Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Anna Wanderer Love    26/09/2013    8 recensioni
Celeste, appena arrivata al Campo Mezzosangue e non ancora riconosciuta, si ambienta bene. La sua prima mattinata è allegra e coinvolgente. Tranne per due occhi. Due occhi scuri. Due occhi all'apparenza allegri e incuranti. Gli occhi di Nico Di Angelo...
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Shadows Cycle'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mi svegliai quando un raggio di luce mi colpì in faccia. Aprii lentamente gli occhi, strizzando le palpebre per non venire accecata. Il pavimento di legno chiaro e i mobili color panna sembravano brillare con la luce intensa del primo mattino. Feci per girarmi su un fianco e gettare la testa sotto le lenzuola per cercare di dormire di nuovo, come al solito, ma quando ci provai la mia schiena si scontrò contro un corpo. Il cuore mi si immobilizzò.
Nico.
Invece dopo qualche secondo mi resi conto che non era lui. Tirai un sospiro di sollievo, e cercando di non muovermi troppo mi stesi a pancia in su. I miei occhi incrociarono il soffitto un poco a botte, con travi di legno lisce e color mandorla, poi scesero di lato. James sorrideva tranquillo nel sonno. I suoi capelli neri, tutti arruffati, gli davano un'aria serena, da bambino. Sorrisi con tenerezza.
La sera prima mi aveva vista seduta sul letto con le braccia incrociate e lo sguardo abbassato ed era venuto lì, accanto a me. Senza dire niente mi aveva presa per i fianchi e fatta sedere sulle sue gambe. Avevo posato la testa sul suo petto e inspirato il suo odore di muschio, mentre lui mi abbracciava. Eravamo rimsti così tutta la sera, appiccicati, e ci eravamo pure addormentati insieme. Tutto ciò dimostrava alla grande quanto dolce e fraterno fosse James.

-Celeste.
Sussultai a quella voce, sbattendo involontariamente la spalla contro l'addome di mio fratello. Lui gemette nel sonno e io mormorai un rapidissimo scusa, prima di voltarmi curiosa. Quando capii chi aveva parlato per poco non rischiai un infarto. Morfeo era stravaccato sul letto vuoto davanti a me, un braccio posato sul marmo percorso da sottili fili dorati.
La cosa più strana era che attorno a lui la polvere dei sogni assumeva tutti i colori e le loro sfumature possibili immaginabili. Cavalli bianchi, tigri blu cobalto, fiori verde smeraldo e rose rosse si sfaldavano in pochi istanti per poi ricomporsi in qualche altro disegno.

Trasalii e mi alzai di scatto, provocando un altro lamento di James. Mi voltai verso di lui, sentendomi in colpa, ma la risata di mio padre risuonò nell'aria soporifera della capanna. Mi girai verso di lui a bocca aperta. I suoi occhi chiari, di un azzurro quasi argento, scintillavano di dolcezza. Si alzò, e mi accorsi che indossava degli scarponcini, jeans neri e una maglietta leggera con su scritto: Morpheus, dreams gratis!
Si passò una mano tra i lunghi capelli biondi, mentre mi rifugiavo nelle sue braccia. Mi strinse forte contro il suo corpo alto e slanciato.
-Piccolina- mormorò baciandomi i capelli.
Alzai la testa senza staccarmi dal suo abbraccio, mentre mi districava i capelli con dolcezza, tutti aggrovigliati.

-Come... perché non si svegliano?- Chiesi curiosa. Lui mi fissò, e dopo qualche secondo mi resi conto che stavo abbracciando un dio. Cioè, un dio. Sì. E sembrava la stessa cosa che abbracciare un uomo mortale. Non che ne avessi abbracciati tanti! Ma... non sembrava strano. Mi dava l'impressione di avere la stessa solidità, lo stesso calore di un uomo normale. Arrossii inevitabilmente e lui sorrise.
-Non voglio che si sveglino. Guarda.
Mi prese delicatamente per le spalle e mi fece voltare. Sgranai gli occhi e la mia bocca si spalancò.
Ognuno dei miei fratelli era circondato da polvere dei sogni. Sopra i loro corpi addormentati prendevano vita figure, volti, oggetti. James fu quello che attirò la mia attenzione per primo.
Spade, lance, armi si muovevano nell'aria. Erano viola, con riflessi argentati. Si muovevano sinuose, combattendo una contro l'altra.
Sulla testa rossa di Sara, girata di spalle e coperta dalle lenzuola, si agitavano orsacchiotti e coniglietti rossi di peluche che ballavano il tip tap e lanciavano cilindri di stoffa in aria. Soffocai un sorriso.
Michelle stava sognando complicati disegni formati da intrecci, linee curve e angoli di colore blu, e così via... i granelli arcobaleno si alzavano nell'aria, formando una specie di cascata all'incontrario, che saliva verso l'alto, per poi volteggiare verso mio padre, che sembrava assorbire tutti i sogni.

-Wow- sussurrai impressionata.
Mio padre rise e mi abbracciò da dietro. Non mi vergognai quando le sue dita sfiorarono la pelle nuda delle mie gambe. Indossavo una larga maglia di Jason che mi arrivava a metà coscia. Morfeo si chinò sulla mia spalla. Il suo profumo di calore e... cioccolato, possibile?, mi avvolse.
-E' questo quello che vedo io- sussurrò con gioia. Fece un gesto con la mano e i colori scomparvero.
Sbattei le palpebre per eliminare le ultime tracce violette che mi erano rimaste impresse nella retina e la capanna tornò normale. Adesso i colori tenui e dolci mi sembravano quasi opachi rispetto alle meraviglie dei sogni.

Morfeo sospirò e si staccò dall'abbraccio. Mi voltai verso di lui, che mi squadrò con occhio critico.
Schioccò le dita e mi ritrovai vestita di tutto punto, dagli stivaletti bianchi e i jeans azzurri al maglioncino di cachemire bianco. I miei capelli erano raccolti in una treccia che scendeva sulla spalla.

-Papà, che cavolo...- cominciai, perplessa, ma lui ammiccò.
-Oggi è il compleanno di qualche bel ragazzo dark, quindi non posso certo lasciare che mia figlia si presenti davanti a lui con una maglia di suo fratello!
Arrossii e lui rise, poi lui mi sfiorò la guancia con una carezza e mi baciò la fronte. L'ultima cosa che sentii prima di venire travolta dal buio fu il suo profumo di cioccolato e cocco.

Aprii gli occhi e per poco non caddi a terra. Mi tremavano le gambe, e inoltre la sorpresa non aiutava molto.
Ero nell'infermeria. Di fianco al letto di Nico. Alzando lo sguardo mi accorsi che i fratelli Stoll non c'erano più nei loro letti, e per poco non mi venne un infarto dalla preoccupazione.

Tranquilla, Chirone li ha spostati nella casa Grande. La magia è più intensa, lì, fece la voce di mio padre nella mia testa.
Va bene, ma ora sparisci!!
Morfeo sbuffò, ma non sentii più la sua presenza nella mente. Tornai a guardare Nico. Stava dormendo, avvolto nelle lenzuola come un involtino. Per poco non scoppiai a ridere quando emise un lamento infastidito e cercò di girarsi sul fianco, cosa che le coperte aggrovigliate gli impedivano. Mi avvicinai e con cautela tirai piano un lembo delle lenzuola, sfilandolo dalla sua presa. Riuscii miracolosamente a sistemare un po' la situazione senza svegliarlo, e Nico si accoccolò contro il cuscino. Dio mio, sembrava un bambino di cinque anni! Mi guardai intorno.
Le pareti di legno erano chiare, color sabbia, con venature più scure. I letti erano disposti in due file parallele, ognuno era circondato da delle tende dorate per la privacy e con sopra una finestra. Accanto ad ogni letto c'era un comodino. Su quello di Nico erano poggiati un pugnale, delle dracme d'oro, una ciotola d'acqua e una spugna con delle bende pulite affianco.
Sospirai e mi sedetti sulla poltrona, accavallando le gambe. Aspettavo che Nico si svegliasse, non avevo nessuna voglia di svegliarlo solo perché ero lì. Sarebbe stato egoista farlo, quando lui aveva bisogno di riposo. Dopo qualche minuto, in cui risuonava nell'aria soltanto il respiro lento e regolare del ragazzo, iniziai a chiudere gli occhi e appoggiare la testa alla poltrona. Un secondo dopo sentii come uno strappo alla testa e venni risucchiata dentro qualcosa, una specie di spazio ampio e argentato. Il mio cuore raddoppiò i battiti quando capii dove ero.
Nella mente di Nico.

Oddio. Oddio. Oddio.
Non riuscivo a pensare altro, mentre mi guardavo intorno. E poi, all'improvviso, mi sentii mancare la terra sotto i piedi e caddi di nuovo nel buio...

Atterrai senza problemi su un marciapiede grigio. Alzai gli occhi e rimasi basita. Attorno a me c'era una calca infernale. Mostri, donne serpente, semidei con armature. In mezzo a grattacieli e davanti a un ponte che non riconobbi. Guardandomi attorno vidi delle macchine parcheggiate malamente lungo i bordi delle strade, vetrine di negozi rotte, cemento schizzato di rosso. Il cuore cominciò a battermi forte. Tutto sembrava strano, i rumori erano ovattati e confusi, ma non le mie emozioni. L'angoscia mi esplose nel petto quando vidi corpi di semidei a terra, morti o morenti, con frecce conficcate nei petti, nelle gole, mostri che si dissolvevano in fumo. E mi sembrò di svenire quando vidi una figura alta per la sua età ma di media altezza, in mezzo alla strada, circondata da donne serpente e semidei con spade e lance affilate. Riconobbi subito i suoi occhi scuri quando si voltò per infilzare uno dei mostri.
Nico.
Avrà avuto quattordici, quindici anni.
E uccideva.
Sentii le lacrime affiorare quando una freccia gli si conficcò nella spalla e lui urlò di dolore, di rabbia, strappandosela ferocemente di dosso. Con un grido, dal suolo spuntarono una decina di scheletri che fecero da barriera agli assalitori, proteggendolo.
-Nico! Andiamo! Presto!- Un ragazzo agguantò Nico per un braccio e cominciarono a correre, menando fendenti per farsi strada verso il ponte.
Senza muovermi neanche di un centimetro mi ritrovai a seguirli, come se stessi correndo. Il sogno mi trasportava con se. Vidi un semideo scagliato contro una macchina, una specie di cane con un pungiglione come quello degli scorpioni venir ucciso da un ragazzo biondo armato di arco e frecce.
Nella mischia, Nico e il ragazzo correvano veloci verso il ponte. A un certo punto sentii Nico gridare qualcosa che non capii bene, ma fui certa di sentire nella frase la parola "Percy".
Alzai lo sguardo e sgranai gli occhi quando mi accorsi che era lì, proprio lui, Percy. In mezzo al ponte, che era in procinto di crollare.
Nico lo notò, e strillò qualcosa che non riuscii a capire. La sua voce fu coperta da un rumore, come il fracasso che fanno una decina di macchine lanciate da uno strapiombo sul terreno sottostante.
Alzai lo sguardo e mi si bloccò il respiro in gola. Una piccolo camion rotolava sulla strada.
Il semidio biondo che aveva salvato Nico si gettò di lato, ma il figlio di Ade non riuscì a scansarsi. Cadde all'indietro, e si coprì il volto con il braccio.
-NO!!- Urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Tutto avvenne velocemente.
Con un salto qualcuno afferrò Nico per il braccio ferito e lo tirò via dalla traettoria del camion, che si schiantò a terra, polverizzando un paio di mostri. Rivolsi la mia attenzione alle due figure sdraiate a terra, e con mio sommo stupore mi accorsi che la ragazza minuta che aveva salvato il mio Nico era Joanna. Si rialzò ansimando e stringendo la presa su una spada. Aiutò il figlio di Ade a tirarsi su.
-Grazie- sussurrò lui, pallido come un cencio.
-Di niente. Abbiamo quasi finito qui. Cerca di non farti ammazzare di nuovo- rispose lei infilzando una delle donne serpente, che sibilò e scomparve in una nuvola di fumo. Oltre a lei, non c'era più nessuno. Joanna tornò a guardare Nico. Anche lei era più piccola.
Lui era pallido, ma con una smorfia strappò una striscia di stoffa da un semidio caduto e se l'avvolse attorno alla ferita.
-Che stai facendo?- Fece Joanna, avvicinandosi a lui perplessa. Lui prese un respiro profondo e piantò i suoi occhi neri in quelli chiari di Jo.
-Vado a chiedere aiuto a mio padre.
-Aspetta- lo pregò lei, afferrandogli il polso prima che sparisse. Dal pavimento cominciarono a fluire ombre nere che si avvolsero attorno al corpo di Nico, mentre lui la guardava serio.
-Tu sei...- balbettò Joanna, spaventata, ma senza ritrarsi. Lui le fece un sorrisino.
-Nico- disse, e lei impallidì -figlio di Ade.

Aprii gli occhi di scatto e mi resi conto di star tremando. Guardai il volto corrucciato di Nico, e mi avvicinai a lui senza neanche preoccuparmi di non far rumore. Mi inginocchiai sul pavimento e allungai una mano, a sfiorargli i lineamenti dolci e duri del volto. Avevo il respiro più veloce del normale e mi sforzai di calmarmi, ma solo una, anzi due cose avrebbero potuto aiutarmi in quel momento: un abbraccio di Nico o una carezza di mio padre. Di Morfeo non c'era traccia, nella mia testa. E Nico stava dormendo... presi un respiro profondo.
-Celeste?- Per poco non strillai come un'isterica, ma scattai in piedi, spaventata. Prima di rendermi conto che Nico era sveglio e mi guardava confuso, con i suoi occhioni palesemente preoccupati e confusi. Allungò la mano, tirandosi su e mettendosi seduto. Le sue dita sfiorarono le mie con dolcezza.
-Cosa c'è che non va?- Mormorò.
Sospirai finché non ci fu più neanche una piccola briciola di aria nei miei polmoni, poi ripresi fiato.
Mi buttai tra le sue braccia, soffocandolo quasi. Ma stargli così vicina, con le braccia attorno al suo collo e il viso nascosto nell'incavo della sua spalla, mi faceva sentire bene e mi faceva passare l'inquietudine.
Fu un movimento improvviso, e lui ricadde sul letto, sdraiato. Sentii che ridacchiava, poi le sue braccia furono attorno alla mia vita e dimenticai ogni cosa.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Allora, sono personamlmente convinta che sto capitolo sia uno schifo. Scusatemi.
Qui ho scelto di dar più importanza a Morfeo e ai sogni, in realtà ricordi del nostro predilettissimo figlioletto di Ade.
Che ve ne pare? Lo so che è brutto... e corto, ma è importante. Anche se l'ho scritto da schifo... diciamo che è la calma prima della tempesta.
Sorry :(

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Anna Wanderer Love