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Autore: fewde    28/09/2013    3 recensioni
Un furto al ministero. Un solo oggetto rubato. Harry Potter è di nuovo coinvolto.
Come può questo aver a che vedere con la nostra piccola Katherine, che proveniente da un'anonima famiglia babbana è appena entrata a far parte del mondo magico? Lo scoprirete solo leggendo!
Storia sospesa.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Warwick Avenue all’ora di pranzo era deserta. Il numero 51 fuori dalla porta di casa McKinnon era rovinato, i mattoncini giallognoli e pieni di muffa. L’entrata della villetta era segnata da un archetto di marmo a tutto sesto, sormontato da una piccola apertura. A destra il palazzo sporgeva, con un volume semicilindrico arricchito da due grandi finestre, una per piano.
Da quella del piano terra, una tenda di seta bianca ricamata era semiaperta: all’interno si intravedeva un’anonima e giovanile chioma rossa che si portava furiosamente la forchetta alla bocca, senza mai fermarsi. Di fronte, un uomo alto e magro con pochi capelli in testa e un naso molto grande, mangiava, più composto della figlia, mentre raccontava alla moglie della nuova insegna che aveva comprato per il loro ufficio di pubblicità. La donna invece, senza ascoltarlo troppo attentamente, ripassava mentalmente tutto ciò che avrebbe dovuto fare nel pomeriggio.
Dal fondo della tavola un bambino magrissimo con un sorriso furbo in faccia, si faceva i fatti suoi, senza prestare molte attenzioni alla fetta di carne che avrebbe dovuto mangiare.
Kate, che aveva finito la sua, alzò per la prima volta gli occhi dal piatto: il suo sguardo si spostava rapido per la stanza. Spesso tornava a fissare un mobiletto basso, pieno di cassetti, non troppo distante dal tavolo, dove stava ancora aperta, da quella mattina, una lettera di pergamena giallastra. Il sigillo di ceralacca color porpora era stato tolto, e lo stemma araldico composto da un leone, un corvo, un serpente e un tasso, tutti intorno ad una grande ‘H’ non era ora visibile. Sulla pergamena, scritto con inchiostro verde smeraldo, si leggeva:
 

 
SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttrice: Minerva McGranitt
 
Cara signorina McKinnon,
siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Allegato troverà l’elenco di tutti i libri di testo e le attrezzature necessarie e una lettera con maggiori spiegazioni.
 I corsi avranno inizio il 1° Settembre. Restiamo in attesa della sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 Luglio.
 
                Tanti saluti
         Filius Vitius
  Vicedirettore
 
 
 
«Lavo i piatti velocemente e fra meno di una mezz’oretta partiamo, non ti preoccupare.» disse la madre notando la sua impazienza.
Kate sorrise, si pulì la bocca sporca di olio, e andò a prendere la sua lettera.
Lei una strega. Proprio lei.
Ora capiva che forse quella volta, quando aveva chiesto alla madre di farle tagliare i capelli, questa le aveva detto di no e la mattina  dopo si era svegliata esattamente come li voleva, non era perché la donna, pentita, glieli aveva tagliati la notte. Che forse il suo televisore non era rotto, che ogni tanto cambiava di canale, pur centrando comunque sempre programmi interessanti. Che forse non era stato nessuno ad appendere una sua compagna di scuola a testa in giù dopo che quella aveva rubato a Kate il suo gioco preferito.
La ragazzina si riscosse dai suoi pensieri, gli stessi che aveva già fatto decine di volte da quando quella lettera era arrivata a casa sua, e si sedette sul divano ad aspettare impazientemente sua madre.
 
 
 
La stessa chioma rossa che due ore prima rubava con ferocia animale la carne ad un povero piatto di ceramica, stava ora davanti ad un piccolo pub dall’aspetto lurido: Il Paiolo Magico. L’impressione che dava l’esterno era pienamente confermata: Il paiolo magico risultava un posto oscuro e dimesso. Il vecchio barman guardava con sguardo un po’ preoccupato un signore piuttosto sconvolto che sedeva al bancone. Accanto all’uomo una ragazza con i capelli foltissimi e neri come l’ebano cercava di capire come stesse il padre. Più in là un omone alto almeno due metri e mezzo con una barba aggrovigliata e indosso un pesante pastrano nero si era appena seduto su uno sgabello di legno tremolante.
«Hagrid! Ciao!» gli fece una donna con i capelli bruni.
«No! Non ci credo – fece quello allargando le braccia – Amber Eliot, la piccola Amber Eliot! Come stai?»
«Bene!» rispose quella mettendosi sulle punte per baciare il barbone dell’uomo, che metteva Kate un po’ in soggezione.
L’omone sorrise. «Avalon e Agatha? Adoravo quelle due ragazze. Mi ci aiutavano sempre con le piante nella foresta… ah, bei tempi quelli…».
Kate seguì la madre che si avvicinava al barman per chiedere informazioni, ma quello la anticipò. «Diagon Alley?». La madre annuì.
«Ora vi accompagno. Rosie, servi il signore… Albert ciao! Sono subito da te…» continuò l’uomo calvo prima di dirigersi verso una porta che conduceva nel cortile e terminava con un muro di mattoncini.
«Da quando c’è Vitius tutti a chiedere indicazioni a me… ma solo la McGranitt era capace a scriverle sulla lettera e farle capire? Bah…» brontolò.
«Per entrare a Diagon Alley – disse poi– basta toccare questo mattone qui.», e ne colpì, con la bacchetta magica, uno un po’ più scavato e malmesso degli altri. Quello vibrò, e pian piano tutti lo imitarono. Si creò un buco, e tutti i mattoni si spostarono fino a farlo diventare un arco sotto il quale era possibile passare.
«Ecco a voi.» disse il barista.
Lo stupore fu tale da lasciarle impietrite: una strada tutte curve piene di gente si era appena aperta davanti a loro. Il barman le spinse in avanti e salutandole se ne tornò alla locanda.
Kate fece qualche passo avanti e si trovò nel bel mezzo di una folla di persone vestite con lunghe mantelle colorate. Da un negozio lì vicino uscivano strani rumori, così la ragazza vi si avvicinò e lesse: Emporio del Gufo: gufi selvatici, barbagianni, gufi da granaio, gufi bruni e civette.
«Mamma, mamma, guarda!» le gridò tirandola per la giacca.
Quella le sorrise e le accarezzo la testa. «Ora andiamo in banca a cambiare i soldi!»
Si incamminarono per la stradina affollata e poco dopo i due piccoli occhi neri che non volevano perdersi nulla di ciò che avevano intorno, si soffermarono sull’edificio di marmo bianco che svettava indisturbato sulle altre botteghe: la Gringott.
Sotto all’ampio portale, segnato da un arco bronzeo, stava ritta in piedi una figura bassissima. Aveva il viso giallastro e unghie delle mani e dei piedi lunghissime.
La madre, dopo un attimo di stupore si avvicino, mentre Kate cercava di trattenere tutte le battute che le erano venute in mente sullo strano aspetto di quell’essere.
Quello si inchinò al loro arrivo e Kate scoppiò a ridere. «Cosa sei?»
Per tutta risposta si ritirò su con un’aria di superiorità e con uno sguardo schifato.
«Benvenuti alla Gringott, la banca dei Folletti.» disse poi con voce stridula.
La ragazza sbuffò e si diresse verso un secondo portone d’argento, su cui erano incise le seguenti parole:
 
Straniero, entra, ma tieni in gran conto
Quel che ti aspetta se sarai ingordo
Perché chi prende ma non guadagna
Pagherà con la magagna
Quindi se cerchi nel sotterraneo
Un tesoro che ti è estraneo
Ladro avvisato mezzo salvato:
Più del tesoro non va cercato.
 
«Oh, che paura che ho!» ironizzò dopo aver letto l’avvertimento ad alta voce.
«Io ne avrei, se volessi rubare alla Gringott.»
Un uomo con neri capelli arruffati li affiancò sul portale d’argento. «Te lo dico per esperienza personale.» aggiunse poi con un sorriso complice.
Kate lo squadrò: gli occhi verdi brillavano di furbizia.
Continuò a tenerlo d’occhio mentre seguiva la madre dalla parte opposta della sala.
«Devo fare un prelievo.» disse l’uomo ad un folletto seduto su un alto sgabello.
«Avete la chiave, signore?» chiese quello con la stessa voce stridula del portiere. «Ah, e dovrò chiederle anche la bacchetta… sa, dopo quello che è successo…»
«Certamente.» rispose quello consegnando al folletto la propria bacchetta e una piccola chiave d’oro.
«Agrifoglio e piume di fenice, undici pollici, flessibile. Bene, possiamo andare.»
In quel momento la madre scosse Kate dallo stato di trance in cui era caduta. «Ho cambiato i soldi, ora che abbiamo quelli dei maghi possiamo andare a comprare l’occorrente per la scuola.»
«Sì!» disse radiosa Kate seguendola mentre usciva dall’enorme sala piena zeppa di folletti.
Girando senza una vera e propria meta per le affollate strade di Diagon Alley Kate fu attratta da una vetrina piena di luci, dove strani oggetti esplodevano, lampeggiavano o si muovevano velocemente come impazziti. Sopra al negozio, su di un insegna luminosa, sicuramente migliore di quella che il padre di Kate aveva appena cambiato nel suo studio pubblicitario, era scritto Tiri Vispi Weasley.
Si fiondò nel negozio prima che la madre potesse fermarla e iniziò a perlustrarlo da cima a fondo.
Era pieno di strani oggetti e esseri che non aveva mai visto, come le Orecchie Oblunghe, delle vere e proprie orecchie giganti dalle quali si diramava un filo di carne che permetteva di origliare qualunque discorso, oppure come le Puffole Pigmee, piccole palle di pelo rosa che emettevano urletti acuti.
Kate cercava di muoversi nel negozio stracolmo di gente e pieno di oggetti che volavano pericolosamente a pochi centimetri dalle teste dei clienti.
Vide una sezione dedicata ai dolci e prese una buona dose di Torrone Sanguinolento e Merendine Marinare. Comprò della Polvere Buiopesto Peruviana “ottima per una fuga rapida”, come stava scritto sulla confezione e avrebbe comprato anche i Sognisvegli Brevettati, se non fosse stata obbligata a lasciarli perché troppo piccola.
In un angolo la ragazza notò una tenda, la scansò ed entrò in una area del negozio completamente deserta.
Kate vide alla sua destra, su uno scaffale dei Mantelli Scudo, che pensava le potessero essere utili. Mentre ne esaminava uno si accorse di non essere sola. Sentì una porta non molto lontano sbattere e riconobbe nitidamente la voce dell’uomo che aveva incontrato poco prima in banca. Non era più gioviale come prima,  era preoccupata.
«Kingsley mi ha chiesto di riprenderlo dalla Gringott e di portarlo con me. Vogliono anche che ci vada a lavoro!»
« Su Harry, anche se fosse? Anche se ti trovasse? Pensi che non saresti in grado di tenerlo a bada?» rispose un’altra voce con più leggerezza e tranquillità.
«George, lo sai che non hanno la minima idea…»
«…di chi ci sia dietro» concluse la frase l’altro. «Lo so Harry, ma secondo me il ministero si sta preoccupando troppo. Non è detto che abbia cattive intenzioni!»
«Chiunque l’abbia mai presa aveva cattive intenzioni, George!» ribatté l’altro in un sussurro.
«Silente non aveva cattive intenzioni.» disse duro l’altro.
«Ma…» cercò di ribattere Harry.
«Non parliamone qui, non ora.»
Kate si accorse che il secondo uomo, che se non aveva capito male si chiamava George, si stava avvicinando al suo corridoio. In un attimo si girò verso il Mantello Scudo che aveva davanti e riprese a far finta di esaminarlo, appena un secondo prima che quello arrivasse.
« Tranquilla, non ti servirà quello ad Hogwarts.»
La ragazza lo guardò e capì dall’uniforme che era il proprietario. Abbozzò un sorriso, ripose il Mantello sul ripiano e uscì di fretta dalla sezione vuota, tornando in mezzo alla folla della stanza principale del negozio.
«Kate!» si sentì chiamare.
Sua madre teneva la mano alzata in mezzo alla gente che spingeva e si dibatteva e cercava di arrivare alla figlia.
«Dove diamine eri finita? Sono entrata nel negozio subito dopo di te e già eri scomparsa!» le urlò.
«Ero qui dietro» disse Kate indicando la tenda dalla quale era appena uscita «c’è un’altra parte di negozio. Andiamo a pagare?»
La madre strabuzzò un attimo gli occhi per l’infinità di cose che la figlia teneva in braccio, poi però le sorrise. «Andiamo.»
 
Camminando per la via principale di Diagon Alley Kate non poté fare a meno di fermarsi nuovamente davanti all’Emporio del Gufo: aveva notato in alto sulla destra, dentro una gabbietta argentata, una civetta bianchissima, con solo delle leggere sfumature rossastre sul petto, che non facevano altro che renderla più elegante, riprendendo il colore intenso degli occhi.
La ragazza la ammirò da lontano, ma non osò mostrarsi troppo interessata davanti alla madre: la civetta, se i suoi calcoli erano esatti, sarebbe costata più di tutti i libri, la bacchetta e il resto dell’occorrente scolastico, così alla fine si accontentò di farsi comprare un gelato enorme da Florian Fortebraccio per il prezzo di 4 falci. Lo divorò con la stessa voracità della carne del pranzo, poi, insieme alla madre, si misero alla ricerca di un negozio che vendeva bacchette.
Ad un certo punto sulla strada videro un gruppo di ragazzini spiaccicati addosso alla vetrina di una piccola bottega. «Può andare da 0 a 250 km/h in appena 9 secondi!» ululò eccitata una ragazzina in prima fila, aggrappandosi al mantello nero del padre.
Kate cercò di alzarsi sulle punte per vedere cosa tutti quanti stessero guardando e riuscì a vedere quello che le sembrava non più che un manico di scopa molto lussuoso. Non rimase troppo affascinata e mentre si allontanava dalla folla sentì parlare una ragazza che la pensava più o meno come lei: «Non capisco perché siano tanto entusiasti…» diceva.
Kate raggiunse la madre e si rincamminarono, fino a trovare finalmente il negozio desiderato.
L’aspetto non era sicuramente dei migliori, l’insegna era spezzata a metà e, mancante di un pezzo, pendeva pericolosamente sopra alla porta.
«Ciao.» disse senza troppi complimenti Kate.
«Buonasera.» rispose un vecchio da dietro il bancone.
«’sera.» disse infine la madre.
«Come si chiama, signorina?»
«Katherine McKinnon» rispose lei.
«McKinnon? Di quei McKinnon?»
«Quali McKinnon?» chiese sorpresa Kate.
«I McKinnon erano una coppia di maghi, tra i migliori della loro epoca, purtroppo furono uccisi dal Signore Oscuro anni orsono.» disse cupamente il proprietario.
«Io…» disse titubante Kate, abbastanza interessata, «io non lo so. I miei genitori non sono maghi.»
«Ah, sarà solo una coincidenza.» concluse l’uomo; ma continuò a fissare la ragazza con quei suoi occhi enormi per almeno altri trenta secondi fino a che le disse: «So cosa ci vuole per lei.»
Il vecchio non andò, come Kate avrebbe pensato, a prendere una delle migliaia di scatolette in bilico sugli scaffali, ma li oltrepasso tutti ed entrò nel retrobottega.
Poco dopo torno con una bacchetta in mano. «Mi spiace di non avere la scatola, ma se le mie ipotesi non sono errate, lei e questa bacchetta andrete lontano insieme!»
Kate non capiva se le stesse simpatico quel vecchietto, ma di sicuro aveva qualcosa che le faceva paura. Appoggiò la bacchetta sul bancone e invitò Kate a prenderla. Neanche il tempo di stringerla degnamente in mano che quella si illuminò e ne uscì un piccolo turbine d’aria che le fece svolazzare i fantastici capelli rossi.
Al vecchio trasparì uno strano sorriso di soddisfazione sul volto e si sfregò le mani. «E’ lei, è lei!»
«Brava!» esclamò la madre da dietro, ma Kate in realtà non aveva fatto un bel niente.
«Sicomoro e piuma di fenice, dieci pollici e tre quarti, sorprendentemente sibilante. Sapevo che un giorno sarebbe servita.»
Kate lo guardò strano, ma non fece domande, e dopo aver pagato se ne uscì con la madre dal negozio.
Era ormai quasi sera e le ombre si allungavano sulla tortuosa Diagon Alley. La folla si diradava sempre di più, finché un’ora più tardi, quando finalmente ebbero finito con gli acquisti, nella via non si incrociava che una persona ogni tanto.
 
 



 
 
Vorrei ringraziare Giulia Cocuccio, Elisabetta Perrotta, Laura Plebani, Marta Rota,
Cecilia Prati, Antonietta Lucci, Sabrina Alberti e Ludovica D'Ambrosio che mi hanno
aiutato, dando una fisionomia e un carattere ben definito ai personaggi principali della storia.
  
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