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Autore: memi    26/03/2008    6 recensioni
[“Sasuke…”
La testa le girava. Come mai la testa le girava? Non ricordava. Avrebbe dovuto ricordarlo? L’ultima cosa che ricordava era del nero. Del nero profondo, a dire il vero, scuro quanto la notte più cupa e fonda. Nero a cui era poi seguito altro nero, ma diverso stranamente. Sakura provò a sforzarsi, a cercare di ricordare cosa fosse successo, ma la sua testa girava troppo per impedirle di spaziare nella vasta aria dei ricordi.]
Sasusaku per la mia tex Sae, per il suo mesiversario, perché davvero si merita questo ed altro.
Genere: Romantico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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In God’s Hands

[Nelle mani di Dio]

 

[“Guarda Sakura-chan!”

“Sono margherite…”

“Se le vuoi, te le raccolgo, Sakura-chan!”

“Siamo ninja, non femminucce”

“Sasuke…”

“Femminuccia a chi?!? Ripetilo se ne hai il coraggio‼”

“Naruto, ti prego, non cominciare a…”

“Tsk. Andiamo”]

 

“Sasuke…”

La testa le girava. Come mai la testa le girava? Non ricordava. Avrebbe dovuto ricordarlo? L’ultima cosa che ricordava era del nero. Del nero profondo, a dire il vero, scuro quanto la notte più cupa e fonda. Nero a cui era poi seguito altro nero, ma diverso stranamente. Sakura provò a sforzarsi, a cercare di ricordare cosa fosse successo, ma la sua testa girava troppo per impedirle di spaziare nella vasta aria dei ricordi.

E così lasciò che per una volta (ancora una volta, invero) fossero i ricordi ad avere la meglio. Dopotutto, non poteva esserci nulla di sbagliato in quello. No?

[“I ricordi sono pericolosi, Fronte spaziosa”]

Ino. La sua migliore amica, in fin dei conti. L’unica sua vera amica. Aveva avuto ragione quasi su tutto, alla fine (“se Sasuke ha scelto la strada della vendetta, niente lo fermerà. Neppure il tuo amore, Sakura”). Ma su quello, Sakura ne era sicura ormai, si stava sbagliando.

Dopotutto Ino che poteva saperne di ricordi, quando era così legata al presente?

Lei non sa cosa significhi vivere per i ricordi. Lei non sa cosa voglia dire lottare per mantenere in vita quei ricordi. Lei non l’ha mai saputo. Che può mai saperne lei… Scrofa.

 

[I looked at your face I saw

That all the love had died
I saw that we had forgotten

To take the time

Ti ho guardato in volto e ho visto
Che tutto l'amore era finito
Ho visto che avevamo dimenticato
Di prenderci del tempo]

 

Il soffitto della sua stanza era azzurro.

Non bianco. Azzurro.

Che strano, non ricordava di averlo dipinto. Doveva essere stata sua madre. Quando l’aveva fatto? Non se n’era accorta, prima di allora. Forse l’aveva fatto dipingere da poco. Magari era per farle una sorpresa. Le piaceva? Non sapeva dirlo con certezza. Non era molto brava con i colori, lei. Ino sì, invece. Ino era perfetta ad abbinare i colori.

[“Quante volte dovrò dirtelo, che il rosa non si accosta con il nero, Fronte spaziosa?”

“Perché no, Scrofa?”

“Perché insieme sono un vero delirio!”

“Oh. Capisco”]

Ma non capiva, a dire il vero. Anche se aveva detto di sì. Anche se aveva smesso di abbinare rosa e nero insieme.

Non capiva, Sakura, e lui le diceva spesso che c’erano molte cose che le sfuggivano. Ma lui se n’era andato. Così, all’improvviso (calpestando i suoi sogni, e il suo amore, e il suo cuore), se n’era andato e l’aveva lasciata sola, sola con tutte quelle cose che non capiva.

[“Perché, perché se n’è andato?”

“Io…”

“Dimmi Naruto: perché se n’è andato?”

“Io…”

“Non capisce che io muoio – sigh! – senza di lui?”

“Io te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]

La testa continuava a pulsare, dolorosa, e il soffitto bruciava ai suoi occhi verde foglia che da qualche tempo avevano imparato ad apprezzare soltanto il nero.

Nero di una notte senza stelle – infinita.

Nero di un oblio senza fine – eterno.

Nero di un dolore profondo – il suo.

Eppure in tutte quelle indistinte sensazione (sfumature di reali emozioni), il suo cervello narcotizzato aveva registrato la presenza di mille altri piccoli dettagli che davvero, non potevano coincidere con la storia che si era raccontata. Anche se avrebbe voluto. Anche se sarebbe stato più semplice, credere di trovarsi nella propria stanza ridipinta di azzurro. Anche se, sarebbe stato meno doloroso, continuare ad immaginare.

Ma tutte le notti avevano una fine, prima o poi, giusto?

E l’azzurro si sarebbe sostituito al nero – di nuovo – anche se era maledettamente ingiusto.

Ancora un po’ di nero, ti prego. Soltanto un altro po’.

Ed era così vivido l’odore di ciliegio da penetrarle prepotente nelle narici, scendendo giù, sempre più giù, a toccare e ad aizzare emozioni che credeva di aver perduto, forse per sempre, senza quel nero a fargliele ricordare.

[“Io te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]

Promesse, ancora promesse. Così tante promesse da averne la testa piena. Forse perciò girava tanto?

Provò a rimettersi in piedi, quanto meno seduta, ma quel dolore dapprima represso si accanì con veemenza su di lei. Pulsava, pulsava, perché pulsava tanto, la testa? Non ricordava. Perché non ricordava? Avrebbe dovuto ricordarsene, vero?

C’era qualcosa che le sfuggiva. I conti non tornavano. Perché non era nel suo letto? Perché era da sola, in quella distesa sconfinata di petali di ciliegio? Dov’era finito Naruto?

Lui era sempre stato con lei (almeno lui), senza mai lasciarla sola o abbandonarla. Non era scappato, non era andato via (almeno lui, calpestando i suoi sogni, e il suo amore, e il suo cuore). Eppure non c’era accanto a lei, in quel sentore di vita che le era rimasto nel petto.

Perché non c’era Naruto, accanto a lei?

Perché continuo a rimanere sola? Perché…

[“Perché sei una sciocca, Sakura”]

Sasuke.

Sempre lui. Ancora lui. Costantemente lui.

Anche se la trattava male. Anche se non lo meritava (e non lo meritava, non lo meritava davvero). Anche se, senza indugi, aveva calpestato tutto ciò che c’era da calpestare. Senza voltarsi indietro. Mai. Anche se lei gli aveva gridato di amarlo e lo aveva supplicato di non lasciarla, di portarla con sé (“sarò invisibile, invisibile se me lo chiederai!”).

Ma non era colpa sua, dopotutto. Non potevano prendersela con lui, se non era colpa sua, no? Era lei che dovevano incolpare, soltanto lei. Non comprendere o giustificare, lei non meritava tutte quelle attenzioni. Lei era solo un’egoista, ecco. Perché nessuno riusciva a capirlo?

Si accanivano tanto, contro Sasuke – il suo Sasuke-kun – senza capire che in verità la colpa era tutta sua. Unicamente sua. Perché lei era stata una sciocca – una sciocca! – e non aveva saputo capire come stargli vicino (un’altra cosa da aggiungere alla lista delle cose che non capiva). Senza saper leggere, in quegli occhi indelebilmente neri (di un nero profondo e infinito), che l’amore stava scivolando via trasportato da un’insana sete di vendetta. Senza riuscire a ricordare, davvero, che sarebbe bastato soltanto un altro po’ di tempo, per rianimare quel cuore ferito – leccando le ferite, ricucendo i punti in cui il sangue continuava a sgorgare.

 

[I, I saw that you couldn't care

Less about what you do
Couldn't care less about the lies
You couldn't find the time to cry

Ho visto che non riuscivi a dare
Meno peso a quello che facevi
Non riuscivi a dare peso alle bugie
Non riuscivi a trovare il tempo di piangere]

 

L’aveva visto cambiare, piano ma inesorabilmente, e tutto ciò che era stata in grado di fare era di rimanere immobile a guardarlo. Senza muovere muscolo, soltanto ascoltando il suo respiro cambiare e i suoi occhi macchiarsi di un profondo rosso – il rosso dello Sharingan, di Itachi, della vendetta.

E quando lui era andato via, quella maledetta sera estiva (nero, ancora nero), tutto ciò che era stata capace a fare era gridargli il proprio amore, come se quello da solo potesse bastare a compensare una vita di solitudine. Illusa. Davvero c’aveva creduto, che fosse possibile?

Sì.

C’aveva creduto. Illusa. Nascosta in quella nuvola d’illusione che le impediva di aprire gli occhi, di scorgere il temporale che si profilava all’orizzonte. Perdendosi in quelle bugie, raccontate come favole per placare il suo animo inquieto. E c’aveva creduto, aveva creduto in tutto, persino in Naruto, senza sapere che anche quelle erano bugie. Altre, tante altre bugie. Ancora bugie.

[“Io te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]

Ma Naruto adesso non c’era con lei. Non c’era! Dov’era Naruto?

Lui aveva promesso… Lui aveva promesso che non l’avrebbe abbandonata (almeno lui, almeno Naruto), che non l’avrebbe mai lasciata sola. Lui aveva promesso, anche, che gli avrebbe riportato Sasuke. Ma dov’era Naruto, adesso?

Lei era sola, sola. Perché Sasuke se n’era andato (calpestando i suoi sogni, e il suo amore, e il suo cuore) e Naruto era scomparso, lasciandola sola con quelle pulsazioni a ricordarle di aver dimenticato tutto – bizzarra ironia della sorte.

Non voglio rimanere sola. Perché devo sempre rimanere sola? Perché le cose non possono tornare, quelle di un tempo?

Intanto un vento leggero aveva preso a veleggiare, tirandosi dietro anche gli ultimi petali rosei dei ciliegi ormai spogli. Giocherellando con loro, in una danza dal gusto agrodolce, prima di lasciarli a terra a dar compagnia a tutti gli altri petali stanchi, in una distesa sconfinata di rosa (il rosa che non si abbinava, al nero intenso).

La testa continuava a pulsare, impazzita, come se le fosse stato lanciato contro un mattone. Sakura, istintivamente, si portò la mano destra sulla nuca, la parte che più le doleva, e fu sorpresa di scorgere le sua mani macchiate di un rosso intenso quando se le riportò al volto.

Sangue.

Ecco perché, la sua testa pulsava tanto.

[“Ah. Sakura”]

“Sasuke”

La sua mano si strinse a pugno, quasi in modo meccanico, mentre sul suo volto compariva l’ombra di un antico sorriso.

Sasuke l’aveva colpita.

Come allora, come quella maledetta sera estiva, Sasuke l’aveva colpita. Alla testa. E a quel nero – il suo nero – era sopraggiunto altro nero, ma diverso stranamente. Doveva essere svenuta, sì. Perché Sasuke l’aveva colpita, proprio come quella sera, anche se – adesso – erano passati anni da quella maledetta sera e lei non gli aveva ancora gridato il suo amore (non ancora, Sasuke l’aveva colpita). Illudendosi ancora, povera sciocca, di poter ricompensare una vita di solitudine soltanto con il proprio amore.

Senza accorgersi – non era brava a capire le cose, lei – che intanto il tempo passava e il suo Sasuke-kun aveva dimenticato come si faceva ad amare. O forse, tristemente, non aveva mai imparato a farlo davvero. E lei, che tanto si era illusa di aver portato un po’ d’amore in quella vita piena di solitudine, non era stata proprio in grado, alla fine, d’insegnargli come si faceva.

E allora forse, avrebbe fatto meglio a rimanersene distesa in quel letto di petali rosa ad attendere che la morte venisse a riprenderla, piuttosto che sforzarsi ad alzarsi per tentare ancora una volta di rimettere insieme i cocci di una vita ormai persa.

[“Perché ti ostini tanto a voler ritrovare Sasuke, Sakura?”

“Tu non capisci, Ino. Lui ritornerà”

“Ti stai solo illudendo, Fronte spaziosa. Sasuke ha tradito Konoha e l’ha fatto di sua spontanea volontà”

“Tu non lo conosci come lo conosco io, Scrofa. Sasuke non ha mai veramente tradito Konoha. È Konoha che ha tradito lui, lasciandolo solo nel momento del bisogno”

“Continui a difenderlo, allora. Anche adesso che non ha difese”]

Le gambe tremavano, faticando a trovare un equilibrio che sapesse sorreggerla in piedi. Quando alla fine sembrarono riuscirci, in qualche modo, e le fitte alla testa iniziarono a diminuire d’intensità, Sakura alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi verde foglia lontano, saettando su tutta la radura alla ricerca di un appiglio da cui cominciare.

Ricordava, come un sogno lontano, di aver percorso quello stretto sentiero assieme a Naruto. Ricordava indistintamente dei respiri affannosi, dei cuori scalpitanti nei petti, mentre gli occhi bramavano alla ricerca di qualcosa. Ricordava adesso anche quella radura, profilatasi all’improvviso davanti ai loro occhi, che aveva segnato senza volerlo la fine della loro corsa.

[“Sasuke-kun”

“Ah. Sakura”]

Sasuke, il suo Sasuke-kun. Bello come lo ricordava, sì. Di poche parole ancora, irrinunciabilmente. Nero come sempre, sul serio. Semplicemente: Sasuke-kun.

E il cuore si era riacceso, plasmato dal nuovo soffio di vita che quel nero (“soltanto un altro po’, per poter vivere ancora”) gli aveva soffiato contro. Con ogni probabilità, senza neppure saperlo. Perché lei non capiva tante cose, questo era vero, ma lui non ne sapeva tante altre. Sakura all’inizio aveva creduto che lui sapesse tutto, sapesse fare tutto. Ma si era sbagliata. Sasuke non sapeva fare tante altre cose. Sasuke, ad esempio, non sapeva come andavano trattate le ragazze, o come ci si doveva comportare con il proprio sensei.  E non sapeva – davvero non lo sapeva – il suo Sasuke-kun come si faceva ad amare. Non l’aveva capito, ecco. Ma non era colpa sua. Sasuke non aveva colpe, semplicemente non poteva saperlo, da solo.

Era colpa sua. Ecco, era tutta colpa sua, di Sakura. Avrebbe dovuto insegnarglielo (avrebbe dovuto saper insegnarglielo) quando ne aveva avuto la possibilità, quando lui ancora non aveva tradito (quando Konoha ancora non l’aveva tradito). Eppure continuavano a prendersela con lui, con lui che non c’entrava niente. Perché nessuno aveva capito, che l’unica da incolpare in quella storia, era solo lei?

[“Continui a difenderlo, allora. Anche adesso che non ha difese”

“Finché vivrò, Ino”]

Era quello l’amore, no?

Avrebbe soltanto voluto, capirlo prima, ecco. Soltanto quello – per non lasciarselo scappare via dal pugno molle della sua mano.

Non rifarò lo stesso errore, Sasuke-kun.

 

[We forgot about love
We forgot about faith
We forgot about trust
We forgot about us

Ci siamo dimenticati dell'amore
Ci siamo dimenticati della fede
Ci siamo dimenticati della fiducia
Ci siamo dimenticati di noi]

 

Cos’era successo poi? Non ricordava, la testa pulsava con ancora troppa foga per permetterle di ricostruire il puzzle di avvenimenti. Ricordava Naruto, sempre accanto a lei (almeno lui, almeno Naruto), e ricordava Sasuke, il nero dei suoi occhi scolpito nella memoria e nel tempo.

Tuttavia c’era qualcosa che le sfuggiva, ancora. Era lì, da qualche parte. Provò a ripercorrere di nuovo quegli attimi, gli ultimi prima che Sasuke la colpisse, come allora, come quella maledetta sera estiva – la sera in cui lei aveva allentato il pugno della sua mano, illudendosi che bastasse il suo amore per riempire una vita di solitudine, e l’aveva lasciato sfuggire via senza essere capace a fermarlo.

C’era Naruto, e c’era Sasuke, e c’era lei, affogata in quel nero intenso. E poi… Cosa c’era, poi? Assottigliò gli occhi, mentre dei rumori lontani – reali o ancora illusione? – si affacciavano alla sua mente.

[“Sasuke-kun”

“Ah. Sakura”

“Quel mantello… Come hai potuto, Sasuke-kun?”]

No.

No, no, no.

Non era possibile. Era impossibile. Doveva essere impossibile – soltanto illusione, per favore, soltanto illusione.

[“Mi dispiace, Sakura”]

E Sasuke l’aveva colpita, e tutto era diventato nero, e i ciliegi si erano trasformati nel suo letto mentre lei cadeva a terra svenuta. Perché Sasuke l’aveva colpita, come allora, e l’altro aveva riso, sguaiato. Il pezzo mancante del suo puzzle.

Madara Uchiha.

[“Mi dispiace, Sakura”]

Di cosa, Sasuke? Di averla colpita, o di aver indossato quel mantello? Per cosa, Sasuke-kun, per aver tradito lei (lei che non lo meritava, che lo aveva sempre difeso anche quando non c’erano più difese, che aveva almeno provato ad insegnargli cos’è l’amore)? Seguendo le orme del fratello che aveva tanto odiato, calpestando tutto il resto, bruciando senza remore tutto ciò che a fatica avevano costruito. Insieme. Il Team sette.

[“Mi dispiace, Sakura”]

Per cosa, Sasuke? Perché sei diventato anche tu, alla fine, un’altra pedina nelle mani dell’Akatsuki, nelle mani di Madara Uchiha?

Sasuke-kun…

Come avrebbe fatto a difenderlo, adesso, se lui continuava a sottrarle difese? Se lui continuava a ferirla, a pugnalarla al petto? Se lui continuava a non sapere cosa fosse l’amore?

Come aveva potuto, dimenticare ogni cosa? Come aveva potuto, cancellare quei ricordi? Come aveva potuto, come? Quando lei e Naruto non avevano fatto altro, in quei tre anni, che vivere per quegli stessi ricordi, per quell’amore, e per quella fede, e per quella fiducia, che tanto faticosamente avevano tentato di mettere in piedi?

Come hai potuto, dimenticarti di noi, Sasuke-kun?

E le lacrime scendevano dai suoi occhi di foglia, mentre il suo cuore mancava immancabilmente i battiti, ferito. L’ennesima ferita. L’ennesimo dolore. E Sasuke aveva dimenticato tutto, e aveva indossato il mantello dell’Akatsuki, seguendo un ideale non suo, calpestando tutto ciò che c’era mai stato di bello, ignorando i ricordi, cancellando quel noi.

[“Continui a difenderlo, allora. Anche adesso che non ha difese”]

Si asciugò le lacrime, Sakura, rimettendosi a fatica in posizione eretta. Senza neanche accorgersene, senza un preciso ordine, le sue gambe si erano mosse verso quel lontano rumore, anche se era difficile stabilire con certezza se fosse un suono reale o un’altra illusione ad aggiungersi al resto.

Sasuke aveva dimenticato tutto, ma non era colpa sua. Non poteva essere colpa sua, perché semplicemente Sasuke non aveva avuto nessuno in quei tre anni a ricordargli quell’amore, quella fede, quella fiducia e quel noi. Lei sì, però. Lei aveva sempre avuto una buona memoria per ricordare le cose – Sasuke ricordava solo quello che voleva ricordare, il resto lo accantonava in un angolo intriso di polvere. Lei, aveva sempre avuto Naruto e il sensei a ricordarle, senza volerlo, le spoglie del Team sette (tutto ciò che ne era rimasto, incompleto).

Lei, aveva abbastanza ricordi per entrambe.

Ti aiuterò io, Sasuke-kun, a ricordarti di noi.

[“Finché vivrò, Ino”]

 

[Now our love's floating out the window
Our love's floating out the back door
Our love's floating up in the sky in heaven
Where it began back in God's hands

Adesso il nostro amore sta galleggiando fuori la finestra
Il nostro amore sta galleggiando fuori alla porta sul retro
Il nostro amore sta galleggiando su nel cielo in Paradiso
Dove è tornato nelle mani di Dio]

 

La radura finiva proprio lì, in cui le voci iniziavano.

Immersa nel rumore dei ricordi, Sakura non aveva fatto caso al sinistro fruscio e all’odore (di morte) che si respirava già nell’aria. Ma adesso il sentore era scomparso, le voci erano diventate chiare e distinte, l’illusione si era dileguata.

E lei camminò, il passo zoppicante – non si era neppure accorta di essersi fatta male al ginocchio – e il cuore che batteva aritmico invocando pietà. Un’altra illusione. Forse.

Sasuke. Naruto.

E nei suoi pensieri c’era sempre lui. Prima lui. Prima di Naruto, prima persino di lei.

[“Finché vivrò, Ino”]

La voce era quella di Naruto, certamente. La risata sguaiata, invece, era quella dell’altro: Madara Uchiha. Sasuke non parlava – era sempre stato di troppe poche parole, lui – e non rideva – non aveva più nulla da ridere, davvero. Eppure fu la prima persona che vide, Sakura, affacciandosi tra quegli arbusti ormai spogli (“il mio cuore lo riconoscerà sempre, sempre”).

Sasuke era il Sasuke di sempre. Il suo Sasuke-kun. Lo stesso nero nel volto e negli occhi, profondo e infinito in una notte senza stelle. La katana stretta nella sua mano, eppure non combatteva Sasuke-kun. E Naruto si batteva, invece, contro quell’altro Uchiha. E lei lo sapeva, alla fine, che era tutto in onore di una vecchia promessa.

[“Io te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]

Ma lei era ancora troppo stordita – il sangue rattrappitosi nei capelli rosa confetto – per registrare con sufficiente velocità i movimenti del suo compagno di squadra. Il combattimento era un’arte, ma lei era troppo intinta nel ruolo di musa per riuscire a percepire i movimenti dell’artista.

Basta, ti prego, basta. Sasuke, Naruto… Basta.

Nessuno l’udiva, però, e lei si chiese svilita se dalla sua bocca fosse uscito davvero del suono. Mentre Sasuke era lì, fermo con la sua katana stretta nel pugno della sua mano (quel pugno che lei non aveva saputo tenere saldo), e guardava impassibile la scena consumarsi dinanzi ai suoi occhi. Senza combattere, senza parlare, senza ridere.

Di un nero spento.

Dove ci ha portati, tutto questo odio? Sasuke-kun, non vedi… Non vedi come ci siamo ridotti, per seguire quei maledetti obiettivi?

Sasuke-kun…

Sasuke-kun, non vedi come ti sei ridotto tu? Ti rivoglio com’eri, Sasuke. Rivoglio il mio Sasuke-kun…

 

[You said that you had said all that you had to say
You said “baby it's the end of the day”
We gave a lot but it wasn't enough
We got so tired that we just gave up

Hai detto di aver detto tutto quel che dovevi dire
Hai detto "tesoro, è la fine del giorno"
E abbiamo dato tanto ma non è stato abbastanza
Ci siamo talmente stancati che ci siamo arresi]

 

E la sensazione era più o meno quella di sempre: un infinito senso di vuoto. Mentre Naruto si lanciava all’attacco di Madara che, prontamente, schivava il colpo. Mentre Sakura si scopriva a piangere, di nuovo, come sempre.

Basta, Sasuke-kun, davvero. Ti rivoglio com’eri. Rivoglio il mio Sasuke-kun…

Ma Sasuke rimaneva immobile, con la sua katana stretta nella morsa della sua mano e i suoi occhi irrimediabilmente vuoti. Vuoti, come il suo cuore. Neh allora dov’era finito – avrebbe voluto chiedergli – tutto quell’amore che lui nemmeno sapeva di riuscire a provare? Dov’erano finiti quei ricordi, e quella fiducia, e quella fede? Dov’era finito, il suo Sasuke-kun?

[“Forse, ci siamo solo illusi, Sakura-chan. Forse non c’è mai stato niente”

“Smettila di parlare così, Naruto. Questo non sei tu. Tu non ti arrendi mai, perché vuoi cominciare da adesso? Lo sai, lo sai anche tu, che vale la pena ogni sofferenza pur di riavere ciò che avevamo. Per riavere, il nostro Sasuke”

“Hai ragione, Sakura-chan. Se quello stupido ancora non è con noi, è perché non abbiamo dato abbastanza. Daremo di più. Te lo riporterò indietro, Sakura. Davvero”]

Sasuke aveva anche potuto dimenticare – perché lui tendeva a ricordare solo le sciocchezze – ma lei e Naruto no. Loro non avrebbero lasciato che il tempo cancellasse ciò che era stato (ciò che ancora, avrebbe dovuto essere). Loro avrebbero combattuto, perché nessuna notte avrebbe depennato mai ciò che il giorno aveva creato.

Per quanto stanchi potevano essere, l’arrendersi non sarebbe mai rientrato nei piani.

Mai.

Ti riporteremo a casa, Sasuke-kun. Io e Naruto. E ritorneremo quelli di un tempo, finalmente.

 

[Now our love's floating out the window
Our love's floating out the back door
Our love's floating up in the sky in heaven
Where it began back in God's hands, back in God’s hands.
We didn't respect it
We went and neglected it
We didn't deserve it
But I never expected this

Adesso il nostro amore sta galleggiando fuori la finestra
Il nostro amore sta galleggiando fuori alla porta sul retro
Il nostro amore sta galleggiando su nel cielo in Paradiso
Dove è tornato nelle mani di Dio.

Non abbiamo avuto rispetto per l'amore
Ce ne siamo andati e l'abbiamo trascurato
Non l'abbiamo meritato
Ma non mi sarei mai aspettata questo]

 

Una folata di vento le entrò negli occhi e lei, socchiudendo le palpebre, quasi non si accorse di ciò che si stava consumando a pochi metri di distanza. Il suo cuore batteva forte, incontenibile, quando Madara si era proteso verso Naruto a lanciargli quel colpo. E Naruto se ne stava fermo, gattoni, a riprendere fiato – era stato colpito? Quando era stato colpito? Perché non c’aveva fatto caso? – e proprio non l’aveva visto quell’Uchiha avventarsi su di lui.

No. No. No. No. No.

Naruto, alzati, ti prego. Non può finire così, tu…sigh…tu me l’avevi promesso, Naruto! Alzati, sigh, alzati Naruto, ti prego… Ti prego…

Ma Naruto non si alzava e Madara era così vicino che lei si mosse quasi meccanicamente.

“Sei finito, Uzumaki!”

Non poteva finire così. Semplicemente, non poteva.

[“Sakura-chan, tieni: sono cosmee!”

“Oh, Naruto”

“Me le ha date Ino. Pare siano appena sbocciate, sai!”

“Davvero? Non dovevi, Naruto”

“Beh, stai sorridendo adesso, no? Ne valeva la pena, quindi!”

“Grazie”

“Te lo riporterò, Sakura”]

Non colpirlo, ti prego… Alzati, Naruto. Tu me l’hai promesso e…sigh…le promesse si mantengono!

Ma Naruto non si alzava, ancora, e Madara era così vicino che i suoi movimenti risultarono troppo, davvero troppo lenti. E lei si mosse comunque, anche se sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta. Perché Naruto non si alzava (nonostante le sue suppliche, almeno lui) e Madara rideva sguaiato, pronto a reclamare la sua vincita.

E lei non ce l’avrebbe mai fatta, davvero, ma voleva provarci, perché quei ricordi lei ce li aveva ancora. Quel noi esisteva ancora, ne era certa. Anche se non se l’erano meritato, anche se non ne avevano capito l’importanza quando l’avevano avuto e se l’erano lasciato sfuggire dal pugno chiuso male. Ma Naruto semplicemente non poteva morire, perché lui era il migliore. Migliore di lei, che le cose davvero non le capiva. Migliore persino di Sasuke che era un egoista, un dannato egoista che non sapeva le cose e tuttavia pretendeva di saperle.

Naruto era il migliore e questo l’aveva capito anche lei, che le cose non le capiva. Era il migliore, sì, perché lui quei ricordi li serbava nel cuore ancor più di lei. Perché Naruto non aveva mai smesso di provare a riportare Sasuke a casa, nemmeno quando era morto il suo maestro in quegli anni. Perché Naruto gliel’aveva promesso, e lui lo sapeva che le promesse si mantenevano sempre (era il migliore anche in quello, dopotutto).

Perché Naruto era il giorno, e nessuna notte sarebbe mai più sopravvenuta se il giorno moriva.

E lei c’aveva messo un po’ per capirlo, ma alla fine l’aveva capito.

Naruto non poteva morire: l’aveva promesso di riportarle Sasuke, ricordi?

Ma le sue gambe erano troppo pigre e Madara era così vicino…

“Naruto”

Un colpo, uno stridio, e il cuore che si rifiutava di battere mentre gli occhi si ostinavano a rimanere chiusi.

Non voglio guardare. Non…sigh…non voglio che… Naruto!

“Sasuke!”

Il suo cuore riprese a battere, stavolta impazzito, mentre il vento le solleticava i capelli rosati.

Aprì un occhio, Sakura, poi l’altro e qualcosa si sciolse nel petto quando davanti ai suoi occhi ricomparve quel nero, il nero di Sasuke. La katana ancora stretta nella mano, a pugno, ma non immobile come prima. Il mantello che svolazzava dietro di lui, coprendo Naruto, e Madara che aveva smesso di ridere, punto.

Sasuke-kun si è buttato davanti a Naruto. Sasuke-kun ha fermato Madara. Sasuke-kun…

Il cervello che faticava a rielaborare e assimilare l’informativa, mentre il cuore batteva così forte che sarebbe potuto uscire dal petto. Non era stata lei a gridare, adesso ricordava. Era stato Sasuke. Sempre lui, ancora lui.

E Sasuke l’aveva protetto, Naruto, frapponendosi davanti a lui come scudo. Affrontando quell’altro Uchiha con la propria katana. Il nero dei suoi occhi privo di quel vuoto. Il nero di una notte senza stelle, ma con la luna piena.

Perché Sasuke l’aveva salvato, Sasuke aveva salvato il Team sette, Sasuke aveva salvato quel noi che tanto si sforzavano, lei e Naruto, di mantenere vivo. E avrebbe voluto ridere, Sakura, mentre le lacrime scendevano copiose dal viso – che cosa buffa, dopotutto, piangere e ridere insieme. Avrebbe voluto gridare, correre chilometri fino a Konoha e urlare, urlare come una pazza finché ogni lato del mondo non avrebbe saputo la notizia: Sasuke era tornato. Sasuke-kun, il suo Sasuke-kun, che non aveva mai tradito infondo, era tornato. Tornato davvero. E avrebbe riso in faccia a quanti lo avevano odiato, a quanti l’avevano voluta che l’odiasse pure lei, perché Sasuke non aveva mai tradito e si erano sbagliati tutti, alla fine. E lei aveva ragione, aveva avuto dannatamente ragione. Aveva sempre avuto ragione, sì. E quella Scrofa di Ino avrebbe avuto le risate contate, sul serio, perché si era sbagliata e Sasuke era tornato, mentre lei aveva sempre sostenuto il contrario.

E lei lo amava, lo amava più della sua stessa vita. Perché l’aveva sempre saputo, sempre, che Sasuke era lui anche quando fingeva di non ricordare chi fosse. Anche quando giocava a quello stupido gioco del gatto e del topo. Anche quando, aveva calpestato i suoi sogni, e il suo amore, e il suo cuore.

 

[Our love floated out the window
Our love floated out the back door
Our love floated up in the sky to heaven
It's part of a plan
It's back in God's hands
Back in God's hands

Il nostro amore sta galleggiando fuori la finestra
Il nostro amore sta galleggiando fuori alla porta sul retro
Il nostro amore sta galleggiando su nel cielo in Paradiso
È parte di un progetto

È tornato nelle mani di Dio
Tornato nelle mani di Dio]

 

“Come hai potuto farmi questo, Sasuke?”

“Mi dispiace, ma”, la voce di Sasuke era proprio come se la ricordava, profonda e roca. “Naruto è il mio miglior amico”

E Sakura pensò, davvero, che un istante di quelli valeva più di mille sofferenze. E Naruto era ancora a terra, seminascosto dal mantello dell’Akatsuki, ma lei sapeva che era lo stesso per lui. Lo sapevano entrambe, lo sapevano da quando Sasuke si era rifiutato di ucciderlo quando aveva potuto, tre anni prima. Anche se poi aveva finito per dimenticare tutto e quel noi si era perso sulla lama della sua katana (fermata da Sai prima di capire se davvero avesse mai affondato nel bersaglio).

“Che cosa ridicola, tsk!”, Madara ghignò, cattivo, e l’adrenalina salì a mille davanti ai suoi occhi da pazzo.

Tuttavia Sasuke non se ne curò, sempre così sicuro di sé, anche mentre si alleggeriva di quel maledetto mantello per dare una mano a Naruto. Realizzando, davanti ai suoi occhi di foglia, ciò che aveva sempre desiderato vedere. Come un tempo, ancora, per sempre. Il Team sette.

“Ti avevo sopravvalutato, ma tu non meriti di vivere, Sasuke”

Un sogno ancora troppo fragile che scivolava via inghiottito dalle parole di Madara. E dalla sua mano che, a tradimento, si alzava verso Sasuke, girato di spalle per aiutare Naruto (mano nella mano, da buoni amici), si sprigionò una luce elettrica che la fece scattare in avanti senza preavviso.

[“Perché sei una sciocca, Sakura”]

 [“Io te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]

[“Ah. Sakura”]

[“Mi dispiace, Sakura”]

[“Finché vivrò, Ino”]

“SAKURA‼”

Il cielo era azzurro. Di un azzurro che bruciava agli occhi, tanto era nitido. Eppure, era un azzurro di speranza, quello.

Sakura sorrise, nel riconoscerlo, mentre il suo corpo sprofondava in quel ritrovato letto di petali rosa. Gli occhi rivolti verso quel cielo infinito, il cuore fermo in una notte senza stelle (ma con la luna piena nel petto).

[“Guarda Sakura-chan!”]

“Rasengan”

“Chidori”

[“Sono margherite…”]

“Muori, Madara Uchiha‼”

[“Se le vuoi, te le raccolgo, Sakura-chan!”]

“Per Sakura!”

[“Siamo ninja, non femminucce”]

“Ahahahha… Siete degli illusi, davvero. Ahahahha… Degli illusi, se pensate di aver vinto. Ahahahha…”

[“Sasuke…”]

“È…”

[“Femminuccia a chi?!? Ripetilo se ne hai il coraggio‼”]

“…finita?”

[“Naruto, ti prego, non cominciare a…”]

“Sakura”

[“Tsk. Andiamo”]

“Sakura, Sakura‼”

Aprì gli occhi, un po’ alla volta, con estrema lentezza. Sopra di lei, l’azzurro si confondeva con il nero.

Sasuke. Naruto.

“Ma che diavolo ti è saltato in testa, Sakura?”, la voce di Naruto si era fatta più aspra, stranamente.

Che strano, si era dimenticato il -chan.

Lei lo guardò un po’ meglio, sforzando gli occhi stanchi e pesanti. Cos’erano quelle? Lacrime? Perché stava piangendo, Naruto?

“Perché non sei rimasta dov’eri? Perché ti sei buttata in mezzo??”

Naruto, lo chiamò, ma poi si accorse con stupore che dalla sua bocca non era uscito alcun suono. Quasi come se ogni parola fosse morta, sepolta in qualche parte del suo corpo destabilizzato. Come se assieme a Madara, fosse morta anche la sua voce.

“Sei una sciocca, Sakura”

Voltò di poco la testa, perché faceva ancora dannatamente male e ogni movimento le costava un dispendio enorme di energia, e i suoi occhi incrociarono con un balzo del petto quelli scuri di Sasuke. Il suo Sasuke.

“Non avresti dovuto svegliarti. Non avresti dovuto immischiarti. Sei la solita stupida”, ma non c’era rancore o cattiveria nella sua voce.

Perché Sasuke – il suo Sasuke – era diverso da quell’altro Uchiha. Era diverso da tutti. Sasuke era speciale, punto.

Ma Sasuke non piangeva di solito, eppure adesso lo stava facendo. Altrimenti cos’erano quelle stille che dal suo volto, cascavano sul proprio? Sasuke piangeva, sì, ma che motivo aveva di piangere? Il Team sette era di nuovo al completo, con tutti i suoi componenti originari, avrebbero dovuto essere felici. Perché allora piangevano?

Non capiva. Lei era felice. Lei rideva. Lei che piangeva sempre, lei che era una vera piagnucolona, adesso rideva perché Sasuke era lì, Naruto era lì, lei era lì. Mentre loro che non piangevano mai, adesso che avevano un motivo per ridere, preferivano piangere. Perché?

“Perché l’hai fatto, Sakura?”, di nuovo Naruto, ad implorarla di rispondere alla sua domanda.

E lei sospirò, perché quei due non sarebbero mai cambiati: a perdersi così, nelle sciocchezze, mentre le cose importanti le capivano sempre (a differenza sua. Lei non le capiva le cose, ecco). Il fisico che semplicemente si rifiutava di muoversi, adagiato in quel roseo letto di petali di ciliegio.

“Lo…lo sapevo che…”, la sua voce era un sussurro che Sakura per prima a stento udì, ma per quanto si sforzasse, non riusciva davvero ad alzarla di qualche decibel in più.

Lei che, a differenza dei suoi compagni di squadra, aveva sempre la voce più alta di almeno un ottavo.

“Che noi…saremmo ritornati ad…ad essere il Team…il Team sette”

Sakura sorrise, ma Naruto e Sasuke continuavano a piangere, stranamente. Bagnandole il volto che lei faticava a sentire come proprio (anima che rifiuta il proprio corpo stanco di mille combattimenti).

“Alla fine, la promessa l’hai mantenuta…Naruto…”

[“Io te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]

“Sakura-chan”

I singhiozzi di Naruto erano strani, in quell’assolato giorno, eppure lei non vi badò. I suoi occhi, come sempre, rivolti verso il nero degli occhi di Sasuke. E sorrise, Sakura, mentre si immergeva ed affogava in quelle tenebre che adesso davvero erano quelle di un tempo (nessun odio a macchiarle, mai più).

“Io…ho sempre creduto in te…Sasuke-kun”, parlare le costava parecchio, perché quel dolore al petto bruciava più di ogni altra cosa, ma non importava.

Aveva atteso anni, sul serio, e adesso voleva soltanto parlare. Voleva soltanto gridare, e correre, e ridere felice, perché il suo Sasuke-kun era tornato e Naruto aveva mantenuto la promessa. E lei doveva dirle quelle cose, per forza, perché era da quando lui se n’era andato (calpestando i suoi sogni, e il suo amore, e il suo cuore) che lei le teneva conservate nel petto quelle parole. Perché l’aveva sempre saputo che lui sarebbe tornato, anche quando tutto ormai sembrava perduto e i ciliegi avevano dimenticato di fiorire.

“Lo sai, no? Che io…io ti ho amato dal primo istante. Dal primo, Sasuke. Sempre”

Sempre, sempre, sempre.

[“Finché vivrò, Ino”]

“Sei una sciocca, Sakura”, e Sasuke ghignò, come quando aveva dodici anni (prima che tutto cambiasse, prima che i ciliegi si dimenticassero come si faceva a fiorire), e il suo cuore perse un battito, anche se era già debole, quando lui si chinò verso di lei.

Le labbra di Sasuke sapevano di tante cose tutte insieme. Sakura immaginò un prato pieno di fiori, un’estate lontana, un campo di grano, una notte infinita, un negozio di caramelle alla fragola, una distesa di margherite – come quella volta – e poi c’erano quelle stille di sale che, dal suo volto, erano cadute sulle proprie labbra a ricordarle l’altra metà della moneta, indivisibile e altrettanto importante. Perché nel bacio di Sasuke c’era anche il dolore di una vita di solitudine che lei aveva provato imperterrita a riempire, il vuoto di una vendetta, il silenzio della notte, il freddo di un inverno senza fine, le ferite di un cuore che aveva iniziato a sanguinare davvero troppo presto.

Sasuke era tutto quello e molto di più. E lei scioccamente, nonostante tutto, si ritrovò a pensare felice che quello era  il suo primo bacio, e che era stata fortunata, perché in pochi riuscivano a darlo alla persona che amavano da una vita (dal primo istante, sempre).

E quando lui si separò da lei, lei aspettò con pazienza che riaprisse i suoi occhi neri per potervi affogare dentro di nuovo, ancora una volta, instancabilmente. Perché Sasuke non era abituato a quello, eppure era stato lui a baciarla (il suo primo bacio, al suo primo e unico amore). E lui riaprì gli occhi, tuffandosi a sua volta in quel verde foglia, e lei sorrise perché lui sembrava spaesato, sul serio. Ma avrebbe avuto del tempo, no? Per insegnargli ad amare, per ricordargli come si faceva.

“Sakura”

Il suo nome sembrava diverso pronunciato da lui. Era più bello, ecco, e lei avrebbe riso di gioia se solo quel dolore nel petto non avesse iniziato inavvertitamente – a tradimento – a bruciarle. Un fuoco, che ardeva e calpestava tutto ciò che c’era di buono, mentre la lontana risata di Madara ronzava nelle orecchie, anche se era impossibile perché quell’Uchiha adesso giaceva morto poco più in là.

“Sakura!”, Naruto sembrava allarmato – oh, lui aveva assistito al loro bacio! – mentre la chiamava.

Ma lei già non lo sentiva più, gli occhi concentrati su quel nero per cui avrebbe davvero dato la vita. Per cui, aveva già dato la vita (“senza Sasuke non ha senso per me vivere. Se lui muore, io muoio con lui”). Un nero che già appariva meno nitido, sempre più sfumato e lontano. Nero di cui conosceva ogni singola sfumatura, ogni piccolo dettaglio, ogni segmento.

“Sakura! Sakura!”

Le voci erano così lontane, adesso, che sembrava di vivere un’altra vita. Sasuke l’aveva baciata, vero? Non l’aveva solo sognato, quel cielo era troppo azzurro per essere irreale. Sì, Sasuke l’aveva baciata, e Sasuke era tornato, e Sasuke aveva salvato Naruto… E…

“Sakura‼”

E lei aveva riavuto tutto, tutto com’era prima.

“Sakura, rispondi!”

E…

“Ti prego, Sakura!”

E adesso lo sapeva, lo aveva capito cosa aveva stretto nella mano, per un po’.

“Sakura…”

Tutto come prima, sì. Noi. E Sasuke l’aveva baciata, e Naruto li aveva visti e… Ino doveva saperlo, che lei avrebbe continuato sempre ad accostarlo, il rosa col nero. Anche se era un delirio.

Il Team sette…

[“Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha e Sakura Haruno. Il Team sette”]

E Sakura chiuse gli occhi, in un modo così sbagliato, mentre sotto di lei si apriva una macchia di un rosso profondo che davvero non avrebbe dovuto esserci. E Naruto la chiamava, imperterrito, scuotendola un poco nonostante le lacrime ad annebbiargli la vista. Mentre Sasuke alzava lo sguardo, acquoso, giusto in tempo per scorgere l’ultimo petalo di ciliegio staccarsi dal ramo e adagiarsi dolcemente a terra, a dar compagnia a tutti gli altri petali rosa.

 

[It didn't last
It's a thing of the past
Oh we didn't understand
Just what we had
Oh I want it back
Just what we had
Oh I want it back
Oh just what we had

Non è durata

È una cosa del passato

Non abbiamo capito

Cosa avevamo
Rivoglio tutto

Quel che avevamo
Rivoglio tutto

Quel che avevamo]

 

[“Tsunade, Sakura si rimetterà, vero?”

“Il colpo è stato molto forte e ha perso molto chakra e sangue, Naruto”

“Se lei non la guarirà, io la ucciderò, Quinto Hokage”

“Sasuke…”

“Questa è una promessa”

“Va bene. Ho capito”]

 

Dedicata alla mia Sae e al suo Sasuke, che oggi festeggiano il loro primo mesiversario di cui io sono la testimone!

[La canzone è “In God’s Hands” copyright © di Nelly Furtado. I personaggi di Naruto non mi appartengono ma sono ivi da me utilizzati senza scopo di lucro]

 

Note: Orbene, eccoci arrivati alla tanto attesa fine! Non credevo di riuscire a finire per davvero questa one-shot, ma eccomi qua, dopotutto. Dunque, è la prima fanfiction su Naruto che posto, perciò scusatemi per eventuali strafalcioni o incongruenze. Spero davvero che non sia risultato troppo confusionario, soprattutto nelle scene di combattimento per le quali lo ammetto sono negata. Infatti, come avrete notato, ho parlato ben poco del combattimento di per sé soffermandomi invece su ciò che pensa Sakura. L’ultimo pezzo di dialogo, poi, è nato prima ancora di tutta la storia anche se fino all’ultimo sono stata indecisa se metterlo o meno. A me comunque, da ottimista, piace pensare che Sakura si riprenderà, ma non ho chiarito il concetto proprio per chi invece avrebbe preferito un finale diverso. L’idea di partenza era che ho letto ben poche fanfiction in cui era lei ad essere colpita, perciò ho provato a cimentarmi nell’impresa. Ci sono riuscita? Fa schifo? Non so, ditemelo voi.

Questa storia nasce appunto per Sae, perché oggi è il primo mese di matrimonio con il suo Sasuke (e il mio con Gaara!) e perché io sono la testimone, e non sarei stata degna di tale carica senza un regalo. Okay, magari il regalo non è il massimo, ma volevo provarci lo stesso a scriverti una sasusaku, tex! Anche perché, lo spunto è nato da una conversazione con te, in cui se ricordi discutevamo dei possibili modi in cui sarebbe potuto continuare Naruto a questo punto del manga. Ricordi, tex, come ci ha spaventate l’idea di Sasuke arruolato nell’Akatsuki? E di come speravamo che lui si redimesse, magari salvando la vita di Naruto? Ecco, da qui parte la storia. Spero ti piaccia, anche se lo ammetto non è proprio questa gran cosa. Tutti quei vaneggiamenti…che delirio! Va beh, non farci caso! Ma ci credi che stavo sudando per far venire fuori almeno una decina di pagine, e poi me ne sono venute fuori quindici? Eh, già! La storia mi ha preso, anche se è un po’ “deprimente” come ti ripetevo spesso in questi giorni (scusa se non ti ho mai parlato della trama, era una sorpresa!). Ohi, ti voglio bene my best, lo sai, no?

Bando alle ciance (oddio, parlo come il gioco che ho per la console!), vi lascio qui alla prossima fanfiction su Naruto. Manga che non conoscevo, ma che grazie alla mia Sae (sorellina, lo vedi che alla fine è sempre merito tuo? Anche che mi sono sposata con Gaara, quel ventisei febbraio! Sei, sei, sei! *-*) ho scoperto da poco e che mi ha completamente appassionato. Okay, vado, ormai non ragiono più! @.@ L’ultimissima cosa, però, che è di dovere è che vorrei ringraziare in anticipo tutti coloro che leggeranno, commenteranno e metteranno magari la storia tra i preferiti (va beh, mi sto facendo prendere la mano! Scusatemi tanto, eh, eh!). Grazie‼

Bene, ora vado definitivamente (era ora, eh?).

Baci a tutti!

Memi J

 

 

  
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