.
India appoggiò la scatola sul tavolo, libera di potersi sgranchire le spalle, voltandosi in direzione della familiare voce con studiata lentezza per non far trasparire l’emozione a cui l’aveva indotta. Si appoggiò al  tavolo, le mani
ai lati dei fianchi tremavano per l’istinto di incrociarsi intorno al petto a formare una barriera che l’avrebbe illusa di essere al sicuro, come una bambina che si porta il lenzuolo alla testa credendo di scacciare i mostri sotto il
letto. Si accontentò di incrociare i piedi  e sorrise a Michele davanti a lei.
“Questo era l’ultimo.”
India cercò di simulare sollievo ma al momento l’unica cosa di cui le importava  non era lo scatolone sano e salvo sul tavolo ma gli occhi che, grazie a Dio, ora erano appoggiati su di lei. Era dal loro primo incontro avvenuto
un anno prima e poco più che studiava gli occhi di Michele: lo guardava, lo fissava, vi scavava dentro ma non capiva, India non capiva come si poteva passar la vita a guardare gli occhi di miliardi di persone pensando che è
da lì che arrivano l’emozioni  finché, un giorno, arriva uno sconosciuto e ti guarda. Ma lo guardi anche tu e qualcosa cambia, scopri che è limitato dire di leggere solo l’emozioni lì dentro, che ci leggi il mondo  o forse più di uno
e sono scritti tutti lì, in una lingua che non conosci e ci passeresti la vita a guardare dentro quegli occhi, a costo di non capirci un cazzo mai, nemmeno una volta. Ma sai che lì c’è tutto ciò che cercavi e volevi, quel segreto che
vai cercando in una città diversa, in un altro lavoro, conoscendo altre religioni, culture, modi di vedere e credi che sia qualcosa che devi solo avere fra le mani finché arriva quello sguardo e lì, lì capisci che non ti puoi impadronire
del tuo segreto che andavi cercando, perché non è tuo. Ma se sei fortunato quel segreto ne sta cercando un altro e potresti essere tu.
India tutto ciò lo aveva capito con Michele e lei sperava di essere ciò che lui cercava. Nel contempo si accontentava di restargli accanto come amica perché era sempre stata una cretina. Non era per nulla furba e sarebbe stata
capace di sorridere pure a chi glielo avrebbe rubato.
“Bene, sono distrutto. Tu poi non sei abituata a portare pesi, potevi lasciare il lavoro a noi.” Lui le stava vicino, tanto che lei ne poteva vedere le efelidi sulle guance. Alzò gli occhi al cielo per distrarsi dalla morsa di tenerezza che
le inumidiva gli occhi.
“Non ho portato chissà quale peso, non è stata una fatica e vi ho chiamato per avere un aiuto in più, non per avere degli schiavi al mio servizio.”
“La solita rustica che deve sempre sottolineare che ce la può fare da sola.” Michele sorrise e India ricambiò senza pensarci. I sorrisi di Michele, quando erano rivolti a India, erano carichi di tenerezza e provocavano una stretta al
 cuore che lei accettava con sollievo domandandosi, spesso, se se ne rendeva conto di tutta l’adorazione che traspariva dal modo in cui la guardava.
“Sono rustica, sono un maschiaccio e blablabla. Lo so Mich, me lo ripetete sempre che non troverò mai  un ragazzo.” India si fece scappare una piccola risata tra le labbra strette mentre, con una mano, si ravvivò i capelli
all’indietro conscia che le sarebbero ricaduti sull’occhio destro da li a pochi secondi, si stava innervosendo e iniziò a guardarsi intorno.
Era sempre stata orgogliosa del suo carattere troppe volte poco femminile finché  un giorno aveva conosciuto una ragazza per cui Michele aveva perso la testa in passato. Lara, dal carattere di certo lontano dall’essere debole
ma  India sospettava che trasudasse grazia e femminilità anche nel farsi una toilette. India non era mai stata invidiosa o competitiva, non le importava del confronto con le altre donne conscia dell’inutilità del cercare di essere ciò
che non si è, ma tutto questo prima di vedere come era stato semplice per lei avere gli occhi di Mich tutti per sé e ancora temeva che li avesse,  temeva che se lei fosse tornata da lui sarebbe caduto ai suoi piedi e, questo, non
avrebbe potuto accettarlo.
“Che ne pensi di questo piccolo appartamento? E’ abbastanza grande per contenere le nostre partite di Risiko?”
Lui le sorrise e andò a sdraiarsi sul piccolo divano che prendeva il centro della stanza più grande.
“Sly, L’unica cosa di cui m’importa è di questo divano così comodo, scrivici il mio nome sopra che lo prenoto
 per quando verremo qui.”
Oh, India avrebbe scritto il suo nome anche sui muri se non avesse avuto ancora un briciolo di dignità. Certo non sarebbe stato semplice poi spiegargli perché il suo nome fosse ovunque, al massimo gli avrebbe parlato del suo
inesistente sonnambulismo e delle cose assurde che gli fa fare.
“Hei, senza il permesso della padrona di casa tu non prenoti un bel niente.”
“Perché se no cosa fai?”
“Se no ti picchio.”
Mich esplose in una risata divertita, mettendosi seduto e bloccando i polsi di India, che era riuscita ad assestargli almeno due pugni ai fianchi. Lasciando i polsi provò a farle il solletico, facendola saltare in piedi in un tempo record.
“Infame, me la bevo io la birra che avete portato, così impari.” India corse verso il frigo, prendendo contro lo spigolo del tavolo e provocando così un’altra catena di risate da parte di Mich che stava letteralmente piangendo dal ridere
a discapito della sua imbranataggine.
“Che succede?” Carlo entrò nella stanza guardando la scena che gli si presentò davanti  con poco interesse, ma osservando i suoi due migliori amici come se la sapesse più lunga di loro. Conosceva India da poco più di un anno
ed era stata una ventata d’aria fresca per sé, Michele, Dario e Fernando. Soprattutto per lui che viveva un periodo in cui la sfortuna era sempre dietro l’angolo. Aveva perso il lavoro a causa di un nuovo negozio di fiori che gli aveva
fatto concorrenza portandolo così alla chiusura, si era quindi crogiolato nella bambagia per un po’ di mesi, spendendo i soldi dei genitori e vivendo da mantenuto, passando le giornate al bar o con qualche amico del paese senza
preoccuparsi  di nulla. D’altronde a nessuno importava di quello che faceva e lui era capace di badare a se stesso. Questo finché non aveva conosciuto la sua attuale ragazza e, poco prima, India. Grazie a India iniziò a rendersi
conto che forse, a venticinque anni suonati, era il caso di prendere delle decisioni, di scegliere una strada e proseguirla. La sua ragazza invece non voleva avere a che fare con un ubriacone figlio di papà.
“Niente, ho preso contro lo spigolo del tavolo.”
Mich ancora rideva e India lo guardò malevola.
Carlo recuperò una birra dal frigo, stappandola con l’accendino e versandola in quattro bicchieri. “Come al solito hai la delicatezza di un elefante.”
“Hei! Attento a quel che dici.” India gonfiò le guance, offesa recuperò un bicchiere di birra e una sigaretta e si diresse sul piccolo balconcino che dava sulla strada. Un po’ le veniva da ridere se ripensava a come aveva preteso di
correre in quello piccolo spazio senza inciampare in qualcosa.
Finalmente avrebbe iniziato una vita che aveva sognato fin dall’infanzia, quando non sopportava le litigate con suo padre e tra i suoi mille parenti  si chiudeva in camera sognando una casa al mare, lontano da tutte quelle urla giornaliere.
Ma ce l’aveva fatta a distanziarsi, pian piano era riuscita ad arrivare a conquistare anche la sua piccola reggia sul mare:  una mansarda di tre stanze, con un piccolo balconcino e quattro finestre, a pochi minuti dal mare che lei vedeva
solo da un piccolo spazio lasciato dai vari palazzi che la circondavano.  Si sentiva così soddisfatta!
“Sly, guarda che quella birra non si beve da sola.”
“Me la sto prendendo con calma!”
Finalmente li avevano raggiunti anche Dario e Fernando, che si sedettero sulle sedie con le loro birre e iniziò a spargersi per la mansarda un acre odore di fumo che India odiava, ci mancava solo che si attaccasse al divano o al legno
delle mensole. Finì la sigaretta  lasciandola cadere giù dal balcone, poi si sedette con gli altri a godersi la birra fresca, in un silenzio quasi celebrativo.
“Ora, se avete finito il minuto di silenzio in onore della Moretti, possiamo andare a fare la spesa per la cena di stasera?”
Dire che fu incenerita dai presenti era dire poco, India credette che avrebbero voluto usare lei per cena, dopo la sua geniale uscita.
“Slyphs, dici che ce la fai a stare due secondi ferma?”
“Macché, è una rompiballe.”
“Madonna, veramente, ma dove abbiamo messo la sua dose giornaliera di calmante?”
“Quale, quella per i cavalli dici?”
“Andatevene tutti a fanculo.”
I ragazzi scoppiarono in una fragorosa risata, mentre India prese un’altra birra dal frigo e si riempì il bicchiere fino all’orlo, finché non sentì lo sguardo di Michele su di sé e la birra straboccò dal bicchiere.
Ovviamente lo odiava.
 
 
Here I am waiting, I’ll have to leave soon. Why am I holding on?
India lasciò la sveglia del cellulare intonare Daylight, mentre canticchiando si metteva il mascara cercando di non acciecarsi. Roba da non crederci, si era svegliata alle sei e mezza senza sentire la minima sonnolenza, probabilmente
agitata per il suo primo giorno di lavoro, dopo una settimana in cui aveva cercato di conoscere il più possibile la sua nuova residenza. Era così che aveva scelto la città nella quale trasferirsi, mandando curriculum nei posti che più la
ispiravano e valutando poi le offerte di lavoro. La scelta era ricaduta in uno studio fotografico dove, per fortuna, cercavano giovani fotografi soprattutto  per i matrimoni. India era entusiasta di fare ciò che più le piaceva, soprattutto se
doveva partecipare a feste e squisiti banchetti  e venire pagata per farlo.
Uscì di casa alle sette e mezza per avere il tempo di fermarsi al bar e godersi una buona mezz’ora a guardare il via vai di gente di prima mattina, soprattutto se in quel bar il cameriere sembrava uscito da un film francese: Louis era,
per l’appunto, francese e aveva trovato lavoro come cameriere in un bar che dava sulla passeggiata, poco prima della spiaggia. Conosceva l’italiano grazie al padre, di origine pugliese, e ora studiava giurisprudenza in Italia e non volendo
pesare troppo sulle spalle altrui aveva scelto di lavorare. Non aveva tratti caratteristici e forse era un po’ anonimo, ma aveva un sorriso che contagiava e un ottimismo che attirava le persone come api al miele. Perché una persona ottimista
fa un effetto calamita, soprattutto quando le cose negative gareggiano per chi arriva prima e ci si fa prendere dall’ansia quando invece basterebbe vedere a trecentosessanta gradi  senza chiudere la mente agli effetti positivi che, un evento
negativo, nasconde.
Louis era come una cioccolata calda mentre fuori il tempo bestemmiava, e India non poteva fare a meno delle loro quattro chiacchere di prima mattina, avendo trovato finalmente qualcuno che non si svegliava dal letto portandosi dietro il
broncio fino a mezzogiorno.
“Mademoiselle India, stamani ti vedo tres in forma! Forse non ti serve nemmeno il cafè”
Al bar, quella mattina, non c’era tanta gente come credeva così Louis poté sedersi un attimo accanto a India, inchiodandola con i suoi occhi blu e luminosi e il suo sorriso adorabile e fanciullesco.
“Bonjour Louis, oggi che nuove parole abbiamo nel menù della colazione?” Si era messa in testa che voleva imparare il francese e così, ogni mattina, Luois le serviva il cappuccino con un foglio A4 di frasi e termini da imparare, dato che
la grammatica l’aveva imparata. Era divertente e da una settimana a sta parte aveva già imparato qualche clichè francese.
“Bien, ti porto il cappuccino così lo scopri, te le ho scritte ieri sera.” Le fece l’occhiolino e la lasciò sola al tavolo non prima di averle scompigliato i capelli. India in risposta le lancio un tovagliolino accartocciato, mancandolo e Maria,
l’altra cameriera, le lanciò uno sguardo di fuoco che India finse di non vedere. Sospettava avesse una cotta per il francesino dato che spesso lo guardava come se stesse lottando con se stessa per avvicinarsi a lui, ed era tenera nel
modo in cui abbassava lo sguardo quando lui le rivolgeva la parola o, peggio, un sorriso; lasciava allora cadere i capelli in avanti, forse nella speranza di nascondere un   principio di rossore. Louis era carino ma sicuramente non avrebbe
avuto niente da temere da India, così persa da quell’idiota di Mich. A volte avrebbe solo voluto urlargli contro quanto fosse stupido e cieco e, a volte, nella sua immaginazione lui le diceva che la ricambiava e si arrabbiava anche lui, perché
era colpa di lei che non dava nessun tipo di segno comprensibile. Poi la fantasia s’interrompeva per un valido motivo:
Cazzo, quando Michele si arrabbiava sembrava così virile ed eccitante.
 
 
 
 
Ed eccoci qui, dopo tantissimissimo tempo passato lontano dalla tastiera, con un nuovo esperimento. Dopo un anno ho deciso di ributtarmi, di vedere se sono cambiata in positivo rispetto le mie vecchie storie che, oddio, alcune non ho il coraggio di rileggere! Spero di creare qualcosa di piacevole, divertente e innaspettato. Innaspettato sicuro dato che pagina per pagina nemmeno io so quello che accadrà e questo incuriosisce me per prima. Un saluto a tutti i lettori che vorranno leggere!
   
 
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