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Autore: Bab1974    25/09/2013    0 recensioni
Beatrice Dondi, giornalista d'assalto, vuole scoprire la verità sulla morte della sorella Eleonora, al punto di credere che un quadro sia maledetto.
Sarà aiutata dal proprietario del dipinto.
Partecipa al Contest a turni e a squadre - La Sfida Dei Grandi Autori di fa92, quarto turno.
Genere: Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il quadro maledetto
Il Viaggio dei Dannati


Beatrice guardò il quadro, chiedendosi quanto poteva essere colpa sua ciò che era accaduto alla sorella. Eleonora era stata trovata morta lì di fronte, in ginocchio, con un'espressione di assoluto terrore sul volto. Nelle sue vene non scorreva una goccia di sangue, come se fosse stata morsa da un vampiro, ma non era presente nessun foro da cui potesse essere uscito il liquido rosso. Nonostante tutto, il coroner aveva decretato che a ucciderla fosse stato un infarto fulminante. Plausibile sennonché lei aveva fatto da poco esami completi, e aveva un cuore sanissimo. Secondo qualcuno era morta di terrore, dopo che il quadro le aveva mostrato le immagini che nascondeva dietro di sé, bevendone, poi, la sua essenza, per qualche oscuro motivo.
Bea, che era una nota giornalista investigativa, ricontrollò la testimonianza che le aveva fatto un vecchio gallerista, il quale le aveva raccontato che non era stata la prima morte strana legata al quadro. L'aveva registrata, com'era sua abitudine fare in qualsiasi intervista. Secondo il signor Trasteveri, erano almeno cinque le vittime conosciute dell'opera d'arte, a parte sua sorella e non era sicuro che non ce ne fossero altre.
Il primo fu proprio l'autore, Gianrico Remi, detto Freccia, che, quasi ottant'anni prima, aveva dipinto quella che sarebbe rimasta la sua unica tela.
"Il Viaggio dei Dannati." mormorò la ragazza, leggendo ciò che era scritto nel muro sottostante. "Qual è il tuo segreto, sempre che tu ne abbia uno?"
Il quadro raffigurava la traversata del fiume Acheronte di alcune anime dannate, guidate da Caronte. Era un fulgore di rosso, come se il fiume fosse fatto di sangue. Trasteveri diceva che, una morte dopo l'altra, il rosso si era fatto più acceso, come se bevesse quello delle sue vittime, come se fosse una cosa viva.
Logicamente erano tutte leggende, il quadro era esposto raramente, e non ne esistevano neppure foto, qualcuno pensava che fosse stato distrutto. Beatrice pensò che sarebbe stato meglio, almeno ora non avrebbe avuto quel dubbio che le lacerava la mente. Portare alla luce l'oscurità di alcuni eventi, era ciò che l'aveva spinta a fare quel lavoro. In quel caso era ulteriormente spronata: doveva sapere chi o cosa aveva ucciso la sorella.



"Signorina Dondi, le spiace piantarla d'importunarmi." l'apostrofò duramente Manuel Ungari, pronipote dell'uomo che ottant'anni prima aveva commissionato l'opera "La smetta di credere a quelle cretinate. Il quadro è sempre stato così, non ci sono mai stati cambiamenti in questi anni. L'unico fatto è che esponendolo solo una volta ogni dieci anni, e non permettendo di scattare foto, l'immaginazione galoppa e la gente inventa storielle assurde."
Bea non era soddisfatta della risposta, voleva sapere di più.
"Mi dica almeno perché espone quest'obbrobrio ogni dieci anni?" chiese, convinta a non lasciare andare la faccenda.
Vide l'uomo fare un profondo, disperato respiro.
"Non vorrei, ma il testamento del mio bisnonno è chiaro." si lamentò "Se non lo espongo per un mese ogni dieci anni, rischio di perdere l'eredità. Anche mio nonno e mio padre lo hanno dovuto fare."
Bea voleva capire il perché di tutto quello che stava succedendo e non poteva mollare proprio ora.
"Ci sarà un motivo se il suo bisnonno ha messo una clausola tanto bizzarra?" cercò d'insistere.
Vide l'uomo, che doveva avere all'incirca trent'anni, arrossire, mordersi un labbro, poi sospirare profondamente. Sembrava essere in grave imbarazzo. Bea capì che ci doveva essere qualcosa di più che nessuno sapeva e non avrebbe mollato finché non avesse scoperto di cosa si trattava.
"Mi perdoni se insisto, ma mia sorella è appena morta in circostanze alquanto strane e raccapriccianti e credo di avere il diritto di saperne il perché."
L'uomo si guardò attorno, come se temesse di essere visto e, forse per lo stesso motivo, cominciò a parlarle all'orecchio.
"Le fisso appuntamento fra dieci minuti nel bar del viale qua vicino." sussurrò "Lì, fuori da orecchi indiscreti, le dirò tutto quello che so."
La ragazza annuì e, come un automa, uscì e si diresse verso il locale. Dopo un tempo che le parve un'eternità, controllando sempre l'entrata della galleria, attraverso la vetrata, vide uscire l'uomo, che entrò immediatamente e si sedette di fronte a lei.
"Sono pronta a sentire tutto quello che lei mi voglia rivelare."
Manuel ordinò un caffè alla cameriera che si era avvicinata, poi si rivolse a Bea.
"Spero che sia proprio così." disse alla giornalista "Quello che le sto per rivelare è una cosa totalmente folle. Mio bisnonno diceva di aver venduto l'anima al diavolo in cambio della giovinezza eterna. Aveva quasi ottant'anni all'epoca, e aveva passato la maggior parte della sua esistenza a cercare un modo per vivere in eterno. Appena commissionò il quadro a Freccia, che era un quindicenne che non aveva mai dipinto nulla, anche se con molto talento, noi non ne capimmo il motivo. E poi perché quel soggetto strano? E quell'assurda richiesta di molto rosso sangue? Tutti per molto tempo si chiesero cosa stesse succedendo. Dopo la morte di Freccia, il bisnonno scomparve, lasciando una cospicua eredità e quella clausola assurda. Quando mio nonno la vide, si ricordò le parole che gli erano state dette da un amico di famiglia e cioè che suo padre avesse venduto l'anima al diavolo per mantenere la vita eterna e che quel quadro ne fosse il tramite."
Manuel s'interruppe per vedere la reazione di Bea che fu alquanto pacata.
"Non la vedo sconvolta come m'immaginavo." disse deluso dalla sua freddezza.
"Mi spiace, nel caso volesse fare scalpore. Mi è già giunta all'orecchio una voce del genere." disse Bea, come se dovesse scusarsi.
"Scommetto che è stato il vecchio Trasteveri, il gallerista." tirò a indovinare l'uomo "Lui è il figlio del vecchio amico pettegolo del mio bisnonno. Oltretutto sembra che sia l'unico cui lui avesse detto della sua idea di rimanere giovane in eterno. Il giorno prima di morire, come se volesse liberarsi la coscienza, disse al figlio che l'aveva visto, vent'anni dopo la sua morte, e che dimostrava all'incirca l'età che ho io adesso. Inoltre disse che non era la prima volta che lo vedeva, solo che la prima volta dimostrava circa cinquant'anni."
Bea ascoltava attenta, registrando come il solito tutto per pura abitudine.
"Allora lei ci crede?" chiese, dopo averci pensato un attimo.
"Che le devo dire? Anche se Trasteveri era molto vecchio, giacché è defunto che aveva quasi cent'anni, le cinque morti che sono imputabili al quadro, sono avvenute tutte nel periodo che è stato esposto nella galleria di famiglia e tutte all'incirca come è accaduto a sua sorella."
L'esposizione non rincuorò Bea ma allo stesso momento le fece nascere nuove domande.
"Questo potrebbe significare che ci sono state altre morti di cui non si è venuto a conoscenza?" Bea stava calcolando che non sempre era stato trovato un corpo davanti al quadro.
"Noi esponiamo il quadro per due settimane, ogni dieci anni. Fingendo che questa maledizione sia vera, e che davvero mio bisnonno abbia bisogno di sacrificare essere umani per continuare a vivere, potrebbe essere che non ne abbia bisogno ogni volta e che magari fra dieci anni non ci sarà nessuna vittima." Manuel aveva azzardato l'ipotesi meno stupida.
"In questo caso mi chiedo se lui debba essere in zona." ragionò Bea.
"Quale sarebbe il suo intento?" chiese Manuel "Trovare un uomo di trentacinque anni, che somiglia vagamente a me, se vuole le faccio vedere delle foto che sono molto datate, e che potrebbe essere un quasi duecentenario eternamente giovane? Nessuno le crederebbe, potrebbero pensare a una somiglianza casuale, in fondo tutti abbiamo dei sosia."
"Sinceramente non so neppure io cosa aspettarmi." ammise la ragazza "Quando ho saputo della morte di mia sorella, ho sentito che era successo qualcosa di strano ma ora credo che questo sia troppo. Comunque nulla m'impedisce di fare qualcosa perché non accada di nuovo in futuro." Bea si alzò, prendendo il portafogli.
"Lasci che paghi io." s'offerse cavallerescamente Manuel.
"Non si preoccupi, me lo posso permettere. Oltretutto mi ha detto delle cose interessanti." La ragazza pagò il conto per entrambi, poi uscì. Aveva un altro appuntamento con Trasteveri. L'aveva chiamato mentre attendeva l'arrivo di Manuel Ungari e ora aveva alcune cose da chiedergli.


"Signor Trasteveri, ho parlato con il giovane erede." esordì e raccontò all'anziano tutto ciò che era venuta a sapere.
"Suo nonno ha detto in punto di morte di aver visto due volte il suo vecchio amico. Lei mi sa raccontare di più?"
Il vegliardo annuì. Era sulla soglia dei cento anni e sembrava avere una salute di ferro. Inoltre anche la sua mente appariva limpida."
"Ero presente anch'io quella volta. Ci parlò del quadro, della maledizione e che aveva visto Ungari ogni volta più giovane. Era certo fosse lui per via di una singolare voglia sul collo, a forma di cuore. Era enorme e perciò difficile da nascondere. Anche i suoi eredi l'hanno ma in altri posti e molto più piccole."
Bea pensò alla mano del giovane Ponti e della macchia che vi era presente. Piccola ma di certo a forma di cuore.
"Quindi era questo il motivo che gli dava la certezza che fosse proprio lui, la voglia?" commentò Bea.
Trasteveri annuì.
"In effetti una volta, in corrispondenza di una di quelle strane morti, prima che avvenisse, mi parve di aver visto un uomo sulla cinquantina circa che aveva una voglia in quel punto, ma i suoi lineamenti non corrispondevano a quelli di Ponti, quindi lasciai correre."
Bea, come se fosse stata punta da una zanzara, scattò in piedi, corse verso casa propria e cominciò a sfogliare le foto che la sorella aveva scattato dell'opera. Erano anche raccolte foto tratte da riviste d'arte o dall'archivio del museo. In alcune di esse erano presenti anche persone che ammiravano il quadro. La sua memoria aveva registrato cose che al momento non aveva considerato importanti e che ora gli tornavano alla mente.
In una delle foto più vecchie si vedeva un uomo, che assomigliava a Manuel, ammirare con aria maliziosa il quadro. Solo che era ambientata nel quarto anniversario della morte di Freccia e subito dopo la morte di un uomo davanti al quadro. Solo che, e questo era il motivo per cui era scattata in quella maniera, il giovane aveva la voglia a forma di cuore sul collo e nessuno degli eredi del vecchio l'aveva in quel punto.
Decise di tornare da Ungari, per fargliela vedere.


Manuel osservò la foto e impallidì.
"Sono certo di aver visto ancora questa foto, ma non ho mai notato la voglia. Ho sempre pensato si trattasse di mio padre, che all'epoca doveva avere quell'età." ammise il giovane uomo "In effetti ci somigliamo tutti molto. Non capisco una cosa, però. Se aveva già raggiunto il suo scopo ed era ringiovanito, perché era ancora lì e perché non si era truccato?"
"Credo di avere risposte a tutto, andiamo in un bar fuori mano. Ho bisogno di parlarle senza che nessun orecchio indiscreto ci ascolti." propose Bea.
"Sta diventando ossessionata. Non è la prima e non sarà l'ultima persona che tenterà di scoprire il mistero del quadro e non so se ci riuscirà." Comunque s'accordò con la ragazza e, questa volta assieme, presero un taxi e andarono presso il locale. Era un luogo tranquillo in cui poter parlare senza essere disturbati. Ordinarono un pasto completo, poiché era ora di cena, poi Bea spiegò a lui la sua idea e ciò che potevano fare.
"La mia idea di questa storia è che il suo bisnonno, dopo essere ringiovanito, aspetti che il quadro torni al suo posto, al sicuro. Del perché non si fosse truccato all'epoca, anche se non ne ho la certezza può essere che non ne abbia avuto l'occasione. Questa foto fu scattata immediatamente dopo la morte strana ed è probabile che non abbia fatto in tempo ad andare a camuffarsi. Forse è stato addirittura scambiato per il nipote, cioè suo padre."
"La sua spiegazione non fa una piega ma io credo che ricorrerei alla chirurgia estetica per modificare i miei lineamenti e che mi coprirei la voglia."
"E infatti credo anch'io che lo faccia, ma è anche possibile che ogni volta che ringiovanisce il suo volto torni lo stesso."
"Sempre che sia come dice lei." puntualizzò Manuel.
"Esatto."
"Allora mi ha detto che ha intenzione di fare qualcosa. Mi può dire cosa, ora?"
Bea annuì.
"Io sono certa che il suo bisnonno entri truccato la mattina ed esca la sera." spiegò la ragazza, esponendo il suo piano "Il compito che si è prefissato è evitare che durante il periodo che è esposto al pubblico, il quadro subisca danni permanenti che gliene impediscano l'uso. In pratica è già successo che un maniaco, convinto della sua pericolosità, abbia tentato di distruggerlo e qualche angelo custode lo abbia salvato. Lei deve individuare il suo avo, bloccarlo con una qualche scusa, mentre io distruggo il quadro. Così non avrà più morti sulla coscienza." La spiegazione di Bea era stata chiara e vide Manuel pensarci a lungo prima di accettare. La ragazza sorrise "Non se ne pentirà. Abbiamo rimasto ancora una settimana d'esposizione. Useremo i prossimi due giorni per individuarlo, poi lei dovrebbe fermarlo con qualche scusa, poiché è lì tutti i giorni, potrebbe farlo per ragioni di sicurezza, e tenerlo nell'ufficio della sorveglianza intanto che io brucio la tela."
"Non sarà così facile, ci sono molti addetti di sicurezza." disse Manuel alzando un dubbio.
"Lo so, ma deve organizzarsi in maniera di far portare l'uomo nell'ufficio accompagnato dalle guardie nella zona del quadro." suggerì Bea "In questa maniera, per molti minuti sarò da sola, e avrò tutto il tempo per distruggere il quadro senza essere disturbata."
"Lei ha pensato davvero a tutto." si complimentò Manuel "Però se lo fa, potrei essere costretto a denunciarla, lo sa?"
Bea alzò le spalle come se la cosa non la interessasse.
"L'importante è che mia sorella sia vendicata e quel folle impossibilitato a fare del male." finì Bea. Poi, prima di andarsene, da sola, gli disse "Le darò qualcosa che mi faccia capire, senza insospettirlo, che l'ha trovato. Gliela porterò domani." Poi ognuno si allontanò con un taxi diverso. Bea aveva qualcosa da fare prima di tutto.


Due giorni dopo Bea si fece accogliere nell'ufficio di Manuel. Aveva con sé una buffissima penna rosa, che non poteva confondere con null'altro al mondo.
"Ehm... io dovrei mettere quella... quella cosa nel taschino." balbettò il giovane stupito.
Vide Bea, sorridere in maniera innocente, e pregarlo con lo sguardo.
"Ti prego, così non mi sbaglierò di certo." lo implorò.
Lui non poté resistere. Bea era una bella ragazza e sperava, finita quella storia assurda, che poteva anche finire in nulla, di riuscire a strapparle un appuntamento vero.
"Va bene, speriamo solo che nessuno pensi che abbia gusti particolari." acconsentì, prendendo la penna e mettendosela in tasca. "Comunque credo di averlo individuato, oggi lo avvicinerò."
Bea sorrise: il suo piano proseguiva a gonfie vele. Doveva stare attenta a non sbagliare nulla, altrimenti rischiava molto. Anche sua sorella era una ragazza molto attenta, di certo si era lasciata ingannare. A lei non doveva accadere.


Bea era pronta, dietro una finta parete, a fingere di ammirare una scultura moderna, da cui poteva vedere l'androne in cui faceva bella mostra 'Il Viaggio dei Dannati'.
Manuel entrò con la penna ridicola nel taschino e, assieme alle due guardie che controllavano il quadro, s'avvicinò a un uomo con un cappello a larga tesa, baffoni fintissimi e una sciarpa attorno al collo. Ci fu una piccola colluttazione, sembrava non volesse collaborare, poi, forse capendo che non poteva fare meglio, li seguì nell'ufficio. Bea prese il cellulare, fece uno squillo, senza neppure portarsi l'apparecchio all'orecchio, poi interruppe la chiamata.
S'avvicinò cautamente al quadro, gli diede un colpetto col pugno e sospirò soddisfatta e tranquilla. Manuel aveva fatto il suo dovere e spento l'allarme, ed era sola. Tirò fuori dalla borsa il martelletto da medico, prestito dello zio, e con un colpo ben assestato fece crepare il vetro. Un altro colpo e il tutto andò in frantumi. Poi bastò una bottiglietta di alcol e un accendino e il quadro cominciò ad andare in fumo. Ebbe come la sensazione di vedere il volto sorridente di Eleonora, come se la ringraziasse di averla liberata da una prigione.
"Di niente, tesoro." mormorò.
Si alternarono altri visi, sconosciuti ma allo stesso tempo noti: alla fine vide un ragazzo che mostrava di essere giovanissimo.
"Freccia, suppongo. Tanto piacere."
Poi il cellulare squillò e lei rispose. Dall'altra parte le fu detto qualcosa.
"Lo temevo." disse per rispondere a ciò che gli era stato detto.
Ascoltò ancora, poi scosse la testa.
"Lo devo fermare a qualunque costo. Per fortuna non ha rivelato al nipote la maniera per creare la maledizione. C'è ancora qualche speranza." rispose alle evidenti perplessità di chi era all'altro capo del telefono. "Devo vendicare Ele a qualunque costo e fermare il suo assassino perché non colpisca ancora. Starò più attenta possibile."
Interruppe, poi, la chiamata e aspettò per proseguire nel suo piano: per fortuna aveva pensato a ogni evenienza.


Pochi minuti dopo arrivò Manuel, o almeno qualcuno che si voleva far passare per lui. Gli somigliava moltissimo, ma grazie alla telefonata e al foulard attorno al collo, sapeva che chi era apparso davanti era il vecchio giovane. Portava nel taschino la penna strana che gli aveva dato.
"Allora, hai fatto quello che dovevi, vedo." commentò l'uomo. La voce era molto diversa e non sa dava un gran daffare per nasconderla.
"Già, spero che sia sufficiente." fu la risposta di Bea.
"Perché non dovrebbe?" chiese preoccupato.
"Lui sa come farlo, potrebbe tentare ancora." Bea lo vide rabbuiarsi
"Ha proprio pensato a tutto, non c'è che dire." Lui le girava attorno, accorciando ogni volta il suo raggio d'azione.
"Di più di quello che pensa. A proposito, perché all'improvviso ha messo il foulard attorno al collo?" chiese Bea.
Manuel sorrise sardonico.
"Quindi lei ha capito proprio tutto, a quanto pare."
"Diciamo che era fra le opzioni probabili. Di certo non poteva ucciderlo, se voleva degli eredi che continuassero a esporre il quadro. Era molto più facile convincerlo che poteva fare parte anche lui del piano, una volta avuto un figlio che continuasse. Anche per questo ero quasi certa che comunque non avrebbe rivelato nulla a suo nipote. Voleva essere sicuro che facesse quello che lei voleva, senza prendere iniziative." Bea lo guardava, stringendo in mano la sua borsetta, non aveva ancora finito di tirare fuori le cose da dentro "Deve essere stata dura scoprire la verità prima di morire, le è mancato davvero poco."
"Tenendo conto che ho continuato degli studi di un mio antenato, che avevo ritrovato nella biblioteca di famiglia, ma alla fine ha visto il risultato." si mostrò, allargando le braccia e avvicinandosi ancora un po'.
Bea capì che era arrivato il momento di agire. Lui era sempre più vicino, di certo non con buone intenzioni, e altri avrebbero potuto aggirarsi nei paraggi. Doveva agire ora.
"Quel vigliacco è rimasto nel suo ufficio, ha mandato lei per liberarsi di me." lo accusò allontanandosi di scatto. Gettò di lato la borsa, dopo averne estratto una pistola e averla puntata verso di lui.
"Mi dispiace, non potrà raccontare direttamente a Manuel come raggiungere l'eterna giovinezza." disse, prima di sparare il primo colpo, alla rotula della gamba destra.
"Accidenti a lei, questa non me l'aspettavo proprio." si lamentò l'uomo, piegato su se stesso.
"Bye." salutò Bea e lo colpì in piena fronte. Vide uno spettacolo straordinario: il corpo morto avvizzirsi e diventare simile a quello che sarebbe stato un uomo di centosessant'anni, se fosse stato ancora vivo, una prugna rinsecchita.
Manuel, che doveva essere poco lontano, accorse e sospirò di sollievo quando vide lei viva e quella specie di mummia stesa a terra. Bea lo fulminò e strinse la pistola convulsamente, indecisa se eliminare anche lui.
"Non ci crederai, ma sono contento che tu stia bene." le disse. La mano dellla ragazza si rilassò: in fondo era un brav'uomo, solo facilmente influenzabile.
"Vattene al diavolo." lo apostrofò lei "Ma prima raccogli la penna da quella cosa e dammele, se non vuoi avere dei problemi."
Lui gliela consegnò, non capendo quale era il problema.
"Missione compiuta." disse Bea parlandoci dentro "Vattene prima che arrivi la polizia, e... grazie."
Chi l'aveva aiutata, Roberto Conti, era un giornalista che di solito era suo avversario, sempre a caccia di scoop. Come vantaggio avrebbe avuto l'esclusiva su tutta la storia.
Poi si sedette a terra e attese che venissero ad arrestarla. Nel frattempo si chiese se avesse fatto bene a resistere alla tentazione che aveva avuto di uccidere anche Manuel. Sperò che la paura che aveva preso lo portasse a evitare di cercare fra le carte dell'avo. Se fosse uscita di prigione, avrebbe avuto un'altra missione: trovare e distruggere tutta la documentazione per produrre la maledizione.
La lotta del Bene contro il Male è infinita e quando s'intraprende una delle due strade è difficile abbandonarla. Bea ha scelto il Bene, la Verità e di non chiudere gli occhi davanti alle azioni di un mostro. E tu da cha parte stai?
  
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