Note inutili di inizio
capitolo: Atsushi e Masaki vivono assieme in un
appartamento di Tokyo. La canzone utilizzata è “Per fare a meno di te” di
Giorgia, colonna sonora del film "Solo un Padre" con quel figone di Luca Argentero~ consiglio l’ascolto durante la lettura (?)
.Per fare a meno di te
Per fare a meno di
te
Non so dove me ne andrò
Che cosa inventerò
Non se lo
ricordava nemmeno, il motivo per cui avevano litigato.
Ricordava
solo che avevano urlato, avevano urlato talmente tanto che solo ripensarci gli faceva dolere le orecchie.
Non
ricordava dove avesse trovato il coraggio (o la
vigliaccheria) per prendere le sue cose ed andarsene immediatamente, non
ricordava nemmeno come quell’idea gli fosse venuta in mente, non ricordava
perché fosse stato così stupido.
Ricordava
solo che non era mai successo nulla del genere, prima di allora. E ricordava che tutto era partito da lui.
Atsushi non aveva mai alzato la voce a quel modo.
Non riusciva
nemmeno a ricordare se lo avesse chiamato, quando
aveva sbattuto la porta di casa per andare via. Se lo
aveva fatto, poi non era uscito a fermarlo.
Per fare a meno di
te
Io no non mi
sveglierò
Non ti ricorderò
Quando
era tornato ad Inazuma-Cho, Hiroto
non gli aveva fatto domande. Nemmeno Ryuuji, in
realtà, ma da Hiroto si sarebbe aspettato qualche
commento del tipo “te l’avevo detto” o qualche insulto ai danni di Atsushi. Lo aveva sperato,
perché almeno avrebbe potuto urlargli contro e dirgli
che non era vero, che era stata solo colpa sua. Magari dicendolo ad alta voce
si sarebbe davvero reso conto di quanto era successo, o qualcosa del genere.
Ma Hiroto non aveva fatto domande.
Non
ricordava nemmeno quanto tempo era passato, ricordava
solo che faceva male.
E la
notte quando si svegliava il letto era stretto e di fianco a lui non c’era
nessuno. Quindi preferiva dormire.
Si era
convinto di non doverci pensare, perché se Atsushi avesse davvero tenuto a lui lo avrebbe seguito, e invece non
lo aveva fatto.
Gli
toglieva il respiro, solo pensarci.
Non
riusciva davvero a ricordare quel giorno.
Forse
stava piovendo.
Ma le
loro urla erano così forti che avrebbero potuto coprire la pioggia.
Non lo
voleva ricordare, perché si sarebbe sentito peggio. Ancora più stupido.
Quando guardo il cielo cerco te
Distrattamente
guardo il cielo e cerco te
E mi sollevo
A volte
sperava che Atsushi lo cercasse. Che
lo chiamasse, che si facesse vivo, che gli chiedesse scusa.
Doveva chiedergli scusa, perché non
l’aveva seguito. Perché gli aveva permesso di
andarsene.
Bastava
il suono del campanello. La vibrazione del cellulare. Sobbalzava, e correva a
vedere. E rimaneva sempre deluso.
Perché Atsushi non lo avrebbe cercato, non
dopo che l’aveva fatto urlare a quel modo. Doveva odiarlo davvero.
Passava
le sue giornate a guardare fuori dalla finestra della
sua stanza, in silenzio.
Con Hiroto e Ryuuji scambiava le
parole necessarie.
E Hiroto non faceva domande.
Per fare a meno di
te
Non so quanto cuore avrò
Io mi difenderò
Non lo avrebbe
chiamato lui. Era troppo orgoglioso per farlo. Troppo impaurito di vedersi mettere di fronte ad una realtà che lo
avrebbe fatto stare ancora più male. Perché
l’eventualità che Atsushi gli dicesse di non volerlo
davvero vedere mai più lo terrorizzava.
Ma
non sentirlo era ancora peggio. Sentiva di essergli ormai del tutto
indifferente, perché non lo cercava. Non gli aveva chiesto di dimenticare tutto
e fare come nulla fosse, come se quel pomeriggio di
pioggia (se pioveva, poi) non ci fosse mai stato.
Non lo
avrebbe chiamato lui perché Atsushi non gli stava
dimostrando di tenerci.
Non gli
aveva chiesto di rimanere.
Non lo aveva fermato.
Questa
consapevolezza gli faceva torcere lo stomaco e seccare la gola. Perché significava aver tirato troppo la corda. Che Atsushi non ne aveva potuto più.
Che come tutti gli altri, come ogni singola persona della sua vita, non aveva retto e aveva lasciato che si spezzasse. Era durato
più di tutti, ma nemmeno lui ci era riuscito.
Si era
fidato di Atsushi. Si era
aperto, si era abbandonato a lui, e in cambio aveva lasciato che la corda si
spezzasse esattamente nel momento in cui era più vulnerabile. Era così egoista.
Lo odiava così tanto.
Quando guardo il cielo cerco te
Distrattamente
guardo il cielo e cerco te
E mi sollevo
Eppure
sperava davvero di ritrovarselo sulla porta di casa, a sorridergli in quel suo
modo da idiota. E a prenderlo per i fianchi e
baciarlo. Se lo avesse fatto davvero, avrebbe anche
fatto a meno delle scuse, non gli interessavano.
Perché
non avrebbe resistito un giorno di più, con il terrore
nelle ossa e Hiroto che non gli faceva domande, senza
potersi sfogare, fermo a guardare fuori dalla finestra della sua stanza, a
cercarlo con lo sguardo quando sapeva perfettamente che non sarebbe venuto.
Se
lui era orgoglioso, Atsushi era vigliacco. Non sarebbe venuto, si era detto. Si era arreso al fatto che non
si sarebbe sistemato nulla. Aveva perso fiducia.
Per colpa
di Atsushi.
Per colpa
sua.
Sulle circostanze il
tempo scivola
È sopra di noi
Per
questo quando il campanello suonò, quel giorno non si mise a correre verso la
porta.
L’infinito sceglie
la sua lacrima
-Ehi, per
caso hai invitato qualcuno a casa?- gli urlò Ryuuji.
No, non
aveva invitato qualcuno a casa, perché non voleva vedere nessuno e solo un paio
di persone sapeva fosse tornato.
Il petto
quasi gli esplose, quando si rese conto che quella era la prima visita
inaspettata dal giorno in cui aveva rimesso piede ad Inazuma-Cho.
Si alzò
dal letto, ancora in pigiama, e si mise a correre vero la porta al piano di
sotto, inciampando sui suoi stessi piedi.
Incrociò Hiroto per il corridoio, che lo guardava in silenzio.
Lo superò
ed aprì la porta con il fiatone, uno stupido sorriso che gli si allargava in
volto.
Dove cercare
Qualcosa di più
Shindou,
dritto in piedi davanti alla porta, gli sorrise -Ehi!
Come stai?- lo salutò, porgendogli una busta –Passo
perché sono di strada. Kirino mi ha chiesto di
portarti questi.-
Per fare a meno di
te
Lo
guardò, in silenzio, lasciando ricadere le mani lungo i fianchi, mentre il più
grande gli diceva qualcosa circa vecchi videogiochi da restituire.
Quando guardo il cielo cerco te
Distrattamente
guardo il cielo e cerco te
Gli occhi vagarono per un attimo oltre le spalle
dell’altro, come a cercare traccia di Atsushi, come mancasse
il dettaglio più importante, come se non andasse bene e ci fosse qualcosa di
tremendamente sbagliato in tutto quello, ma non trovarono nulla. Shindou continuava a parlare, facendogli domande. Lo richiamò quando si accorse che non lo stava ascoltando.
Spostò lo sguardo su di lui, in silenzio. Poi lo ringraziò
a bassa voce e prese la busta. Ignorò il sorriso triste che Shindou
gli rivolse, perché sapeva che sapeva. Che non era lì per i
videogiochi o stupidaggini simili, ma per accertarsi delle sue condizioni.
Lo aveva sicuramente mandato Kirino. Gli sorrise
quando gli chiese se stesse bene. Poi lo salutò, la delusione che bruciava in
mezzo al petto, e prima di chiudere la porta lanciò un’ultima, vana occhiata
fuori di casa.
E scioccamente mi sollevo
Si poggiò alla porta. Hiroto era
ancora in corridoio, e non diceva niente.
Lanciò la busta per terra e si fissarono per qualche secondo.
Hiroto gli impose di raccoglierla. Lui gli disse che se la poteva raccogliere da solo. Hiroto fece per aggiungere altro, ma lui gli urlò contro,
perché non voleva ascoltarlo, perché non aveva fatto domande. Ryuuji arrivò allarmato e cercò di
calmarlo, ma lo ignorò e salì in camera sua, le lacrime che già scendevano
bollenti sul suo viso congestionato.
Non rivolse un’occhiata alla finestra come faceva di
solito, per controllare scioccamente che Atsushi
fosse lì fuori.
Perché ormai ne era certo.
Non sarebbe mai arrivato.
Su con te.
Quando il
campanello suonò di nuovo, pochi minuti dopo, nascose
il viso nel cuscino, perché non voleva sentirlo più.
Ma
nessuno andò ad aprire, e suonò di nuovo.
Una volta
ancora.
E
ancora.
Imprecò e
si alzò dal letto, asciugandosi gli occhi con rabbia, e per la seconda volta
scese al piano di sotto.
Con sua
enorme rabbia, Hiroto era in salotto. Lo vide
lanciargli uno sguardo veloce e sospirare, scuotere la testa e tornare ai fatti
suoi, dandogli ai nervi, mentre quel dannato campanello continuava a suonare.
La aprì
furente, quella porta, urlando qualcosa su quanto fosse
irritante quello scampanellio.
E sgranò
gli occhi, e le parole gli si bloccarono in gola, quando lo sguardo bicromo di Atsushi
incontrò improvvisamente il suo, in modo quasi casuale.
Boccheggiò
senza fiato e si aggrappò alla porta, gli occhi che, scioccamente, gli si
riempivano di nuovo di lacrime.
-… Ehi, Masaki.-
Su con te
Su con te~
*
Non posso
far finire male un’AtsuMasa. AHAHAHAHAH CI AVETE CREDUTO-- Cioè no, come posso. Si amano troppo per finire
male—OTP!!!!! *saltella in giro
Comunque.
Buon AtsuMasa + Shindou Day *A*! (si, la presenza di Shindou è dovuta a questa giornata, 25/9. Si, sto male. Si,
prima al posto di Shindou c’era Kirino
ma sh-)
Sinceramente
ho finito di scrivere questa fic, che avevo cominciato
tipo un mese fa ma okkei (?) in un momento di
depressione post-scuola, ma adesso mi è presa talmente a bene che mi dispiace
aver fatto soffrire entrambi così- no- scusate-
Che poi,
al solito, io ho tutti i miei casini mentali (?) e robe varie quando scrivo
sull’AtsuMasa, perché insomma ci sarebbe così tanto da dire su di loro che scriverei pagine e pagine.
Che
dire. Qui ho immaginato una loro “rottura” (tra virgolette perché pls, solo immaginare questo loro dividersi per quanto, due
settimane? Mi ha distrutta psicologicamente) a seguito
una discussione. Allora. Sappiamo com’è fatto Masaki,
sappiamo com’è fatto Atsushi.
Masaki è orgoglioso, cocciuto e anche abbastanza
egoista dal punto di vista sentimentale (nel senso che pretende di essere
capito senza dare indizi e se la piglia ammale se non
succede, o se una persona decide di non volersi più impegnare a farlo); Atsushi è pigro, vigliacco ed egoista dal punto di vista
della relazione (?) (“tu sei mio pls cazzo vai che fai rimani con me ehi esisto solo io per te
hai capito cosa eh” eccetera (?)). Cosa
succede qui (?). Masaki sbrocca
ad Atsushi. Atsushi
stavolta reagisce, e reagisce male. Masaki decide di andarsene, perché, più che arrabbiato o offeso, è ferito, forse spaventato da quello che ha fatto,
perché non ha mai visto Atsushi in condizioni simili,
quindi torna a casa da Hiroto e Ryuuji.
Masaki
non cerca Atsushi per orgoglio. Per paura. Perché sa
di avere esagerato, ne è consapevole. Ma nonostante
questo dà la colpa ad Atsushi.
Perché “avrebbe dovuto trattenerlo”. Scusate, sono
monotona, lo so, ma per me il personaggio di Masaki
si riassume tutto attorno a questo concetto. Fare del male alle persone che ha
intorno, per vedere quanto durano, ed ovviamente vederle demordere, per potersi
convincere di non essere amato ed iniziare così un circolo vizioso
in cui fa soffrire le persone che gli stanno vicine, che quando si arrendono
fanno soffrire lui e così via. E’ per questo che lo amo così
tanto, è un personaggio totalmente contraddittorio, che ha un modo di
pensare assurdamente contorto ma altrettanto semplice da comprendere.
E
nonostante voglia convincersi di odiare Atsushi, di
avercela con lui, non può fare a meno di sperare che lo cerchi un’altra volta,
che vada da lui. E no, alla fine delle scuse non gli
importa niente, vuole solo che tutto ritorni come prima.
E per
Atsushi, per Atsushi è
difficile. Atsushi è un vigliacco. E a sua volta si
sente in colpa, perché non voleva far andare via Masaki, non voleva urlargli contro. Ma
è anche consapevole di non essere nel torto. Di doversi aspettare lui qualcosa,
da Masaki. E quindi aspetta.
Aspetta in ansia, ed anche se sa che seguendo la logica dovrebbe essere Masaki a chiamarlo, sta male. Quindi
monta sul primo treno e lo raggiunge a casa sua.
La fic si
conclude con lui fuori dalla porta e basta, ma se
continuasse, probabilmente Masaki gli urlerebbe che
lo odia. Che lo odia perché tornando davvero da lui,
dimostrandogli palesemente che la corda non si è spezzata e che non gli frega
niente che continui a scappare, che lo andrebbe sempre a riprendere per
portarlo indietro, gli ha dimostrato che si sbagliava. Che ha fondato la sua
intera esistenza sul comportarsi in un certo modo con tutti coloro
che gli si sono avvicinati e che ha, inconsciamente o meno, allontanato, per
nulla. Gli dimostrerebbe che è nel torto, che lo ama, che ha perso fiducia in
lui senza motivo. Che ha messo da parte i suoi difetti (la
pigrizia e l’egoismo) per lui. E non gli frega niente altro.
Anche Atsushi gli direbbe che lo odia. Perché lo fa stare male per cose di cui di solito non
avrebbe tenuto conto.
Si odiano
perché si amano (oh, che poesia-- *cade*), si odiano per non ammettere di
amarsi, e non possono fare a meno di amarsi, e credo sia un qualcosa di feelingoso a palla proprio-
Poi. Masaki e Hiroto. Negli headcanon miei e della GemeH (shinkocchi_), Hiroto odia Atsushi, perché pls osa stare con
il suo bambino (?). Masaki vorrebbe usarlo un po’
come punchingball, egoisticamente, urlandogli addosso. Ma
Hiroto non lo accontenta, perché pur nell’odio da
gelosia paterna (?) che prova per Atsushi, sa (con
suo enorme rammarico, pls il suo bambino-) che non
abbandonerebbe
Ok,
taglio qui, perché OMG ho scritto un papiro—è che di AtsuMasa parlerei tutto il giorno- scusate- non so manco
che ho scritto-
Spero che la fic vi sia piaciuta <3
Alla
prossima <3
Greta.