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Autore: nothing but a shadow    25/09/2013    4 recensioni
Quella notte non riusciva a trovare una posizione che lo soddisfacesse abbastanza da riuscire a dormire, e per quanto cercasse di sforzarsi a pensare che fosse semplicemente l'agitazione pre concerto, Alex sapeva benissimo cosa fosse, almeno in parte, a turbarlo. “E' solo una stupida proposta, non sei costretto ad accettare. Perché ti fai tutte queste seghe mentali per qualcosa di così stupido?”
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Gaskarth, Altri, Jack Barakat, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Incompiuta
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You're just a daydream away.


Jack controllò meticolosamente l'ora sull'orologio a parete della stanza per la terza volta nell'arco di sette minuti. Ogni volta sembrava passare un intervallo di mezz'ora, quando in realtà erano passati solo pochi minuti. Aveva l'impressione che il tempo si fosse fermato soltanto per torturarlo e fargliela pagare per qualcosa che lui proprio non capiva. Rivolse uno sguardo a Rian e Zack, evidentemente troppo ubriachi per ricordarsi anche solo i loro nomi. Sorrise alla scena prendendo un sorso della sua birra, non precisamente dell'umore di unirsi ai suoi due amici in qualche pazza nottata. Il suo sguardo finì nuovamente sull'orologio, che segnava a malapena la mezzanotte, e in seguito sul corpo di Noah, in piedi davanti a lui con un un drink che Jack non identificò propriamente, non che la curiosità di sapere cosa fosse lo stesse torturando. Il moro si sedette affianco a lui accoccolandosi al suo braccio, e lui gli accarezzò i capelli dolcemente, sorridendo a malapena. Il minore alzò lo sguardo, contemplando il suo sorriso meraviglioso. Non poteva ancora credere a quella sua fortuna, gli sembrava ancora di essere nel più meraviglioso dei suoi sogni, tra tutti gli incubi.
Jack ricambiò lo sguardo e incollando le labbra a quelle di Noah. Era felice con lui, ma qualcosa semplicemente non quadrava del tutto. Non provava più le stesse emozioni di quel pomeriggio, quando i suoi occhi si erano persi in quelli dell'altro e aveva sentito le scosse percorrergli interamente il corpo, facendogli rivalutare il colpo di fulmine. Continuò a baciare passionalmente l'altro, ma era come se non lo stesse facendo. Tutto gli appariva come una realtà parallela, forse per colpa in parte dell'alcol. Si sentiva come se quel contatto non stesse nemmeno accadendo, come se fosse in dormiveglia e stesse sentendo addosso il peso delle azioni che stava compiendo nel suo sogno. Si staccò da lui, che continuò a stargli vicino.
La sua mente nuotava in una marea di pensieri, tanto che aveva paura di annegare. Non sapeva perché fosse successo tutto così, fino a poche ore fa Noah gli era sembrata come la persona giusta per tutta la vita, come se volesse lui e solo lui. Ma poi era come se un qualche avvenimento gli avesse scombussolato l'anima, svegliandolo da quel sonno che lo rendeva cieco. Il problema era semplicemente che non capiva quale quell'avvenimento fosse. Quando per la prima volta lui e il minore si erano trovati, non aveva provato assolutamente niente, se non calore nelle sue labbra. Niente stomaco attorcigliato, niente brividi, niente amore. Era un rapporto vuoto, ma forse era solo perché in realtà il suo cuore era impegnato a pensare a tutto ciò che era successo con Alex. Due giorni erano bastati per scombussolargli l'intera vita. Cosa sarebbe successo con Alex? Sarebbero rimasti senza parlarsi per molto? Alex lo odiava? Perché si comportava così?
Jack si sentì male a quei pensieri, era come se il loro rapporto si fosse incrinato. Fino a pochi giorni fa, riusciva quasi a leggergli nella mente e ora non riusciva nemmeno a capire i suoi comportamenti; qualcosa era cambiato, e il pensiero lo tormentava. William era la cosa più bella che gli fosse capitata nella vita, la sua ancora, la sua forza, la sua vita sopra tutto, e non poteva permettersi di perderlo senza fare niente.
Nel backstage lo aveva lasciato andare pensando che volesse stare semplicemente da solo, ma aveva guardato scrupolosamente ogni suo passo, e a ognuno di questi gli sembrò sentire la terra tremargli sotto i piedi, e una voragine aprirsi in mezzo a loro due. Avrebbe dovuto corrergli appresso e stringerlo tra le sue braccia, ma non lo aveva fatto. Non lo aveva fatto e non ne capiva assolutamente il motivo, altra prova che qualcosa tra loro fosse cambiato. Jack aveva paura che quello fosse l'ultimatum e che le cose non sarebbero più tornate come prima. Trovava quei pensieri un po' stupidi, dato che lui e il suo migliore amico avevano litigato milioni di volte e il loro rapporto si era solo che fortificato.
Ma quella volta era diverso, riusciva a percepirlo, se lo sentiva nelle ossa. Non si erano urlati contro, non si erano lanciati oggetti random. Si erano scontrati silenziosamente, senza esprimersi a voce. Si erano feriti senza usare oggetti,, o forse era solo lui a farsi paranoie inutili.
Ma se erano solo paranoie, perché Alex non era lì, con loro, a festeggiare? Perché si era allontanato senza più tornare?
Chiuse gli occhi. Senza più tornare. Era davvero quello il modo in quei dovevano andare le cose?
Se lui e Alex non si fossero più nemmeno guardati in faccia, le cose avrebbero avuto conseguenze troppo grandi da portarsi in spalla. Cosa ne sarebbe stato della band? Si sarebbero sciolti? Come poteva Jack permettere questo, solo perché le sue gambe non volevano scollarsi dal divano per andare a parlare con Alex e risolvere tutto?
Ma sarebbero bastate le parole?
Sentì gli occhi velarsi di lacrime, ma li strizzò impedendogli di uscire. Non voleva perdere Alex, anzi, non poteva perderlo, per nessuna ragione al mondo. Mando mentalmente a fanculo le sue gambe, e si costrinse ad alzarsi da quel divano che lo stava inghiottendo, dividendolo da Alex.
«Dove vai?»
Ecco, si era dimenticato quel piccolo particolare che era Noah. Avrebbe dovuto dirglielo? Infondo non stava facendo nulla di male se non andare a chiarire col suo migliore amico.
Ma un campanello di allarme gli suonò in testa avvertendolo che non era una buona idea. Seguì il suo istinto e gli mentì, dicendogli che si sentiva la testa scoppiare e che aveva bisogno di silenzio e riposo. Pregò mentalmente che non gli chiedesse di andare con lui e la fortuna quella sera sembrò essere dalla sua.
Inspirò profondamente l'aria fresca della notte e camminò fino al loro hotel. Raggiunse la camera di Alex e bussò piano.
«Alex, sono Jack.»
Nessuna risposta. “Perfetto, non vuole vedermi.”
Riprovò una, due, tre volte ma nulla. Aggrottò le sopracciglia, Alex non era così infantile da non rispondergli in quel modo, che stesse dormendo?
O forse non era in albergo.
Jack era ufficialmente confuso. Decise di scendere in reception per chiedere se fosse rientrato, ma la risposta fu negativa.
Imprecò mentalmente ma poi si sentì quasi mancare. Alex era solo, chissà dove a fare chissà cosa, di notte.
La mente di Jack cominciò ad immaginarsi le peggiori situazioni e si sentì terribilmente in colpa. Avrebbe dovuto fermarlo quando era in tempo, nel backstage, invece di comportarsi da bambino immaturo.
Perlustrò tutto il cortile dell'albergo ma non c'era traccia del suo amico. Poteva essere ovunque, da dove poteva cominciare?
«Dannazione.»
Girò per un circa un'ora, tornando anche al locale di prima e all'arena del concerto, ma invano. Stava iniziando seriamente a preoccuparsi.
Si sedette su una panchina e prese il telefono. Aveva già provato a chiamarlo ma era spento. Si prese il viso tra le mani, sprofondando nella propria disperazione.
Non riusciva mai a pensare alla probabilità positiva; se c'era un 50% di probabilità positivo e un 50% negativo, lui si aggrappava automaticamente all'ultima metà, senza poterci fare niente. Era automatico e inevitabile, e lo odiava. Voleva vedere il lato positivo delle cose almeno in quell'occasione.
Sì ricordò di quella volta nel tourbus, quando c'era stato un guasto e tutti...
«Ma certo!»
Il moro si alzò e cominciò a correre il più veloce possibile verso il parcheggio, doveva essere lontano circa un chilometro da lì. Il pensiero di trovare Alex lo motivò a correre, nonostante la pioggia che stava cominciando a bagnarlo completamente. Sorrise automaticamente quando l'immagine dell'amico gli si materializzò davanti agli occhi, sentendo già il suo calore così familiare. Erano stati divisi solo per poche ore ma già gli mancava da morire, lui dipendeva da Alex, era la sua droga personale, non poteva pensare di vivere una vita senza di lui, piuttosto sarebbe morto.
Continuò a correre ignorando le sue gambe che gli imploravano pietà e i brividi di freddo causati dalla felpa ormai zuppa. Non poteva fermarsi, doveva continuare, doveva raggiungerlo. Doveva essere lì, per forza.

Aprì il portellone del tourbus attento a non fare rumore, trattenendo il fiatone e cercando di tornare a respirare normalmente, inspirando dal naso ed espirando dalla bocca. Si aggrappò ad un mobile piegando le gambe e il busto in avanti, cercando di recuperare un po' di energie. Si guardò intorno, ma non vedeva Alex.
La sua espressione mutò, e senti il suo cuore perdere un battuto. Ma in quel momento di silenzio, riuscì a scorgere distintamente il suono della chitarra acustica del biondo. Riprese colore a quel suono, sorridendo di nuovo.
«Mi farai morire.» sussurrò sorridendo, camminando silenziosamente fino alla zona delle cuccette e incontrando il corpo di Alex con lo sguardo. Era seduto a gambe incrociate sul suo letto, suonando dolcemente le note e cantando, nascosto nella penombra. Rimase ad ascoltarlo in silenzio.
«We would go out on the weekend to escape our busy lives. And we'd laugh at all the douche-bag guys chasing down their desperate wives. I would drink a little too much, you'd offer me a ride, and I would offer you a t-shirt, and you would stay another night...»
Il biondo mollò la presa sulla chitarra, appoggiandoci la testa. Jack non riusciva a vedere il suo viso, ma era sicuro che stesse... piangendo.
Si avvicinò cautamente e si piegò sulle sue ginocchia davanti all'altro, così da poterlo fronteggiare. Questo alzò la testa e alla vista di Jack si asciugò le lacrime. «Che cosa vuoi?»
«Perché stai piangendo?»
«Non ti riguarda.»
«Ma voglio saperlo.»
«E cosa succede se io non voglio dirtelo?»
Jack soffiò una risata.
«Succede questo.»
Il minore si buttò sopra il corpo di Alex, facendo cadere la chitarra. Cominciò a solleticarlo ignorando tutti i calci che gli stavano arrivando e le implorazioni di pace. Ascoltò la sua risata divertita e un po' infastidita e lo trovò il rumore più bello del mondo.
«Va bene va bene mi arrendo, hai vinto!»
Alex sbuffò un'ultima risata asciugandosi una lacrima dall'occhio destro, mentre Jack smetteva di solleticarlo ma rimanendo in quella posizione, sopra di lui.
Sì sentiva strano, ma uno strano piacevole, in quella posizione. Avevano dormito insieme quasi tutte le notti della loro vita, ma non si erano mai ritrovati in una situazione simile. Ma diamine, non voleva spostarsi da lì.
Alex non lo guardava, teneva la testa bassa rivolta alla direzione opposta. Jack gli alzò il viso con due dita, affogando i suoi occhi nei suoi. Nonostante il buio, riusciva a scorgerci ogni sfumatura. Ormai li conosceva a memoria, quegli occhi. Le loro labbra erano paurosamente vicine, e Bassam voleva solo affogarci dentro.
Cosa stava pensando? Alex era il suo migliore amico.
E allora perché si stava avvicinando impercettibilmente a lui?
Il maggiore chiuse gli occhi, poteva percepire il calore del suo respiro. Aspettò, ma le labbra d Jack non arrivarono. Riaprì gli occhi per trovare l'amico a pochi millimetri da lui, i loro nasi si toccavano.
«Non posso.»
Il minore si alzò dall'altro, tornando sui suoi piedi.
Ecco, quella era una delle sensazioni peggiori del mondo. Quell'imbarazzo sovrastante che si crea dopo un bacio mancato. Aggiungiamoci che il bacio mancato era tra due migliori amici da una vita.
Alex aprì la bocca per parlare ma la richiuse immediatamente, senza trovare nulla da dire. Voleva davvero sapere cosa stava succedendo, voleva davvero dire qualcosa a Jack, ma non sapeva esattamente cosa. Era confuso come mai nella sua vita, e sperò davvero che l'amico trovasse qualcosa da dire per aprire il discorso, perché se la responsabilità fosse ricaduta su di lui, allora sarebbero stati tutta la sera muti come pesci.
Jack si schiarì la gola, sedendosi ai piedi del letto, con lo sguardo basso e le dita intrecciate. Non aveva il coraggio di guardare Alex in faccia.
Aveva fatto la cazzata più grande del secolo, anzi del millennio. E anche se non era andato a fondo con la faccenda, sapeva che aveva decisamente qualcosa da spiegare.
Il problema era che non sapeva cosa spiegare e soprattutto come spiegare qualsiasi cosa fosse. Non sapeva nemmeno lui perché aveva quasi fatto quello che aveva quasi fatto, come poteva spiegarlo a qualcun altro?
La sua mente stava disperatamente cercando una risposta a tutte le domande che galleggiavano in essa, senza risultato tuttavia.
“L'award per il più coglione diasagiato dell'anno va a Jack Barakat.” sospirò. Doveva fare qualcosa in fretta e la cosa lo mandava nel panico più totale. In che razza di situazione si era cacciato?
«Umh...»
Si schiaffeggiò mentalmente. “Seriamente Jack? Umh?!”
Alex si schiarì la gola, coprendosi la bocca con un pugno.
«Credo che... dovremmo, sì insomma, beh, gli altri saranno in pensiero?»
«Uh. Credo... credo di si, è ok.»
Il minore si alzò seguito dal biondo, ed entrambi uscirono dal tourbus. Camminarono fino all'hotel appesantiti dal silenzio che regnava tra di loro. Era tutto così strano. Jack e Alex, i due idioti che non riuscivano a stare cinque minuti insieme senza ridere che camminavano silenziosamente imbarazzati. Chiunque avesse visto quella scena senza sapere, avrebbe pensato che fosse una qualche specie di strano scherzo, o che si fossero fatti di qualche sostanza altamente depressiva.
Quando raggiunsero le loro camere, entrambi si sentirono un po' sollevati, Alex meno di Jack.
Lo guardò entrare silenziosamente nella sua stanza, senza pregarlo per passare la notte con lui. Avrebbe tanto voluto che ci fosse stato un temporale improvviso così forte da causare un blackout nell'intero albergo, così l'amico sarebbe sicuramente scappato dalla sua stanza per andare ad abbracciarlo nel suo letto, tremando.
Ma purtroppo fu il rumore della porta chiudersi che lo fece risvegliare dai suoi pensieri. Si guardò intorno.
Era solo.
Chi voleva prendere in giro? Anche se fosse arrivato un uragano Jack non avrebbe scelto lui. Avrebbe sempre scelto Noah. Ora c'era lui a difenderlo, ad amarlo.
Sospirò, aprendo la porta della sua stanza per poi richiuderla delicatamente, quasi avesse paura a fare qualsiasi rumore. Si buttò sul letto affondando la faccia nel cuscino.
Il silenzio intorno a lui gli permetteva di udire chiaramente i rumori che provenivano dall'altra camera. Sentì un gemito di piacere che gli fece stringere lo stomaco. Chiuse gli occhi lasciando che le lacrime gli ustionassero le guance e si addormentò così, con gli occhi troppo pieni d'acqua e il cuore troppo pieno di un amore sbagliato.

Note: un applauso a me che ho aggiornato velocemente! *yay* Forse è un po' corto, ma non mi andava di allungarlo maggiormento perché sarei finita per ripetere le stesse cose over and over again (?) 
So che mi odierete per questo capitolo *schiva i pomodori*, ma boh, sono una che ci va mooolto piano quindi se vi stuferete di aspettare e abbandonerete la fanfiction vi capirò, davvero. *sob*

 

  
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