Ispirazione
momentanea che mi ha portata a lavorare su un bozzetto scritto su un fazzoletto
il giorno in cui sono venuta a sapere della morte di Itachi.
Tutto questo, dopo
aver saltellato assieme alla valigia di un’amica per tutta la stazione Termini
urlando: «È morto! È morto!».
Già, dopo la gioia
c’è sempre un po’ d’amarezza. E in fondo, molto in fondo, ad Itachi un
po’ di bene glielo volevo ù_ù”.
Più per Uchihacest
che altro.
Chiudo questa breve
introduzione. La pubblico solo perché non avevo ancora fatto il mio tributo
personale ad Itachi.
Dedicata a Kei_saiyu.
Il perché lo sa lei.
Non riusciva a definire le proprie emozioni.
Alla felicità per essere riuscito nel proprio intento, si mischiava la frustrazione; l’amarezza… la delusione.
Nonostante tutte le sue aspirazioni e sogni (si potevano poi definire tali?), mai aveva sperato – o creduto – che potesse accadere veramente.
Lo aveva ucciso.
Forse.
Era morto da solo.
Sicuramente.
Qualunque fosse la realtà, solo adesso, contemplando il suo corpo senza vita – quello stesso corpo di chi, un tempo molto lontano, aveva chiamato “fratello” – sentiva scemare dalle proprie stanche spalle il peso della vendetta.
Solo per sentirvi subentrare quello assai più gravoso di una libertà mai veramente agognata.