In
God’s Hands
[Nelle
mani di Dio]
[“Guarda
Sakura-chan!”
“Sono
margherite…”
“Se
le vuoi, te le raccolgo, Sakura-chan!”
“Siamo
ninja, non femminucce”
“Sasuke…”
“Femminuccia
a chi?!? Ripetilo se ne hai il coraggio‼”
“Naruto,
ti prego, non cominciare a…”
“Tsk.
Andiamo”]
“Sasuke…”
La testa le girava. Come mai la testa le
girava? Non ricordava. Avrebbe dovuto ricordarlo? L’ultima cosa che ricordava
era del nero. Del nero profondo, a dire il vero, scuro quanto la notte più cupa
e fonda. Nero a cui era poi seguito altro nero, ma diverso stranamente. Sakura
provò a sforzarsi, a cercare di ricordare cosa fosse successo, ma la sua testa
girava troppo per impedirle di spaziare nella vasta aria dei ricordi.
E così lasciò che per una volta (ancora una volta, invero) fossero i
ricordi ad avere la meglio. Dopotutto, non poteva esserci nulla di sbagliato in
quello. No?
[“I
ricordi sono pericolosi, Fronte spaziosa”]
Ino. La sua migliore amica, in fin dei
conti. L’unica sua vera amica. Aveva avuto ragione quasi su tutto, alla fine (“se Sasuke ha scelto la strada della
vendetta, niente lo fermerà. Neppure il tuo amore, Sakura”). Ma su quello,
Sakura ne era sicura ormai, si stava sbagliando.
Dopotutto Ino che poteva saperne di
ricordi, quando era così legata al presente?
Lei
non sa cosa significhi vivere per i ricordi. Lei non sa cosa voglia dire
lottare per mantenere in vita quei ricordi. Lei non l’ha mai saputo. Che può
mai saperne lei… Scrofa.
[I looked at your face I
saw
That all the love had died
I saw that we had forgotten
To take the time
Ti ho guardato in volto e ho visto
Che tutto l'amore era finito
Ho visto che avevamo dimenticato
Di prenderci del tempo]
Il soffitto della sua stanza era azzurro.
Non bianco. Azzurro.
Che strano, non ricordava di averlo
dipinto. Doveva essere stata sua madre. Quando l’aveva fatto? Non se n’era
accorta, prima di allora. Forse l’aveva fatto dipingere da poco. Magari era per
farle una sorpresa. Le piaceva? Non sapeva dirlo con certezza. Non era molto
brava con i colori, lei. Ino sì, invece. Ino era perfetta ad abbinare i colori.
[“Quante
volte dovrò dirtelo, che il rosa non si accosta con il nero, Fronte spaziosa?”
“Perché
no, Scrofa?”
“Perché
insieme sono un vero delirio!”
“Oh.
Capisco”]
Ma non capiva, a dire il vero. Anche se
aveva detto di sì. Anche se aveva smesso di abbinare rosa e nero insieme.
Non capiva, Sakura, e lui le diceva spesso che c’erano molte cose che le sfuggivano. Ma lui se n’era andato. Così,
all’improvviso (calpestando i suoi sogni,
e il suo amore, e il suo cuore), se n’era andato e l’aveva lasciata sola,
sola con tutte quelle cose che non capiva.
[“Perché,
perché se n’è andato?”
“Io…”
“Dimmi
Naruto: perché se n’è andato?”
“Io…”
“Non
capisce che io muoio – sigh! – senza di lui?”
“Io
te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]
La testa continuava a pulsare, dolorosa, e
il soffitto bruciava ai suoi occhi verde foglia che da qualche tempo avevano
imparato ad apprezzare soltanto il nero.
Nero di una notte
senza stelle – infinita.
Nero di un oblio
senza fine – eterno.
Nero di un dolore
profondo – il suo.
Eppure in tutte quelle indistinte
sensazione (sfumature di reali emozioni),
il suo cervello narcotizzato aveva registrato la presenza di mille altri
piccoli dettagli che davvero, non potevano coincidere con la storia che si era
raccontata. Anche se avrebbe voluto. Anche se sarebbe stato più semplice,
credere di trovarsi nella propria stanza ridipinta di azzurro. Anche se,
sarebbe stato meno doloroso, continuare ad immaginare.
Ma tutte le notti avevano una fine, prima o
poi, giusto?
E l’azzurro si sarebbe sostituito al nero –
di nuovo – anche se era maledettamente ingiusto.
Ancora
un po’ di nero, ti prego. Soltanto un altro po’.
Ed era così vivido l’odore di ciliegio da
penetrarle prepotente nelle narici, scendendo giù, sempre più giù, a toccare e
ad aizzare emozioni che credeva di aver perduto, forse per sempre, senza quel nero a fargliele ricordare.
[“Io
te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]
Promesse, ancora promesse. Così tante
promesse da averne la testa piena. Forse perciò girava tanto?
Provò a rimettersi in piedi, quanto meno
seduta, ma quel dolore dapprima represso si accanì con veemenza su di lei.
Pulsava, pulsava, perché pulsava tanto, la testa? Non ricordava. Perché non
ricordava? Avrebbe dovuto ricordarsene, vero?
C’era qualcosa che le sfuggiva. I conti non
tornavano. Perché non era nel suo letto? Perché era da sola, in quella distesa
sconfinata di petali di ciliegio? Dov’era finito Naruto?
Lui era sempre stato con lei (almeno lui), senza mai lasciarla sola o
abbandonarla. Non era scappato, non era andato via (almeno lui, calpestando i suoi sogni, e il suo amore, e il suo cuore).
Eppure non c’era accanto a lei, in quel sentore di vita che le era rimasto nel
petto.
Perché non c’era Naruto, accanto a lei?
Perché
continuo a rimanere sola? Perché…
[“Perché
sei una sciocca, Sakura”]
Sasuke.
Sempre lui. Ancora lui. Costantemente lui.
Anche se la trattava male. Anche se non lo
meritava (e non lo meritava, non lo
meritava davvero). Anche se, senza indugi, aveva calpestato tutto ciò che
c’era da calpestare. Senza voltarsi indietro. Mai. Anche se lei gli aveva
gridato di amarlo e lo aveva supplicato di non lasciarla, di portarla con sé (“sarò invisibile, invisibile se me lo
chiederai!”).
Ma non era colpa sua, dopotutto. Non
potevano prendersela con lui, se non era colpa sua, no? Era lei che dovevano
incolpare, soltanto lei. Non comprendere o giustificare, lei non meritava tutte
quelle attenzioni. Lei era solo un’egoista, ecco. Perché nessuno riusciva a
capirlo?
Si accanivano tanto, contro Sasuke – il suo Sasuke-kun – senza capire che in
verità la colpa era tutta sua. Unicamente sua. Perché lei era stata una sciocca
– una sciocca! – e non aveva saputo capire come stargli vicino (un’altra cosa da aggiungere alla lista
delle cose che non capiva). Senza saper leggere, in quegli occhi
indelebilmente neri (di un nero profondo
e infinito), che l’amore stava scivolando via trasportato da un’insana sete
di vendetta. Senza riuscire a ricordare, davvero, che sarebbe bastato soltanto
un altro po’ di tempo, per rianimare quel cuore ferito – leccando le ferite,
ricucendo i punti in cui il sangue continuava a sgorgare.
[I, I saw that you couldn't
care
Less about what you do
Couldn't care less about the lies
You couldn't find the time to cry
Ho visto che non riuscivi a dare
Meno peso a quello che facevi
Non riuscivi a dare peso alle bugie
Non riuscivi a trovare il tempo di piangere]
L’aveva visto cambiare, piano ma
inesorabilmente, e tutto ciò che era stata in grado di fare era di rimanere
immobile a guardarlo. Senza muovere muscolo, soltanto ascoltando il suo respiro
cambiare e i suoi occhi macchiarsi di un profondo rosso – il rosso dello
Sharingan, di Itachi, della vendetta.
E quando lui era andato via, quella
maledetta sera estiva (nero, ancora nero),
tutto ciò che era stata capace a fare era gridargli il proprio amore, come se
quello da solo potesse bastare a compensare una vita di solitudine. Illusa.
Davvero c’aveva creduto, che fosse possibile?
Sì.
C’aveva creduto. Illusa. Nascosta in quella
nuvola d’illusione che le impediva di aprire gli occhi, di scorgere il
temporale che si profilava all’orizzonte. Perdendosi in quelle bugie,
raccontate come favole per placare il suo animo inquieto. E c’aveva creduto,
aveva creduto in tutto, persino in Naruto, senza sapere che anche quelle erano
bugie. Altre, tante altre bugie. Ancora bugie.
[“Io
te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]
Ma Naruto adesso non c’era con lei. Non
c’era! Dov’era Naruto?
Lui aveva promesso… Lui aveva promesso che
non l’avrebbe abbandonata (almeno lui,
almeno Naruto), che non l’avrebbe mai lasciata sola. Lui aveva promesso,
anche, che gli avrebbe riportato Sasuke. Ma dov’era Naruto, adesso?
Lei era sola, sola. Perché Sasuke se n’era
andato (calpestando i suoi sogni, e il
suo amore, e il suo cuore) e Naruto era scomparso, lasciandola sola con
quelle pulsazioni a ricordarle di aver dimenticato tutto – bizzarra ironia
della sorte.
Non
voglio rimanere sola. Perché devo sempre rimanere sola? Perché le cose non
possono tornare, quelle di un tempo?
Intanto un vento leggero aveva preso a
veleggiare, tirandosi dietro anche gli ultimi petali rosei dei ciliegi ormai
spogli. Giocherellando con loro, in una danza dal gusto agrodolce, prima di
lasciarli a terra a dar compagnia a tutti gli altri petali stanchi, in una
distesa sconfinata di rosa (il rosa che
non si abbinava, al nero intenso).
La testa continuava a pulsare, impazzita,
come se le fosse stato lanciato contro un mattone. Sakura, istintivamente, si
portò la mano destra sulla nuca, la parte che più le doleva, e fu sorpresa di
scorgere le sua mani macchiate di un rosso intenso quando se le riportò al
volto.
Sangue.
Ecco perché, la sua testa pulsava tanto.
[“Ah.
Sakura”]
“Sasuke”
La sua mano si strinse a pugno, quasi in
modo meccanico, mentre sul suo volto compariva l’ombra di un antico sorriso.
Sasuke l’aveva colpita.
Come allora, come quella maledetta sera
estiva, Sasuke l’aveva colpita. Alla testa. E a quel nero – il suo nero – era sopraggiunto altro nero,
ma diverso stranamente. Doveva essere svenuta, sì. Perché Sasuke l’aveva
colpita, proprio come quella sera, anche se – adesso – erano passati anni da
quella maledetta sera e lei non gli aveva ancora gridato il suo amore (non ancora, Sasuke l’aveva colpita).
Illudendosi ancora, povera sciocca, di poter ricompensare una vita di
solitudine soltanto con il proprio amore.
Senza accorgersi – non era brava a capire
le cose, lei – che intanto il tempo passava e il suo Sasuke-kun aveva
dimenticato come si faceva ad amare. O forse, tristemente, non aveva mai
imparato a farlo davvero. E lei, che tanto si era illusa di aver portato un po’
d’amore in quella vita piena di solitudine, non era stata proprio in grado,
alla fine, d’insegnargli come si faceva.
E allora forse, avrebbe fatto meglio a
rimanersene distesa in quel letto di petali rosa ad attendere che la morte
venisse a riprenderla, piuttosto che sforzarsi ad alzarsi per tentare ancora
una volta di rimettere insieme i cocci di una vita ormai persa.
[“Perché
ti ostini tanto a voler ritrovare Sasuke, Sakura?”
“Tu
non capisci, Ino. Lui ritornerà”
“Ti
stai solo illudendo, Fronte spaziosa. Sasuke ha tradito Konoha e l’ha fatto di
sua spontanea volontà”
“Tu
non lo conosci come lo conosco io, Scrofa. Sasuke non ha mai veramente tradito
Konoha. È Konoha che ha tradito lui, lasciandolo solo nel momento del bisogno”
“Continui
a difenderlo, allora. Anche adesso che non ha difese”]
Le gambe tremavano, faticando a trovare un
equilibrio che sapesse sorreggerla in piedi. Quando alla fine sembrarono
riuscirci, in qualche modo, e le fitte alla testa iniziarono a diminuire
d’intensità, Sakura alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi verde foglia lontano,
saettando su tutta la radura alla ricerca di un appiglio da cui cominciare.
Ricordava, come un sogno lontano, di aver
percorso quello stretto sentiero assieme a Naruto. Ricordava indistintamente
dei respiri affannosi, dei cuori scalpitanti nei petti, mentre gli occhi
bramavano alla ricerca di qualcosa. Ricordava adesso anche quella radura,
profilatasi all’improvviso davanti ai loro occhi, che aveva segnato senza
volerlo la fine della loro corsa.
[“Sasuke-kun”
“Ah.
Sakura”]
Sasuke, il suo Sasuke-kun. Bello come lo ricordava, sì. Di poche parole
ancora, irrinunciabilmente. Nero come
sempre, sul serio. Semplicemente: Sasuke-kun.
E il cuore si era riacceso, plasmato dal
nuovo soffio di vita che quel nero (“soltanto
un altro po’, per poter vivere ancora”) gli aveva soffiato contro. Con ogni
probabilità, senza neppure saperlo. Perché lei non capiva tante cose, questo
era vero, ma lui non ne sapeva tante
altre. Sakura all’inizio aveva creduto che lui sapesse tutto, sapesse fare tutto.
Ma si era sbagliata. Sasuke non sapeva fare tante altre cose. Sasuke, ad
esempio, non sapeva come andavano trattate le ragazze, o come ci si doveva
comportare con il proprio sensei. E non
sapeva – davvero non lo sapeva – il suo Sasuke-kun come si faceva ad amare. Non
l’aveva capito, ecco. Ma non era colpa sua. Sasuke non aveva colpe,
semplicemente non poteva saperlo, da solo.
Era colpa sua. Ecco, era
tutta colpa sua, di Sakura. Avrebbe dovuto insegnarglielo (avrebbe dovuto saper insegnarglielo) quando ne aveva avuto la
possibilità, quando lui ancora non aveva tradito (quando Konoha ancora non l’aveva tradito). Eppure continuavano a
prendersela con lui, con lui che non c’entrava niente. Perché nessuno aveva
capito, che l’unica da incolpare in quella storia, era solo lei?
[“Continui
a difenderlo, allora. Anche adesso che non ha difese”
“Finché
vivrò, Ino”]
Era quello l’amore, no?
Avrebbe soltanto voluto, capirlo prima,
ecco. Soltanto quello – per non lasciarselo scappare via dal pugno molle della
sua mano.
Non
rifarò lo stesso errore, Sasuke-kun.
[We forgot about love
We forgot about faith
We forgot about trust
We forgot about us
Ci siamo dimenticati dell'amore
Ci siamo dimenticati della fede
Ci siamo dimenticati della fiducia
Ci siamo dimenticati di noi]
Cos’era successo poi? Non ricordava, la
testa pulsava con ancora troppa foga per permetterle di ricostruire il puzzle
di avvenimenti. Ricordava Naruto, sempre accanto a lei (almeno lui, almeno Naruto), e ricordava Sasuke, il nero dei suoi
occhi scolpito nella memoria e nel tempo.
Tuttavia c’era qualcosa che le sfuggiva,
ancora. Era lì, da qualche parte. Provò a ripercorrere di nuovo quegli attimi,
gli ultimi prima che Sasuke la colpisse, come allora, come quella maledetta
sera estiva – la sera in cui lei aveva allentato il pugno della sua mano,
illudendosi che bastasse il suo amore per riempire una vita di solitudine, e
l’aveva lasciato sfuggire via senza essere capace a fermarlo.
C’era Naruto, e c’era Sasuke, e c’era lei,
affogata in quel nero intenso. E poi… Cosa c’era, poi? Assottigliò gli occhi,
mentre dei rumori lontani – reali o ancora illusione? – si affacciavano alla
sua mente.
[“Sasuke-kun”
“Ah.
Sakura”
“Quel
mantello… Come hai potuto, Sasuke-kun?”]
No.
No, no, no.
Non era possibile. Era impossibile. Doveva
essere impossibile – soltanto illusione,
per favore, soltanto illusione.
[“Mi
dispiace, Sakura”]
E Sasuke l’aveva colpita, e tutto era
diventato nero, e i ciliegi si erano trasformati nel suo letto mentre lei
cadeva a terra svenuta. Perché Sasuke l’aveva colpita, come allora, e l’altro aveva riso, sguaiato. Il pezzo
mancante del suo puzzle.
Madara Uchiha.
[“Mi
dispiace, Sakura”]
Di cosa, Sasuke? Di averla colpita, o di
aver indossato quel mantello? Per cosa, Sasuke-kun, per aver tradito lei (lei
che non lo meritava, che lo aveva sempre difeso anche quando non c’erano più
difese, che aveva almeno provato ad insegnargli cos’è l’amore)? Seguendo le
orme del fratello che aveva tanto odiato, calpestando tutto il resto, bruciando
senza remore tutto ciò che a fatica avevano costruito. Insieme. Il Team sette.
[“Mi
dispiace, Sakura”]
Per cosa, Sasuke? Perché sei diventato
anche tu, alla fine, un’altra pedina nelle mani dell’Akatsuki, nelle mani di
Madara Uchiha?
Sasuke-kun…
Come avrebbe fatto a difenderlo, adesso, se
lui continuava a sottrarle difese? Se lui continuava a ferirla, a pugnalarla al
petto? Se lui continuava a non sapere
cosa fosse l’amore?
Come aveva potuto, dimenticare ogni cosa?
Come aveva potuto, cancellare quei ricordi? Come aveva potuto, come? Quando lei
e Naruto non avevano fatto altro, in quei tre anni, che vivere per quegli
stessi ricordi, per quell’amore, e per quella fede, e per quella fiducia, che
tanto faticosamente avevano tentato di mettere in piedi?
Come
hai potuto, dimenticarti di noi, Sasuke-kun?
E le lacrime scendevano dai suoi occhi di
foglia, mentre il suo cuore mancava immancabilmente i battiti, ferito.
L’ennesima ferita. L’ennesimo dolore. E Sasuke aveva dimenticato tutto, e aveva
indossato il mantello dell’Akatsuki, seguendo un ideale non suo, calpestando
tutto ciò che c’era mai stato di bello, ignorando i ricordi, cancellando quel noi.
[“Continui
a difenderlo, allora. Anche adesso che non ha difese”]
Si asciugò le lacrime, Sakura, rimettendosi
a fatica in posizione eretta. Senza neanche accorgersene, senza un preciso
ordine, le sue gambe si erano mosse verso quel lontano rumore, anche se era
difficile stabilire con certezza se fosse un suono reale o un’altra illusione
ad aggiungersi al resto.
Sasuke aveva dimenticato tutto, ma non era
colpa sua. Non poteva essere colpa sua, perché semplicemente Sasuke non aveva
avuto nessuno in quei tre anni a ricordargli quell’amore, quella fede, quella
fiducia e quel noi. Lei sì, però. Lei aveva sempre avuto una buona memoria per
ricordare le cose – Sasuke ricordava solo quello che voleva ricordare, il resto
lo accantonava in un angolo intriso di polvere. Lei, aveva sempre avuto Naruto
e il sensei a ricordarle, senza volerlo, le spoglie del Team sette (tutto ciò che ne era rimasto, incompleto).
Lei, aveva abbastanza ricordi per entrambe.
Ti
aiuterò io, Sasuke-kun, a ricordarti di noi.
[“Finché
vivrò, Ino”]
[Now our love's floating
out the window
Our love's floating out the back door
Our love's floating up in the sky in heaven
Where it began back in God's hands
Adesso il nostro amore sta galleggiando fuori la
finestra
Il nostro amore sta galleggiando fuori alla porta sul retro
Il nostro amore sta galleggiando su nel cielo in Paradiso
Dove è tornato nelle mani di Dio]
La radura finiva proprio lì, in cui le voci
iniziavano.
Immersa nel rumore dei ricordi, Sakura non
aveva fatto caso al sinistro fruscio e all’odore (di morte) che si respirava già nell’aria. Ma adesso il sentore era
scomparso, le voci erano diventate chiare e distinte, l’illusione si era dileguata.
E lei camminò, il passo zoppicante – non si
era neppure accorta di essersi fatta male al ginocchio – e il cuore che batteva
aritmico invocando pietà. Un’altra illusione. Forse.
Sasuke.
Naruto.
E nei suoi pensieri c’era sempre lui. Prima
lui. Prima di Naruto, prima persino di lei.
[“Finché
vivrò, Ino”]
La voce era quella di Naruto, certamente.
La risata sguaiata, invece, era quella dell’altro:
Madara Uchiha. Sasuke non parlava – era sempre stato di troppe poche parole,
lui – e non rideva – non aveva più nulla da ridere, davvero. Eppure fu la prima
persona che vide, Sakura, affacciandosi tra quegli arbusti ormai spogli (“il mio cuore lo riconoscerà sempre,
sempre”).
Sasuke era il Sasuke di sempre. Il suo Sasuke-kun. Lo stesso nero nel volto
e negli occhi, profondo e infinito in una notte senza stelle. La katana stretta
nella sua mano, eppure non combatteva Sasuke-kun. E Naruto si batteva, invece,
contro quell’altro Uchiha. E lei lo sapeva, alla fine, che era tutto in onore
di una vecchia promessa.
[“Io
te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]
Ma lei era ancora troppo stordita – il
sangue rattrappitosi nei capelli rosa confetto – per registrare con sufficiente
velocità i movimenti del suo compagno di squadra. Il combattimento era un’arte,
ma lei era troppo intinta nel ruolo di musa per riuscire a percepire i
movimenti dell’artista.
Basta,
ti prego, basta. Sasuke, Naruto… Basta.
Nessuno l’udiva, però, e lei si chiese
svilita se dalla sua bocca fosse uscito davvero del suono. Mentre Sasuke era
lì, fermo con la sua katana stretta nel pugno della sua mano (quel pugno che lei non aveva saputo tenere
saldo), e guardava impassibile la scena consumarsi dinanzi ai suoi occhi.
Senza combattere, senza parlare, senza ridere.
Di un nero spento.
Dove
ci ha portati, tutto questo odio? Sasuke-kun, non vedi… Non vedi come ci siamo
ridotti, per seguire quei maledetti obiettivi?
Sasuke-kun…
Sasuke-kun,
non vedi come ti sei ridotto tu? Ti rivoglio com’eri, Sasuke. Rivoglio il mio
Sasuke-kun…
[You said that you had said
all that you had to say
You said “baby it's the end of the day”
We gave a lot but it wasn't enough
We got so tired that we just gave up
Hai detto di aver detto tutto quel che dovevi dire
Hai detto "tesoro, è la fine del giorno"
E abbiamo dato tanto ma non è stato abbastanza
Ci siamo talmente stancati che ci siamo arresi]
E la sensazione era più o meno quella di
sempre: un infinito senso di vuoto. Mentre Naruto si lanciava all’attacco di
Madara che, prontamente, schivava il colpo. Mentre Sakura si scopriva a
piangere, di nuovo, come sempre.
Basta,
Sasuke-kun, davvero. Ti rivoglio com’eri. Rivoglio il mio Sasuke-kun…
Ma Sasuke rimaneva immobile, con la sua
katana stretta nella morsa della sua mano e i suoi occhi irrimediabilmente
vuoti. Vuoti, come il suo cuore. Neh allora dov’era finito – avrebbe voluto
chiedergli – tutto quell’amore che lui nemmeno sapeva di riuscire a provare?
Dov’erano finiti quei ricordi, e quella fiducia, e quella fede? Dov’era finito,
il suo Sasuke-kun?
[“Forse,
ci siamo solo illusi, Sakura-chan. Forse non c’è mai stato niente”
“Smettila
di parlare così, Naruto. Questo non sei tu. Tu non ti arrendi mai, perché vuoi
cominciare da adesso? Lo sai, lo sai anche tu, che vale la pena ogni sofferenza
pur di riavere ciò che avevamo. Per riavere, il nostro Sasuke”
“Hai
ragione, Sakura-chan. Se quello stupido ancora non è con noi, è perché non
abbiamo dato abbastanza. Daremo di più. Te lo riporterò indietro, Sakura.
Davvero”]
Sasuke aveva anche potuto dimenticare –
perché lui tendeva a ricordare solo le sciocchezze
– ma lei e Naruto no. Loro non avrebbero lasciato che il tempo cancellasse ciò
che era stato (ciò che ancora, avrebbe
dovuto essere). Loro avrebbero combattuto, perché nessuna notte avrebbe
depennato mai ciò che il giorno aveva creato.
Per quanto stanchi
potevano essere, l’arrendersi non sarebbe mai rientrato nei piani.
Mai.
Ti
riporteremo a casa, Sasuke-kun. Io e Naruto. E ritorneremo quelli di un tempo,
finalmente.
[Now our love's floating
out the window
Our love's floating out the back door
Our love's floating up in the sky in heaven
Where it began back in God's hands, back in God’s hands.
We didn't respect it
We went and neglected it
We didn't deserve it
But I never expected this
Adesso il nostro amore sta
galleggiando fuori la finestra
Il nostro amore sta galleggiando fuori alla porta sul retro
Il nostro amore sta galleggiando su nel cielo in Paradiso
Dove è tornato nelle mani di Dio.
Non abbiamo avuto rispetto
per l'amore
Ce ne siamo andati e l'abbiamo trascurato
Non l'abbiamo meritato
Ma non mi sarei mai aspettata questo]
Una folata di vento le entrò negli occhi e
lei, socchiudendo le palpebre, quasi non si accorse di ciò che si stava
consumando a pochi metri di distanza. Il suo cuore batteva forte,
incontenibile, quando Madara si era proteso verso Naruto a lanciargli quel
colpo. E Naruto se ne stava fermo, gattoni, a riprendere fiato – era stato
colpito? Quando era stato colpito? Perché non c’aveva fatto caso? – e proprio
non l’aveva visto quell’Uchiha avventarsi su di lui.
No. No. No. No. No.
Naruto,
alzati, ti prego. Non può finire così, tu…sigh…tu me l’avevi promesso, Naruto!
Alzati, sigh, alzati Naruto, ti prego… Ti prego…
Ma Naruto non si alzava e Madara era così
vicino che lei si mosse quasi meccanicamente.
“Sei finito, Uzumaki!”
Non poteva finire così. Semplicemente, non
poteva.
[“Sakura-chan,
tieni: sono cosmee!”
“Oh,
Naruto”
“Me
le ha date Ino. Pare siano appena sbocciate, sai!”
“Davvero?
Non dovevi, Naruto”
“Beh,
stai sorridendo adesso, no? Ne valeva la pena, quindi!”
“Grazie”
“Te
lo riporterò, Sakura”]
Non
colpirlo, ti prego… Alzati, Naruto. Tu me l’hai promesso e…sigh…le promesse si
mantengono!
Ma Naruto non si alzava, ancora, e Madara
era così vicino che i suoi movimenti risultarono troppo, davvero troppo lenti.
E lei si mosse comunque, anche se sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta. Perché
Naruto non si alzava (nonostante le sue
suppliche, almeno lui) e Madara rideva sguaiato, pronto a reclamare la sua
vincita.
E lei non ce l’avrebbe mai fatta, davvero,
ma voleva provarci, perché quei ricordi lei ce li aveva ancora. Quel noi
esisteva ancora, ne era certa. Anche se non se l’erano meritato, anche se non
ne avevano capito l’importanza quando l’avevano avuto e se l’erano lasciato
sfuggire dal pugno chiuso male. Ma Naruto semplicemente non poteva morire,
perché lui era il migliore. Migliore di lei, che le cose davvero non le capiva.
Migliore persino di Sasuke che era un egoista, un dannato egoista che non
sapeva le cose e tuttavia pretendeva di saperle.
Naruto era il migliore e questo l’aveva capito
anche lei, che le cose non le capiva. Era il migliore, sì, perché lui quei
ricordi li serbava nel cuore ancor più di lei. Perché Naruto non aveva mai
smesso di provare a riportare Sasuke a casa, nemmeno quando era morto il suo
maestro in quegli anni. Perché Naruto gliel’aveva promesso, e lui lo sapeva che
le promesse si mantenevano sempre (era il
migliore anche in quello, dopotutto).
Perché Naruto era il
giorno, e nessuna notte sarebbe mai più sopravvenuta se il giorno moriva.
E lei c’aveva messo un po’ per capirlo, ma
alla fine l’aveva capito.
Naruto non poteva morire: l’aveva promesso
di riportarle Sasuke, ricordi?
Ma le sue gambe erano troppo pigre e Madara
era così vicino…
“Naruto”
Un colpo, uno stridio, e il cuore che si
rifiutava di battere mentre gli occhi si ostinavano a rimanere chiusi.
Non
voglio guardare. Non…sigh…non voglio che… Naruto!
“Sasuke!”
Il suo cuore riprese a battere, stavolta
impazzito, mentre il vento le solleticava i capelli rosati.
Aprì un occhio, Sakura, poi l’altro e
qualcosa si sciolse nel petto quando davanti ai suoi occhi ricomparve quel
nero, il nero di Sasuke. La katana ancora stretta nella mano, a pugno, ma non
immobile come prima. Il mantello che svolazzava dietro di lui, coprendo Naruto,
e Madara che aveva smesso di ridere, punto.
Sasuke-kun
si è buttato davanti a Naruto. Sasuke-kun ha fermato Madara. Sasuke-kun…
Il cervello che faticava a rielaborare e
assimilare l’informativa, mentre il cuore batteva così forte che sarebbe potuto
uscire dal petto. Non era stata lei a gridare, adesso ricordava. Era stato
Sasuke. Sempre lui, ancora lui.
E Sasuke l’aveva protetto, Naruto,
frapponendosi davanti a lui come scudo. Affrontando quell’altro Uchiha con la
propria katana. Il nero dei suoi occhi privo di quel vuoto. Il nero di una
notte senza stelle, ma con la luna piena.
Perché Sasuke l’aveva salvato, Sasuke aveva
salvato il Team sette, Sasuke aveva salvato quel noi che tanto si sforzavano, lei e Naruto, di mantenere vivo. E
avrebbe voluto ridere, Sakura, mentre le lacrime scendevano copiose dal viso –
che cosa buffa, dopotutto, piangere e ridere insieme. Avrebbe voluto gridare,
correre chilometri fino a Konoha e urlare, urlare come una pazza finché ogni
lato del mondo non avrebbe saputo la notizia: Sasuke era tornato. Sasuke-kun,
il suo Sasuke-kun, che non aveva mai
tradito infondo, era tornato. Tornato davvero. E avrebbe riso in faccia a
quanti lo avevano odiato, a quanti l’avevano voluta che l’odiasse pure lei,
perché Sasuke non aveva mai tradito e si erano sbagliati tutti, alla fine. E
lei aveva ragione, aveva avuto dannatamente ragione. Aveva sempre avuto
ragione, sì. E quella Scrofa di Ino avrebbe avuto le risate contate, sul serio,
perché si era sbagliata e Sasuke era tornato, mentre lei aveva sempre sostenuto
il contrario.
E lei lo amava, lo amava più della sua
stessa vita. Perché l’aveva sempre saputo, sempre, che Sasuke era lui anche
quando fingeva di non ricordare chi fosse. Anche quando giocava a quello
stupido gioco del gatto e del topo. Anche quando, aveva calpestato i suoi
sogni, e il suo amore, e il suo cuore.
[Our love floated out the
window
Our love floated out the back door
Our love floated up in the sky to heaven
It's part of a plan
It's back in God's hands
Back in God's hands
Il nostro amore sta
galleggiando fuori la finestra
Il nostro amore sta galleggiando fuori alla porta sul retro
Il nostro amore sta galleggiando su nel cielo in Paradiso
È parte di un progetto
È tornato nelle mani di Dio
Tornato nelle mani di Dio]
“Come hai potuto farmi questo, Sasuke?”
“Mi dispiace, ma”, la voce di Sasuke era
proprio come se la ricordava, profonda e roca. “Naruto è il mio miglior amico”
E Sakura pensò, davvero, che un istante di
quelli valeva più di mille sofferenze. E Naruto era ancora a terra,
seminascosto dal mantello dell’Akatsuki, ma lei sapeva che era lo stesso per
lui. Lo sapevano entrambe, lo sapevano da quando Sasuke si era rifiutato di
ucciderlo quando aveva potuto, tre anni prima. Anche se poi aveva finito per
dimenticare tutto e quel noi si era perso sulla lama della sua katana (fermata da Sai prima di capire se davvero
avesse mai affondato nel bersaglio).
“Che cosa ridicola, tsk!”, Madara ghignò,
cattivo, e l’adrenalina salì a mille davanti ai suoi occhi da pazzo.
Tuttavia Sasuke non se ne curò, sempre così
sicuro di sé, anche mentre si alleggeriva di quel maledetto mantello per dare
una mano a Naruto. Realizzando, davanti ai suoi occhi di foglia, ciò che aveva
sempre desiderato vedere. Come un tempo, ancora, per sempre. Il Team sette.
“Ti avevo sopravvalutato, ma tu non meriti
di vivere, Sasuke”
Un sogno ancora troppo fragile che
scivolava via inghiottito dalle parole di Madara. E dalla sua mano che, a
tradimento, si alzava verso Sasuke, girato di spalle per aiutare Naruto (mano nella mano, da buoni amici), si
sprigionò una luce elettrica che la fece scattare in avanti senza preavviso.
[“Perché
sei una sciocca, Sakura”]
[“Io te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te
lo prometto‼”]
[“Ah.
Sakura”]
[“Mi
dispiace, Sakura”]
[“Finché
vivrò, Ino”]
“SAKURA‼”
Il cielo era azzurro. Di un azzurro che
bruciava agli occhi, tanto era nitido. Eppure, era un azzurro di speranza, quello.
Sakura sorrise, nel riconoscerlo, mentre il
suo corpo sprofondava in quel ritrovato letto di petali rosa. Gli occhi rivolti
verso quel cielo infinito, il cuore fermo in una notte senza stelle (ma con la luna piena nel petto).
[“Guarda
Sakura-chan!”]
“Rasengan”
“Chidori”
[“Sono
margherite…”]
“Muori, Madara Uchiha‼”
[“Se
le vuoi, te le raccolgo, Sakura-chan!”]
“Per Sakura!”
[“Siamo
ninja, non femminucce”]
“Ahahahha… Siete degli illusi, davvero.
Ahahahha… Degli illusi, se pensate di aver vinto. Ahahahha…”
[“Sasuke…”]
“È…”
[“Femminuccia
a chi?!? Ripetilo se ne hai il coraggio‼”]
“…finita?”
[“Naruto,
ti prego, non cominciare a…”]
“Sakura”
[“Tsk.
Andiamo”]
“Sakura, Sakura‼”
Aprì gli occhi, un po’ alla volta, con
estrema lentezza. Sopra di lei, l’azzurro si confondeva con il nero.
Sasuke.
Naruto.
“Ma che diavolo ti è saltato in testa,
Sakura?”, la voce di Naruto si era fatta più aspra, stranamente.
Che strano, si era dimenticato il -chan.
Lei lo guardò un po’ meglio, sforzando gli
occhi stanchi e pesanti. Cos’erano quelle? Lacrime? Perché stava piangendo,
Naruto?
“Perché non sei rimasta dov’eri? Perché ti
sei buttata in mezzo??”
Naruto,
lo chiamò, ma poi si accorse con stupore che dalla sua bocca non era uscito
alcun suono. Quasi come se ogni parola fosse morta, sepolta in qualche parte
del suo corpo destabilizzato. Come se assieme a Madara, fosse morta anche la
sua voce.
“Sei una sciocca, Sakura”
Voltò di poco la testa, perché faceva
ancora dannatamente male e ogni movimento le costava un dispendio enorme di
energia, e i suoi occhi incrociarono con un balzo del petto quelli scuri di
Sasuke. Il suo Sasuke.
“Non avresti dovuto svegliarti. Non avresti
dovuto immischiarti. Sei la solita stupida”, ma non c’era rancore o cattiveria
nella sua voce.
Perché Sasuke – il suo Sasuke – era diverso da quell’altro Uchiha. Era diverso da tutti.
Sasuke era speciale, punto.
Ma Sasuke non piangeva di solito, eppure
adesso lo stava facendo. Altrimenti cos’erano quelle stille che dal suo volto,
cascavano sul proprio? Sasuke piangeva, sì, ma che motivo aveva di piangere? Il
Team sette era di nuovo al completo, con tutti i suoi componenti originari,
avrebbero dovuto essere felici. Perché allora piangevano?
Non capiva. Lei era felice. Lei rideva. Lei
che piangeva sempre, lei che era una vera piagnucolona, adesso rideva perché
Sasuke era lì, Naruto era lì, lei era lì. Mentre loro che non piangevano mai,
adesso che avevano un motivo per ridere, preferivano piangere. Perché?
“Perché l’hai fatto, Sakura?”, di nuovo
Naruto, ad implorarla di rispondere alla sua domanda.
E lei sospirò, perché quei due non sarebbero
mai cambiati: a perdersi così, nelle sciocchezze, mentre le cose importanti le
capivano sempre (a differenza sua. Lei
non le capiva le cose, ecco). Il fisico che semplicemente si rifiutava di
muoversi, adagiato in quel roseo letto di petali di ciliegio.
“Lo…lo sapevo che…”, la sua voce era un
sussurro che Sakura per prima a stento udì, ma per quanto si sforzasse, non
riusciva davvero ad alzarla di qualche decibel in più.
Lei che, a differenza dei suoi compagni di
squadra, aveva sempre la voce più alta di almeno un ottavo.
“Che noi…saremmo ritornati ad…ad essere il
Team…il Team sette”
Sakura sorrise, ma Naruto e Sasuke
continuavano a piangere, stranamente. Bagnandole il volto che lei faticava a
sentire come proprio (anima che rifiuta
il proprio corpo stanco di mille combattimenti).
“Alla fine, la promessa l’hai
mantenuta…Naruto…”
[“Io
te lo riporterò indietro, Sakura-chan, te lo prometto‼”]
“Sakura-chan”
I singhiozzi di Naruto erano strani, in
quell’assolato giorno, eppure lei non vi badò. I suoi occhi, come sempre,
rivolti verso il nero degli occhi di Sasuke. E sorrise, Sakura, mentre si
immergeva ed affogava in quelle tenebre che adesso davvero erano quelle di un
tempo (nessun odio a macchiarle, mai più).
“Io…ho sempre creduto in te…Sasuke-kun”,
parlare le costava parecchio, perché quel dolore al petto bruciava più di ogni
altra cosa, ma non importava.
Aveva atteso anni, sul serio, e adesso
voleva soltanto parlare. Voleva soltanto gridare, e correre, e ridere felice,
perché il suo Sasuke-kun era tornato e Naruto aveva mantenuto la promessa. E
lei doveva dirle quelle cose, per forza, perché era da quando lui se n’era
andato (calpestando i suoi sogni, e il
suo amore, e il suo cuore) che lei le teneva conservate nel petto quelle
parole. Perché l’aveva sempre saputo che lui sarebbe tornato, anche quando
tutto ormai sembrava perduto e i ciliegi avevano dimenticato di fiorire.
“Lo sai, no? Che io…io ti ho amato dal
primo istante. Dal primo, Sasuke. Sempre”
Sempre, sempre, sempre.
[“Finché
vivrò, Ino”]
“Sei una sciocca, Sakura”, e Sasuke ghignò,
come quando aveva dodici anni (prima che
tutto cambiasse, prima che i ciliegi si dimenticassero come si faceva a
fiorire), e il suo cuore perse un battito, anche se era già debole, quando
lui si chinò verso di lei.
Le labbra di Sasuke sapevano di tante cose
tutte insieme. Sakura immaginò un prato pieno di fiori, un’estate lontana, un
campo di grano, una notte infinita, un negozio di caramelle alla fragola, una
distesa di margherite – come quella volta – e poi c’erano quelle stille di sale
che, dal suo volto, erano cadute sulle proprie labbra a ricordarle l’altra metà
della moneta, indivisibile e altrettanto importante. Perché nel bacio di Sasuke
c’era anche il dolore di una vita di solitudine che lei aveva provato imperterrita
a riempire, il vuoto di una vendetta, il silenzio della notte, il freddo di un
inverno senza fine, le ferite di un cuore che aveva iniziato a sanguinare
davvero troppo presto.
Sasuke era tutto quello e molto di più. E
lei scioccamente, nonostante tutto, si ritrovò a pensare felice che quello
era il suo primo bacio, e che era stata
fortunata, perché in pochi riuscivano a darlo alla persona che amavano da una
vita (dal primo istante, sempre).
E quando lui si separò da lei, lei aspettò
con pazienza che riaprisse i suoi occhi neri per potervi affogare dentro di
nuovo, ancora una volta, instancabilmente. Perché Sasuke non era abituato a
quello, eppure era stato lui a baciarla (il
suo primo bacio, al suo primo e unico amore). E lui riaprì gli occhi,
tuffandosi a sua volta in quel verde foglia, e lei sorrise perché lui sembrava
spaesato, sul serio. Ma avrebbe avuto del tempo, no? Per insegnargli ad amare,
per ricordargli come si faceva.
“Sakura”
Il suo nome sembrava diverso pronunciato da
lui. Era più bello, ecco, e lei avrebbe riso di gioia se solo quel dolore nel
petto non avesse iniziato inavvertitamente – a tradimento – a bruciarle. Un
fuoco, che ardeva e calpestava tutto ciò che c’era di buono, mentre la lontana
risata di Madara ronzava nelle orecchie, anche se era impossibile perché
quell’Uchiha adesso giaceva morto poco più in là.
“Sakura!”, Naruto sembrava allarmato – oh,
lui aveva assistito al loro bacio! – mentre la chiamava.
Ma lei già non lo sentiva più, gli occhi
concentrati su quel nero per cui avrebbe davvero dato la vita. Per cui, aveva
già dato la vita (“senza Sasuke non ha
senso per me vivere. Se lui muore, io muoio con lui”). Un nero che già
appariva meno nitido, sempre più sfumato e lontano. Nero di cui conosceva ogni
singola sfumatura, ogni piccolo dettaglio, ogni segmento.
“Sakura! Sakura!”
Le voci erano così lontane, adesso, che
sembrava di vivere un’altra vita. Sasuke l’aveva baciata, vero? Non l’aveva
solo sognato, quel cielo era troppo azzurro per essere irreale. Sì, Sasuke
l’aveva baciata, e Sasuke era tornato, e Sasuke aveva salvato Naruto… E…
“Sakura‼”
E lei aveva riavuto tutto, tutto com’era
prima.
“Sakura, rispondi!”
E…
“Ti prego, Sakura!”
E adesso lo sapeva, lo aveva capito cosa
aveva stretto nella mano, per un po’.
“Sakura…”
Tutto come prima, sì. Noi. E Sasuke l’aveva
baciata, e Naruto li aveva visti e… Ino doveva saperlo, che lei avrebbe
continuato sempre ad accostarlo, il rosa col nero. Anche se era un delirio.
Il
Team sette…
[“Naruto
Uzumaki, Sasuke Uchiha e Sakura Haruno. Il Team sette”]
E Sakura chiuse gli occhi, in un modo così sbagliato, mentre sotto di lei si apriva
una macchia di un rosso profondo che davvero non avrebbe dovuto esserci. E
Naruto la chiamava, imperterrito, scuotendola un poco nonostante le lacrime ad
annebbiargli la vista. Mentre Sasuke alzava lo sguardo, acquoso, giusto in tempo per scorgere l’ultimo petalo di ciliegio
staccarsi dal ramo e adagiarsi dolcemente a terra, a dar compagnia a tutti gli
altri petali rosa.
[It didn't last
It's a thing of the past
Oh we didn't understand
Just what we had
Oh I want it back
Just what we had
Oh I want it back
Oh just what we had
Non è durata
È una cosa del passato
Non abbiamo capito
Cosa avevamo
Rivoglio tutto
Quel che avevamo
Rivoglio tutto
Quel che avevamo]
[“Tsunade,
Sakura si rimetterà, vero?”
“Il
colpo è stato molto forte e ha perso molto chakra e sangue, Naruto”
“Se
lei non la guarirà, io la ucciderò, Quinto Hokage”
“Sasuke…”
“Questa
è una promessa”
“Va
bene. Ho capito”]
Dedicata
alla mia Sae e al suo Sasuke, che oggi festeggiano il loro primo mesiversario
di cui io sono la testimone!
[La canzone è “In God’s Hands” copyright ©
di Nelly Furtado. I personaggi di Naruto non mi appartengono ma sono ivi da me
utilizzati senza scopo di lucro]
Note:
Orbene,
eccoci arrivati alla tanto attesa fine! Non credevo di riuscire a finire per
davvero questa one-shot, ma eccomi qua, dopotutto. Dunque, è la prima
fanfiction su Naruto che posto, perciò scusatemi per eventuali strafalcioni o
incongruenze. Spero davvero che non sia risultato troppo confusionario,
soprattutto nelle scene di combattimento per le quali lo ammetto sono negata.
Infatti, come avrete notato, ho parlato ben poco del combattimento di per sé
soffermandomi invece su ciò che pensa Sakura. L’ultimo pezzo di dialogo, poi, è
nato prima ancora di tutta la storia anche se fino all’ultimo sono stata
indecisa se metterlo o meno. A me comunque, da ottimista, piace pensare che
Sakura si riprenderà, ma non ho chiarito il concetto proprio per chi invece
avrebbe preferito un finale diverso. L’idea di partenza era che ho letto ben
poche fanfiction in cui era lei ad essere colpita, perciò ho provato a
cimentarmi nell’impresa. Ci sono riuscita? Fa schifo? Non so, ditemelo voi.
Questa storia nasce appunto per Sae, perché
oggi è il primo mese di matrimonio con il suo Sasuke (e il mio con Gaara!) e
perché io sono la testimone, e non sarei stata degna di tale carica senza un
regalo. Okay, magari il regalo non è il massimo, ma volevo provarci lo stesso a
scriverti una sasusaku, tex! Anche perché, lo spunto è nato da una
conversazione con te, in cui se ricordi discutevamo dei possibili modi in cui
sarebbe potuto continuare Naruto a questo punto del manga. Ricordi, tex, come
ci ha spaventate l’idea di Sasuke arruolato nell’Akatsuki? E di come speravamo
che lui si redimesse, magari salvando la vita di Naruto? Ecco, da qui parte la
storia. Spero ti piaccia, anche se lo ammetto non è proprio questa gran cosa.
Tutti quei vaneggiamenti…che delirio! Va beh, non farci caso! Ma ci credi che
stavo sudando per far venire fuori almeno una decina di pagine, e poi me ne
sono venute fuori quindici? Eh, già! La storia mi ha preso, anche se è un po’
“deprimente” come ti ripetevo spesso in questi giorni (scusa se non ti ho mai
parlato della trama, era una sorpresa!). Ohi, ti voglio bene my best, lo sai,
no?
Bando alle ciance (oddio, parlo come il
gioco che ho per la console!), vi lascio qui alla prossima fanfiction su
Naruto. Manga che non conoscevo, ma che grazie alla mia Sae (sorellina, lo vedi
che alla fine è sempre merito tuo? Anche che mi sono sposata con Gaara, quel
ventisei febbraio! Sei, sei, sei! *-*) ho scoperto da poco e che mi ha
completamente appassionato. Okay, vado, ormai non ragiono più! @.@
L’ultimissima cosa, però, che è di dovere è che vorrei ringraziare in anticipo
tutti coloro che leggeranno, commenteranno e metteranno magari la storia tra i
preferiti (va beh, mi sto facendo prendere la mano! Scusatemi tanto, eh, eh!).
Grazie‼
Bene, ora vado definitivamente (era ora,
eh?).
Baci a tutti!
Memi J