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Autore: Kona_chan    26/09/2013    3 recensioni
E se Arthur Kirkland fosse un mago prestigiatore? Nessun problema. Anzi.
Ma se fosse un mago prestigiatore.. Ladro? Di certo, sarebbe ricercato da dei poliziotti. Un eroe cercherebbe di fermarlo, ovviamente affiancato da due bracci destri.
Una storia AU, basata su una piccola doujin-comic e su un film uscito da poco nelle sale italiane. Una storia piena di magie, inseguimenti e altro ancora!
Che aspettate? Forza, avvicinatevi. Perchè più vicini sarete, meno vedrete.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 3
 
Lo aveva lasciato li, da solo, in quel piccolo bar di periferia, con il conto da pagare e dei poliziotti alle spalle. Ma non ne faceva un dramma. Non poteva farne un dramma.
Doveva così tanti favori a quel tipo, che era quasi un divieto morale, per lui, prendersela per una cosa tanto infima.
Se ne stava tranquillo, con la sua tazzina vuota e sporca di schiumetta marroncina a guardare quel trio avvicinarsi, pensando a perché dei soggetti come quelli dovessero arrestare il suo amico.. Sembravano, messi insieme, uno di quei soliti poliziotti imbranati dei film d'azione, dove il protagonista puntualmente è cento volte più intelligente e coraggioso di loro.
Forse, l'unica che si salvava tra quelli, era la bionda: dall'aspetto sembrava una donna seria, diligente e decisa. Una poliziotta, insomma.
Gli altri due, il biondo e il moro, più il biondo che l'altro però, sembravano dei tipi con pochi pensieri per la testa. Come se non gli importasse granché del loro lavoro....
Dovette ricredersi, però, quando li vide entrare con passo pesante e deciso, nonostante l'aria stanca e affaticata dei loro visi.
Si sedettero al tavolo di fronte al suo: la bionda e il moro gli davano le spalle, mentre il tipo con gli occhiali gli era di fronte.
Avevano cominciato a parlare di qualcosa inerente a furti e rapine, e avevano anche menzionato il nome "Arthur Kirkland".
Non lo trovava poi così strano: Arthur gli aveva detto che in città c'era un suo omonimo, e che non era affatto lui il tipo di cui parlavano i telegiornali.
Si, insomma, Arthur non potrebbe mai derubare una banca in quel modo! Sarebbe impossibile per lui, come per chiunque altro. Sapeva che da quando era piccolo si era sempre esercitato con trucchi e illusioni, ma quello... No, non ci sarebbe mai riuscito. O almeno lui era convinto che fosse così..
Li ascoltò, ordinando un caffè ogni volta che qualche cameriere lo guardava in malo modo, dato che se ne stava li, con le braccia sul tavolo e le mani intrecciate ad ascoltare con orecchio teso ogni singola parola, sillaba, che usciva dalle bocche di quei tre.
Si era tanto interessato al discorso, che rimase di sasso nel sentire l'improvvisa affermazione del moro, tanto da restare a bocca aperta, mostrando i suoi piccoli canini un po' troppo più appuntiti del normale.
Ascoltò la spiegazione del ragazzo, cercando di capire chi fosse quel "Carriedo". Aveva già sentito quel nome, ma non ricordava dove, esattamente.
«Due giorni fa ho fatto delle ricerche» il moro, che sembrava essere giapponese, riprese a parlare, tenendosi poggiato al tavolo -probabilmente- nella sua medesima posizione «sono riuscito a scoprire che il nostro mago e lui sono in contatto da un paio di settimane.» spiegò.
Sorrise divertito nel vedere l'espressione di pura e semplice confusione del biondo. Aveva aperto la bocca, forse per chiedergli che tipo di ricerche, ma probabilmente lasciò perdere, dato che la richiuse subito.
«Sono riuscito ad avere il suo numero di cellulare, e dopo un'allegra chiacchierata ho scoperto che stasera, al Red carpet, ha un appuntamento.» concluse, poggiando la schiena sulla panca imbottita, probabilmente soddisfatto delle sue parole.
La francese, però, sembrò non essere molto d'accordo, dato che intervenne subito «E allora? Non significa certo che abbia un appuntamento con quel tipo.» aveva un tono che sembrava irritato, ma il suo accento francese la rendeva in qualche modo dolce.
«Françoise ha ragione: non possiamo essere certi che abbia una cena con lui.» fu il biondo a parlare, questa volta, e sembrava completamente d'accordo con la francese dai capelli biondo cenere.
«E’ divorziato e attualmente non frequenta nessuna donna, ne nessun uomo.» spiegò il giapponese con convinzione, rimanendo nella sua comoda posizione «L'unica spiegazione, è che abbia un' appuntamento di "lavoro" col nostro uomo.»
Ci fu un attimo di silenzio, attimo in cui lui poté chiedere un bicchiere d'acqua alla cameriera. Non aveva spiccicato una sola parola, ma quella discussione lo stava emozionando, tanto che gli si era asciugata la bocca e la lingua si era attaccata al palato. Era curioso di sapere.
«Sei conscio che se questa è una balla e noi entriamo in quel ristorante senza trovare lui e Arthur rischiamo il posto? Lo sai, vero?» il biondo sembrava abbastanza preoccupato per questa cosa, ma quando il moro gli fece segno di si con la testa, sembrò scordarsene totalmente....
Uscirono dal bar e si avviarono verso la volante parcheggiata circa un'ora prima. Ovviamente, lui li seguì.
Mandò un messaggio all'amico, scrivendogli in breve ciò che aveva sentito dai poliziotti e informandolo inoltre che lo avrebbe aspettato di fronte al ristorante.
Non era sicuro, dopo quello che avevano detto, che Arthur non fosse un ladro, ma era comunque suo amico, e in qualche modo doveva aiutarlo... Era tra i suoi principi morali.
Inviato il messaggio, entrò nel suo piccolo furgoncino, parcheggiato di fronte al bar, seguendo l'auto dei tre poliziotti.
 
Ci vollero un paio di ore ad arrivare nel centro della città per via del traffico. Quando parcheggiarono la volante, fece altrettanto, notando che giusto pochi metri avanti a loro c'era il ristorante menzionato dal giapponese.
Doveva avvisare Arthur , e in fretta anche, o sarebbe finita male.
Si appostò all’uscita del ristorante, come aveva detto all’amico, e guardò con ansia sempre più crescente i poliziotti fare irruzione nel locale. Era certo di aver visto il tipo con gli occhiali tirar fuori la 6mm…
 
 
Il signor Carriedo aveva parlato di tutto il tempo della sua ex moglie, di come fosse rimasta dolce nei suoi confronti nonostante tutto e di come il figlio fosse, però, scontroso nei suoi confronti. Amava suo figlio, più della moglie, e la cosa sembrava fargli male, nonostante si ostinasse a sorridere mentre parlava e raccontava.
Ovviamente, avevano anche discusso del lavoro. Era un lavoretto semplice, esattamente come aveva pensato, per questo ne parlarono si e no per venti minuti.
Avevano appena finito la cena, stavano per brindare ad un successo assicurato per il lavoro, quando gli arrivò un messaggio. Si scusò con lo spagnolo mentre metteva giù il calice riempito a metà con un Montepulciano d’ottima annata e tirava fuori il piccolo cellulare nero , sul cui display esterno blu lampeggiava la scritta che lo informava del fatto che gli fosse arrivato un messaggio.
Aprì il messaggio e lo lesse, sgranando gli occhi e trattenendosi dall’aprire la bocca dallo stupore.
«Tutto bene..?» Chiese lo spagnolo chinando leggermente il capo di lato, curioso dal motivo della sua espressione.
Il biondo richiuse il cellulare, scuotendo appena la testa, assicurandogli che non fosse nulla di troppo importante e riprese il calice abbozzando un sorriso «Al nostro successo.»
Non passò troppo tempo che la porta del ristorante venne abbattuta da un poderoso calcio, seguito dall’irruzione di tre individui dalle doti intellettive discutibili. Inutile dire che la reazione dei clienti, signor Carriedo incluso, fu di totale stupore, non ché confusione mista ad una spruzzata di paura, dato che tutti e tre avevano tirato fuori la pistola, nonostante il giapponese la stesse ancora cercando. Le tenevano puntate verso i clienti, guardandosi attorno nel tentativo di trovare l’inglese.
Evidentemente,  il biondo lo vide, dato che si fiondò sulle scale, puntandogli la pistola contro «Arthur Kirkland, sei in arresto!» intimò con la pistola sollevata.
L’inglese si lasciò sfuggire un piccolo sorriso molto simile ad un ghigno, tirando fuori un due di picche «Mi spiace agente, ma ho un amico che mi sta aspettando» disse con assoluta calma, ammiccando al biondo mentre teneva la carta tra indice e medio.
Fu una frazione di secondo: la carta venne lanciata verso l’interruttore della luce con tale veemenza e precisione, che quando il bordo lo colpì, le luci del locale si spensero, avvolgendo i presenti nelle tenebre.
Approfittando della situazione di completo panico nella sala, l’inglese si fiondò verso l’uscita che dava sul tetto. Si era accorto di essere seguito da uno di loro, per questo si assicurò di lasciare la porta dell’uscita aperta.
Aspettò che uscisse, per poi chiudere la porta alle sue spalle, restandovi appoggiato.
«Vedo che lei è molto insistente.» Disse con tono quasi sarcastico guardando il biondo che, nel sentire la porta chiudersi, si era voltato di scatto e ora lo guardava in un misto tra sorpresa e ira. Non esitò a puntargli l’arma contro, e l’inglese non esitò ad alzare le braccia in segno di resa. Aveva abbassato di poco la testa, così che la frangia coprisse il suo volto ghignante.
Rialzò il viso poco dopo, sorridendo sghembo «Non c’è bisogno di essere tanto aggressi...»
«Sta’ zitto.» lo interruppe bruscamente il biondo, che sembrava tanto essere un americano, visto il suo accento «Tieni le mani bene in vista. Non vorrei facessi qualche brutto trucchetto..» sbottò avvicinandosi di neanche mezzo passo. L’inglese dagli occhi verdi e splendenti cominciò a ridere, apparentemente senza un motivo, e ciò fece preoccupare non poco quel giovane poliziotto che probabilmente aveva trovato il distintivo in qualche scatola di cereali. Perché uno come lui non poteva essere un poliziotto per davvero. Sarebbe stata una cosa ridicola.
«Non c’è trucco e non c’è inganno, agente!» ridacchiò l’inglese tenendo le mani sopra la testa, guardando l’americano con un sorriso sardonico.
Improvvisamente, cominciarono a volare una serie di petali rossi, da tutte le parti, trasportati via dal vento. Erano di un rosso talmente intenso da sembrare quasi finto. Avevano riempito l’aria, e l’americano ormai si era incantato a guardarli volteggiare in aria, mentre si adagiavano dolcemente sul duro e freddo pavimento piastrellato della terrazza, creando un fino tappeto rosso.
Approfittando dello sguardo disattento del poliziotto, l’inglese corse a tutta velocità verso il bordo della piccola struttura, atterrando bruscamente sul retro del furgoncino dell’amico, che per poco non ebbe un infarto nel sentire quel botto improvviso, seguito da un urlo soffocato di dolore.
«Arthur!» esclamò questi vedendolo tirarsi a sedere sul retro attraverso lo specchietto. Aprì la portiera e si sporse a guardarlo preoccupato, e per poco all’inglese non venne da ridere per quanto era bianco in volto «che diamine combini?!»
«Easy: evito di farmi arrestare.» rispose tranquillamente, anche se era preoccupato per la sua caviglia … Probabilmente si era slogata, o rotta. Alzò lo sguardo, notando la testa bionda dell’americano fare capolino dal basso edificio.
Vide una piccola striscia bianca sul suo viso, e dedusse che probabilmente stava digrignando i denti dalla rabbia, o dalla frustrazione.
Una frazione di secondo dopo, scomparve, e non era una buona cosa.
«Soril, credo sia meglio che tu parta, ora…» Disse al romeno, massaggiandosi piano la caviglia dolorante. Annuì e richiuse la portiera, mettendo in moto, togliendo il freno a mano, e partendo.
Fecero appena in tempo, dato che quando partirono, l’allegra combriccola dei poliziotti dall’intelligenza altamente discutibile uscì a tutta velocità sulla strada. La tipa francese tirò fuori la pistola e la puntò verso le ruote del furgone, ma ormai erano troppo lontani perché il proiettile potesse bucare la ruota.
L’inglese la vide, seppur in lontananza, sbattere un piede a terra, e muovere appena le labbra. Molto probabilmente, aveva appena imprecato.

 
 


**/  Scleri dell’autrice  **/
SSSSSSIIIIIIIII. Lo sooooooooo. Sono in ritardo di du- tre-… un paio di mesi, ma, capitemi: tra trasloco, scuola e Slovenia (storia complicata), la mia vita fino ad oggi è stato un inferno!
Ora, so che è corto (sono solo 4 pagine di word), ma non potete dire che non ci sia sostanza! A me, personalmente, piace, tranne alcuni punti che POTREI cambiare, ma non ho idea di come farlo, quindi li lascio così.
Vorrei davvero sapere cosa ne pensate, perché da come si può notare, ho usato due POV differenti, e non so se questa cosa è giusta da fare in un solo capitolo… Ma Agatha Christie in Dieci piccoli indiani ha fatto così pèer alcuni capitoli, quindi non credo ci sia qualche gran problema… Ma ditemi voi: dovrei fare tutto secondo un solo e semplice punto di vista, o posso continuare così?
E, un’altra cosa, sappiate che l’aiutante nonché “boss” di Art è- SI SONO VERIFICATI PROBLEMI DI CONNESSIONE. PREGO, RIPROVARE PIU’ TARDI.

 
   
 
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