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Autore: britt4ever    28/09/2013    4 recensioni
South Carolina 1779
William Tavington è un Colonnello Inglese, temuto e odiato da tutti, non cerca l'amicizia, non cerca l'amore, non vuole costruirsi una famiglia.. I suoi occhi ghiaccio rappresentano la sua vita.. il Vuoto.
Ma un giorno il destino lo avvicina a Beatrix, una ragazza dal passato oscuro. Lei lo travolge con la sua allegria, la sua vivacità, la sua forza e gli fa desiderare proprio quelle cose che lui aveva evitato per tutta la sua vita.. Una tempesta in piena.
Lei farà crollare tutte le sue certezze e metterà in discussione la sua esistenza, solo una donna.. ma forse La Donna giusta per lui..
Riuscirà Beatrix a portare via le tenebre che avvolgono William?
-CONTENUTI TALVOLTA FORTI-
Genere: Erotico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo L 
 
 
**Legati**
 
"Chi sei?" domandò Beatrix, con un filo di voce.
Liza aveva ancora le braccia attorno alla ragazza, con fare protettivo.
L'uomo guardava la Contessa, puntando la pistola contro le due fanciulle con sguardo glaciale.
Bea si girò verso la donna, gli occhi domandavano spiegazioni "che succede?" chiese.
Boom
Uno sparo fece sobbalzare le donne.
Rumori di cannoni, scoppi di pistole riempivano l'aria, sembrava di essere nel bel mezzo di un combattimento e forse quell'uomo che sostava muto di fronte a loro era uno dei nemici.
Beatrix si alzò "chi sei?" chiese di nuovo.
L'assalitore aveva un mantello con cappuccio a coprirgli il volto, non si riuscivano a vedere i suoi lineamenti.
"Chi siete?" l'uomo parlò per la prima volta.
La Contessa la affiancò e la prese per mano "ci conviene non fare niente di avventato" sussurrò alla ragazza.
"Liza, è armato" confidò la fanciulla.
"Lo so" poi la signora la superò e si mise davanti, a coprire Bea.
"Lasciaci andare" si sfilò i suoi orecchini e glieli mostrò "ti posso dare questi, sono diamanti. Ma, ti prego, non farci male".
L'uomo diede uno sguardo fugace ai monili e poi osservò nuovamente la Contessa "chi siete?" domandò, ignorando gli orecchini.
"Siamo donne indifese" rispose diplomatica.
"Inglesi? Le donne americane non posso possedere di certo quei diamanti" osservò l'uomo.
Liza annuì "sì, sono inglese. Ma sono sempre una donna" alzò le mani in cielo "disarmata".
L'uomo scosse la testa "credi che i soldati Inglesi si preoccupino di questo? Violentano le nostre donne e le uccidono con i nostri bambini in grembo, senza pietà".
Beatrix sobbalzò e si toccò senza rendersene conto il ventre, in modo istintivo.
"Voi Americani proclamate di essere diversi dai vostri nemici" gli fece notare Elizabeth "se vi comportate come loro non siete meglio degli Inglesi".
La Contessa proseguiva sulla linea inoffensiva, parole misurate e controllate, ma non si riusciva a capire se avesse fatto centro o meno.
"Parlate bene signora, come vi chiamate?" domandò, non aveva ancora abbassato la pistola.
"Liza" rispose subito lei.
"Bel nome, e cosa ci fanno due donne sole durante uno scontro armato?"
Bea si intromise "stavamo facendo una cavalcata, c'è la bella giornata oggi".
L'uomo alzò gli occhi al cielo "vero, comunque non posso lasciarvi libere" disse.
"Ti prego" implorò la ragazza.
Elizabeth le accarezzò i capelli "stai tranquilla, tesoro" disse, dandole un bacio sulla testa.
"Cosa hai intenzione di fare con noi?"
Era incredibile quanto la Contessa fosse tranquilla, riusciva a sapersi controllare. E per fortuna! Perché Beatrix invece era in bilico, era sull'orlo della crisi. Aveva tanta paura.
"Non lo so ancora" rispose infine, abbassando però la pistola.
Bea sospirò un secondo.
"Ma non credete che vi lascio libere" tirò fuori una corda "adesso venite con me".

Le aveva legate con una corda resistente, tutte e due, perciò era duro liberarsi, quasi impossibile.
Bea sperava che da un momento all'altro arrivasse William, ma dentro di lei sapeva che non sarebbe arrivato. Aveva eluso il suo ordine, l'aveva sfidato e adesso avrebbe pagato le conseguenze.
"Perché abbiamo sentito i rumori di pistola prima?" domandò ad un tratto Beatrix.
Stavano proseguendo a piedi, almeno loro due; il sequestratore invece procedeva a cavallo.
"Perché c'è una battaglia là fuori, ragazza".
Beatrix lo guardò di traverso "non sono una ragazza, sono una donna. Saremo anche alla tua mercé, ma non ci faremo trattare come canovacci usati".
L'uomo rise di gusto "hai fegato, fanciulla, davvero i miei complimenti" poi diede uno sguardo fugace alla Contessa "ma tua madre è più composta di te".
Bea osservò Elizabeth.
La donna era vicina a lei, legata come Beatrix. Ma non diceva niente, non si era lamentata nemmeno una volta. Aveva permesso all'altro di legarle le mani e poi aveva taciuto. A guardarla bene in quel momento non sembrava la Contessa Cornwallis, ma piuttosto una donna come le altre.
"Cosa ti fa pensare che lei sia mia madre?" lo sfidò Bea.
Il ribelle incurvò le sopracciglia "non è così?"
La Contessa scosse la testa.
Avevano preso in contropiede l'uomo "allora cosa siete, parenti, affini?"
Beatrix rispose d'impulso "amiche".
"Ah" esclamò l'americano.
"Chi ha incominciato la battaglia?" chiese Elizabeth.
"Noi" disse tronfio lui "e saremo sempre noi a finirla".
"Credete davvero di battere Cornwallis?" domandò la Contessa "un esercito di contadini crede davvero di battere un esercito di dodici mila giubbe rosse?" chiese lei, con un'alzata di sopracciglia.
Beatrix era invidiosa del modo in cui parlava Elizabeth. Era così brava con le parole e poi era informata sui fatti inerenti il lavoro del marito, Tavington invece le riferiva solo le cose che gradiva a letto, non in battaglia.
O forse sono io che non gli ho posto mai domande del genere.. si chiese la ragazza.
Il ribelle tirò le redini del cavallo e inchiodò con lo sguardo la Contessa "non vi preoccupate milady, il Lord Generale non è più un problema".

Dopo minuti, o forse ore di viaggio, si fermarono.
Beatrix era stata vicina più volte a perdere i sensi, senza capire perché, ma si sentiva male. E poi era preoccupata per William, prima aveva evitato di esternarlo perché se il ribelle avesse scoperto del suo rapporto con Tavington, o peggio ancora della gravidanza, le avrebbe fatto male. E lei si preoccupava per la pulce.
"Dove stiamo andando?" chiese, con la gola arsa. Aveva tanta sete, e anche fame.
"A casa mia" rispose l'altro, scendendo da cavallo.
La ragazza si stropicciò gli occhi e, poco a poco, vide una casetta.
Piccola, ma ben tenuta, almeno fuori. C'era anche un giardino con delle piante coltivate e alle spalle del rudere si estendevano ettari infiniti di campo di grano.
Il ribelle legò la corda ad un palo e poi sparì dalla loro vista, probabilmente era andato a sistemare il cavallo.
"Liza, cosa facciamo?"
"Assecondiamolo, almeno all'inizio" rispose a bassa voce "e poi troviamo un modo per scappare".
Beatrix stava per rispondere, quando vide in lontananza l'uomo muoversi verso di loro.
Era ancora incappucciato, ma ben presto il suo volto non sarebbe stato più celato. E allora sì che sarebbero incominciati i problemi, perché le vittime che vedono in faccia l'aggressore non vengono mai lasciate vive.
Vennero slegate tutte e due, ma lo sguardo glaciale dell'uomo le bloccò in un secondo, facendo loro vedere l'arma che portava alla cintura.
"Se provate a scappare, vi prometto che vi uccido. Sono stato chiaro?"
Loro annuirono.
"Molto bene. Ora entriamo in casa che mi dovete un po' di spiegazioni".
La sua casetta era abbastanza spartana, sembrava la casa di un reduce di guerra. Aveva trofei, medaglie incorniciate in teche, spade incrociate o scudi appesi al muro come ornamento.
Per il resto aveva il minimo essenziale.
Un tavolo in legno con qualche mobilio, che presumibilmente conteneva stoviglie. Un camino, piuttosto grande, e poi una grossa tenda, che forse teneva coperta la zona notte.
Lui intanto si era diretto verso il camino e aveva buttato dentro un po' di legna, per accendere il fuoco.
Beatrix vedeva pallini bianchi, si sentiva sudata più del normale e aveva tanto caldo.
"Scusa.. io" tentò di appoggiarsi alla sedia vicina a lei, ma le cose si stavano moltiplicando. Vedeva doppio, si aggrappò a qualcosa, ma "devo.."
Cadde per terra e l'ultima cosa che vide fu la Contessa che correva verso di lei.

"Tesoro, bevi".
Qualcosa di bagnato le sfiorava le labbra, percepiva un buon odore nell’aria e sentiva sempre più caldo. Tanto caldo.
"Beatrice.. fatti forza".
Qualcuno spingeva a forza del cibo nella sua bocca, ma lei aveva poche forze per replicare. Vedeva ancora sfocato, stava tornando l'udito, ma era come se i suoi occhi non volessero aprirsi.
"Perché sta male?" domandò qualcuno.
Una pausa. Un sospiro.
Non dirgli che sono incinta avrebbe voluto gridare, ma era come se fosse fuori dal suo corpo, spettatrice della realtà che viveva. Immobilizzata.
"Ha avuto l'influenza pochi giorni fa e non si è ancora ripresa" rispose la donna e Bea sospirò dentro di sé.
Che tu sia beatificata, Elizabeth!
"Ha il viso bianco, sembra un fantasma! Ironia della sorte e io che pensavo che ci fosse solo un Fantasma.."
"Ha bisogno di alcune ore di sonno, altrimenti non si riprenderà più" disse la Contessa.
Lui non rispose, ma Beatrix intuì avesse acconsentito perché Liza aveva sospirato felice.

Beatrix si svegliò più tardi, non sapeva dire per quanto tempo fosse rimasta intontita, ma abbastanza. Infatti si sentiva in forze, i muscoli erano rilassati, la testa non girava più, vedeva, sentiva, percepiva..
Era viva.
Alzò la schiena e si accorse che aveva qualcosa di pesante a coprirla. Pelliccia calda, riscaldata anche dal camino che si trovava vicino a lei.
Elizabeth giaceva vicino a Beatrix, si era accovacciata di lato e aveva posto un braccio sopra di lei, come se volesse proteggerla.
"Ti sei svegliata" disse qualcuno, facendola sobbalzare dallo spavento.
Il rapitore sedeva su uno sgabello distante da loro, aveva parlato senza guardarla negli occhi, semplicemente intagliava qualcosa su un monolite di legno.
"Sì" rispose Beatrix, sentendosi a disagio in presenza dell'uomo.
Si alzò, facendo attenzione alla Contessa e, una volta coperta con la pelliccia, si avvicinò all'americano.
"Ti ringrazio" disse la fanciulla.
"Per cosa?" rispose lui, alzando gli occhi verso di lei.
Beatrix balbettò un po' "per l'aiuto di prima, per l'accoglienza".
Ma lui la bloccò subito, tagliando corto "non ho fatto niente, dovresti ringraziare la tua amica" poi le puntò il coltellino contro "siete sempre mie prigioniere, non dimenticatevelo".
"Grazie, comunque. Non ci hai ancora ucciso almeno" disse, titubante.
L'uomo le passò una scodella che c'era sul tavolo "mangia, è rimasta un po' di minestra. La tua amica ha provato a farti mangiare, ma vomitavi tutto" le raccontò.
Beatrix si sedette al tavolo e avvicinò la scodella verso di lei. Non poteva rifiutare e non voleva proprio, aveva una tale fame che si sarebbe mangiata anche gli animali morti che erano appesi al muro come trofeo di caccia.
Prese il cucchiaio di legno e incominciò a mangiare silenziosamente, senza parlare con l'altro.
All'inizio era stata delicata, aveva preso il cucchiaio e aveva mangiato un boccone alla volta, come farebbe una signora. Ma alla fine, la sua natura si manifestò, appoggiò la posata sul tavolo e bevve direttamente dalla ciotola, come un cane.
Beatrix sentì l'uomo ridere sotto i baffi, allora alzò gli occhi verso di lui, continuando a ingollare la pastina.
"Tu non puoi essere inglese come lei" asserì, indicando con la testa la Contessa "mi rifiuto di crederci".
Bea appoggiò la scodella sul tavolo, facendo un ruttino.
L'altro rise.
"Che c'è?" chiese la fanciulla "non hai mai visto una donna mangiare?"
Lui scosse la testa "gli Inglesi non dovrebbero essere più.. a modo?"
Questa volta fu il turno di Beatrix di ridere "probabilmente è così, ma io non sono inglese".
L'americano smise di lavorare al cavallino che stava intarsiando nel legno, alzò un sopracciglio incredulo.
"Non ci credi, eh?" rimbeccò la ragazza.
"No" disse, cercando di scrutare nei suoi occhi "non sei inglese, posso crederlo. Ma un americano non starebbe in un Forte con degli Inglesi".
Bea schiarì la voce "e tu come fai a sapere che.."
"Vi ho viste" dichiarò, interrompendola.
"Già da Fort Trox?"
Lui annuì "sì, l'attacco era stabilito da giorni e io oggi vi ho viste uscire dalla cancellata del Forte, quindi.."
"Quindi questo non dimostra niente" rimbeccò immediatamente "che ne sai che non siamo.." Bea agitò le mani in aria "lavoranti del Forte".
L'americano scoppiò a ridere "hai fantasia, ragazza. Coraggio e grande immaginazione, ma so che non è così" si sporse verso di lei "e io non sbaglio mai".
Beatrix sbuffò, ma c'era poco da fare "allora che ne farai di noi?" domandò impertinente.
Lui riprese il suo lavoro sul modellino "quando la tua amica si sarà svegliata ne parleremo insieme" concluse.
E Beatrix intuì che aveva messo un punto finale alla frase in modo implicito, un fare -poco carino- per dirle che aveva terminato la galanteria da buon vicino.

 
***

William rise di gusto, come non faceva da tanto tempo "Oddio, Banastre. Ah ah ah.. cosa direbbe Cornwallis se ti vedesse così?" disse, mentre entrava e si chiudeva la porta alle spalle.
L'altro Colonnello non rispose, ma solo perché non poteva. Mugugnava, gemeva contro la stoffa, ma aveva la bocca bloccata.
William si avvicinò al suo tavolo e perlustrò attentamente.
"Mmgg..gg..mm".
William alzò gli occhi verso di lui "cosa? Non ti sento, parla più forte" disse, prendendolo in giro.
Tavington diede un'occhiata allo scrittoio di Tarleton, alla ricerca di un qualche indizio, perché si rifiutava di credere che avesse sbagliato il suo ragionamento. Che avesse seguito fino a quel momento la strada errata.
Non poteva crederci.
Il tavolo era pieno di scartoffie inutili, resoconti di guerra, commentari "e queste cosa sono?" osservò le lettere laccate che 'profumavano di donna'??
"Non mi dire che tieni le lettere che ti scrivono le tue ammiratrici..?" Tavington rise "più patetico di quello che pensavo".
Poi William aprì la bocca, continuando a pungolarlo "oh, sì. Tu credevi davvero che lei ti amasse. Ah ah, povero illuso" disse acido, con una smorfia.
"Mmmmmm… grggg..mmmmm"
Tavington lesse velocemente le missive, ma niente di interessante. O meglio, niente che gli potesse servire in quel momento, anche se lì davanti a lui c'era tanto materiale per prendersi gioco dell'antico rivale.
William non aveva trovato niente meritevole di interesse su quello scrittoio, così si appoggiò sul tavolo pesantemente "qualcosa devi aver lasciato, Banastrian".
Poi si sedette sulla grande poltrona del Colonnello e lo guardò da quella posizione.
"Quanto darei per poter ritrarre questo momento" appoggiò le gambe sullo scrittoio e lo osservò bene, ridendo di gusto "pensa alla vergogna se qualcuno ti vedesse così, e guarda la fortuna che proprio io sono venuto qua".
"Mmmggg..!!!" disse l'altro.
Tavington ignorò i gemiti lamentosi e petulanti dell'uomo e proseguì la sua indagine. Osservò con diligenza la stanza ma, a parte il Colonnello legato al letto nudo, non trovava niente fuori posto.
Il cestino vuoto, i vestiti penzolanti dalle ante dell'armadio aperto, la camera nel caos totale, la biancheria intima di donna in giro.. tutti gli elementi nel complesso non rendevano l'immagine di un uomo che aveva pianificato la fuga a breve.
No, William si convinse che Tarleton non aveva deciso di scappare, ma il profilo della spia che aveva ideato doveva essere quello, solamente non aveva trovato il suo S.I.
"Non mi chiedi nemmeno come è andata la battaglia? Te lo dico io, allora i tuoi uomini sembravano tori sbizzarriti senza guida, Cornwallis è sparito, tutto il Forte è sottosopra -ma almeno i Ribelli sono fuggiti via- non posso ancora calcolare il numero dei feriti e morti, ma non sarà un numero piacevole".
Fece una pausa.
"Niente da dire, eh? Per il resto mi posso consolare con" lo indicò "questa bella scena", rise di nuovo.
Si stava per alzare, ma la sua attenzione venne catturata da un lucchetto su uno dei cassetti dello scrittoio.
Era forse un indizio?
William non poteva sapere con certezza cosa avrebbe trovato, ma una cosa sicura era che Tarleton stava nascondendo qualcosa.
Se si mette un lucchetto si vuole per forza occultare qualcosa!
Tavington si alzò e si diresse verso l'altro uomo legato.
"Vuoi che ti sleghi?" Gli chiese, a pochi centimetri dal suo viso, con il sorriso sghembo stampato in volto.
William abbassò leggermente la benda dalla bocca, appena un po'.
"Brutto figlio di.." William gli ricucì la bocca, coprendola nuovamente.
"Tze Tze, non provarci, Ban" lo ammonì con un dito puntato contro "ricordati che sono l'unico che ti può liberare".
Tarleton alzò gli occhi al cielo e probabilmente lo maledisse in tutte le lingue del mondo, ma il suo mugugnare rendeva il suono molto distorto.
Quando l'uomo smise di agitarsi, di scalciare e di emettere suoni non identificati, William gli permise di parlare, abbassando la benda.
"Calmo?"
Banastre digrignò i denti così forte che perfino William riuscì a sentirli battere tra loro "molto bene, ora" si sedette sul letto vicino a lui "raccontami cosa è successo".
"Slegami" gli ordinò Tarleton.
Tavington rise "non credo proprio, tu rimani ancora nella lista dei sospettati" fece un'alzata di spalle "semplicemente devo decidere dove collocarti" specificò.
"Sospettati? Lista? Io sono una vittima!" tirò le corde con cui era legato al letto e lo fece tremare "non lo vedi?!"




 
**spoiler**
Capitolo LI – Tra le Lacrime e la Verità
“Allora le cose non potranno tornare mai più come prima..”
“No” rimbeccò subito Tavington, senza attendere che l’altro finisse la frase “ognuno di noi ha delle priorità, dei doveri da ottemperare, se il nostro lavoro fa incontrare le nostre strade –come adesso- allora non mi sottrarrò ai miei obblighi” poi continuò, dopo una pausa meditativa, guardandolo negli occhi “ma il rapporto che avevamo un tempo, la nostra amicizia è morta nel momento in cui ti sei scopato Scarlett” sputò fuori William, fissandolo con disprezzo e odio.
 
 
 
   
 
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