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Autore: EffieSamadhi    24/09/2013    2 recensioni
E le tue mani sciolgono le mie paure illogiche, sai che non fuggirò, perché ci sto credendo io. {Marco Masini | L'eterno in un momento}
A volte è sufficiente un istante per cambiare un'esistenza: basta cambiare direzione, compiere una scelta diversa, essere distratti... Adriano lo capisce a vent'anni, mentre osserva il futuro al di là di un vetro.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ballando con una sconosciuta

Ballando con una sconosciuta






E le tue mani sciolgono le mie paure illogiche,

sai che non fuggirò,

perché ci sto credendo io.

{ Marco Masini | L'eterno in un momento }


    Adriano entra nel reparto con passo incerto, aspettandosi che da un momento all'altro un'infermiera gli sbarri la strada domandandogli la ragione della sua visita. E avrebbe anche ragione di chiederlo, pensa continuando a camminare: è abbastanza insolito che un ragazzo di vent'anni appena si spinga fino al reparto maternità. Le scarpe scricchiolano sul pavimento lucido, tradendo la sua presenza all'interno del lungo corridoio deserto. Nonostante le aspettative nessuno lo blocca, e proprio quando iniziava a pensare di aver sbagliato strada, ecco che si staglia di fronte a lui il vetro della nursery. Conta tre file di culle, ma dei diciotto posti disponibili soltanto cinque sono occupati. Le due infermiere di turno si stanno affaccendando intorno a due maschietti ai quali va cambiato il pannolino, ma la culla che interessa a lui – quella dell'unica femmina – è libera, e proprio di fronte a lui. La bambina dorme profondamente, dorme come soltanto un neonato può fare – senza sogni, senza preoccupazioni, senza nemmeno la consapevolezza di essere finito in un mondo crudele e senza speranze. È bellissima, gli ha detto sua madre, e aveva ragione: le manine strette a pugno accanto al viso, la cuffietta bianca calcata su una testolina coperta solo da qualche filo biondo, le guancette piene e rosee tipiche dei bambini appena venuti al mondo... è praticamente perfetta.

    Eppure Sara non l'ha voluta. Lo ha detto fin dall'inizio, da quando si è scoperta incinta. Ho quasi diciotto anni, ha detto, non mi rovino la vita per una poppante. Quella mancanza di umanità, quella totale mancanza di istinto materno lo ha sorpreso, quasi scioccato – come può una ragazza non provare un minimo di affetto per quello che non è un corpo estraneo, ma una parte di lei? Sara avrebbe voluto abortire, ma i suoi genitori non gliel'hanno concesso: Devi prenderti questa responsabilità, le hanno detto, così in futuro starai più attenta. Un gesto importante, una bella lezione di responsabilità, ma come la figlia hanno rinunciato alla tutela della piccola. Ci sono tante famiglie che cercano bambini da adottare, troverà un buon posto dove vivere. Adriano non riesce a credere che al mondo possano esistere persone così fredde, così glaciali – come si fa a non provare un minimo di compassione per una vita che nasce? Naturalmente, Sara ha dato la colpa a lui. Dovevi fare attenzione, pensavo fossi in grado di metterti un preservativo!, lo ha sgridato. Si è ben guardata dal dire che è stata lei a smettere di prendere la pillola senza informarlo – lui era certo che lei fosse a posto, e se ha sempre messo il preservativo è stato solo per rassicurare entrambi.

    Continua a guardare la bambina, profondamente addormentata dall'altro lato del vetro. Sembra ignara di tutto quello che sta accadendo nel mondo reale, non sembra aver risentito delle scenate che la madre ha messo in piedi durante la gravidanza, addossando ad Adriano persino la responsabilità dei cambiamenti meteorologici. «Spero che tu non abbia ereditato la sua testa dura» sussurra, sfilando le mani dalle tasche del giubbotto sportivo. La bambina ha un piccolo sussulto, come se lo avesse sentito parlare, e in quel preciso istante uno dei piccoli pugni si protende verso il vetro, verso di lui. Adriano trattiene il respiro, mentre la manina si muove come a volerlo chiamare: Vieni, papà, vieni qui, sembra stia dicendo. Adriano si sente come inchiodato al pavimento, pietrificato da quelle cinque dita grassocce che puntano nella sua direzione.

    «Sono tutti belli, ma lei è davvero la bambina più bella che abbia mai visto» esordisce il dottor Belli, il ginecologo che ha assistito Sara durante il parto. «Guarda, sembra che ti stia chiamando.»

    «Che ne sarà di lei?» domanda Adriano, evitando di rispondere alle considerazioni del dottore. «Insomma, sarà adottata da qualcuno, avrà una famiglia?»

    Il medico si gratta distrattamente il mento non rasato, pensando alla risposta meno spaventosa. «Un giorno, forse. Per adesso verrà mandata in una casa famiglia, o in qualche altro istituto. Forse prima sarà data in affidamento, non lo so. L'adozione non è una pratica veloce. Il nostro Paese non è esattamente uno dei migliori, in questo settore.» Abbassa per un attimo gli occhi sul ragazzo, e si chiede se non sarebbe anche lui terrorizzato, in quelle condizioni. «La madre ha proprio deciso di rinunciare?»

    «Ha già firmato. Non vuole sentirne parlare. In realtà lei avrebbe voluto...» Adriano non riesce a pensare alla parola 'aborto' senza provare un forte senso di repulsione. «Non voleva portare avanti la gravidanza, ma i genitori hanno pensato che sarebbe stata una bella punizione.»

    «Immagino lo sia stata. Di solito le mie pazienti sono in ansia per la salute del piccolo, hanno paura che qualcosa vada storto... la tua ragazza aveva tutta l'aria di una che vuole soltanto andare a casa il prima possibile.»

    «Non è più la mia ragazza» ammette Adriano. «Credo che mi abbia lasciato il giorno in cui ha scoperto di essere incinta. Ho continuato a starle accanto per senso del dovere, ma lei non... per me è sempre stata una cosa seria, ma adesso inizio ad avere il dubbio che per lei non lo fosse» conclude con un breve sorriso. «Quindi... quindi non c'è alcuna certezza su quale sarà il suo futuro?»

    «Non posso garantire che sarà adottata domani, se è questo che vuoi sapere. C'è un iter molto lungo da seguire. Io ho trovato una famiglia disposta ad adottarmi soltanto a quindici anni. Ma erano altri tempi...»

    «Lei è stato adottato?»

    «Mia madre mi ha avuto a sedici anni. Non aveva i mezzi per occuparsi di me, perciò mi lasciò in ospedale al momento del parto, in forma anonima. Non so nemmeno che faccia avesse.»

    «E suo padre?»

    «Non ne so nulla. Sono cresciuto in un istituto gestito da suore. All'epoca li chiamavano ancora orfanotrofi.» Adriano lo osserva con attenzione, e dalle piccole rughe che gli contornano gli occhi stabilisce che deve avere poco più di quarant'anni. «Ci è voluto un po', prima di trovarmi una famiglia.»

    «Com'è... com'è crescere in quel modo? Insomma, in modo... non... tradizionale?»

    «Non mi sono trovato male, però... però credo che sarebbe stato meglio crescere con almeno uno dei miei genitori. Per bene che possa andare, alla fine ti senti sempre incompleto. Come... come se ti mancasse qualcosa, ecco. Comunque lei è una bambina forte, penso che se la caverà senza problemi.» Adriano torna a guardare attraverso il vetro: la bambina si è svegliata, ha aperto i grandi occhi pieni di nebbia azzurrina e agita i pugni chiusi con fare deciso, emettendo dei chiari vagiti con i quali attira l'attenzione di una delle infermiere. «Io ho programmato un giro di visite, me ne devo andare» prosegue il medico. «A proposito, hai in mente qualche nome carino per lei? È ora di dargliene uno, non possiamo continuare a chiamarla 'la bambina', ti pare?»

    «Io non... non lo so, non mi viene in mente niente» risponde prontamente Adriano, colto alla sprovvista. «Sara non ne ha mai parlato, e io non... non me lo sono chiesto.»

    «Pensaci su, allora, altrimenti ci penseranno le infermiere. L'ultima volta che ci è capitato un caso simile l'hanno quasi battezzato Spartaco» conclude il medico, allontanandosi lungo il corridoio.

    Adriano rimane di nuovo solo nel lungo corridoio deserto, mentre la bambina continua ad agitarsi nonostante le attenzioni delle due infermiere. Per qualche strana ragione, Adriano alza una mano e la poggia contro il vetro, facendo aderire bene ogni polpastrello alla superficie lucida e fredda. Come guidata da una forza invisibile, anche una delle manine della piccola si apre, rivelando un palmo rosa e morbido. Tendendo il braccio sottile verso il vetro, la bambina sembra volergli dire Sono qui, sono qui, sono qui. Ed è allora, mentre le infermiere le rimboccano la copertina rosa, che Adriano capisce quale sarà il destino di quella bambina.






Vorrei, col tuo permesso,

illuderti che andrà così,

che avrai tutto il mondo ai tuoi piedi,

ma che per un figlio te ne fregherai.

{ Marco Masini | Beato te }


    Daria è seduta davanti a lui, con i grandi e sinceri occhi scuri fissi nei suoi, impegnati nel tentativo di convincerlo che sa quello che sta facendo, che è sicura della propria decisione. Daria ha quasi diciannove anni, è bella e intelligente e dalla vita potrebbe avere tutto, ma quello che ha appena detto è che si sente disposta a rinunciare a tutto per il bambino che porta in grembo, frutto di quello che credeva l'amore più grande della vita.

    «Posso farlo, papà. Posso crescere questo bambino anche da sola. Tu ci sei riuscito, no?» Sorride ancora, Daria, e nel farlo protende una mano verso di lui, stringendo la sua per cercare di trasmettergli un po' della fiducia che prova. Adriano abbassa lo sguardo sulle loro dita intrecciate, e per un istante ripensa ad un lontano pomeriggio di quasi vent'anni prima, quando in un gesto simile lei gli ha teso la mano. Andrà tutto bene, intendeva dire allora, ed è ciò che intende dire anche adesso.

    «Non sarà tutto rose e fiori, pulce» le fa notare. 'Pulce' è il soprannome che suo padre aveva dato a lui, e che poi è stato trasmesso automaticamente a lei, come il colore dei capelli e il taglio degli occhi, decisamente ereditati dal ramo paterno. «Ci saranno dei momenti complicati.»

    «Li affronteremo» ribatte risolutamente lei. «In fondo, è un po' come andare ad una festa e chiedere ad una ragazza sconosciuta di ballare. Non sai quello che può accadere.»

    Genitore per caso, padre per scelta, Adriano non può fare a meno di sorridere: come sempre, la sua bambina sa ciò che è meglio per lui.

   
 
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