Tutto il mio
affetto e il mio ringraziamento a 3ragon
che
ha caritatevolmente acconsentito a farmi da Beta. Tutti uniti
in un minuto di silenzio per il suo coraggio!!
I’m
not a Murderer
01
Dove
tutto ebbe inizio – ma doveva proprio?
Max
non
aveva mai pensato di essere gay.
Esattamente
come non avrebbe mai immaginato di dover scegliere – o anche
solo chiedersi la differenza
– tra una
cintura pitonata e una crema a scaglie marrone chiaro.
E,
certamente, Maximillian Pollux non avrebbe mai scommesso un centesimo
che
questi due avvenimenti si sarebbero concentrati in una sola giornata.
Per
l’esattezza in un momento preciso del pomeriggio in cui
credeva di potersi
finalmente rilassare.
Evidentemente
qualche entità sovrannaturale ce l’aveva con lui.
E
quell’entità non era altro che la
metà mancante dei Dioscuri.
E
lui è
del segno dei gemelli.
°°°
«Ohi
Max, ti decidi a muoverti, da?»
gli
gridarono da dentro il negozio, distraendolo dalla contemplazione
–
terrorizzata – della vetrina.
Maximillian
era un ragazzo semplice, dai gusti sobri e pratici e, soprattutto, con
un
portafoglio molto limitato – eredità di una
famiglia di agricoltori dell’Arizona
e altri sei fratelli minori. Nei suoi venticinque anni di vita, aveva
avuto
parecchie occasioni per poter spendere cifre esagerate per qualcosa di
piccolo,
ma mai gli era capitato di vedere una sciarpettina
estiva da uomo – di
pura bellezza – con un’etichetta a fianco che
recitava: “Saldi: sconto del
trenta percento su tutti i capi esposti, prezzo $ 430.00” .
Qualcuno
doveva aver fatto un errore. Magari sarebbe entrato nel negozio giusto
per
avvertire riguardo allo sbaglio e sarebbe scappato prima che quelli gli
chiedessero di pagare il suolo che aveva calpestato con le sue scarpe
da
mercatino dell’usato.
Si
fissò le Sneakers allacciate solo per metà, di un
grigio sporco – in origine
bianco – consumate sulle punte e sui talloni. E meno male che
le suole non
erano visibili.
«Ehi, femminuccia! Ti stai
rimirando
nella vetrina?» Altre risate lo raggiunsero dell'interno,
costringendolo a
tornare a guardare davanti a sé.
Dall’altra
parte del vetro c’erano i suoi compagni di squadra, che lo
incitavano a
raggiungerli all’interno e a svuotare la carta di credito.
C’erano Jamie e
Joackim, i gemelli dai capelli scuri che, assieme
all’esuberante Dorian e al silenzioso Bach,
formavano i componenti della staffetta – che al momento si
stavano misurando
maglie e camicie da migliaia di dollari. In un angolo, seminascosto da
una
selce strategicamente posizionata accanto ai camerini, Brook
– che a dispetto
del nome da donna era il più alto e possente tra tutti loro
– scrutava dubbioso
una cintura viola sfavillante, alternando occhiate
tra di essa e una commessa intenta a servire
un giovane uomo dall’aria sofisticata e i capelli palesemente
tinti. E infine
c’era il pazzo che si sgolava per farlo entrare con loro a
vendere il sangue:
Lionel.
«Oh, well»
mormorò rassegnato chinando il
capo, varcando la soglia girevole e sentendosi investito da una forte
aria
condizionata. Quella sciarpa sarebbe stata del tutto inutile in un
frangente
simile, a dispetto del prezzo allucinante.
Non
ricordava esattamente chi e quando avesse proposto di festeggiare
l’eventuale
ammissione alle selezioni nazionali nell'Atelier più
esclusivo e alla moda di
Philadelphia: l'O’Connell, ma era più che certo
che, chiunque fosse stato,
l’avrebbe pagata cara.
«Guarda
chi ha finalmente avuto il fegato di entrare» alzò
la voce Dorian, unendosi a
Lionel e alle sue grida scalmanate, vedendo arrivare
Max.«Tappati quella bocca,
fourth man, fai troppo
casino» bofonchiò
cacciandosi le mani nelle tasche della larga felpa verde scuro,
sentendosi
estremamente fuori luogo.
Per
raggiungerli aveva oltrepassato un paio di clienti –
chiaramente habitué – e si
era sentito morire.
La
prima donna era alta, slanciata e con un’acconciatura fresca
di parrucchiere,
probabilmente taglio e piega da mille dollari. Indossava un paio di
pantaloni a
mezzo polpaccio di colore rosso e una sottile camicia svolazzante
bianca,
chiusa sul davanti con un fiocco in seta. Decolleté in
vernice dal tacco
vertiginoso e una borsa accessoriata con un foulard su uno dei manici.
Uno
schianto, ma niente a che vedere con il secondo cliente, un uomo dalle
mani
chiare e sottili, che passavano da una stoffa all’altra,
commentando con voce
sommessa quello che la commessa gli presentava.
Indossava
un paio di jeans chiari, una canottiera color crema e una camicia dallo
sfondo
bianco con fantasia di nastri intrecciati. Al collo, portava quella
stessa
sciarpa leggera che aveva visto poco prima in vetrina e ai piedi un
paio di
stivali in camoscio marrone.
Lo
osservò un momento passarsi quelle stesse dita, ricche di
tre anelli sottili al
pollice e al medio, tra i capelli rossi e preferì
distogliere lo sguardo prima
che potesse voltarsi a mostrare il volto. Non avrebbe retto ad altra
perfezione.
«Allora?
Cosa vuoi provarti?» rise Lionel, studiandosi con indosso una
maglia di lana
intrecciata, impedendo a tutti gli altri di osservarsi allo specchio.
Jamie
indossava un completo giacca pantalone viola intenso e il gemello
cercava di
trattenere le risate da dietro il cappello da cowboy che aveva trovato
appeso
lì accanto.
Max
preferì alzare un sopracciglio e non dire niente. Meglio
concentrarsi su Brook,
che stava uscendo in quel momento dal camerino con un jeans scuro
strappato ad
arte.
«Quello
mi piace» gli disse, giusto per tenere impegnata la bocca ed
evitare di
rispondere alla domanda.
Lui
non
voleva provare niente.
«Secondo
me ti fanno i fianchi troppo grossi» Bach e il suo raffinato
tocco sbucarono
dall’ultimo camerino, accompagnati da un’attillata
maglia a righe bianche e
nere dalle maniche lunghe.
«E tu
sembri un carcerato» gli rispose l’interessato a
bassa voce, togliendosi la
propria maglia – verde chiaro e rattoppata all’orlo
– per provare quella che
aveva scelto da abbinare ai jeans. Mettendo in mostra i possenti
muscoli della
schiena, di un nero lucido, che calamitarono l’attenzione sia
della donna dal
taglio da mille dollari che la commessa – la quale era
sembrata del tutto
disinteressata a loro, prima che Brook decidesse di mettersi in mostra.
Il
ragazzo sapeva esattamente quale effetto facesse il suo fisico
– sia in vasca
che tra le donne – e si divertiva a sperimentarlo. Max lo
vide ghignare e ammicchare
di sfuggita alla più bella tra le due, prima di infilarsi
una aderente maglia
sbracciata dal colore che ricordava quello dei muri della loro vecchia Middle School. Tra il marrone fogna e
quello polvere.
Jamie
vide chiaramente il gemello trattenere una smorfia disgustata e Bach
squadrarlo
da capo a piedi, pronto e infierire come era suo solito .
«Su di
te quel colore fa schifo» disse infatti, incrociando le
braccia e sorridendo
con superiorità. Brook serrò la mascella con
maggiore forza di quanta non fosse
effettivamente necessaria, ma preferì non dire nulla,
rientrando nel camerino
per tornare ad indossare i suoi abiti abituali.
Dall’alto
dei suoi centottantanove centimetri, di muscoli e pelle nera come
l’inchiostro,
sapeva che non avrebbe mai potuto spuntarla contro Bach. Il ragazzo
infatti,
pur raggiungendo a mala pena il metro e settanta, possedeva una
velocità nei
movimenti e una vena subdola che gli erano costate parecchio ai tempi
della
scuola. Il nero avrebbe difficilmente dimenticato il loro primo
incontro, più
di dieci anni prima.
Brook
era un ragazzo silenzioso, ma non disdegnava una buona scazzottata
quando
necessario. Quel mattino in particolare, aveva attaccato briga con due
ragazzi
per uno scontro – apparentemente accidentale – tra
la sua spalla e il gomito di
uno dei due. Si trovavano dietro la scuola con tutta
l’intenzione di regolare i
conti, quando un estraneo si era intromesso.
Al
tempo Bach non era conosciuto da nessuno – si era appena
trasferito dal Canada
– quindi, quando si era piazzato tra loro – con
quel taglio troppo corto e quel
volume di letteratura – avevano riso e cercato di toglierselo
dai piedi.
Lui
aveva torto il polso del primo, fratturato il naso al secondo e steso
Brook con
un pugno bel piazzato, prima ancora che riuscissero a sfiorarlo. Poi si
era
sistemato la camicia, ripreso in mano il libro che aveva lasciato
cadere e se
ne era andato.
Episodi
come quello si erano ripetuti anche troppe volte nel corso della loro
amicizia,
ma mai che Brook fosse riuscito ad uscirne meno che ammaccato, spesso
affiancato da un Bach solo leggermente affannato.
Quindi
no, si disse stringendosi l’elastico dei pantaloni prima di
uscire dal
camerino, non era il caso di ribattere ad una persona tanto spaventosa.
Max
nel
frattempo, aveva gironzolato nelle vicinanze dei camerini, soppesando
con lo
sguardo gli abiti accuratamente ripiegati sugli scaffali. Maglie,
camicie,
felpe e persino i cappelli, gli sembravano troppo eleganti, troppo
costosi e
troppo… troppo e basta.
Ripose
con attenzione una canotta giallo chiaro – prima di essere
presa in mano era
sembrata tranquillamente abbordabile – e sospirò.
Erano in quel negozio da un
tempo incalcolato, e lui non si era provato ancora nulla, a differenza
dei suoi
amici.
Bach
alla fine aveva comprato la maglia a righe, accostandogli un foulard
bianco e
rosso, che lo facevano sembrare la copia carbone di Belfagor
“Bel”, di KHR –
suo fratello lo stava facendo dannare con la sua insana passione. Brook
aveva
ripiegato per una giacca tra l’elegante e lo sportivo dal
colore chiaro – che a
detta del primo non lo faceva sembrare un sacco con le gambe e che
quindi
poteva andare.
Lionel
e Dorian si stavano contendendo lo stesso paio di pantaloni, mostrando
ben poca
maturità considerato il fatto che non solo portavano taglie
differenti, ma che
sullo scaffale c’erano altri esemplari
dello stesso identico modello.
Persino
quegli eterni indecisi di Jamie e Joakim erano riusciti a trovare delle
camicie
di loro gusto – stesso modelli ma di colori opposti, da bravi
gemelli che
adorano confondere gli amici.
«Dai,
Max, non abbiamo tutto il giorno, ti vuoi decidere a mettere
qualcosa?» Dorian
sbuffò alle sue spalle, in mano il paio di pantaloni tanto
contesi e il sorriso
trionfante di chi è riuscito a vincere i Campionati.
«Non so
cosa» borbottò di rimando ispezionando con finta
attenzione il ripiano dei
jeans. Non c’era nulla che volesse veramente provare.
«Oh,
andiamo!» Lionel lo afferrò per un braccio,
l’altra mano occupata da un nuovo
paio di pantaloni, trascinandolo con la complicità
dell’altro in uno dei
camerini e chiudendo la tenda alle sue spalle con un gesto secco. Max
sbuffò
ancora.
«Si può
sapere che volete fare? Non sono certo obbligato a provarmi dei vestiti
se non
ne trovo di mio gusto, no?» cercò di farli
ragionare mentre si trovava
impossibilitato ad uscire per via della presenza di Bach e i gemelli
che
piantonavano la tenda del camerino.
«Non
fare i capricci» commentò semplicemente Bach,
senza variare il tono di voce –
costantemente impostato su cordiale cortesia – ma mostrando
chiaramente le sue
vere intenzioni – che variavano dall’insulto alla
cattiveria gratuita, fino a
sfociare nel bullismo psicologico.
«Io non
faccio capricci, trovo solamente che tutto questo sia totalmente privo
di ogni
logica» cercò di farli ragionare, nella speranza
che smettessero di comportarsi
come in un parco giochi. Oppure no, era meglio così. In
questo modo li
avrebbero cacciati fuori prima che riuscissero a costringerlo a
sgualcire
qualcuno dei capi in vendita.
«Andiamo,
non vedo dove sia il problema» Jamie sembrava annoiato mentre
dondolava le
gambe dalla sgabello su cui era seduto, accanto allo specchio
«devi solo
provare dei vestiti, my God, non ti
abbiamo chiesto di metterti a correre nudo per Market Street».
Max
rabbrividì alla sola idea e preferì tacere. Non
era il caso di dare a Dorian nuove
idee su come sfruttare la sua fuggevole giovinezza. Ne aveva
già abbastanza di
sue.
«Bene
allora» Lionel era tornato reggendo un paio di jeans
attillati e una maglia
rossa dallo scollo a barca – o almeno così gli
disse, gettandoglieli in faccia
e minacciandolo di entrare e spogliarlo personalmente, se non si fosse
deciso a
collaborare.
Max
si
tolse quell’ammasso di stoffa dalla faccia e pregò
di veder spuntare una
commessa inferocita – e perché no, anche il
proprietario – con l’intenzione di
cacciarli a pedate. Aspettò un minuto intero e
poiché nessuno sopraggiunse a
fare il proprio dovere, si costrinse a non sgualcire ulteriormente
quella
maglia tanto costosa – duecentotrenta dollari, aveva letto
bene? - e
iniziò a sfilarsi i pantaloni della tuta.
«Cosa
stai facendo lì dentro?» la voce irriverente di
Lionel lo costrinse ad
affrettarsi – non ci teneva ad essere maneggiato come una
bambola – e chiuse
gli ultimi due bottoni del pantalone.
Mosse
un passo esitante verso la tendina e li sentì tirarsi per
seguire il suo
movimento: erano anni che non indossava qualcosa di tanto aderente. Il
costume
era chiaramente escluso.
Aggiustandosi
il collo della maglia, scostò le tende, preparandosi ad
affrontare le battute
dei compagni.
Max
era
sempre stato bravo a scommettere – suo cugino gli aveva
sempre simpaticamente
detto che era così perché in campo amoroso faceva
più che pena e Dio aveva
voluto compensare quella mancanza in qualche modo – ma era
più che certo che
una situazione del genere non sarebbe mai riuscito a prevederla.
Subito
fuori dal camerino c’erano i gemelli e Bach, che invece di
ridere di lui e
della sua tenuta elegante, sembravano fissare qualcosa subito alla sua
destra.
Alzò un sopracciglio nel constatare che i gemelli non
sembravano inclini alle
solite battute idiote e portò l’attenzione sui
restanti componenti del gruppo.
Lionel
– in contrasto al grande desiderio di vederlo in abiti
firmati – non gli stava
prestando la minima attenzione, improvvisamente troppo impegnato a
misurarsi
una camicia e a fare gli occhi dolci ad una nuova cliente dai lunghi
capelli
biondi, che era a propria volta intenta a fissare, con quella che
sembrava
cupidigia, il dorso nuovamente nudo di Brook, che si stava provando una
nuova
maglietta – con l’ausilio di una commessa.
Scuotendo
la testa individuò Dorian, l’ultimo rimasto,
scoprendo che era l’unico a
fissarlo direttamente, con un’espressione concentrata.
«Non
stai tanto male» disse soltanto dopo aver annuito un paio di
volte. Max
arricciò le labbra, non essendo certo se quello fosse un
complimento o altro.
«Certo
che non sta tanto male. Quei pantaloni lo fasciano come una seconda
pelle» si
intromise una nuova voce, costringendolo a guardare alla propria destra
e a
rendersi conto di chi avevano fissato Bach e i gemelli fino a quel
momento.
Al
suo
fianco c’era l’uomo dai capelli rossi e le movenze
eleganti che aveva visto
entrando in negozio. Quello che non avrebbe mai voluto vedere in volto
perché
pensava essere troppo perfetto. E ci aveva visto giusto. Almeno su
quello.
L’uomo
aveva un volto regolare, di forma di ovale, occhi di un azzurro intenso
che lo
squadravano da capo a piedi, sottili sopracciglia marrone chiaro, naso
dritto
con la punta arrotondata, labbra piene e una pelle chiara e omogenea.
Max
deglutì – come si ritrovò a fare anche
fin troppo spesso in futuro, in sua
presenza – e cercò di non guardarlo dritto negli
occhi. Non avrebbe saputo dire
perché, ma lo inquietavano.
Max
lo
osservò avvicinarglisi maggiormente e cercò di
non sussultare quando alzò una
mano e prese il tessuto della maglia rossa tra due dita, ad un soffio
dal suo
collo. Le fece scorrere lentamente fino alla cucitura sul petto e
sorrise.
«Questo
colore ti dona poco. Se permetti adesso ci penso io a te».
Max
desiderò averlo solo immaginato, in doppio senso.
…
Dunque, da
dove cominciare?
Possibile che non sappia mai che scrivere?
Vabbé,
proviamoci…
Salve, ho
iniziato a scrivere
questa fic perché un amico – non dirò
chi né quanto tempo fa mi ha parlato a
riguardo – mi ha fatto notare (vedi minacciato) che non
scrivo mai niente di allegro
o romantico nelle Originali.
Ebbene,
eccolo benservito!
E spero per
lui che legga,
altrimenti potrei arrabbiarmi sul serio…
Spero che
questa prima scena vi sia
piaciuta (abbastanza da lasciarmi una piccola noticina *me sbatte gli occhi speranzosa*) e che abbiate voglia di
darmi appuntamento al prossimo
aggiornamento!
Baci
NLH
I
Dioscuri
sono i gemelli nati da Zeus e Leda. Inseparabili, hanno partecipato
alla
spedizione degli Argonauti e combattuto sotto le mura di Troia. Castore
era
mortale e Polluce immortale. Quando il primo morì, il
gemello chiese a Zeus di
dividere con lui la sua sorte, alternandosi un giorno
nell’Olimpo e uno
nell’Ade. Questo scambiò continuò fino
a quando Ade non li trasformò nella
costellazione dei Gemelli.