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Autore: KrisJay    28/09/2013    6 recensioni
Bella Swan si è appena trasferita a Los Angeles con la sua figlioletta Allyson. Sta per cominciare una nuova vita lì, cercando di dimenticare il passato che le ha regalato qualche delusione e anche qualche dispiacere. Ci riuscirà, grazie anche all'affetto della sua famiglia, dei nuovi e vecchi amici che la circondano e, naturalmente, grazie ad un nuovo amore che la conquisterà quando meno se lo aspetta...
"«Oh, interessante!» quello, era un modo carino di dire “Non me ne frega niente di ciò che c’è scritto lì sopra, anche se tu me lo stai dicendo ugualmente.”
«Sì, molto interessante… ma non interessante quanto te, Isabella.» il dottor Cullen posò di nuovo la cartella sul tavolo e posò gli occhi su di me, guardandomi intensamente.
Oh, merda.
Ci stava provando con me dopo neanche cinque ore che ci eravamo conosciuti… era la prima volta in assoluto che mi accadeva una cosa simile!
«Eh… Dottor Cullen…»
«Ti prego, Isabella, chiamami Edward.»
«Edward,» dissi, accontentandolo, «non so… che stai facendo?»
«Sto cercando di conoscerti meglio, Isabella. Sai, non mi dispiacerebbe affatto sapere qualcosa in più su di te… in tutti i sensi.» sorrise sghembo, facendomi rabbrividire.
Dio mio, che persona sfacciata!"
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Solo il tempo... - Capitolo25

Salve a tutte, mie care!
Ecco a voi un nuovo capitolo di ‘Solo il tempo’! Non perdo tempo in chiacchiere e vi lascio leggere in santa pace XD ci si sente nelle note finali…

 
 
 

Solo il tempo

 
Capitolo 25
«Stai bene, tesoro?» sussultai al tocco della mano di Edward, che si trovava al mio fianco.
Ripresami di colpo dal mio sogno ad occhi aperti, mi accorsi che ci trovavamo ancora nella caffetteria dell’ospedale, dove ci eravamo recati per prendere un cappuccino prima di cominciare il turno.
«Sì, sto benone! Perché me lo chiedi?» domandai in fretta mentre stringevo con troppa foga il mio bicchierone di carta.
«Così, mi sembravi un po’ assente…» Edward scrollò le spalle e continuò a guardarmi, come se mi stesse studiando.
«Forse è la stanchezza, ho dormito poco.» cincischiai.
Lui sorrise, passando il suo braccio lungo le mie spalle. «Vero, colpa mia.» ridacchiò, posando le labbra sulla mia fronte.
Non dissi nulla, ma mi sentii un po’ in colpa per non averlo corretto; era vero che la notte prima avevo dormito poco, ma non a causa di quello che avevamo fatto insieme.
La verità era che cominciavo a non sopportare più il segreto che Rosalie mi stava costringendo a tenere; oggi sarebbe venuta a fare le analisi e entro domani avremmo avuto i risultati per scoprire se era davvero incinta. Non mi piaceva questa scelta di dover tenere tutto nascosto fino al momento della verità, mi sembrava di star compiendo qualcosa di sbagliato quando, invece, non lo era per niente.
Voglio dire, è un bambino! Cosa c’è di brutto nell’avere un bambino?
Fatto sta che, come mi aveva fatto promettere lei, non avevo accennato a nessuno del suo stato e della nostra chiacchierata insieme… non avevo detto nulla neanche a Edward, e mi sentivo una merda per questo. Emmett era suo fratello, cavolo, meritava di sapere tutto questo!
Volevo con tutta me stessa che quelle ultime ore passassero in fretta, eccome se lo volevo! Se solo esistesse l’acceleratore per il tempo… ma, per mia sfortuna, non l’avevano ancora inventato.
«Hai molto da fare oggi?» chiesi, più per parlare di qualcosa che per vero interesse. Bevvi un sorso del mio cappuccino e scoprii con orrore che era freddo, oltre che amaro. Bleah, dovevo assolutamente prenderne un altro!
«Solo qualche post operatorio, se non ci sono emergenze: è una giornata tranquilla. La tua, invece?» domandò, muovendo il pollice in circolo sulla mia spalla.
«Devo passare in laboratorio analisi, ci sono alcune cartelle che devo ritirare per Emmeline…» spiegai, restando sul vago; Edward non avrebbe indagato, ne ero certa, ma in qualche modo dovevo giustificare la mia presenza in laboratorio. Specialmente adesso che mi avevano spostata in ginecologia, quattro piani più in alto.
«Roba da donne, eh? Capito.» per fortuna non aggiunse altro; a quanto pare si fidava di me, e di Emmeline, la ginecologa migliore dell’ospedale.
«Già!»
«Devo andare, piccola. Ti aspetto oppure…»
«No no, vai pure! Io prendo un cornetto, mi è venuta fame!» esclamai, così forte che alcune teste si voltarono ad osservarmi. Si stavano sicuramente chiedendo per quale motivo quell’infermiera stava strillando come una scema.
«D’accordo. Ci vediamo a pranzo, okay?» sorridendo, si chinò su di me e premette le labbra sulle mie in un bacio a stampo; non osavamo quasi mai quando ci trovavamo a lavoro, non potevamo permetterci di dare scandalo davanti a così tante persone!
Era pur sempre il figlio del direttore, lui… ma mesi fa non gli importava che qualcuno lo beccasse a fare sesso sconcio con le infermiere, all’interno degli stanzini.
Ne era passata di acqua sotto i ponti da allora…
Con il sorriso sulle labbra rimasi ad osservare la schiena di Edward che si allontanava, avvolta dal camice blu scuro, fino a quando non sparì dalla mia vista. Solo allora mi concessi di tornare al broncio che avevo sfoggiato sin da quando mi ero alzata la mattina, e sospirai.

Prepariamoci ad affrontare anche questa lunga giornata, pensai voltandomi verso il bancone della caffetteria.
Ma, mentre studiavo uno per uno i dolci esposti, scoprii di non avere fame. Così, abbandonai l’opzione di prendere qualcosa da mangiare e gettai anche il cappuccino freddo nel primo cestino che incontrai mentre camminavo, preferendo uscire in fretta da quel posto.
Andai dritta verso l’ala del pianterreno riservata ai laboratori delle analisi, controllando l’ora. Erano quasi le nove, quindi Rose doveva essere già arrivata, oppure stava per arrivare. Mi sentii agitata e con il cuore in gola mentre lasciavo correre lo sguardo lungo le varie poltroncine della sala d’attesa, già occupate e piene di persone che aspettavano il loro turno.
Scorsi una lunga chioma bionda e mi precipitai da lei, incurante del fatto che poteva essere la mia amica, come invece poteva anche non essere lei… ma, per fortuna, non mi sbagliai. Era davvero Rose la persona che si trovava seduta tra due vecchiette, tutte concentrate ad osservare il loro numero e ad aspettare che le chiamassero per il prelievo.
«Ehi, Rose, va tutto bene?» chiesi, accucciandomi davanti a lei.
«Certo, perché non dovrebbe? Ho accompagnato Allie a scuola, come tutti i giorni…» cominciò a dire, con sguardo assente.
«No, non mi riferivo a questo. Volevo sapere se tu stai bene, se c’è qualcosa che non va…» la corressi.
Lei mi guardò, battendo un paio di volte le ciglia; senza mascara sembravano così corte. «Sto bene. Prima però è passata un infermiera, e sembrava che si fosse fatta il bagno in mezzo ai fiori marci… hai presente le vecchie corone dei cimiteri? Ho rischiato di vomitare qui, davanti a tutti!» pigolò, sbuffando e gonfiando le guance.
«Forse ho capito di chi stai parlando…» borbottai, e la insultai nella mia mente. Dannata lei, ma si rendeva conto che non ci trovavamo su una passerella di alta moda? Eravamo in un ospedale, insomma! «Che numero hai?» aggiunsi.
«Il 123, sono dietro a queste due signore.»
Come se le avesse appena chiamate per nome, le due vecchiette che erano sedute ai lati di Rosalie si voltarono verso di me e mi osservarono attente, entrambe con un cipiglio strano sul volto.
Erano coordinate? Perché se era così, era abbastanza inquietante e mi facevano paura.
«Tocca a noi, cara?» mi chiese una delle due, agitando il numeretto.
«Ehm… non lo so, vado a controllare.» balbettai, e mi precipitai a fare quello che avevo appena detto. Mi dispiaceva solo che Rose doveva restare confinata lì, in mezzo a quelle due strane signore.
La fortuna sembrava essere proprio dalla mia parte, quel giorno, perché dopo una decina di minuti era già arrivato il turno di Rosalie. Nel giro di pochi minuti Steve, uno dei tanti infermieri che giravano per l’ospedale e di cui riuscivo a ricordare il nome, le prelevò un po’ di sangue e dopo aver preso i suoi dati la lasciò libera di andare, comunicandoci che i risultati sarebbero usciti in mattinata o, altrimenti, non più tardi del giorno successivo.
«Io devo andare via, mi stanno aspettando al centro…» mormorò Rose sconsolata, con le dita che ancora tenevano premuto il cotone sulla piega del gomito.
«Non preoccuparti, se mi lasci la delega faccio un salto in laboratorio e le ritiro al posto tuo. Vengo da te non appena sono pronte, va bene? Stai calma.» le massaggiai la schiena, cercando di tranquillizzarla.
Impresa non facile: Rosalie era sempre un fascio di nervi difficile da districare quando ci si impegnava, ed in quel momento si stava concentrando con tutta se stessa.
«Dovrò dirlo ad Emmett… come faccio a dirlo ad Emmett?» pigolò mordendosi le labbra.
«Parlando, forse?» non era il momento giusto per fare del sarcasmo, ma proprio non riuscii a trattenermi.
Non contenta della mia risposta, la mia amica fece in tempo a fulminarmi con gli occhi prima di strabuzzarli, e di portare una mano a coppa sulla bocca. La vidi sbiancare di colpo, e la cosa non mi piacque per niente.
«Tesoro, che cos’hai?» mi aspettavo di vederla svenire da un momento all’altro.
«Sto per vomitare, credo. È di nuovo quella puzza di fiori marci…» gemette, togliendo la mano e posandola sul suo stomaco.
«Fiori marci?» mi guardai attorno e, per nulla stupita, osservai Lauren camminare come una pin up per il corridoio. Durante il turno era obbligata a portare il camice da infermiera, ma se poteva fare a modo suo avrebbe senza dubbio optato per un mini abito da zoccola. Era la sua natura, in fondo.
«Oh, Bella! Ma guarda, è tanto tempo che non ci incontriamo!» fece, con un finto tono entusiasta, avvicinandosi. Il sorriso le sparì dalla faccia non appena notò Rose. «Che ha la tua amica?» fece, sospettosa.
«Non le piace il tuo profumo.» commentai, storcendo il naso. Era decisamente troppo dolce, e potevo immaginare come lo sentisse Rosalie in quel momento: gli odori in gravidanza erano amplificati, e di brutto anche.
«Ma come? È Coco Mademoiselle!» sibilò indignata.
Rosalie scelse proprio quel momento per chinarsi in avanti e vomitare sulle scarpe da ginnastica, nuove di zecca, di Lauren, che a quella vista inorridì e saltò all’indietro.
«Lo avevo detto, io… fiori marci.» mormorò Rose, respirando con calma.
«Non è meglio indossare delle scarpe un po’ vecchiotte a lavoro, Lauren? Almeno sai che non sono soldi buttati quando accadono questi incidenti! Dai, tesoro, andiamo a prendere un sorso d’acqua…»
Sospinsi Rose lungo il corridoio ed ignorando bellamente Lauren, che era rimasta a fissare le sue scarpe rosa shocking ormai irrecuperabili. Gongolavo, e non poco: prendermi gioco di Lauren era sempre un piacere. Non avevo ancora digerito il fatto che lei ed Edward, una volta, si incontrassero per sfogare i loro istinti sessuali…
 

***

 
Per tutto il resto della mattina ero rimasta sulle spine e con la testa tra le nuvole; Emmeline, che quel giorno mi aveva presa sotto la sua ala protettrice, mi aveva lanciato occhiatacce per più di una volta e aveva anche minacciato di mandarmi via se non mi davo una svegliata. Ed io ci provavo, davvero, ma il pensiero dopo pochi minuti tornava al mio cercapersone, che non suonava.
Stavo aspettando che Steve mi facesse uno squillo: prima di andare in reparto gli avevo chiesto di cercarmi non appena le analisi di Rosalie fossero state pronte, in modo così da poterle andare a ritirare.
Avevo cominciato a pensare che sarebbero uscite soltanto nel pomeriggio… e mi si formò un fastidioso groppo in gola, nel ricordarlo.
Dovevo tenere il segreto ancora per diverse ore, e non volevo più farlo! Non mi piaceva fare le cose di nascosto, no no… succedeva sempre qualcosa che faceva saltare la copertura, alla fine, potevo scommetterci la mia anima.
Non ero così brava come credevano tutti.
Steve mi avvertì dell’uscita dei risultati quando mi ero ormai rassegnata a dover aspettare ancora e stavo scendendo al piano terra per vedermi con Edward; così, senza pensare di avvertirlo, feci dietro-front e mi diressi spedita dalla capo reparto per annunciare che mi sarei presa il resto del turno libero.
Dovevo assolutamente ritirare quelle analisi, uscire dall’ospedale e andare da Rose per consegnargliele. Ero sollevata di poterlo fare, così almeno mi sarei tolta un peso dalla schiena e potevo tornare a respirare con più facilità. Non mi piaceva fare le cose di nascosto… oddio, lo avevo già detto vero?
Mi sa di sì…
Mi cambiai in fretta, indossando di nuovo i miei comodi e amati abiti di tutti i giorni, e con la borsa che ballonzolava contro il mio fianco percorsi velocemente il laboratorio delle analisi. Ci trovai, con sorpresa e frustrazione, Lauren.
Possibile che quel giorno dovevo incontrarla ogni volta? La vomitata sulle scarpe non le era bastata?
«Devo ritirare queste analisi, Dorothy.» dissi alla ragazza che era di turno, consegnandole il foglietto su sui Rose aveva acconsentito a far ritirare da me i risultati.
«Oh, povera cara, stai per caso male?» Lauren non perse tempo e cominciò a ficcare il naso dove non doveva, scimmiottandomi.
La guardai in malo modo. «Non sono cose che ti riguardano.»
«Sono sicura che Edward vorrà essere informato se non stai molto bene… state ancora insieme, giusto?» continuò, sfacciata.
«Non ti riguarda.» ero decisa a non dirle nulla e avrei continuato a farlo, anche se riuscivo a stento a trattenermi dal dirle che io e Edward passavamo la maggior parte del nostro tempo libero a scopare come conigli in calore. Ero sicura che questo l’avrebbe irritata a morte, ma non mi andava di raccontarle quella parte della mia vita sessuale e intima.
«Eccole, Bella.» Dorothy fece il suo ritorno dopo essersi assentata per quei pochi minuti e mi porse la cartellina delle analisi, salvandomi dal dover stare ancora in compagnia della Barbie siliconata.
«Ti ringrazio.» presi dalle sue mani la cartellina e le sorrisi, voltandomi poi per andarmene… ma non avevo calcolato che Lauren, nel pieno delle sue capacità da stronza, mi strappasse di mani quel plico. «Ehi!»
«Che c’è, non posso controllare il tuo stato di salute?» mi sbeffeggiò, sorridendo peggio del Grinch, ma quel sorriso scomparve non appena lesse quello che doveva essere scritto su quei pochi fogli. Non doveva esserle proprio piaciuto…
…e se non le piaceva, voleva dire una cosa sola.
Le analisi erano positive, Rose era incinta. Ma Lauren stava sicuramente pensando che le analisi fossero le mie, visto che i suoi occhi da oca non dovevano essersi presi la briga di leggere il nome del paziente.
«Oh, vedo che stai proprio bene! Congratulazioni…» nella sua voce c’era un sacco di veleno, ogni parola ne era intrisa. Mi fulminò con gli occhi e, bruscamente, mi ficcò tra le mani la cartellina per poi andarsene via.
Sperai che non fosse andata a far danni.
 

***

 
«Un bambino…» bisbigliò Rosalie, con gli occhi lucidi fissi sui risultati delle sue analisi. «Aspetto un bambino.»
Avevo raggiunto Rose al suo centro estetico e, non appena lei mi aveva visto, mi aveva portata nel suo piccolo ufficio per poter parlare con calma e con tutta tranquillità.
«Già, non è meraviglioso?» l’intensità di quel momento rischiava di far scoppiare a piangere anche me. La abbracciai, poggiando la testa sulla sua spalla. «Adesso non hai più scuse per non dirlo ad Emmett.»
«Sarà la prima cosa che farò non appena ci vedremo. Viene a prendermi alle sei.» disse, piano, asciugandosi una lacrima con le dita. «Spero solo che la prenda bene…»
«Perché non dovrebbe? È suo figlio.» continuavo a non capirci nulla, riguardo alla titubanza della mia amica.
«Lo so che è suo figlio, ma… ma non lo avevamo previsto. Pensavo che sarebbe accaduto più in là, e non adesso.»
«Neanche io pensavo di diventare mamma a diciannove anni, eppure è successo.»
Rosalie si voltò verso di me, scuotendo la testa. «La tua situazione era diversa…»
«Era diversa solo in parte: io e James ci vedevamo solo per fare sesso quando è accaduto, mentre tu ed Emmett state insieme da una vita e vi amate. È questo che fa la differenza, vi amate e sarete entrambi dei genitori stupendi per il vostro bambino.»
«Ma anche tu sei una madre stupenda!»
«Quale madre toglierebbe una bambina a suo padre?» scossi la testa, mestamente.
«Oh, Bella, ancora con questa storia? Non è stata colpa tua, hai dovuto farlo…»
«Ho dovuto, è vero. Non volevo, ma ho dovuto farlo e mi sento ancora una merda per questo!» per quanto cercassi di non pensare a quanto era accaduto con James, e per quanto tutti dicessero che l’avevo fatto solo per il bene di mia figlia, beh, io non riuscivo a convincermene e mi sentivo ancora in colpa.
Avrei convissuto con quel peso sul cuore per tutto il resto della mia vita, ne ero certa.
 

***

 
«E poi abbiamo giocato con le bambole, e poi la maestra ci ha strillato.» disse Allie, tutta concentrata nel raccontarmi la sua giornata a scuola. Quando mi aveva visto al posto di Rosalie era rimasta contentissima, tanto che si era messa a correre fino a quando non si era trovata tra le mie braccia.
«E perché vi ha strillato? Non stavate mica litigando, eh?»
«No, ci ha strillato perché abbiamo rotto la testa alla bambola. Ma non lo abbiamo fatto apposta!» si giustificò subito, incrociando le braccia.
«Oh, tesoro, questo non si fa!» la ammonii, e dovetti usare tutta la mia concentrazione per non ridere: avevo associato quella bambola senza testa a Lauren, e la scena che si era affacciata nella mia testa era parecchio esilarante.
«Ma non abbiamo fatto apposta!» si difese ancora. Nel frattempo eravamo arrivate davanti alla porta del nostro appartamento e lei, decisa ad entrare subito, cominciò a bussarci contro.
«Allie, fammi almeno aprire la porta!» esclamai, per farla smettere, e stavo per infilare la chiave nella toppa quando qualcuno, dall’interno, la aprì prima che potessi farlo io.
«EDWADD!» urlò mia figlia fiondandosi sulle gambe del mio ragazzo, abbracciandole.
Che ci faceva lui qui? Quel giorno aveva il turno di dieci ore e sarebbe dovuto arrivare a casa verso le sette di sera. Cosa lo aveva spinto a staccare prima?
Doveva essere accaduto qualcosa…
«Ehi, marmocchia, vacci piano!» la ammonì bonariamente lui, stringendola in un abbraccio; i suoi occhi, però, rimasero fissi su di me e sembravano pieni di mille e mille domande.
Una delle tante doveva sicuramente essere “Perché non hai risposto alle mie chiamate?”
Mi aveva cercata durante le ore precedenti, e per quanto volessi rispondergli e dirgli dove mi trovassi, avevo preferito tacere e mettere il silenzioso al cellulare. Avevo sbagliato e lo sapevo… ma tanto, adesso che era qui, gli avrei raccontato tutto.
Basta bugie, basta nascondersi.
«Dai, andiamo dentro, così facciamo merenda.» dissi, abbassando lo sguardo.
Allyson, una volta dentro casa, stette un po’ a parlare con Edward e a raccontargli quello che aveva fatto a scuola, ma poi si distrasse quando sullo schermo della tv apparvero i personaggi dei suoi cartoni animati preferiti.
Io, intanto, mi ero spostata in cucina e avevo messo a riscaldare un po’ di latte sul fornello per preparare della cioccolata calda; sapevo che quella golosona di mia figlia non l’avrebbe rifiutata. E mentre aspettavo, riordinavo nella mente tutte le vicende che erano accadute nell’ultimo periodo per poterle raccontare a Edward.
E Edward, come se lo avessi chiamato attraverso il mio pensiero, arrivò in cucina guardandomi stravolto e con le mani tra i capelli; li avevo notati anche prima, erano completamente senza senso e senza forma, doveva averli torturati per chissà quanto.
«Dobbiamo parlare.» iniziò, senza darmi il tempo di dire alcunché.
«Lo so, adesso ti racconto tutto…»
«Da quanto tempo sai di… di essere incinta?» mormorò con fatica, interrompendomi, e sedendosi su una sedia.
«Ma io non sono incinta. È di questo che vuoi parlare?»
«Bella, tesoro, ascoltami… so che molto probabilmente sei sconvolta, lo sono anch’io…»
«No, ascoltami tu! Non sono incinta, e non lo sarò ancora per un bel pezzo, fidati! Come puoi credere alle voci che ha sicuramente fatto girare quella cretina di Lauren?» alzai la voce, mettendo in mezzo quella pettegola di merda perché, come avevo pensato, aveva dovuto metterci le sue zampacce da oca.
Ma mi pentii di aver urlato, perché anche Edward mi imitò, alzandosi in piedi e fronteggiandomi.
«Beh, te ne vai via dal lavoro senza avvertirmi, non rispondi alle mie chiamate e ai miei messaggi, nessuna delle persone a cui ho chiesto di te sapeva dove fossi finita… è ovvio che alla fine uno crede a quelle voci!»
Sospirai, premendomi le dita sulle tempie. «Okay, ho sbagliato, lo so, e ho sbagliato anche a non dirti nulla… ma l’ho fatto perché Rosalie mi ha chiesto di non parlarne con nessuno fino a quando non fosse stata sicura.»
Edward inarcò le sopracciglia, guardandomi in maniera che definire sospettosa era poca cosa. «Rosalie?»
«Sì, Rosalie. È lei quella incinta, non io. Le analisi che ha visto Lauren erano le sue, ma le ha spacciate per mie.»
Il suo viso cambiò rapidamente espressione, passando dal sospettoso al confuso, per poi finire nel sorpreso in men che non si dica. Tornò a sedersi sulla sedia e, passandosi di nuovo una mano tra i capelli stravolti, mi guardò. «Non sei incinta, quindi?»
Scossi la testa, avvicinandomi a lui. «No, non stai per diventare papà.» sussurrai. «Ma stai per diventare zio, invece.»
Una mezza risata uscì dalle sue labbra e, rapidamente, mi abbracciò la vita facendomi avvicinare ulteriormente a lui. Edward posò la fronte sulla mia pancia e lo sentii sospirare contro di essa. «Mi stavo abituando all’idea…»
«Davvero?» chiesi, le mie mani andarono a circondargli il viso e glielo fecero alzare.
«Aha. L’idea di avere un bambino mio… un bambino nostro, il tuo bambino, mi piaceva. Mi piace. Non vedo l’ora che accada.»
Come accadeva quasi sempre, Edward mi diede la dimostrazione che era cambiato e che era pronto a costruire qualcosa di serio ed importante insieme a me. I dubbi e le domande che avevano preso vita nella mia mente giorni prima sparirono così come erano arrivate, non lasciando nessuna traccia del loro passaggio. Mi amava, voleva un bambino da me… cos’altro potevo desiderare?
Accompagnata dalle sue mani, dolci e delicate, mi sedetti sulle sue gambe e nascosi il viso nell’incavo del suo collo, nascondendo alla sua vista le poche lacrime che le sue parole avevano fatto uscire dai miei occhi. Baciai leggermente la sua pelle, mentre con le mani stringevo la sua.
«A cosa stai pensando?» chiesi, rompendo il silenzio che si era andato a creare.
«Che dobbiamo darci da fare, se vogliamo concepire il nostro bambino prima di Pasqua.» mormorò, le labbra premute sulla mia tempia.
Risi, non poteva dire sul serio. «Edward, dai, non scherzare…»
«Chi ti dice che sto scherzando?» era impazzito tutto d’un tratto?
Sollevai la testa dal mio nascondiglio e lo guardai, impaurita e confusa. «Vuoi davvero un figlio?»
«Certo, altrimenti non ne starei parlando con te.» Edward carezzò una mia gamba e posò l’indice della mano libera sulla mia guancia, che scese fino all’angolo della bocca. «Bella, tesoro, fino a quando non mi hai fatto capire che non eri incinta io mi stavo già vedendo con un neonato tra le braccia. Mi stavo già auto convincendo che sarei stato un bravo padre, che potevo farcela se c’eri tu accanto a me… tu non lo vorresti un bambino?»
«Non pensare male, Edward, io lo voglio un bambino! Davvero, con tutta me stessa, ma non lo voglio adesso. È… è presto, e Allie è ancora così piccola. Io non me la sento.» lo avrei ferito, dicendo così, ma doveva capire il mio punto di vista. Stavamo insieme da sei mesi a malapena, e anche se ci amavamo e volevamo costruire una nuova famiglia insieme doveva riconoscere che era una mossa alquanto prematura.
Non volevo correre, e rischiare di rovinare il legame intenso che ci univa.
Edward mi accarezzò la guancia e sorrise, non sembrava deluso dalle mie parole. «Aspetteremo, allora, e quando sarà arrivato il momento giusto, regaleremo un fratellino ad Allyson.»
Sorrisi, poggiando la testa sulla sua mano. «O una sorellina.»
«O una sorellina… ma perché non entrambi?»
Sbuffai. «Non esagerare, amore, sarò io quella che dovrà darli alla luce!»
Edward si mise a ridere, preferendo non rispondermi. Era meglio così, altrimenti si sarebbe beccato uno scappellotto tra capo e collo… beh, lo avrebbe beccato ugualmente, per qualsiasi risposta sarebbe uscita dalle sue labbra.
 

***

 
Passato quel momento di tensione Edward ed io ci trasferimmo in salotto, prendendo pieno possesso del divano; non facevamo nulla di che, stavamo solo seduti vicini. La cioccolata per la nostra merenda era andata a farsi benedire: avevo completamente dimenticato il latte sul fornello, facendolo bruciare, e così ci eravamo accontentati di bere del semplice latte freddo insieme ai biscotti.
Allyson faceva la brava, stranamente, e standosene sdraiata sul tappeto disegnava. Alcune volte alzava lo sguardo per posarlo sullo schermo della tv, ancora sintonizzato sui cartoni animati, ma poi tornava a colorare tranquillamente.
Mi sembrava brutto disturbarla parlando, così me ne ero rimasta in silenzio e la osservavo, beandomi della presenza di Edward al mio fianco; lui sembrava essere della mia stessa idea, perché come me non aveva più aperto bocca per dire qualcosa.
A rompere quella specie di idillio ci pensò il mio cellulare; avevo tolto il silenzioso e così la suoneria dei messaggi risuonò per tutta la stanza. Lo presi sbuffando e andai a vedere chi era che mi disturbava, ma cambiai completamente opinione quando notai chi era il mittente: Rosalie.
 

:) grazie.
 
Solo questo c’era nel messaggio: un semplice smile e una parola. Qualcosa mi suggeriva che era andato tutto bene, e venne da sorridere anche a me di riflesso.
«Che hai da sorridere così tanto?» bisbigliò Edward al mio orecchio.
Gli mostrai lo schermo del cellulare, continuando a sorridere. «Credo che tra poco verremo sommersi di telefonate, in primis da parte di tua madre.»
«L’ha detto a Emmett, quindi?» domandò, stupito, prima di mettersi a ridere.
«Che c’è, perché ridi adesso?» mi lamentai, guardandolo male.
«Perché non ce lo vedo mio fratello nei panni di padre, davvero! È ancora un bambino lui!» rideva ancora, e sembrava non voler proprio smettere.
«Oh, piantala! Secondo me sarà un papà perfetto, migliore di te.» lo presi in giro, incrociando le braccia sopra il seno.
Questo lo fece zittire tutto d’un tratto. «Non lo pensi veramente.» borbottò, scuotendo la testa.
Non risposi, limitandomi a guardarlo e ad alzare le sopracciglia.
«No, non lo pensi sul serio. Dai, tesoro, non lo pensi eh?» continuava, speranzoso, a cercare di cavarmi qualche parola di bocca ma non ci sarebbe riuscito molto facilmente.
Alla fine, tentò l’ultima carta: il solletico. Mi fece ridere così tanto che rischiai di sentirmi male, e mi venne anche il singhiozzo. Era stronzo, alcune volte, ma proprio stronzo! Però gli volevo bene, lo amavo, e accettavo anche questo suo lato da stronzo.
«No, non lo penso davvero.» dissi alla fine, accontentandolo, dandogli anche un minuscolo bacio a stampo come premio di ‘consolazione’.
Il ‘trofeo’ lo avrebbe ricevuto più tardi, quando saremmo stati noi due da soli nella nostra camera da letto…
 
 
 
 

_________

Eccomi qui XD
Rose è incinta ed ha finalmente detto tutto a Emmett, ce l’ha fatta! È andato tutto bene, d’altronde non poteva essere diversamente XD
Si è pure rifatta viva Lauren, che si è beccata una svomitazzata sulle scarpe e si è vendicata spargendo cazzate a destra e a manca ù_ù ma le si ritorce tutto contro, come sempre! Ben le sta XD
Tra Edward e Bella è uscito fuori l’argomento bambini, normale vista la loro relazione ed il loro quasi vivere insieme, ma per adesso non se ne fa nulla. Hanno tempo per ‘lavorarci su’ XD
Bella però si sente ancora in colpa per James e per quello che è accaduto con il divorzio… lavoreremo anche su questo, not worry ;)
Bene, ho blaterato anche troppo XD me ne vado, e vi ringrazio come sempre per essere così presenti e per seguire questa pazza storia XD a presto, fanciulle ^_^

   
 
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