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Autore: xingchan    27/09/2013    1 recensioni
“Da quel che poteva vedere stando perennemente con lui, Greed stava mantenendo il corpo del principe di Xing magnificamente. L'alchimista non poteva dirsi insoddisfatto di quelle premure, seppure fossero interessate esclusivamente al proprio sostentamento. Tuttavia, che l'homunculus lo facesse per sé e non per il corpo di cui si serviva poco importava. Ad Edward bastava non abbandonarlo a se stesso, per di più con Ling imprigionatovi all'interno.”
Gruppo: Edward, Greed, Darius e Henkel
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Edward Elric, Greed
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fra i salici piangenti
 

 
Greed emise un lungo, stanco sospiro.

Era sotto le immense fronde di uno dei mille salici che dominavano l'area circostante, in piedi, appoggiato con la schiena contro la porzione di tronco non oscurato dai rami protesi verso il basso, con le braccia incrociate e con il capo rivolto a destra, in alto, verso quel fascio lunare che si scontrava dolcemente contro alcuni rami pendenti.

Henkel era già addormentato da un bel pezzo, mentre Darius si era appena raggomitolato al fianco dell’uomo leone. Il maggiore degli Elric, invece, era ancora incosciente per il trauma subìto, anche se ora, si poteva dedurre dalla sua espressione, stava dormendo normalmente, non senza mugugnare nel sonno. Lui, invece, si era allontanato senza un motivo valido, semplicemente perché gli andava. Non avendo granché sonno, si era sentito fuori testo in mezzo a loro, già sprofondati nel mondo dei sogni.

Guardò distrattamente il tatuaggio che lo contraddistingueva rimanendo comunque immobile, vedendovi marchiata la mano di Ling come un’autentica prova della sua contaminazione.

Ma era un affare eccellente, quello che aveva fatto con il moccioso allettato all’idea dell’immortalità. Quel corpo era molto snello ed agile, leggero e resistente al tempo stesso. A volte faticava ad accettare che il ragazzo avesse appena quindici anni, perché ne dimostrava almeno quattro o cinque in più. Ma non vi erano dubbi che quella fosse la verità, nonostante avesse un sacco di ragioni lampanti per affermare il contrario.

Anche le sue capacità non erano niente male. Sapeva combattere; in più aveva quella dote innata di carpire la presenza di un homunculus, cosa che gli sarebbe stata d’aiuto se qualcuno di loro si fosse messo sulle sue tracce e lo avessero trovato.

Inoltre, più passava il tempo, più si abituava a quel corpo.

Non avrebbe voluto separarsene per nessuna ragione al mondo; ed una delle ragioni per cui non l’avrebbe mai cambiato era anche la tenacia che gli aveva dimostrato il legittimo proprietario, accettandolo senza piagnucolare come una ragazzina e conservando la propria integrità individuale. Poteva dirsene addirittura fiero. Solitamente un homunculus dovrebbe inorgoglirsi della sua superiorità rispetto agli umani, ma quando Greed si rese conto che la sua essenza non era riuscita a soppiantare l’anima del ragazzo, ne fu ancora più avidamente attratto.

I capelli neri e lunghi del principe di Xing non avevano fatto altro che fluttuare grazie all’aria fresca spirante da nord, così come il lungo cappotto nero che indossava, provocandogli un leggero solletico costante al volto e in parte del collo. Era una piacevole sensazione che non aveva mai conosciuto prima, e che ora desiderava sempre di più ad ogni sferzata di vento.

Già, desiderare.

Il principale motore propulsore della sua esistenza era quello di bramare e possedere, per poi ricominciare daccapo, all’infinito, e quei tipi di cui adesso lui era il boss indiscusso facevano parte di quello stesso ciclo.

Se non fosse per quella stravagante forma di amicizia che aveva trovato in loro nei suoi confronti.
Soprattutto da parte di Edward Elric, colui che lo aveva fermato e gli aveva offerto la sua compagnia ed il suo supporto, ignorando volutamente tutto ciò che inevitabilmente comportava nello stare con un essere come lui.

Ma sentiva che, tutto sommato, c’era un non so che di erroneo in tutto questo.

Non ne era convinto completamente, ma rimanere con quelle chimere e con l'alchimista d'acciaio gli sembrava solo un vano tentativo di ricostruire una compagnia che rassomigliasse a quella dimorante a Dublith, quella del vecchio Greed.

Sapeva che quella combriccola attuale di ricercati non avrebbe mai potuto eguagliare l'affiatamento che il suo ego precedente aveva con quegli altri. Loro erano insieme da anni, mentre lui, Ed e le due chimere solo da poche settimane. Non c’era paragone che tenesse, sebbene, nei momenti passati con loro, non poteva dire di sentirsi insoddisfatto, avendo ottenuto ciò che desiderava.

Nonostante i suoi dubbi si accavallassero l’uno sull’altro senza sosta, ne gioiva. Aveva avuto l'occasione di accertarsene un sacco di volte. Molto probabilmente era la sua Avidità a spingerlo a voler avere ciò che propriamente l'altro Greed possedeva. Soprattutto quando era solo, soprattutto quando si sentiva messo da parte, o quando Ling si rifugiava nel suo silenzio, sconfitto dalla sua testardaggine.

Soprattutto prima di incontrare Edward dopo la morte di Bido, quel maledetto giorno nei sotterranei, dove era stato posto come guardiano al luogo di riposo dell'esercito immortale.

In quel lasso di tempo, era costantemente tormentato dalle loro immagini che sembravano tartassargli la testa come un martello che aveva il preciso scopo di mantenere vivo il loro ricordo, senza alcun tipo di censura. E più si presentavano al cospetto della sua reminiscenza, più li voleva.

Eppure, ogni volta che indirizzava i suoi pensieri ad uno dei suoi tre compari attuali, non riusciva a fare a meno di provare un appagamento permanente, come se avessero il potere di offrirgli ciò di cui necessitava davvero, ma che puntualmente lui scambiava per Avidità, il peccato di cui era il rappresentante.

Sapeva bene che la sua pretesa di diventare il boss della compagnia non era dettato da altro che il suo irrefrenabile bisogno di avere qualcuno con sé. Qualcuno che fosse impossibilitato a rivoltarglisi contro o, meglio ancora, che fosse obbligato a rimanere con lui. Si era autoproclamato capo soltanto per questa semplice ragione: per legare le mani a chiunque fosse intenzionato a lasciarlo solo. Ma in un arco di tempo relativamente breve, aveva dato un valore diverso a quelle persone: aveva cominciato a interpretare la loro progressiva comunanza come un’esigenza appartenente a ciascuno di loro, di cui lui non era esente, e non come un banale sodalizio alimentato da ingenti interessi comuni.

Però, Darius ed Henkel non erano le stesse chimere che si presentavano nella sua mente ad intervalli irregolari e gliel’affollavano. Erano compagni soltanto per via di fortuite circostanze assommate alla consapevolezza di non avere nessun altro con cui condividere la loro vita, essendo fuggite dall’alchimista cremisi. Era questo ciò che stonava nell’intreccio della sua esistenza. Non poteva di certo paragonare quel gruppetto improvvisato con quello del Devil’s Nest, certamente più unito e più complice di loro quattro.

Ciononostante, voleva anche loro. Voleva tutti.

Rinunciare a qualcosa che bramava equivaleva a negare la sua natura di Avido, e smentire la sua essenza era uguale a mentire.

Ma non poteva fare a meno di percepire una sorta di divario accentuato fra l’una e l’altra compagnia, del quale lui si sentiva la principale la forza motrice. In questa forma, Greed era il capo di un alchimista di Stato e di due ex soldati per metà animali; nell’altra, di cavie di laboratorio rifugiatesi con lui in un magazzino di un locale situato in uno degli angoli più loschi di una fiorente cittadina chiamata Dublith.

E non c’era un modo per assemblare il tutto e renderlo conforme; non poteva neanche pretendere che il tempo scorresse a ritroso apposta per lui ridandogli ciò che voleva, tuttavia permettendogli di tenere la sua banda presente.

Non avrebbe mai potuto vincere la morte; o almeno, non per loro.

Né per Edward, Darius e Henkel; né per il gruppo del Devil’s Nest, quelli che Greed aveva salvato dalle atrocità di un destino crudele persino per la più abominevole delle bestie.

Dalle immagini mezze sfocate nella sua testa non poteva dedurre chissà cosa su di loro, ma allo stesso tempo aveva la sensazione di conoscerli da sempre, come se ci fosse uno strano ma chiaro collegamento viscerale fra loro, così come lo aveva con Ling Yao, che sovrastasse su qualsiasi cosa e desse altre informazioni in merito ai componenti.

Vi era la gutturale voce della chimera toro di nome Roa, che risuonava nel locale rarissime volte. Non c'era anima viva lì dentro che non lo considerasse uno dei più tranquilli al Devil's Nest, al contrario di quello che dettava il suo aspetto.

Dolcetto, con le sue fattezze per metà umane e per metà canine, era sempre quello più vivace, capace di intraprendere in un batter d'occhio risate o schiamazzi, a seconda, con l'unica donna presente nel gruppo, combinata ad un serpente, Martel, le cui dolci ma mascoline risate si mescolavano con la brezza notturna ed il profumo fresco e rinnovato della vegetazione bagnata. Era bellissimo godere di quella contentezza così spontanea nel mezzo di una notte silenziosa come quella.

Ma, in modo del tutto inaspettato e repentino, quella ilarità si trasformò in una disperazione che gli strinse il cuore in una morsa lancinante. Gli occhi rossi di Greed, fino a quel momento rilassati, non senza un pizzico di malinconia repressa, si sbarrarono tremolando convulsamente.

Martel stava urlando, con le lacrime agli occhi, per il dolore e per la rabbia i nomi dei suoi compagni che stavano soccombendo sotto l'impietosa spada di King Bradley, e la sua voce, ora alterata, usciva dall'armatura di Alphonse Elric con una cadenza metallica: la stessa corazza che si trasformò nel luogo della sua morte, la porta al di là della quale però aveva ritrovato i suoi compagni di sempre.

A questo, come se non fosse abbastanza, si aggiunse la sensazione di avere le mani e i vestiti sporchi del sangue di Bido, insieme ad un soffocante rimorso che, in quel momento, sembrava prendere forma propria apposta per artigliarlo e azzannarlo con ferocia, non tralasciando nemmeno la più piccola parte di lui intatta.

Senza preavviso, la sua mente venne offuscata dal dolore ed il respiro gli si mozzò in gola, non più in grado di compiere il suo dovere, e ci vollero parecchi secondi prima che riprendesse a regolarizzarsi. Strinse a pugno i suoi capelli neri con entrambe le mani, sentendo la testa che gli pulsava tanto da far male, e fu proprio grazie a quel gesto istintivo che la crisi si attenuò, seppur in modo impercettibile. Il sudore freddo accumulato sul suo corpo divenne meno palpabile man mano che il tempo scorreva, forse impietosito per il suo dolore.

Quelle immagini, in primis quelle dell’uomo lucertola, gli vorticavano in testa peggio di animali che si dibattevano all'interno di uno spazio troppo piccolo per loro. Erano quasi insopportabili perché lo ossessionavano; non lo lasciavano vivere in pace con il suo presente ed il suo futuro. Lo trascinavano sempre indietro nel tempo, facendogli rivivere gli istanti della vita dell’altro Greed. Ma i ricordi non si fermavano di certo lì. Ad aggiungersi a quelli, vi erano anche i ricordi di Ling, che ad un certo punto sembravano fondersi con i suoi senza il minimo riserbo.

Ma non erano i ricordi di Dublith ad essere indesiderati di per sé, era la sua incapacità a separarsene che lo disturbava. Perché per quanto cercasse di cacciarli via o di riporli in un angolo della sua mente, quelli ritornavano più prorompenti di prima. Pensare ad altro lo aiutava poco o niente; non voler pensare a loro gli appariva inspiegabilmente come un tradimento.

Scosse la testa, ritornando a drizzare la schiena con ostentata fierezza, per poi posare la sua attenzione al cielo. L’unico rimedio sarebbe stato svuotare la testa il più possibile, concentrandosi esclusivamente sul modo migliore per salvare le anime umane e sulla sua sospirata vendetta.

***

L’alchimista faticò molto ad aprire gli occhi e mettere a fuoco il mondo che lo circondava. Sbadigliò sonoramente, accorgendosi di avere una coperta addosso. La testa gli scoppiava, un particolare che gliela fece prendere fa le mani, ma non ricordava nemmeno cosa avesse fatto prima di addormentarsi. Anzi, non sapeva neanche come ci era finito sotto quell’albero frondeggiante, mezzo stordito e con un sapore dolceamaro in bocca. Si stuzzicò il palato con la lingua distrattamente, domandandosi cosa avesse mangiato, o bevuto, di così disgustoso. Nel frattempo, cercò con lo sguardo i suoi compagni, trovando le due chimere poco distanti dal luogo in cui era sdraiato. Sicuramente era stato uno di loro a rimediargli quella copertina sulle spalle e parte del corpo, forse mossi a pietà per…

Per cosa?

Nebbia. Era tutto ciò che vi era nel suo cervello. Non credeva possibile che non riuscisse a racimolare nessuna informazione della serata precedente, se non una serie di urla indistinte dei suoi amici.

Urla. Era incitazioni rivolti gli uni agli altri, sicuramente. L’unico che era contrario a quegli schiamazzi era lui, che si agitava, come un pazzo tenuto fermo da una camicia di forza, con Darius ed Henkel a fare da catene alle sue braccia e con Greed che lo costringeva a bere…

Infine, rammentò tutto.

Quelle carogne lo avevano forzato a bere il latte! Dapprima ignari della sua avversione verso di esso, avevano cominciato a fissarlo con insistenza, per poi acciuffarlo come un gatto fa con un topo ormai in trappola e rifilargli quello schifo forzatamente.

Soprattutto per colpa di lui, Greed, il quale aveva iniziato tutta quella confusione per una cosa di cui, in teoria, doveva infischiarsi. Dirgliene quattro era il minimo, in quel momento. Mai come in quell’istante aveva desiderato prendere a pugni una persona. Le sue pupille guizzarono a destra e a sinistra freneticamente, in cerca dell’Avido.

“Se lo becco, quel farabutto…” bofonchiò cominciando a gattonare per poter avere una visuale più ampia della zona.

Ma gli ci vollero pochissimi secondi per accorgersi della sua assenza.

L’homunculus non c’era; sembrava essersi volatilizzato. Immediatamente dopo aver pensato ciò, gli si creò una voragine di terrore nello stomaco, avanzando tutte le ipotesi possibili.

Ed gettò via la coperta nervosamente, scattando in piedi ed avanzando verso i confini della radura in cui avevano riposato. Camminando a passo svelto, e non curandosi nemmeno dei mille ostacoli cespugliosi della zona circostante, oltrepassò buona parte della foresta non trovandovi però nessuno. Di certo, non si sarebbe meravigliato più di tanto se avesse deciso di scappare. Era incostante, avventato anche più di lui, e con la sua forza di gran lunga maggiore a quella di un comune essere umano non avrebbe fatto il benché minimo sforzo a dileguarsi senza lasciar traccia.

Però, Ed rifiutava con tutto il cuore quelle congetture. Greed aveva inconsapevolmente bisogno di qualcuno, e l’ultima cosa che Edward voleva era abbandonarlo al suo destino, soprattutto ora che aveva dei conti in sospeso con gli altri homunculus e con il Padre e dai quali non si sarebbe mai ritirato.

Altrimenti, perché avrebbe acconsentito ad unirsi a loro che avevano deciso di sabotare i piani del Padre, oltre al suo desiderio di avere una compagnia?

Il groppo in gola non fece altro che aumentare, accompagnato da un senso di preoccupazione misto ad un accentuato auto-rimprovero. Le sue labbra si serrarono in un’evidente espressione apprensiva, mentre gli occhi gli si inumidirono sempre di più. Si era ripromesso di non perderlo di vista in quei mesi, almeno finché non fosse arrivato quel tanto atteso giorno in cui avrebbero potuto finalmente agire.

E Edward Elric quella promessa, per di più fatta a se stesso, non l’avrebbe mai rinnegata.

Avanzò ancora per qualche metro, calpestando impietosamente l’erba sotto i suoi piedi, finché non lo scorse a pochi centimetri dalla sua persona, in una tranquilla posizione pensierosa intento a guardare davanti a sé, nel vuoto. La collera che Ed provò prima di rendersi conto di esser stato vittima di un suo capriccio riaffiorò di colpo, lasciando da parte la soffocante trepidazione che si era impossessata di lui e provocandogli un’irrefrenabile voglia di prenderlo a calci nel culo.
 


 
 
 
 
 
 
NDA
È il momento di alcuni chiarimenti.
Siccome già sappiamo che Greed ha in sé le immagini delle chimere del Devil’s Nest, sono andata al di là del campo prettamente visivo per addentrarmi in una prospettiva diversa: ovvero quella che ne sentisse perfino le voci ed i suoni.
Nonostante abbia quei ricordi, il nuovo Greed comunque ha una nuova esistenza su cui costruire la propria “vita”.
Per me le cose stanno più o meno così: nonostante abbia quei ricordi in quanto “Greed”, la sua rinascita gli ha “permesso” di ricominciare daccapo, così da elaborare una nuova ribellione (come abbiamo visto) e la possibilità di vendicare le chimere di Dublith, procedendo anche con ciò che la vita comporta, inclusi legami di amicizia che appartengono solo a lui, e non al Greed originario. Anche se è pur sempre la personificazione dell’Avidità, il nuovo Greed è comunque un’entità a se stante. Non mi stupirebbe se considerasse la sua gang formata da Darius, Henkel e Edward come una vera comitiva tutta sua senza nemmeno far caso al suo effettivo desiderio, ossia quello di volere dei compagni. Anzi, penso proprio che questi nuovi amici se li sia proprio goduti (lo vedo da come s’intende bene con loro nel manga, nella foresta teatro della lotta contro Pride), al di là di tutti i possibili paragoni che potrebbe fare.
Detto questo, chiudo. Ho già parlato (scritto?!) troppo. -.-
In any case, questo capitolo non mi soddisfa. XD
Spero che per voi non sia lo stesso.
Grazie per le recensioni che mi avete lasciato nel capitolo precedente!

 

 
   
 
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