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Autore: elyxyz    25/09/2013    19 recensioni
TRAMA: Arthur trova davanti a casa un cane abbandonato e la sua amica Gwen gli consiglia un veterinario di nome Emrys.
“Ma che cazzo…?” si lasciò sfuggire, appena messo piede nel vialetto, stringendo le palpebre per mettere a fuoco – fra la pioggia, la nebbia e le tenebre della sera – osservando la massa informe sul suo tappeto ‘welcome’ sotto al porticato buio. Un topo! Un dannato sorcio davanti alla sua porta!
(...) Brandendo l’ombrello rotto come avrebbe fatto un cavaliere medievale con la propria spada – o come un poliziotto con uno sfollagente – si avvicinò risoluto.
E fu allora che si accorse che il topo non era un topo.
Cioè… era un topo
, ma un topo-cane.
Lo stesso topo-cane che ora guaiva e scodinzolava verso di lui, grondando pioggia e bava sul suo tappeto immacolato.
[AU!Fic Merthur. Accenni ArthurxVivian nel passato. - 12 capitoli in totale, storia conclusa.]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Waiting for you

Eccoci giunti a scoprire il nostro protagonista pulcioso!

La descrizione dell’animale è parte integrante del capitolo. Le foto, invece, sono inserite a fine storia, per non rovinarvi la lettura.

 

Ho solo un’ultima cosa da ribadire: l’idiozia di Arthur avrà la sua spiegazione, come vi ho già anticipato nella precedente premessa.

 

 

Doverosamente dedicata al cucciolo d’uomo che mi renderà presto una zia orgogliosa.

Un pensiero speciale a chi ha recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).

A Burupya, misfatto, FlameOfLife, chibimayu, hiromi_chan, Barby_Ettelenie_91, Eresseie93, elisabethy92, Orchidea Rosa, katia emrys, DevinCarnes, Encha, Raven Cullen, aeron, Yuki Eiri Sensei, mindyxx, aria, crazyclever_aveatquevale e Rosso_Pendragon.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

 

Waiting for you

 

 

 

Capitolo III      

 

 

Anche se la visita doveva ancora effettivamente cominciare, assistervi innervosiva Arthur come se fosse stato lui stesso l’esaminato, perciò distolse lo sguardo, a disagio, e si ritrovò a riempire la bocca con la prima cosa che gli passava per la testa.

“È stata Guinevere Smith a darmi il suo numero- il tuo numero- il numero… – oh, accidenti! – il numero dell’ambulatorio!s’accalorò, vergognandosi per quella figuraccia assolutamente non nel suo stile.

 

“Ah, Gwen!” ripeté Merlin, mentre prendeva qualche goccia di gel da un dosatore, si massaggiava le mani e si accingeva a indossare dei guanti in lattice nuovi. “E come sta Lance? Ormai dev’essere guarito del tutto!”

 

Arthur s’era arenato di fronte alla familiarità con cui l’altro aveva nominato l’amica, quindi il fatto che quell’idiota conoscesse diminutivi e nomi di ogni padrone e animale era qualcosa di assurdo.

Ne ebbe la conferma un momento dopo.

 

Misha si è poi ripreso da quel brutto raffreddore, sì?”

 

“Chi è Misha?” si ritrovò a chiedere, perplesso.

 

Il veterinario gli lanciò solamente un’occhiata distratta.

“Il gatto di Elyan, no?”

 

Ok, d’accordo. Lui a malapena sapeva che Elyan aveva un gatto; che dovesse conoscere anche come si chiamava era un tantino troppo, per la miseria!

 

“Morto non è morto, altrimenti me l’avrebbe detto, quando… beh, ci vediamo spesso… visto che lavora per me”, bofonchiò, come scusante. Ma anche no.

 

Quindi… tu saresti Arthur, il Grande Capo, eh?” domandò retorico, con un mezzo sorriso sulle labbra.

 

“E da quando Elyan sparla su di me con te, durante le visite al suo gatto?” s’inalberò, incrociando le braccia, infuriandosi.

 

“Veramente è Gwen che ti nomina…” lo corresse, con un ghigno. “E generalmente tutto si risolve con lei che deve fissare un appuntamento per Lancelot con la clausola ‘se quello schiavista di Arthur mi lascia uscire dall’ufficio una mezz’ora prima’…

 

“Io non sono uno schiavista!” ruggì, arroventandosi.

 

“Stavo scherzando, rilassati…”

 

“Non mi rilasso, quando un idiota mi prende per i fondelli!”

 

Merlin arcuò le sopracciglia, decidendo di soprassedere sull’offesa.

Ma il cane sul lettino, di tutt’altro parere, cominciò a dimenarsi, abbaiando concitato come replica al tono agitato del suo tutore.

 

Shh… Su, dolcezza, calmati… Shh… È tutto ok…” Fu la persuasiva rassicurazione del veterinario, accompagnata con tocchi gentili e confortanti. “Il tuo padrone è solo un asino…”

 

“Ehi! Io non sono il suo padrone!” replicò suddetto asino, d’istinto, mettendolo in chiaro come prima cosa. “E non mi offendere, idiota!” calcò poi, incrociando le braccia. “E fare le moine a quel botolo non servirà a niente! Dio-solo-sa quanto ci ho provato finora! Si calmerà quando vorrà! Non funzionano né le buone né le cattive maniere e-” Arthur si zittì, di colpo, osservando esterrefatto l’uomo di fronte a lui chinarsi sul cane, per sussurrargli qualcosa nelle orecchie pelose, venendo ricompensato da un’annusata sulla manica del camice e da una generosa leccata.

 

Qualche istante dopo, la bestiola era zitta e seduta composta, completamente a suo agio.

 

Co-come ci sei riuscito?!” sbottò allora il giovane Pendragon, stupefatto. “No, aspetta, non dirmelo. Sei una specie di Patch Adams?” lo accusò quasi.

 

“Semmai, dovresti citare il dottor Dolittle,” lo contraddisse il medico, sorridendo a tuttotondo. “Comunque, no. Niente abracadabra!” dichiarò, alzando le mani a mezz’aria per sfarfallare le dita. “La mia magia si chiama ‘feromoni’”.

 

Arthur sgranò gli occhi: “Vuoi dire che puzzi da cane?!

 

Merlin si morse il labbro inferiore per non ridere e così innescare un’altra serie di colorite proteste o imprecazioni.

“No, altrimenti stamattina avrei puzzato anche da gatto, da criceto, da pappagallo, da drago barbuto e-

 

“Che diamine è un drago barbuto?!” sbottò l’altro, sconcertato.

 

“È un rettile sauro che-”

 

“Che schifo!” tagliò corto Arthur, interrompendolo ancora una volta.

 

“Dipende dai gusti…” tentò il medico, conciliante. “Ad ogni modo, io non puzzo”, precisò, per amor proprio. “E i feromoni, per chiudere la questione, generano appagamento e calmano l’animale”.

 

“Quindi… prima non gli stavi davvero parlando! Facevi finta!” gli appuntò l’altro, con soddisfazione.

 

“No, in realtà abbiamo anche parlato…”

 

“Beata ignoranza. Preferisco non sapere cosa vi siete detti…” Arthur impostò un tono di arrogante superiorità.

 

“Il tuo padrone è proprio un asino, eh?” bofonchiò Merlin, per ripicca, rivolto al cane con un atteggiamento di cameratismo, ricevendo in cambio un allegro scodinzolio.

 

“Cosa?!” saltò su il giovane Pendragon, nuovamente.

 

Il veterinario finse l’espressione più innocente del suo repertorio.
“Prego?”

 

“Ti ho sentito, sai?”

 

“Io e questa dolcezza stavamo chiacchierando e non è educato ascoltare le conversazioni altrui!” lo rimproverò, con finto sussiego. “E non avevi forse detto che preferivi crogiolarti nella beata ignoranza?”

 

“Non plagiare il mio cane!”

 

Ma hai appena detto che non è tuo!”

 

“Non lo è, ma…” Arthur arrossì di botto, infastidito dall’inconfutabilità dell’appunto.

 

“D’accordo, d’accordo…” cedette l’altro, magnanimo. “Se non altro, adesso sei meno preoccupato! Ma la visita vera sta per iniziare e, se rimanere ti crea problemi, puoi aspettare fuori, con Freya. Ti chiamo quando avrò finito…”

 

Arthur spalancò un’espressione sorpresa.

Quindi quell’idiota si era accorto… del suo disagio? E aveva tirato su tutta quella baracca assurda solo per distrarlo?

Deglutendo, fu seriamente tentato di accettare l’offerta. In fondo, non c’era niente di umiliante nel farlo. Ma il pensiero di restarsene fuori, in compagnia con la frigida, lo fece desistere di colpo.

 

“No, resto”, si risolvette, ricevendo in cambio un sorriso incoraggiante.

 

“Bene, allora… accomodati lì sulla sedia…” lo indirizzò il veterinario, accendendo un faretto posto sopra al lettino, accingendosi a compiere un’ispezione sul pelo.

 

“Ha una sbucciatura sulla zampa”, Arthur si sentì in dovere di avvisarlo.

 

“Me ne sono accorto, sì”.

 

“Ho cercato di pulirla, ma… beh, non sapevo di preciso cosa fare”.

 

“Hai agito bene, guarirà in fretta”, lo rassicurò Merlin, senza interrompere il suo esame.

 

Arthur rilasciò comunque un sospiro per la sua coscienza alleviata.

Poi arrischiò una sbirciatina, giusto in tempo per vedere che il veterinario stava provando alla bestiola la temperatura per via rettale.

 

Facendo una faccia disgustata, allontanò gli occhi da quello spettacolo sgradevole e, deciso più che mai a non ripetere l’esperienza, si ostinò a fissare ovunque, tranne che sul lettino medico, per tutto il resto della visita.

 

 

***

 

 

Si era convinto che avrebbe consumato il pavimento (e la soletta della sua costosa scarpa italiana) a furia di tamburellare con la punta per ingannare l’attesa. Aveva catalogato ogni cosa nella stanza – che fosse lecitamente lontana dal campo visivo incriminato – e coraggiosamente non voltò mai l’occhio, neppure quando sentì il pulcioso guaire un paio di volte. Fu tentato, sì. Ma resistette.

 

La liberazione avvenne all’improvviso, quando il dottor Emrys esordì con un: “Ecco!, abbiamo quasi finito!” che lo fece saltare in piedi, per raggiungerlo.

 

“È sano?” si ritrovò a chiedere, stranamente esitante.

 

“Come un pesce!” fu la risposta felice, che gli tolse dieci chili dallo stomaco. Arthur si ritrovò, contro ogni logica, a sorridere con altrettanto entusiasmo.

 

“Oh, bene! Perché questo bastard- dino” si corresse alla fine, per non sembrare uno zoticone, “mi ha-

 

Tutt’al più, si dice ‘meticcio’”, lo corresse il veterinario, interrompendolo, con un’occhiataccia di biasimo. “È un termine più gentile; e comunque questo non è un incrocio, è un esemplare Bichon di razza purissima”.

 

“No, no!” rise Arthur, incurante del rimprovero. È proprio un bastardo! Sapessi che notte mi ha fatto passare quel figlio di una cagna!” e lo additò, come per calcare sulla faccenda.

 

Nah!” Merlin scosse il capo, scettico. “Non ci credo!” lo contestò, e accarezzò il pelo della bestiola, tessendone le lodi. “Questa signorina è un vero bijou!

 

A quelle parole, il suo cliente spalancò la bocca, quasi comicamente.

 

Ma è… è una femmina?

“Beh, sì. Non te n’eri accorto?” gli domandò, forse un po’ stupidamente.

 

“In realtà… non avevo controllato”, ammise Pendragon, con riluttanza. “Ho dato per scontato che fosse un maschio e ho pensato che i testicoli non gli fossero ancora scesi perché era troppo piccolo!” si difese, a mo’ di scusa.

 

Il veterinario si era morso le labbra, cercando di restare serio.

“Sì, ma questa non è sicuramente un pene”, gli appuntò, sollevando il cane a mezz’aria. “I testicoli non gli scenderanno neppure tra cent’anni… perché è una signorina

 

“D’accordo. D’accordo”, Arthur, incredibilmente, ebbe la decenza di riconoscere la propria gaffe. “L’importante è che sia tutto a posto… Cosa hai capito dalla visita?”

 

Merlin si prese il tempo di osservare la bestia. “Come ti ho già spiegato, non è più un cucciolo. Ma dalla dentatura posso desumere che sia ancora molto giovane, avrà all’incirca un anno. La masticazione è perfetta, il peso regolare, è stata alimentata in modo sano e bilanciato, la pelliccia è curata a regola d’arte. Potrei scommettere che fa una toeletta completa in un centro estetico ogni settimana, e guarda come sono limate le unghiette” prese una zampina, accennando ad Arthur di controllare. “Un tocco da professionisti”.

 

“Una principessina, insomma. E perché mai Blair Waldorf è finita a casa mia?

 

Il dottor Emrys sollevò un sopracciglio, ironico, allargando impotente le braccia.

“Questo non sta a me dirlo!”

 

“Ma non ha un chip… o uno di quei tatuaggi per il riconoscimento?” ritentò Arthur, speranzoso, ma venne presto deluso.

 

“Purtroppo no”, ammise il medico, controvoglia. “Ho ritrovato i segni delle vaccinazioni; tuttavia… niente identificazione”.

 

Ma non è obbligatorio per legge?”

 

“Dovrebbe”, confermò il veterinario.

 

“E non ha neppure una fottuta targhetta! Un collare! Niente!

 

“A volte, i padroni non li mettono, per non rovinare il pelo attorno al collo: potrebbe essere un cane da competizione”.

 

“Per cosa? Per ilsalto in braccio’?” ironizzò Arthur, spazientito.

 

“Per i concorsi di bellezza...” corresse Merlin, solo per completezza.

 

Ma l’altro sbuffò, passandosi una mano tra i capelli, con frustrazione.

“Un cane così non te lo dimentichi per strada!”

 

“Effettivamente…”

 

“E nessuno nel mio quartiere ha visto niente! Cosa dovrei fare, adesso, secondo te?!”

 

“Vuoi il mio consiglio?”

 

Arthur lo guardò come se fosse scemo.

“È esattamente quello che ho appena fatto, sì”.

 

“Dunque… Quantomeno, se fossi in te, lo terrei fino a lunedì. Magari, nel frattempo, uscirà qualche avviso di smarrimento, e tenterei di chiedere nuovamente nella zona dove l’hai trovata…”

 

“È il cortile di casa mia!”

 

“Beh, prova nei dintorni!” rifece. “Prepara un manifesto con la sua foto, un recapito e distribuiscilo. Forse qualcuno ti darà risposta o potrà aiutarti… Una buona ricompensa funziona come incentivo, in questi casi, ma stai attento a chi risponderà… Qualcuno potrebbe approfittarsene. È un magnifico cane, dopotutto”.

 

“Uhm… d’accordo”, concesse, infine. “E… e se nessuno lo reclamasse?”

 

“La domanda giusta è: se fosse impossibile reperire il suo padrone, cosa farai?” puntò il veterinario. “Hai intenzione di tenerla?”

 

Tenerla, io?! Oh, non scherzare!” si schermì Pendragon, sollevando le palme delle mani. “Non è nemmeno una possibilità!”

 

“Perché?”

 

“Perché francamente non so neppure da dove incominciare per occuparmene! Non ho mai avuto animali e non sono la persona più indicata per lei!

 

Ma se questo cane ha scelto te, un motivo ci sarà”, disse fatalista.

 

“Sì,” concordò Arthur. “È perché ha un senso di sopravvivenza molto basso”, ironizzò con una smorfia. Ma il veterinario sorrise, mostrando una chiostra di denti perfetti e bianchissimi, e Arthur si ritrovò ad arrossire, come non succedeva da… da secoli.

 

“Secondo me, stai solo sottovalutando il tuo potenziale…” lo lusingò Merlin, ammiccando. “Magari, quando ha cercato rifugio alla tua porta… aspettava proprio te”.

 

“Allora ha sbagliato indirizzo!” lo freddò, dopo un attimo di distrazione.

 

“E se qualcuno te l’avesse affidato di proposito?”

 

“Ma mi hai visto?!

 

“Sei arrogante, bello e ricco sfondato? Sì, difficile non notarlo…”

 

Arthur sentì le guance andare a fuoco e si schiarì la gola, giusto per sicurezza.

Mh… no, intendevo dire… che sono completamente impedito con gli animali… penso che si veda lontano un miglio! Non ho mai posseduto un cane o un gatto, né un criceto oppure un pesce rosso, giusto per chiarire. E non credo che le zanzare contino come esemplare domestico, giusto?

 

“Magari lei è il tuo regalo di Natale in anticipo!

 

“Sinceramente, la considero più come unDolcetto o scherzetto?’ per Halloween di cattivo gusto…”

 

“Dovresti dare più credito al suo istinto animale”, ripeté il dottor Emrys, stavolta facendosi serio, puntando lo sguardo sulla bestia che giocava tranquillamente. “La mia esperienza mi dice che, se lei ti ha scelto, c’è un perché…

 

Il giovane Pendragon parve riflettere su quest’affermazione così sofista, ma poi prevalse il suo spirito pratico. Quello che – nella vita privata e negli affari – lo aveva abituato a stringere in mano le redini di tutte le possibili varianti, anche le più improbabili, per avere sempre tutto sotto controllo.

 

Dunque… Poniamo per un istante l’assurda ipotesi in cui io sia propenso ad accollarmi questa rogna… cosa dovrei aspettarmi, esattamente?”

 

“Lei è un Bichon Frisé, che è un cane di razza proveniente dalla Francia e-

 

Quindi è francese!” lo interruppe Arthur, sconcertato. “Gesù, dovrò rimpinzarla di paté de foie gras e brioches?”

 

Merlin rise, sbuffando dal naso.

“Dio, no! Parleremo in un secondo momento della sua dieta, ok?

 

“D’accordo…” convenne Pendragon, riluttante.

 

Quindi l’altro riprese da dove era stato fermato: “È un cane da compagnia, ama i bambini, ed ha un carattere gioioso e affettuoso. Socializza velocemente e non abbaia troppo”.

 

Arthur sollevò un sopracciglio per tacita protesta.

 

“Un po’ sì, non puoi pretendere un cane perfetto!” lo difese Merlin.

 

“Continua… anche se sembri un’enciclopedia…

 

Il dottor Emrys fece finta di non capire, perciò riprese: “Non è un cane da guardia, ma è scaltro e può percepire eventuali pericoli e avvisarti.

Tendenzialmente è un po’ testardo, ma si adatta ai vari ambienti. Può vivere perfettamente in un appartamento, anche se ama stare all’aria aperta.

Gli piace fare un po’ la primadonna – forse litigherete un po’, per questo”, ironizzò il veterinario, dopo aver preso le misure caratteriali del tipo davanti a lui. “Ma è intelligentissimo e furbo, è un cane da compagnia perfetto e amorevole. Senza contare che, cosa da non trascurare, è sempre docile ai comandi…

 

Ma se non mi ascolta per niente!” sfogò allora Arthur, alzando la voce. “Se dico:seduto!’ oppure ‘zitto!’ non mi dà retta!”

 

“Credo che non vi siate capiti”, disse il veterinario, con faccia seria.

 

“Certo! Parliamo due lingue diverse!” controbatté Pendragon, prendendolo per i fondelli. Ma il suo interlocutore indirizzò l’attenzione verso la bestiola e pronunciò un paio di parole secche, dall’accento duro, che Arthur non riconobbe, e subito il cane abbandonò il gioco e si mise sull’attenti.

Dopo un secondo comando, la bestia si risdraiò a terra, con docilità.

 

“Visto?” chiese Merlin, retorico.

 

Arthur spalancò la bocca, come se fosse davanti ad un miracolo in diretta.

M-ma come…?”

 

“È stata perfettamente addestrata”, gli spiegò il veterinario. “Ma parla solo tedesco…”

 

“Oh, fantastico! Siamo in patria inglese e ho una sottospecie di barboncino francese che parla tedesco!” ironizzò. “Dio salvi la Regina!”

 

“Come te la cavi col popolo dei würstel?”

 

“Per tua informazione,” premise lui, piccato. “Parlo correttamente francese, giapponese, spagnolo e ovviamente inglese. Ah!, e un po’ del dialetto cantonese di Hong Kong”.

 

“E il tedesco no?”

 

Arthur fece una smorfia: “Non c’è mercato, per la mia azienda, in quelle zone. Non siamo interessati”.

 

“Posso comunque darti un biglietto con i comandi già scritti nella loro pronuncia; ti assicuro che non è difficile impararli: con meno di venti parole, andrete d’amore e d’accordo!”

 

“Ti ricordo che non ho ancora deciso se tenerla o no…

 

Merlin si strinse nelle spalle. “Beh, è già qualcosa! Osserva questo:Hier!’ vuol dire Vieni”.

 

Un momento dopo, infatti, il cane trotterellò accanto a loro.

 

Sitz!” ordinò il veterinario, e subito la bestiola lo accontentò, accomodandosi sul talloni. “Significa Seduto”, spiegò, a beneficio di Arthur, che lo osservava interessato. “Platz!” comandò poi Merlin, facendo stendere a terra l’animale. “Vuoi provare tu?” E prima di aspettare una vera e propria risposta, scarabocchiò su un foglietto un elenco di parole e glielo porse.

 

“Tenta con questo…” gli suggerì il dottor Emrys, invadendo il suo spazio personale e accostandosi a lui in modo fin troppo familiare, tanto che Arthur poteva sentire il profumo del suo dopobarba, mentre l’uomo indicava un punto preciso tra le prime righe dell’elenco.

 

Arthur lo valutò, stranito, come se fosse stato l’incomprensibile formula di un incantesimo arcaico, poi cercò di ricomporsi. Ma il foglio restava comunque illeggibile.


Sitz = Seduto > pronuncia > SIZ

“Hai una grafia allucinante!”

 

“Come tutti i medici! Non lo sapevi?” lo punzecchiò il veterinario, dopo una breve risatina. “D’accordo, poi te lo riscrivo a computer…

 

“Direi che è meglio!” bofonchiò l’altro, adocchiando ora il foglio ora il cane, titubando.

 

Dai, prova!”

 

S-ssiz…” farfugliò, sbracciandosi con la mano dall’alto in basso.

 

Ma l’esperimento risultò un fiasco.

 

“Non agitarti e non gesticolare. Basta la voce a comandare”, lo corresse il dottor Emrys. “Ritenta”.

 

E quando Arthur riprovò, con successo, un enorme sorriso gli fiorì sulle labbra, mentre Merlin gli offriva un’incoraggiante pacca sulla spalla. “Visto?” domandò retorico, mentre il giovane Pendragon prendeva gusto nel dirigere i movimenti del cane, che lo ascoltava obbediente.

 

“A saperlo prima!…” si lasciò sfuggire, rispondendo all’entusiasmo del medico. “Almeno adesso sopravvivrò fino a lunedì!”

 

“È pur sempre un buon inizio!”

 

“A proposito di inizio…” rifece Arthur, pensieroso. “Di solito… cosa si dovrebbe fare in questi casi? Devi rivaccinarla per precauzione? Oppure… è già stata sterilizzata?”

 

“Beh… Per quello, temo che sia già troppo tardi…” temporeggiò Merlin, chinandosi per prendere in braccio la bestiola. “Eh, principessa?” domandò poi, retorico, venendo ricompensato da una festosa leccata sulla guancia.

 

“È… è incinta?!” La voce di Arthur uscì sottile come un sussurro, ma il suo corpo vibrò, per il contraccolpo, come se avesse preso un pugno vero nello stomaco.

 

“Sì, ho il forte sospetto che sia…”

 

 Una troia. Come Vivian.

 

“…gravida. Direi che è quasi una certezza, dai sintomi. Dovrei farle un’ecografia per esserne certo, stavo giusto per accennartene e-” il veterinario s’interruppe, osservando l’uomo davanti a lui sbiancare. “Arthur? Ti senti bene?”

 

“No, no, no”, farfugliò Pendragon, con ansia, asciugandosi il sudore freddo dalla fronte con una mano che tremava leggermente, scattando in piedi con l’intento di raggiungere l’uscita – una via di fuga.

 

Se l’era spassata con qualcuno e sperava di affibbiare a lui il pacchetto regalo.

Quella zoccola! Come Vivian!

 

Ma lui non voleva avere niente a che fare con nascite indesiderate e cuccioli e…

Madri.

 

M-mi dispiace. Devo andare”, tartagliò, incoerente, respirando affannato. “O-occupatene tu fino a lunedì. Fai quel che devi. Non mi importa il prezzo, ma lasciami in pace!” urlò, sentendo la nausea strisciare fino in gola e la vista annebbiarsi, mentre il battito cardiaco gli martellava le orecchie.

 

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

Perché la storia si stava ripetendo?

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Nella storia c’è un riferimento all’omonimo filmPatch Adams’ e ‘Dr. Dolittle’ e al telefilm ‘Gossip Girl’, col personaggio di Blair Waldorf, ricca, viziata, egocentrica, subdola e orgogliosa snob dell’alta società di Manhattan.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D

E a Laura, che si sciroppa le anteprime con un entusiasmo che mi commuove.

Note: I sintomi descritti nel finale sono la spia di un attacco di panico. Ce ne sono altri, ma non sempre sono tutti presenti contemporaneamente.

 

Ovviamente ci voleva un po’ di dramma, a complicarci la vita, altrimenti questa fic sarebbe stata di una noia mortale! XD

 

Le descrizioni del Bichon Frisé sono prese dal web. Per questa fic, ho volutamente cercato un cane che avesse il pelo simile alla pecora, con il mantello arricciato ‘a cavatappi’.

 

Le parole usate come comandi sono quelle comuni per l’addestramento in tedesco. Per comodità, qui e in futuro, ho preferito riportarle come si scrivono e non come si pronunciano, tranne l’esempio che fa Merlin.

 

Vi consiglio di tenere a mente, per i tempi futuri, la riflessione di Arthur sulla misurazione rettale della febbre. XD

 

Ed ecco alcune foto (che non mi appartengono) di un Bichon Frisé adulto e cucciolo:

 

 

Image and video hosting by TinyPic

 

 

 

 

Due anticipazioni del prossimo capitolo:

 

“Hai spesso di queste crisi?” s’interessò Merlin, inaspettatamente.

 

Arthur scosse il capo, a disagio. “Questa è… la terza volta”.

 

E con la mente rivisse il primo esordio.

La paura annichilente nel perdere il controllo del proprio corpo.

Il terrore che lo sopraffaceva, la certezza di essere sul punto di morire mentre il cuore gli esplodeva nel petto e l’aria – dannazione – l’aria non arrivava nei polmoni. Non abbastanza per respirare. Non per sopravvivere.

E tutto questo si fondeva con l’umiliazione.

L’umiliazione, sì. Le urla di suo padre. Vivian. Le sue lacrime false.

 

(...)

 

“Devi trovarle un nome. Anche se non è tua. Anche se lunedì, o forse prima, potresti doverle dire addio. Devo preparare il suo fascicolo e mi serve un modo per chiamarla. I nomi in rosa sono per le femmine”, gli spiegò in aggiunta, malgrado fosse un’ovvietà. Poi si accinse a predisporre l’occorrente per l’ecografia.

 

Arthur azzardò un’occhiata alla cagnetta, nuovamente stesa sopra al tavolo medico. Quel topo-cane-pecora gli stava decisamente complicando la vita. E lui non aveva mai scelto un nome prima d’ora. Perché cominciare oggi, se tanto avrebbe dovuto dirle addio? Tzé, stupida pecora pelosa!

 

Per un lungo, infinito istante, il nome si formò nella sua mente, nitido e raccapricciante: Pecorella Pendragon.

No, cazzo. Non sia mai.

 

 

 

Mi ha piacevolmente stupita la risposta all’inizio di questa fic. Ringrazio i 13 utenti che l’hanno messa fra i ‘preferiti’, i 3 ‘da ricordare’ e i 63 ‘seguiti’.

Su, non siate timidi! Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate, ora che la storia sta ingranando! ^_=

 

 

Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):

  • Linette 80 arriverà fra pochi giorni, compatibilmente con i miei impegni di lavoro.
  • Ho aggiornato la raccolta comica post!5x13: The Once and Future… Prat. col cap. 8.

 

 


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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche costruttive.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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