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Autore: Violet2013    27/09/2013    13 recensioni
Ranma torna a Nerima due anni dopo il matrimonio mancato, deciso a far tornare tutto come prima, ma ogni cosa sembra essere cambiata: nessuna faccia è più la stessa e gli equilibri si sono stravolti.
Riuscirà a riconquistare la sua amata Akane?
ATTENZIONE: IN VIA DI REVISIONE (modificata fino al cap 6)
TRATTO DAL CAPITOLO 7:
''Nessuno avrebbe mai conosciuto l'inferno che i due ragazzi stavano passando, e che avevano passato per due lunghi anni lontani l'uno dall'altra, con la forte consapevolezza di essere legati da un filo invisibile, un filo elastico che si allungava, e si allungava tanto, ma quando tornava a stringersi faceva così male da soffocare.
Quei due potevano stare lontani per giorni, mesi, anni, ma non potevano stare vicini. Non senza sentire lo stomaco in subbuglio, il cuore correre come un treno, le gambe tremare, le braccia che fremevano per toccarsi''.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TCP 11
I will move away from here,
you wont be afraid of fear.
No thought was put into this,
I always knew it would come to this.
Things have never been so swell,
I have never failed to feel pain.
Nirvana, You know you're right





Nerima, interno giorno, 25 Agosto 1996



Il piccolo Peter, dopo una buona mezz'ora di pianti ed urla, dormiva placidamente nella sua culla mentre Akane aveva preso a tingere i capelli di Ukyo, che a dieci giorni dal parto era ancora sfinita.
"Come li facciamo? Qui dice che con 20 minuti di posa dovrebbero già iniziare a tendere al dorato..."
"Direi che può andare, non voglio certo sembrare una Barbie! Vorrei solo dare un po' di luce al mio viso, mi vedo così spenta, tra le occhiaie ed il resto!"
"Beh ma è normale un po' di spossatezza, hai appena partorito!"
"Già... Ma chi è che urla?"
"E' Nabiki, starà litigando con Mousse come al solito. Da quando siamo tornati dall'ospedale sono un po' in crisi, sai?"
"Davvero? Ma che cavolo è successo quel giorno? Sembra che qualcuno abbia buttato una maledizione su di noi: io e Ryoga quasi non ci parliamo, Mousse litiga con Nabiki, tu ed Ataru..."
La giovane soprassalì. Era vero, dopo l'incidente con Ranma lei ed Ataru non si erano più rivolti la parola. Non erano mai stati così tanto tempo separati, ed Akane aveva cercato più di una volta, senza ottenere alcun risultato, di riappacificarsi col giovane. Il fotografo era stato molto chiaro: finchè non avesse deciso di stare veramente con lui, e ciò implicava il chiudere definitivamente con i fantasmi del passato, non si sarebbero più visti nè sentiti.
D'altro canto il codinato non aveva più dato alcun segno di vita. Akane sapeva benissimo dove trovarlo, ma sperava che fosse lui a fare la prima mossa, visto che aveva volutamente provocato tutti quei problemi.
Tornò a volgere lo sguardo verso la sua amica, che pareva ingiustamente triste ed assorta nei suoi pensieri. Ryoga si stava comportando veramente male, ma Akane non voleva gettare benzina sul fuoco, per cui cercò di stemperare la situazione.
"Conosci Ryoga meglio di me, lo sai che ti ama, è solo..."
"E' solo...? Akane, non mi considera più! Non mi guarda, non mi rivolge quasi la parola! Capisco che sia innamorato di Peter, ne sono felice e mi commuove vederlo così presente col bambino, ma in casa ci sono anch'io! Io sono una persona, non una macchina sforna bambini, ed ho bisogno di affetto come tutti gli altri!"
La giovane cuoca scoppiò in un pianto disperato, il primo dopo giorni di repressione dei propri sentimenti,  mentre Akane stendeva l'ultima pennellata di tintura. Posò il pennello e la ciotola sulla scrivania e corse ad abbracciare la sua migliore amica, mentre Nabiki irrompeva nella stanza, buttando nervosamente il cellulare sul letto della sorella.
"Gli uomini sono tutti stronzi!"
"Shh! Non urlare, c'è il bambino che dorme!", sibilò la minore, mentre la Tendo mediana sedeva a gambe incrociate sul pavimento, di fronte ad Ukyo.
"Anche Ryoga ti fa girare le scatole?"
"Costantemente. Inoltre non mi calcola più da quando è nato il bambino".
"La stessa cosa vale per Mousse. Lo sai che ho addirittura pensato che fosse colpa di Ranma? E' da quando lo ha riaccompagnato a casa in macchina che è cambiato tutto. Chissà che si sono detti...".
Akane sussultò.
Era vero:  Mousse, che tra tutti era quello che aveva reagito peggio al ritorno del codinato, si era volontariamente offerto di accompagnarlo a casa in macchina, dopo la fine dell'orario di visita. E se...? No, lui non era un donnaiolo come Ranma, anche se avesse rivisto la gatta morta non ci sarebbe cascato, non di nuovo.


Nel frattempo il giovane cinese era al lavoro, al Nekko Haten.
Con gli anni e l'esperienza era riuscito ad acquisire sicurezza e rispetto da parte di Obaba, che finalmente, desiderosa di dedicarsi alla vita matrimoniale dopo tanti anni di solitudine, gli aveva concesso il tanto ambito ruolo di direttore di sala.
Il maestro Happosai, seduto al bancone, divorava un piatto di ramen e lo guardava di sottecchi.
"Maestro, c'è qualcosa che deve dirmi?"
"Mousse, mio caro. Tu sai quanta stima io abbia di te, come combattente e soprattutto come uomo. Mia moglie non fa che lodarti ed elogiarti, credo sia giusto che tu lo sappia"
"Ne sono onorato, grazie mille"
"Aspetta a gongolare, figliolo. Non lo sai che prima di rispondere bisogna attendere che il proprio interlocutore abbia finito di parlare?"
Il mago si inchinò con riverenza: da quando Happosai aveva smesso di comportarsi come un tredicenne allupato ed aveva iniziato ad allenare lui ed i suoi amici, aveva sviluppato un nuovo rispetto per l'anziano. Gli fece segno di proseguire.
"Ragazzo. In questi ultimi giorni in palestra eri... Dannazione, Mousse, eri totalmente assente!"
"Le chiedo scusa, Maestro. Ho avuto dei seri problemi personali"
Lo spirito combattivo dell'anziano inizò a crescere, i suoi occhi si iniettarono di rosso e la sua aura si fece sempre più evidente, fino a diventare visibile ad occhio nudo.
"Problemi personali? Stai scherzando, vero? La sfida con Jordan è tra meno di 10 giorni! Lo sai cosa vorrebbe dire per i Tendo perdere la palestra? Non avrebbero più di che vivere, Mousse, perderebbero non solo il Dojo, ma anche la casa! Soun è in pensione ed Akane e Nabiki non lavorano, sarebbe la loro fine!"
Il ragazzo fu colpito dalla mancanza di fiducia del suo mentore. Da quando aveva curato la sua miopia e si era liberato dell'ingombro degli occhiali era nettamente più abile, e gli allenamenti assidui combinati con le nuove tecniche apprese avevano reso lui e Ryoga molto più forti. Quanto ad Akane...
"Maestro, mi permetta di contraddirla, ma... Lei ricorda Ranma-ragazza?"
"Certamente! Come dimenticare quello zuccherino?", sorrise sornione.
"Beh non sta a me dirlo, ma credo che Akane sia ora mille volte più forte di lei, e Ranma Saotome è notoriamente invincibile! Penso che basterà da sola a sconfiggere quel marmocchio, non capisco perchè lo sopravvalutiate tanto..."
"Forse siete stati voi a sopravvalutare Ranma, in tutti questi anni. Non è invincibile nemmeno lui, sai Mousse?"
"Che significa?" Il ragazzo provò un brivido di piacere, l'idea che qualcuno avesse sconfitto il codinato lo stuzzicava terribilmente.

"Questa mattina ho ricevuto una lettera da un mio anziano cugino cinese, un grande maestro di arti marziali che mi ha scritto dalle Americhe: mi ha raccontato di essere emigrato lì nel novembre dell'anno scorso per motivi di ricerca, insieme ad un bizzarro allievo giapponese: un giovane di vent' anni con un buffo codino in testa ed una forza fuori dal comune. Ho subito capito di chi si trattasse, visto che tutto sembrava combaciare. Ebbene, mi ha raccontato di averlo incontrato dopo un combattimento a Shangai durante il quale questo misterioso ragazzo è stato sconfitto.  Per la delusione è entrato in una profonda crisi spirituale che lo ha portato addirittura ad accettare l'insensata proposta di mio cugino di trasferirsi insieme a lui dall'altra parte del mondo. Ora, sei abbastanza intelligente da capire da te chi sia stato a batterlo, vero?"
Mousse rabbrividì, deglutendo rumorosamente. Benchè fosse a stomaco vuoto i suoi succhi gastrici iniziarono a lavorare, ed il suo stomaco di produsse in una serie infinita di dolori infernali. Una goccia di sudore imperlò la sua fronte, mentre porgeva l'ultima domanda ad Happosai.
"Maestro, lei ha idea di quanto sia diventato grosso Ranma ultimamente?"
"Direi di no. Non lo vedo da almeno due anni. Perchè, hai avuto sue notizie?"
"Se è vero che quel Jordan ha sconfitto lui, in quelle condizioni poi... Mi scusi, devo andare."
"Aspetta, figliolo!"
Si precipitò fuori dal ristorante con ancora il grembiule addosso, urlando istruzioni in cinese ai suoi camerieri, e si fiondò dentro il primo treno della metropolitana, diretto a Ginza.

Shampoo uscì dallo spogliatoio pronta per iniziare una nuova lezione di boxe.
Quel lavoro le piaceva veramente.
Non erano da considerarsi arti marziali vere e proprie: gliene era stata vietata la pratica dal Gran Consiglio delle Amazzoni e non si sarebbe mai arrischiata ad insegnarle in pubblico, ma era comunque uno sport basato su forza, intiuto e concentrazione. Ciò che più la caratterizzava, insomma.
Dalle 13 alle 14 doveva gestire il gruppo dei bambini: uno dei suoi preferiti,dal momento che aveva sempre sognato di diventare madre, un giorno.
Aprendo la pesante porta rossa della sala, sperò di rivedere Muji, il suo bambino preferito.
Indossava sempre delle tute molto colorate, benchè fosse un pochino sovrappeso. Portava i capelli lunghi e, sul naso, dei pesantissimi occhiali rotondi e spessi che lo rendevano vittima delle risa e degli scherzi dei compagni di corso, decisamente più avantaggiati di lui sul piano fisico.
Shampoo correva sempre in suo soccorso quando sentiva qualche battuta di troppo, ed il piccolo si rifugiava tra le sue braccia, rifiutandosi però di piangere. Forse per orgoglio.
Più di una volta si era sbagliata e lo aveva chiamato Mousse, la verità era che glielo ricordava tantissimo.
Dopo averlo rivisto, dieci giorni prima, non faceva che pensare a lui.
Stava tornando dal lavoro quando, sotto casa, lo aveva visto discutere animatamente con Ranma.
Non si era trattenuta troppo a chiacchierare, sia per l'imbarazzo che per il senso di colpa, ma non aveva potuto fare a meno di notare quanto fosse bello e...Uomo.
Mousse emanava forza e vigore, e se fosse stata ancora un'Amazzone non avrebbe sfigurato, sposandolo.
"Shampoo, sei tu?''
Con un piede dentro la sala ed uno ancora fuori in corridoio, la cinesina si voltò, e vide l'oggetto dei suoi pensieri costanti che la osservava imbarazzato.
"Mousse, hem... Ciao! Mi-mi cercavi?''
"No, hem...Veramente sono qui per Ranma, ma... Co-come stai?''
"Lanma è in ufficio, al secondo piano. Io stavo entrando a fare lezione, ora insegno boxe!"
Cercò di sorridere e scherzare, mostrando il bicipite parodiando la posa di un culturista per rompere il ghiaccio e proseguire con la conversazione, ma l'imbarazzo di Mousse, che lei aveva scambiato per freddezza, la fece desistere.
"Devo entrare ora. Mi ha fatto piacere vederti''
"Arrivederci, Shampoo''.

La ragazza chiuse la porta, ed il cinese si inginocchiò a terra, con la testa che pulsava e girava troppo forte per fare qualunque altra cosa.
La amava ancora, forse ancora più profondamente di quanto non l'amasse due anni prima.
L'ultima volta in cui aveva visto Ranma lo aveva accompagnato a casa per stare solo con lui. Voleva picchiarlo, ucciderlo se possibile.
Non aveva colpe, ovviamente. Il mago era abbastanza intelligente da capire che Ranma era scappato dai suoi demoni, non era certo andato via per diletto, ma se fosse tornato, se solo si fosse fatto vivo dopo essere guarito ed avesse sposato Akane come il copione prevedeva, invece che sparire per due lunghi anni...

La vita a Nerima aveva cominciato a tornare alla normalità, dopo lo shock iniziale della sua partenza, e quando Shampoo era tornata, rassegnata, dalla Cina e tutti i precetti sul matrimonio imposti dalle Amazzoni erano caduti, persino Obaba, ottusa com'era, aveva acconsentito a concedergli la mano della nipote e la gestione del ristorante.
Ma Shampoo era inquieta, quel tipo di vita le stava stretta ed era scappata di nuovo, per andare chissà dove.
Mousse aveva voltato pagina, ma sebbene Nabiki fosse stupenda e lo rendesse felice, il pensiero di quell'amore non corrisposto gli batteva continuamente in testa.
Come avrebbe fatto chiunque davanti ad una situazione irrisolvibile, il giovane aveva trovato un capro espiatorio, un nemico immaginario a cui dare la colpa, nonostante sapesse che non era colpa di nessuno se non era riuscito a far innamorare Shampoo.
E quel capro espiatorio ovviamente si chiamava Ranma Saotome.
Lui. Lui e la sua boria, li odiava.
Odiava il suo essere sempre impeccabile ed ammirato, splendente ed invincibile, perfetto per una donna come lei.
Non le meritava, ma si era preso comunque il lusso di rifiutare le sue attenzioni, quelle che Mousse desiderava con la stessa forza con cui si può desiderare dell'aria fresca quando si è chiusi in una camera a gas.

Lo aveva riaccompagnato a casa dopo la nascita di Peter e lo aveva aggredito con tutte le sue forze, con tutta la sua disperazione. Il codinato era distrutto, sia moralmente che fisicamente, ma nonostante i miglioramenti del cinese, non ci aveva messo molto a dimostrargli la sua superiorità, tanto per cambiare.
Ranma era, letteralmente, un bestione. Non c'erano altre parole per descriverlo: la sua forza e la sua velocità erano aumentate di cento, forse mille volte, e la sua sicurezza, rimasta invariata negli anni, lo rendeva ancora più inquietante e spaventoso, quando combatteva sul serio.

Era riverso per terra e coperto di sangue, e gli urlava di lasciar stare Akane, di smetterla di rovinarle la vita perchè non la meritava, perchè  rivedeva nella giovane Tendo lo stesso amore che lui provava per Shampoo.
La sincerità con cui Ranma gli aveva detto di essere pentito e l'arrendevolezza con cui si era scusato per i suoi errori lo avevano fatto vacillare, poi era arrivata Shampoo e Ranma era rientrato in casa a testa bassa, sapendo di fare cosa gradita lasciandoli soli.

In quel preciso momento, quel mercoledì pomeriggio, inginocchiato sul pavimento in legno di quell'enorme palestra, Mousse aveva realizzato una cosa importante.
Lui non amava come Akane, lui amava come Ranma.
In maniera folle, disperata, ossessiva.
Ranma gravitava intorno ad Akane come la Terra gravitava intorno al Sole, ne aveva bisogno per esistere, e lo stesso valeva per lui con Shampoo.
Nella piena consapevolezza di quel pensiero, sapeva di aver fatto la cosa giusta andando da lui a chedere un consiglio.
Si alzò, si ravvivò i lunghi capelli neri e rimise insieme quel poco di dignità che rimaneva, avviandosi nell'ufficio del codinato.


Nello stesso istante Ataru e Ryoga stavano facendo la doccia negli spogliatoi della piscina comunale.
Da quando si era liberato della maledizione del porcellino d'India affogato, al neopapà piaceva concedersi delle lunghe nuotate in piscina di tanto in tanto, per godere ogni volta della sensazione di libertà che si prova fluttuando nell'acqua, sensazione che gli era mancata per troppo tempo.
Lui ed Ataru erano ottimi amici, ed un mese e mezzo prima, in occasione del suo compleanno, il fotografo gli aveva regalato un abbonamento per la piscina in cui lavorava come bagnino.
"Con Akane ancora niente?''
"Ti prego, no. Parliamo d'altro''
"Ataru, senti. Io lo so che tu sei la calma e la pacatezza fatte persona, ma secondo me se non ti sfoghi con qualcuno...''
Il nuotatore abbassò la testa, esaminando ogni centimetro del proprio addome scolpito, pur di non guardare negli occhi il suo amico.
"Ataru! Mi senti? Tu prima o poi scoppi!''
"Ryoga, io...''
Pianse, grato per l'acqua della doccia che scorreva sul suo viso, impedendo all'amico di vedere le sue lacrime.
I due si vestirono in silenzio, diretti alla moto di Ataru, ed altrettanto in silenzio guidarono fino a casa Hibiki, fuori dalla quale si fermarono e divisero una sigaretta.
"Non vorrei insistere, ma... Se vuoi parlare, io ci sono''
"Lo so, grazie. Vedi Ryoga, dopo la morte dei miei genitori credevo che la vita non valesse più la pena di essere vissuta. Non sai quante volte con questa stessa moto mi sono buttato in mezzo alla strada di notte, a fari spenti, correndo come un pazzo sperando di raggiungerli il più presto possibile.
Quando ho incontrato Akane ho finalmente ricordato cosa significasse respirare, e non intendo l'attività meccanica ed involontaria che ci serve a rimanere in vita, intendo respirare a pieni polmoni, sentire i profumi, le sensazioni.
Non correvo più in moto per schiantarmi contro qualche muro, ma per la gioia di sentirmi il vento in faccia, per sentirmi vivo.
Ho cercato in tutti i modi di essere un bravo fidanzato, di dedicarle tutte le attenzioni che meritava, di celebrare la sua bellezza e la sua perfezione con ogni mezzo possibile. Non credere che non sappia di essere un miracolato, ad averla accanto''
"E allora perchè fai così? Perchè non le parli? Perchè non combatti per lei?''
Un angolo della bocca di Ataru si piegò all'insù, in un accenno di sorriso, ma i suoi occhi non potevano celarne la tristezza.
"Tu combatteresti una battaglia persa?''
Ryoga comprese e lo abbracciò fraternamente.
Lui quel film lo aveva visto molto prima di Ataru.
"Forse l'ho fatto prima di te, in un'altra vita''
"Lo rifaresti?''
"Non mi pento di nulla, sono state certe circostanze a portarmi ad Ukyo''
Il sorriso di Ataru si fece più aperto. Gli spuntava in viso ogni volta in cui vedeva quello che considerava suo fratello così felice ed appagato.
"Ora devo andare. Un giorno mi racconterai anche come vi siete innamorati, voi due, visto che è una delle poche cose di te che non so''
Ryoga guardò il suo migliore amico allontanarsi, pensando con tenerezza alla sua vecchia cotta per Akane.
''Forse un giorno...''


Mousse bussò tre volte alla porta dell'ufficio di Ranma senza ottenere risposta, finchè decise di entrare, sentendo che c'era qualcuno al suo interno.
Il codinato parlava nervosamente al telefono, o meglio urlava, in un inglese perfetto. Mousse capì solo che un certo Martin era un fucking asshole e che stare tante ore chiuso in ufficio era fucking boring.
Attese pazientemente che il codinato chiudesse la comunicazione e gettasse il cellulare per terra, calpestandolo ed imprecando in francese, per schiarirsi la gola e mostrargli finalmente la sua presenza.
''Oh, Mousse. Che vuoi? Ti dico subito che non è giornata''
Il mago era stizzito. Non riusciva proprio a sopportarlo.
"Devo chiederti una cosa importante. Non ho voglia di parlarti, quindi facciamo in fretta''
Ranma non odiava Mousse, almeno non troppo. Solo che non era davvero giornata.
"Ecco, appunto. Fai in fretta, così se devo lasciarti a terra un'altra volta lo faccio subito, che ho da fare''
L'orgoglio del cinese pungeva come uno spillo, come cento spilli.
"Già, perchè tu sei invincibile, vero?''
"Modestamente''
"Nessuno può sconfiggere Ranma Saotome! Ranma il magnifico! Urrà, evviva il re!"
"Ti ho detto che non ho tempo da perdere, stupido papero!"
Mille spilli, diecimila spilli.
"Ti dico solo un nome. Jordan.''
Il codinato sentì il cuore mancargli un battito ed il viso accaldarsi, mentre la testa pulsava, lo stomaco bruciava e le gambe tremavano.
Quel nome.
Quel nome che non avrebbe voluto sentire mai più, a cui aveva ripensato troppo spesso negli ultimi giorni e che gli toglieva il sonno e il respiro.
La macchia sulla sua tela bianca, il motivo per cui non si sentiva mai soddisfatto o appagato di nulla, per cui si era rifugiato nel sesso occasionale e nel denaro facile, il motivo per cui era andato via invece che tornare da Akane, il motivo per cui aveva messo su tutti quei muscoli, fino a diventare una specie di gorilla, per sentirsi più grande, più forte.
Mousse aveva pronunciato la parola d'ordine.
Strinse i pugni, cercando di respirare il più profondamente possibile e di calmarsi.
Non era un assassino, non poteva fronteggiarlo in quello stato, perchè gli avrebbe riversato addosso una rabbia di cui non era la causa, e probabilmente il mago non sarebbe uscito vivo dalla sua spirale di distruzione.
"Mousse. Vattene. Ora''
Il cinese rabbrividì nel vedere l'ex compagno di avventure in quello stato. Stringeva i pugni e non lo guardava in faccia, ma l'energia che emanava faceva tremare i vetri delle grosse finestre che davano sul centro della città.
"Ra-Ranma, aspetta. I-io devo dirti una cosa''
"VATTENE!"
Con un semplice movimento della mano il codinato rovesciò l'immensa scrivania in vetro, facendola cadere.
Mentre si rompeva in mille pezzi, l'ufficio si invase di piccoli cristalli appuntiti e taglienti, che scoppiarono nell'aria, volteggiando in una inquietante danza circolare. Mousse scappò immediatamente fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
La riaprì dopo più di cinque minuti, quando ogni rumore, anche minimo, era cessato. Ci trovò Ranma immobile, ancora in piedi con la testa bassa ed i pugni chiusi, circondato da una miriade di frammenti taglienti come lame.
Corse via, spaventato da quanto aveva appena visto.

Dall'altra parte della città, a Nerima, una giovane donna speranzosa tornava a casa con suo figlio in braccio.
Stranamente, Peter dormiva come un angioletto ed Ukyo non vedeva l'ora di stare un po' da sola con il suo compagno.
Ryoga corse incontro alla promessa sposa, rubandole il piccolo dalle braccia ed iniziando a baciargli il faccino dolcemente, senza degnarla di uno sguardo.
Lo mise a letto maneggiandolo come il più prezioso e fragile dei tesori, e si appoggiò al bordo della culla per ammirarlo, sognante, mentre dormiva.
Sull'uscio della camera da letto, Ukyo piangeva silenziosa. Non era mai stata tanto umiliata nella sua femminilità, neanche ai tempi di Ran-chan.
Ryoga non aveva neanche notato il suo caschetto biondo, e dire che le avevano fatto tutti i complimenti ed anche lei si piaceva molto. Inoltre, pur avendo partorito da così poco tempo, aveva già riacquistato una forma fisica invidiabile.
Insomma, era stata brava.
Perchè lui sembrava non accorgersene?
Un singhiozzo le scappò più forte degli altri, ed il suo amato si voltò a guardarla, preoccupato.
''Perchè piangi?''
"Ryoga, tu mi ami?''
"Ma certo che ti amo, stupida!"
Si avvicinò e l'abbracciò teneramente, mentre lei gli prendeva a pugni il petto e singhiozzava sempre più forte.
"E allora perchè mi ignori così? Perchè fai finta che io non esista?''
"Ma che dici, amore mio?''
"Lo so che ami Peter, lo amo anch'io, cosa credi? Ma stai sempre con lui! Non mi rivolgi praticamente la parola, e quando non sei con lui, sei in palestra ad allenarti! Io non ce la faccio più, Ryoga, mi sembra di essere ritornata a due anni fa con Ranma!"
Nel sentire quelle parole, al viaggiatore si spezzò il cuore. Strinse più forte la sua compagna, in un abbraccio lunghissimo, e poi la allontanò, per guardarla fissa negli occhi.
"Lo sai perchè sono così stupido, Ukyo?''
La giovane tirò su col naso.
"Perchè mai, mai nella vita sono stato amato così. Quel bambino sei tu, siamo noi, insieme. Non riesco a togliergli gli occhi di dosso perchè l'ho fatto io, con te, con la donna che amo. Dopo una vita di disgrazie ed umiliazioni io, Ryoga Hibiki, l'ultimo dei disperati, ho fatto un miracolo. Scusami se ti ho trascurata, non era mia intenzione e ti giuro sul mio onore che non capiterà mai più''.
Ukyo sorrise, soddisfatta della risposta, e con uno sguardo sbarazzino dei suoi gli fece capire di averlo perdonato. Ma c'era una cosa che l'uomo di fronte a lei non le aveva ancora detto.
"Non devi dirmi nient'altro?''
"Con questi capelli sei uno schianto!"
E, almeno per qualcuno, quella giornata infernale si concluse con un bacio.


 



  
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