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Autore: Una Certa Ragazza    25/09/2013    1 recensioni
"Tutto andava bene", questa è la frase con cui si conclude la storia di Harry. E quella con cui inizia la storia dei suoi figli e dei figli dei suoi amici, un'intera generazione di maghi e streghe che ancora devono trovare la propria strada nel mondo. Ma in un mondo in cui tutto va bene, quanto è facile esattamente trovare questa strada? Forse, dopotutto, le avventure non sono finite...
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Sono venuta ad aggiornare prima del previsto perché mi dispiaceva lasciare da leggere solo quel misero prologo, ma il prossimo capitolo ci metterà parecchio ad arrivare.
Spero che sia di vostro gradimento.
Piccola nota alla dedica dell'altra volta: come sappiamo J.K.Rowling dedicò il suo libro alla figlia Jessica. Coincidenzialmente, io mi trovo ad avere una migliore amica che si chiama per l'appunto Jessica, così mi è sembrato di buon augurio per lei nonché un ulteriore omaggio a zia Row.

NOTA: Ho cancellato il capitolo perché credevo ne mancasse un pezzo, per poi ripostarlo subito dopo quando mi sono accorta che il pezzo mancante è nel secondo capitolo (motivo per cui esso non è ancora pronto). Scusatemi per l'inconveniente!
Colgo l'occasione per ringraziare tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le seguite e che l'hanno recensita, e Olivataggiasca che l'ha messa tra i preferiti.




 

CAPITOLO 1

Ancora una volta, l'Espresso di Hogwarts

 

Albus guardò fuori dal finestrino a lungo, anche dopo che i suoi genitori e sua sorella furono spariti alla vista, ma poi un tonfo lo fece voltare.

Fred e Roxanne.

A causa dell'abbronzatura dell'estate la loro pelle, di solito color caffelatte, era diventata ancora più scura. Gli unici Weasley incapaci di scottarsi.

«Te l'avevo detto che non era James.» disse Roxanne, tirando una gomitata al gemello.

«Ouch! Beh, è facile confonderli, di spalle.» si difese Fred, poi si rivolse al cugino «O fulgido bocciolo della nostra famiglia» lo apostrofò pomposamente «Hai avuto la ventura di incappare in tuo fratello?»

«Eccomi.» fece James alle spalle dei gemelli, entrando nello scompartimento «Ti ho sistemato il baule nel vagone qui accanto, Al. Sulla destra.»

Poi, vedendo l'espressione del fratello, scoppiò a ridere «Credevi davvero che ti avrei lasciato stare qui?»

Al lo guardò con espressione corrucciata «Ma perchè no?»

«Alice sarà qui a momenti, non ci staremo più.»

«Lo scompartimento è per sei, ci stiamo anche io e Rosie!» lo contraddisse Albus, risentito.

«Certo, ma non vogliamo che qualcuno possa dire che noi» indicò con la parola sé stesso e i due cugini «siamo stati visti in compagnia di un futuro Serpeverde.»

A quel punto Al si lanciò infuriato verso la porta. La sua uscita trionfale fu però ostacolata dalla gabbia del gufo di James, che non si sa come gli finì sui piedi, facendolo incespicare e provocandogli un tremendo dolore all'alluce.

Fred, James e Roxanne risero, e Al sbattè la porta dietro di sè.

Un fruscio annunciò l'arrivo di Alice Paciock, che si fece vedere oltre il vetro della porta facendo un cenno di saluto ai suoi amici.

Probabilmente era lì fuori già da prima, perchè disse, entrando nello scompartimento: «James, non ci sei andato giù un po'troppo pesante con tuo fratello?»

«Nah» fece James, passandosi una mano tra i capelli «L'ho fatto per il suo bene.»

Gli altri tre lo guardarono increduli.

«L'espresso di Hogwarts è fatto per farsi degli amici» spiegò il ragazzo «Non può attaccarsi alle mie sottane.»

«Tu porti le sottane? Tu porti le sottane?!» esclamò Fred, sbellicandosi dalle risate, poi si riempì i polmoni d'aria e urlò «JAMES SIRIUS POTTER PORTA...»

James mollò un pugno sulla spalla del cugino.

«Idiota.» commentò.

«Ma perchè picchiate sempre tutti me?» si lamentò Fred.

Roxanne alzò gli occhi al cielo e non disse niente, non ritenendo che la domanda del fratello meritasse una risposta.

«Comunque» riprese Alice «È stato molto saggio da parte tua, James.»

Non si riusciva a capire se lo dicesse con approvazione o no.

«E ho raggiunto la mia dose quotidiana di saggezza, per cui adesso passiamo ad altro.»

Alice fece un sorriso «Ora ti riconosco.»

James si schiarì la voce e disse, in tono solenne: «Devo fare un annuncio importante. Quest'estate mio padre...»

«Non senza una certa riluttanza» aggiunse Fred, che sapeva già tutto «e la promessa di farlo usare anche ad Al...»

«...Mi ha consegnato un oggetto che si tramanda nella mia famiglia da generazioni.» Come un prestigiatore che tira fuori un coniglio dal cappello, James fece uscire dalla borsa un involto di stoffa argentata.

Roxanne e Alice tirarono il fiato. Tutti conoscevano la storia di quel leggendario oggetto.

«Ma è il mantello...» fece Roxanne.

«Il mantello dell'invisibilità!» gridò sottovoce Alice. Quella di gridare sottovoce era una specialità di Alice. Altrimenti come avrebbe fatto a sgridare qualcuno anche quando bisognava parlare piano?

«Perchè non me l'hai detto, James?» fece Roxanne, offesa «Fred lo sa già!»

«Ma Roxie» cercò di blandirla il ragazzo «lui è il mio migliore amico!»

«Ed io sono tua cugina, razza di stupido!» ma Roxanne era buona a tenere il muso solo per cinque secondi, e quindi poco dopo era già lì a chiedere: «Ma te l'ha dato così? Possiamo usarlo davvero? E zia Ginny era d'accordo?»

«Figurati se lo era! Ma mio padre alla nostra età l'ha salvata dal mostro della Camera dei Segreti, e se non avesse avuto il mantello probabilmente non ci sarebbe riuscito. Papà l'ha fatto notare alla mamma e questo l'ha convinta. Quasi.»

«Quel "quasi" significa che non possiamo usarlo per infrangere le regole?» chiese Fred, anche se la sua espressione suggeriva che – divieto o no – per lui non avrebbe fatto alcuna differenza dal momento che usare il mantello dell'invisibilità era il sogno della sua vita, e usarlo per infrangere le regole era ancora meglio.

«E per cos' altro potremmo usarlo, scusa?» replicò Alice, facendo spallucce.

«Io credo che per mamma e papà vada bene, finchè non vengo espulso» il tipico sorriso storto di James gli si disegnò sul viso «e vi assicuro che non lo sarò. Piuttosto faccio come vostro padre e lo zio Fred.» disse, rivolgendosi ai cugini.

Tutti e quattro si persero nell'immaginare una notte che non avevano mai vissuto, la gloriosa notte in cui un intero corridoio era diventato una palude, Pix il Poltergeist aveva iniziato ad obbedire a qualcuno che non fosse un fantasma e Fred e George Weasley se n'erano andati da Hogwarts a cavallo delle loro scope, stagliandosi contro il sole del tramonto.

Si immaginavano le loro sagome proiettarsi su tutto il castello come un sigillo, come un segno. Il segno contro la dittatura, l'ombra della creatività.

Se James, Fred, Roxanne e Alice fossero stati di poco più sentimentali avrebbero pianto, ma erano dell'opinione che un Grifondoro che si rispetti dovesse essere in grado di trattenersi.

Non bisognava poi dimenticarsi gli omonimi di James, rispettivamente suo nonno e il padrino di suo padre, e i loro amici.

Il che complessivamente faceva un sacco di persone di cui essere all'altezza.

James si sporse un po' di più verso i suoi amici, con gli occhi che brillavano di una fiamma malandrina.

«Avanti, ragazzi» disse, nel sussurro esaltato di chi ha visto una fenice e non vuole spaventarla «Hogwarts ha bisogno di nuovi eroi.»

 

James aveva detto ad Al in che carrozza aveva sistemato il suo baule, ma accidentalmente non gli aveva detto in quale scompartimento. Così il ragazzo fu costretto ad infilare la testa in ogni porta del vagone incontrando, nell'ordine, sua cugina Molly estremamente impegnata con il suo ragazzo, un gruppo di energumeni del settimo anno che sembravano in grado di fornire battitori ad almeno tre squadre di Quidditch, e una cortina di fumo giallo pus che si rifiutò di respirare.

Il quarto scompartimento era quello giusto. Il suo baule era piuttosto anonimo, ma il suo gufo Paracelso era inconfondibile: Fred qualche giorno prima gli aveva colorato le piume con uno dei prodotti di suo padre e, nonostante gli incantesimi di Ginny, su alcune delle piume era rimasto un certo alone blu petrolio.

Allontanò lo sguardo dalla reticella e spostò la sua attenzione sull'unico occupante del vagone.

Era un ragazzino biondo e sottile, che guardava fuori dal finestrino e sembrava perso nei suoi pensieri.

Lo aveva visto alla stazione, aveva sentito suo padre e lo zio Ron che ne parlavano, ma se anche questo non fosse successo avrebbe saputo comunque chi era.

Si chiamava Scorpius Malfoy.

Albus si schiarì la voce.

L'altro sembrò accorgersi di lui solo in quell'istante. Si voltò e lo fissò con gli occhi grigi senza dire niente, ed Albus non seppe come interpretare la sua espressione.

«Ciao.» fece Al, dicendo quella parola con cautela come se fosse un'offerta di cibo per un animale selvatico.

«Ciao.» lo salutò di rimando l'altro con voce lenta.

Al aveva sempre sentito dire dallo zio Ron che Draco Malfoy parlava strascicando le parole. "Quell'uomo è annoiato dalla vita, ve lo dico io", diceva in continuazione. Ma la voce di Scorpius non era nè annoiata nè strascicata, era solo lenta.

«Posso sedermi qui? Mio fratello ha messo qui dentro il mio baule.» accennò al bagaglio sopra di loro. Scorpius si limitò ad annuire.

Per un tempo che ad Albus parve infinito nessuno dei due disse nulla, e per tutto quel tempo Al si diede alla disperata ricerca di qualcosa da dire.

Benchè non fosse un chiaccherone, e anzi fosse piuttosto timido, Albus non si era mai trovato in una situazione del genere: di solito le persone usavano comunque la cortesia di rivolgergli la parola, e poi, come diceva sua madre, ispirava simpatia e quindi finiva sempre che erano gli altri a intavolare un discorso con lui.

Questa volta invece no, santo Merlino! Non bastava la fifa blu che aveva di finire a Serpeverde, adesso non riusciva a scambiare due parole col suo compagno di viaggio. Si chiese, vagamente stupito, perchè in effetti volesse farlo con così tanta determinazione.

Aprì la bocca per parlare. La richiuse.

Aveva sperato di trovare degli amici, sul treno, e il fatto che non fosse neppure in grado di iniziare una conversazione non gli sembrava un buon segno.

"Stupido James" pensò. Un po' perchè tendeva ad attribuire la colpa di tutto quello che andava storto a suo fratello, un po' perchè nel novantanove per cento dei casi ci azzeccava.

Rassegnato, tirò fuori dalla borsa la sua copia dell'ultimo "Il Pozionista Pratico" e si immerse nella lettura della rivista.

«Ti interessi di pozioni?» fece la voce educata di Scorpius. Il suo modo di parlare aveva qualcosa di antico, ma non era spiacevole.

«Sì.» rispose Albus senza approfondire. Non era del tutto disposto a perdonarlo per l'imbarazzante quarto d'ora che aveva dovuto passare, non subito, almeno. Ma siccome non era nemmeno lontanamente permaloso come Rose – a proposito, dov'era finita? - staccò gli occhi dalla rivista e guardò Scorpius allungarsi verso la sua tracolla.

Ne estrasse una copia della stessa rivista e la mostrò ad Al.

I due ragazzi si fecero una specie di sorriso.

«Non sapevo se portarla o no» confessò Al, sollevato «James dice che è da sfigati...» si bloccò.

Forse non avrebbe dovuto dirlo, così sembrava che stesse dando dello sfigato a lui.

Ma Scorpius si limitò ad appoggiarsi allo schienale del sedile.

«James è tuo fratello?»

«Sì, ha un anno più di me, e... beh, lo vedrai. Vedrai di sicuro cosa intendo, ad Hogwarts.» naturalmente sapeva che Scorpius aveva la sua età. Gliel'avevano detto alla stazione.

«Non andate d'accordo?»

«Non è questo, è che...» si interruppe, lasciando a metà la frase.

Dire a Scorpius che lui e James avevano con tutta evidenza un diverso concetto di "divertente" suonava stupido.

«Tu hai fratelli?» chiese invece.

Scorpius scrollò le spalle «Figlio unico. Come mio padre, e mio nonno. Insomma, tutti.»

Ci fu una pausa.

«Papà dice che assomigli un sacco a tuo padre.» fece Albus, non ancora del tutto sicuro che fosse una buona idea parlare di famiglia con Scorpius Malfoy.

Scorpius fece un suono a metà strada tra lo sbuffo e il riso «E mio padre dice che tu assomigli al tuo.»

«È una specie di maledizione.» convenne Albus, e lo disse in tono così tetro che Scorpius rise. Aveva una risata con cui veniva da essere d'accordo, ma non sembrava usarla spesso, notò Al.

«Si aspettano sempre qualcosa da te, vero?» riprese Scorpius, non ancora del tutto serio.

«Sì, come se improvvisamente potessi guarire la gente dal Vaiolo di Drago toccandola!»

«Oppure come se potessi diventare da un momento all'altro un mago oscuro, per giunta buono a nulla.» disse Scorpius, ora con un'amarezza sorprendente.

Albus all'improvviso si sentì a disagio. Si chiese cosa pensasse Scorpius dei Mangiamorte, e di Voldemort, e della purezza del sangue, perchè sapeva che dalla propria famiglia spesso si ereditano anche le idee. Squadrò l'altro ragazzo e ripensò al suo modo di fare quieto.

Non sembrava avviato a diventare un Cattivo Mago Oscuro tanto presto.

«Nel caso tu te lo stessi chiedendo» aggiunse Scorpius con una punta di ironia «credo che Voldemort sia stata la cosa peggiore che potesse capitare al mondo magico, e non ho intenzione di mettermi a trafficare con il sangue di Banshee per maledire i Babbani.»

«A dire la verità, mi stavo chiedendo come faccio ad essere tanto sicuro che tu sia una brava persona.» replicò Al «Però lo sono.» aggiunse, concludendo la frase con un certo allarme. Non aveva mai fatto una conversazione del genere con uno sconosciuto.

Una volta zia Hermione gli aveva detto che per i Babbani era sconveniente parlare di politica, soprattutto quando non si era in confidenza.

Ecco, lui si sentiva esattamente come se avesse appena parlato di politica.

Ma Scorpius non pareva essersela presa, perchè incurvò leggermente le labbra e disse: «Ti ringrazio per la fiducia.» spostò lo sguardo fuori dal finestrino «Non è che io non voglia bene a mio padre» spiegò «e non credo neanche che sia feccia, come dicono in molti, però... non voglio essere come lui.»

«A chi lo dici!» esclamò Albus. Adorava suo padre, ma questo non significava che volesse essere uguale a lui ed essergli paragonato in continuazione. Un'occhiata dell'altro gli rivelò che Scorpius aveva capito il significato della sua esclamazione. Per un po' non dissero nulla, ma non era più il silenzio dell'inizio: questo era quasi confortevole.

«Dunque, se ho capito bene» Scorpius, che aveva cominciato a giocherellare con una specie di palla di vetro che emanava una luminescenza opaca e che assomigliava vagamente a una ricordella, gli lanciò uno sguardo strano, che fece sentire Albus come se stesse per essere messo a parte di un segreto che riguardava solo loro due «io devo riscattare il nome della mia famiglia e tu devi riscattarti dalla tua, e abbiamo sette anni di tempo.»

Albus non era sicuro di aver capito completamente quello che Scorpius aveva detto, ma se n'era fatto un'idea piuttosto precisa.

Sorrise «Non ci siamo ancora presentati.»

Scorpius si accigliò «Ma io so già il tuo nome, e tu sai il mio.»

Albus scosse la testa «Lo sappiamo solo per sentito dire.»

«In tal caso... io sono Scorpius.»

«Ed io sono Albus.»

Si strinsero la mano, e dopo quella stretta passarono quel che restava della mattina a discutere di Quidditch, parlare di pozioni e mangiare i dolci del carrello.

Da qualche parte in questo processo Albus Severus Potter e Scorpius Hyperion Malfoy divennero amici.

 

 

 

 

   
 
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