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Autore: aliasNLH    26/09/2013    2 recensioni
«Tu lo sai, vero, che quando un uomo compra dei vestiti alla propria ragazza, lo fa perché vuole toglierglieli personalmente?» mormorò, rispondendo finalmente all’interrogativo.
Max deglutì, improvvisamente accaldato per via del contatto di quella mano – per non dire altro, considerato il fatto che si trovava tra decine di corpi sudati e uno in particolare felicemente spalmato su di lui.
Molto felicemente, in effetti. Avvampò.
«M-ma… io non sono la tua ragazza» cercò di erigere una – blanda – difesa a quello che sembrava qualcosa di inevitabile.
«Questo è vero» gli sussurrò in risposta, sfiorandogli il lobo con le labbra «non sei una donna».
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tutto il mio affetto e il mio ringraziamento a 3ragon che ha caritatevolmente acconsentito a farmi da Beta. Tutti uniti in un minuto di silenzio per il suo coraggio!!
 
 
I’m not a Murderer
 
01
 
 
 
Dove tutto ebbe inizio – ma doveva proprio?
 
    Max non aveva mai pensato di essere gay.
    Esattamente come non avrebbe mai immaginato di dover scegliere – o anche solo chiedersi la differenza – tra una cintura pitonata e una crema a scaglie marrone chiaro.
    E, certamente, Maximillian Pollux non avrebbe mai scommesso un centesimo che questi due avvenimenti si sarebbero concentrati in una sola giornata. Per l’esattezza in un momento preciso del pomeriggio in cui credeva di potersi finalmente rilassare.
    Evidentemente qualche entità sovrannaturale ce l’aveva con lui.
    E quell’entità non era altro che la metà mancante dei Dioscuri.
    E lui è del segno dei gemelli.
 
°°°
 
    «Ohi Max, ti decidi a muoverti, da?» gli gridarono da dentro il negozio, distraendolo dalla contemplazione – terrorizzata – della vetrina.
    Maximillian era un ragazzo semplice, dai gusti sobri e pratici e, soprattutto, con un portafoglio molto limitato – eredità di una famiglia di agricoltori dell’Arizona e altri sei fratelli minori. Nei suoi venticinque anni di vita, aveva avuto parecchie occasioni per poter spendere cifre esagerate per qualcosa di piccolo, ma mai gli era capitato di vedere una sciarpettina estiva da uomo – di pura bellezza – con un’etichetta a fianco che recitava: “Saldi: sconto del trenta percento su tutti i capi esposti, prezzo $ 430.00”.
    Qualcuno doveva aver fatto un errore. Magari sarebbe entrato nel negozio giusto per avvertire riguardo allo sbaglio e sarebbe scappato prima che quelli gli chiedessero di pagare il suolo che aveva calpestato con le sue scarpe da mercatino dell’usato.
    Si fissò le Sneakers allacciate solo per metà, di un grigio sporco – in origine bianco – consumate sulle punte e sui talloni. E meno male che le suole non erano visibili.
    «Ehi, femminuccia! Ti stai rimirando nella vetrina?» Altre risate lo raggiunsero dell'interno, costringendolo a tornare a guardare davanti a sé.
    Dall’altra parte del vetro c’erano i suoi compagni di squadra, che lo incitavano a raggiungerli all’interno e a svuotare la carta di credito. C’erano Jamie e Joackim, i gemelli dai capelli scuri che, assieme  all’esuberante Dorian e al silenzioso Bach, formavano i componenti della staffetta – che al momento si stavano misurando maglie e camicie da migliaia di dollari. In un angolo, seminascosto da una selce strategicamente posizionata accanto ai camerini, Brook – che a dispetto del nome da donna era il più alto e possente tra tutti loro – scrutava dubbioso una cintura viola sfavillante, alternando occhiate  tra di essa e una commessa intenta a servire un giovane uomo dall’aria sofisticata e i capelli palesemente tinti. E infine c’era il pazzo che si sgolava per farlo entrare con loro a vendere il sangue: Lionel.
    «Oh, well» mormorò rassegnato chinando il capo, varcando la soglia girevole e sentendosi investito da una forte aria condizionata. Quella sciarpa sarebbe stata del tutto inutile in un frangente simile, a dispetto del prezzo allucinante.
    Non ricordava esattamente chi e quando avesse proposto di festeggiare l’eventuale ammissione alle selezioni nazionali nell'Atelier più esclusivo e alla moda di Philadelphia: l'O’Connell, ma era più che certo che, chiunque fosse stato, l’avrebbe pagata cara.
    «Guarda chi ha finalmente avuto il fegato di entrare» alzò la voce Dorian, unendosi a Lionel e alle sue grida scalmanate, vedendo arrivare Max.«Tappati quella bocca, fourth man, fai troppo casino» bofonchiò cacciandosi le mani nelle tasche della larga felpa verde scuro, sentendosi estremamente fuori luogo.
    Per raggiungerli aveva oltrepassato un paio di clienti – chiaramente habitué – e si era sentito morire.
    La prima donna era alta, slanciata e con un’acconciatura fresca di parrucchiere, probabilmente taglio e piega da mille dollari. Indossava un paio di pantaloni a mezzo polpaccio di colore rosso e una sottile camicia svolazzante bianca, chiusa sul davanti con un fiocco in seta. Decolleté in vernice dal tacco vertiginoso e una borsa accessoriata con un foulard su uno dei manici.
    Uno schianto, ma niente a che vedere con il secondo cliente, un uomo dalle mani chiare e sottili, che passavano da una stoffa all’altra, commentando con voce sommessa quello che la commessa gli presentava.
    Indossava un paio di jeans chiari, una canottiera color crema e una camicia dallo sfondo bianco con fantasia di nastri intrecciati. Al collo, portava quella stessa sciarpa leggera che aveva visto poco prima in vetrina e ai piedi un paio di stivali in camoscio marrone.
    Lo osservò un momento passarsi quelle stesse dita, ricche di tre anelli sottili al pollice e al medio, tra i capelli rossi e preferì distogliere lo sguardo prima che potesse voltarsi a mostrare il volto. Non avrebbe retto ad altra perfezione.
    «Allora? Cosa vuoi provarti?» rise Lionel, studiandosi con indosso una maglia di lana intrecciata, impedendo a tutti gli altri di osservarsi allo specchio. Jamie indossava un completo giacca pantalone viola intenso e il gemello cercava di trattenere le risate da dietro il cappello da cowboy che aveva trovato appeso lì accanto.
    Max preferì alzare un sopracciglio e non dire niente. Meglio concentrarsi su Brook, che stava uscendo in quel momento dal camerino con un jeans scuro strappato ad arte.
    «Quello mi piace» gli disse, giusto per tenere impegnata la bocca ed evitare di rispondere alla domanda.
    Lui non voleva provare niente.
    «Secondo me ti fanno i fianchi troppo grossi» Bach e il suo raffinato tocco sbucarono dall’ultimo camerino, accompagnati da un’attillata maglia a righe bianche e nere dalle maniche lunghe.
    «E tu sembri un carcerato» gli rispose l’interessato a bassa voce, togliendosi la propria maglia – verde chiaro e rattoppata all’orlo – per provare quella che aveva scelto da abbinare ai jeans. Mettendo in mostra i possenti muscoli della schiena, di un nero lucido, che calamitarono l’attenzione sia della donna dal taglio da mille dollari che la commessa – la quale era sembrata del tutto disinteressata a loro, prima che Brook decidesse di mettersi in mostra.
    Il ragazzo sapeva esattamente quale effetto facesse il suo fisico – sia in vasca che tra le donne – e si divertiva a sperimentarlo. Max lo vide ghignare e ammicchare di sfuggita alla più bella tra le due, prima di infilarsi una aderente maglia sbracciata dal colore che ricordava quello dei muri della loro vecchia Middle School. Tra il marrone fogna e quello polvere.
    Jamie vide chiaramente il gemello trattenere una smorfia disgustata e Bach squadrarlo da capo a piedi, pronto e infierire come era suo solito .
    «Su di te quel colore fa schifo» disse infatti, incrociando le braccia e sorridendo con superiorità. Brook serrò la mascella con maggiore forza di quanta non fosse effettivamente necessaria, ma preferì non dire nulla, rientrando nel camerino per tornare ad indossare i suoi abiti abituali.
    Dall’alto dei suoi centottantanove centimetri, di muscoli e pelle nera come l’inchiostro, sapeva che non avrebbe mai potuto spuntarla contro Bach. Il ragazzo infatti, pur raggiungendo a mala pena il metro e settanta, possedeva una velocità nei movimenti e una vena subdola che gli erano costate parecchio ai tempi della scuola. Il nero avrebbe difficilmente dimenticato il loro primo incontro, più di dieci anni prima.
    Brook era un ragazzo silenzioso, ma non disdegnava una buona scazzottata quando necessario. Quel mattino in particolare, aveva attaccato briga con due ragazzi per uno scontro – apparentemente accidentale – tra la sua spalla e il gomito di uno dei due. Si trovavano dietro la scuola con tutta l’intenzione di regolare i conti, quando un estraneo si era intromesso.
    Al tempo Bach non era conosciuto da nessuno – si era appena trasferito dal Canada – quindi, quando si era piazzato tra loro – con quel taglio troppo corto e quel volume di letteratura – avevano riso e cercato di toglierselo dai piedi.
    Lui aveva torto il polso del primo, fratturato il naso al secondo e steso Brook con un pugno bel piazzato, prima ancora che riuscissero a sfiorarlo. Poi si era sistemato la camicia, ripreso in mano il libro che aveva lasciato cadere e se ne era andato.
    Episodi come quello si erano ripetuti anche troppe volte nel corso della loro amicizia, ma mai che Brook fosse riuscito ad uscirne meno che ammaccato, spesso affiancato da un Bach solo leggermente affannato.
    Quindi no, si disse stringendosi l’elastico dei pantaloni prima di uscire dal camerino, non era il caso di ribattere ad una persona tanto spaventosa.
    Max nel frattempo, aveva gironzolato nelle vicinanze dei camerini, soppesando con lo sguardo gli abiti accuratamente ripiegati sugli scaffali. Maglie, camicie, felpe e persino i cappelli, gli sembravano troppo eleganti, troppo costosi e troppo… troppo e basta.
    Ripose con attenzione una canotta giallo chiaro – prima di essere presa in mano era sembrata tranquillamente abbordabile – e sospirò. Erano in quel negozio da un tempo incalcolato, e lui non si era provato ancora nulla, a differenza dei suoi amici.
    Bach alla fine aveva comprato la maglia a righe, accostandogli un foulard bianco e rosso, che lo facevano sembrare la copia carbone di Belfagor “Bel”, di KHR – suo fratello lo stava facendo dannare con la sua insana passione. Brook aveva ripiegato per una giacca tra l’elegante e lo sportivo dal colore chiaro – che a detta del primo non lo faceva sembrare un sacco con le gambe e che quindi poteva andare.
    Lionel e Dorian si stavano contendendo lo stesso paio di pantaloni, mostrando ben poca maturità considerato il fatto che non solo portavano taglie differenti,  ma che sullo scaffale c’erano altri esemplari dello stesso identico modello.
    Persino quegli eterni indecisi di Jamie e Joakim erano riusciti a trovare delle camicie di loro gusto – stesso modelli ma di colori opposti, da bravi gemelli che adorano confondere gli amici.
    «Dai, Max, non abbiamo tutto il giorno, ti vuoi decidere a mettere qualcosa?» Dorian sbuffò alle sue spalle, in mano il paio di pantaloni tanto contesi e il sorriso trionfante di chi è riuscito a vincere i Campionati.
    «Non so cosa» borbottò di rimando ispezionando con finta attenzione il ripiano dei jeans. Non c’era nulla che volesse veramente provare.
    «Oh, andiamo!» Lionel lo afferrò per un braccio, l’altra mano occupata da un nuovo paio di pantaloni, trascinandolo con la complicità dell’altro in uno dei camerini e chiudendo la tenda alle sue spalle con un gesto secco. Max sbuffò ancora.
    «Si può sapere che volete fare? Non sono certo obbligato a provarmi dei vestiti se non ne trovo di mio gusto, no?» cercò di farli ragionare mentre si trovava impossibilitato ad uscire per via della presenza di Bach e i gemelli che piantonavano la tenda del camerino.
    «Non fare i capricci» commentò semplicemente Bach, senza variare il tono di voce – costantemente impostato su cordiale cortesia – ma mostrando chiaramente le sue vere intenzioni – che variavano dall’insulto alla cattiveria gratuita, fino a sfociare nel bullismo psicologico.
    «Io non faccio capricci, trovo solamente che tutto questo sia totalmente privo di ogni logica» cercò di farli ragionare, nella speranza che smettessero di comportarsi come in un parco giochi. Oppure no, era meglio così. In questo modo li avrebbero cacciati fuori prima che riuscissero a costringerlo a sgualcire qualcuno dei capi in vendita.
        «Andiamo, non vedo dove sia il problema» Jamie sembrava annoiato mentre dondolava le gambe dalla sgabello su cui era seduto, accanto allo specchio «devi solo provare dei vestiti, my God, non ti abbiamo chiesto di metterti a correre nudo per Market Street».
Max rabbrividì alla sola idea e preferì tacere. Non era il caso di dare a Dorian nuove idee su come sfruttare la sua fuggevole giovinezza. Ne aveva già abbastanza di sue.
    «Bene allora» Lionel era tornato reggendo un paio di jeans attillati e una maglia rossa dallo scollo a barca – o almeno così gli disse, gettandoglieli in faccia e minacciandolo di entrare e spogliarlo personalmente, se non si fosse deciso a collaborare.
    Max si tolse quell’ammasso di stoffa dalla faccia e pregò di veder spuntare una commessa inferocita – e perché no, anche il proprietario – con l’intenzione di cacciarli a pedate. Aspettò un minuto intero e poiché nessuno sopraggiunse a fare il proprio dovere, si costrinse a non sgualcire ulteriormente quella maglia tanto costosa – duecentotrenta dollari, aveva letto bene? -  e iniziò a sfilarsi i pantaloni della tuta.
    «Cosa stai facendo lì dentro?» la voce irriverente di Lionel lo costrinse ad affrettarsi – non ci teneva ad essere maneggiato come una bambola – e chiuse gli ultimi due bottoni del pantalone.
    Mosse un passo esitante verso la tendina e li sentì tirarsi per seguire il suo movimento: erano anni che non indossava qualcosa di tanto aderente. Il costume era chiaramente escluso.
    Aggiustandosi il collo della maglia, scostò le tende, preparandosi ad affrontare le battute dei compagni.
    Max era sempre stato bravo a scommettere – suo cugino gli aveva sempre simpaticamente detto che era così perché in campo amoroso faceva più che pena e     Dio aveva voluto compensare quella mancanza in qualche modo – ma era più che certo che una situazione del genere non sarebbe mai riuscito a prevederla.
    Subito fuori dal camerino c’erano i gemelli e Bach, che invece di ridere di lui e della sua tenuta elegante, sembravano fissare qualcosa subito alla sua destra. Alzò un sopracciglio nel constatare che i gemelli non sembravano inclini alle solite battute idiote e portò l’attenzione sui restanti componenti del gruppo.
    Lionel – in contrasto al grande desiderio di vederlo in abiti firmati – non gli stava prestando la minima attenzione, improvvisamente troppo impegnato a misurarsi una camicia e a fare gli occhi dolci ad una nuova cliente dai lunghi capelli biondi, che era a propria volta intenta a fissare, con quella che sembrava cupidigia, il dorso nuovamente nudo di Brook, che si stava provando una nuova maglietta – con l’ausilio di una commessa.
    Scuotendo la testa individuò Dorian, l’ultimo rimasto, scoprendo che era l’unico a fissarlo direttamente, con un’espressione concentrata.
    «Non stai tanto male» disse soltanto dopo aver annuito un paio di volte. Max arricciò le labbra, non essendo certo se quello fosse un complimento o altro.
    «Certo che non sta tanto male. Quei pantaloni lo fasciano come una seconda pelle» si intromise una nuova voce, costringendolo a guardare alla propria destra e a rendersi conto di chi avevano fissato Bach e i gemelli fino a quel momento.
    Al suo fianco c’era l’uomo dai capelli rossi e le movenze eleganti che aveva visto entrando in negozio. Quello che non avrebbe mai voluto vedere in volto perché pensava essere troppo perfetto. E ci aveva visto giusto. Almeno su quello.
    L’uomo aveva un volto regolare, di forma di ovale, occhi di un azzurro intenso che lo squadravano da capo a piedi, sottili sopracciglia marrone chiaro, naso dritto con la punta arrotondata, labbra piene e una pelle chiara e omogenea.
    Max deglutì – come si ritrovò a fare anche fin troppo spesso in futuro, in sua presenza – e cercò di non guardarlo dritto negli occhi. Non avrebbe saputo dire perché, ma lo inquietavano.
    Max lo osservò avvicinarglisi maggiormente e cercò di non sussultare quando alzò una mano e prese il tessuto della maglia rossa tra due dita, ad un soffio dal suo collo. Le fece scorrere lentamente fino alla cucitura sul petto e sorrise.
    «Questo colore ti dona poco. Se permetti adesso ci penso io a te».
Max desiderò averlo solo immaginato, in doppio senso.
 
 
Dunque, da dove cominciare? Possibile che non sappia mai che scrivere?
Vabbé, proviamoci…
 
Salve, ho iniziato a scrivere questa fic perché un amico – non dirò chi né quanto tempo fa mi ha parlato a riguardo – mi ha fatto notare (vedi minacciato) che non scrivo mai niente di allegro o romantico nelle Originali.
Ebbene, eccolo benservito!
E spero per lui che legga, altrimenti potrei arrabbiarmi sul serio
 
Spero che questa prima scena vi sia piaciuta (abbastanza da lasciarmi una piccola noticina *me sbatte gli occhi speranzosa*) e che abbiate voglia di darmi appuntamento al prossimo aggiornamento!
 
Baci
 
NLH


 I Dioscuri sono i gemelli nati da Zeus e Leda. Inseparabili, hanno partecipato alla spedizione degli Argonauti e combattuto sotto le mura di Troia. Castore era mortale e Polluce immortale. Quando il primo morì, il gemello chiese a Zeus di dividere con lui la sua sorte, alternandosi un giorno nell’Olimpo e uno nell’Ade. Questo scambiò continuò fino a quando Ade non li trasformò nella costellazione dei Gemelli.

  
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