Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: anaibes    29/09/2013    1 recensioni
E cosa ne pensaste voi se di botto moriste? Cosa vi attende dopo? Solo andando avanti lo scoprirete...
Ps. La mia idea iniziale è quella di scrivere tanti capitoli, quindi perchè vi piaccia leggete almeno i primi due :D Sono bene accette le critiche e i consigli! :D Grazie a tutti!
Genere: Fantasy, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Lily! Svegliati che è tardi!-.
La voce della mamma ruppe il silenzio della mia nuova cameretta.
 -Ancora un attimo ti prego...- dissi tirandomi il cuscino sulla testa con una leggera nota di rabbia nella voce.
Non avevo dormito granché, per tutta la notte lunghi incubi che non finivano mai avevano popolato la mia mente.
Ancora in dormiveglia sentii un rumore di passi sulle scale e poi un Bang! e la maniglia della mia porta scricchiolò. Un suono secco che mi spaventò.
Scattai a sedere ritta sul letto e vidi con gli occhi ancora appannati la mamma alla porta con le mani sui fianchi. -Mamma! Mi hai fatto prendere un colpo!- dissi un po’ spaventata.
- Lily mi avevi giurato che mi avresti aiutata oggi a sistemare la casa. Lo sai che da sola non posso, tra il lavoro e tutto non ho il tempo di un respiro!-.
- Uffa! Proprio oggi che non ho voglia… e vabbè! Lo faccio solo perché ti voglio bene!-. Mi misi le ciabatte, mi cambiai e quando fui pronta andai fare colazione.
La casa era un macello. Non sapevo dove trovare nulla, così mi accontentai di addentare una ciambellina del giorno prima.
Non avevo voglia di fare nulla, tantomeno pulire una casa che non mi piaceva affatto.
Vidi mia madre tutta intenta a passare lo straccio per terra, col viso stanco e l’espressione concentrata.
-Ah, bene lo zombie si è risvegliato- disse mia madre ridendo non appena mi vide.
-Aaaargh! Ti mangerò!- feci io di rimando alzando le braccia in una buffa imitazione di uno zombie.
-Ma come siamo di buon umore oggi, a cosa devo l’onore?- disse mia madre in tono scherzoso.
-Mmm… non saprei, a dire il vero fino a cinque minuti fa non avevo voglia di fare niente! Lo sai che non mi sono ancora abituata a questa casa, però oggi viene la nonna, quindi… beh, sai la nonna è la nonna- dissi io.
Mi sbucò un sorriso spontaneo sul volto, mia madre se ne accorse e mi disse -Sei proprio una ruffiana!- sorridendo a sua volta. Mi si avvicinò e mi arruffò ancora di più i capelli già scompigliati.
Feci spallucce e andai a vedere cosa c’era da sistemare. O per meglio dire, da dove avrei dovuto iniziare. In pratica c’era tutto da sistemare!
 
La verità è che quella casa proprio non mi piaceva! Mi faceva venire i brividi.
Angoscia. Era questa la sensazione che provavo in quella casa. Un’angoscia primordiale, di quelle che ti prende allo stomaco e non sai spiegarti perché. Non capivo bene cosa fosse a scatenare questa sensazione in me, mi trovavo in una splendida casa vittoriana di fine ‘800 in un ottimo quartiere di una graziosa città, ma non ero tranquilla.
 Mia madre aveva detto “con il tempo ti abituerai”, ma io mi sentivo come se fossi confinata dentro un’immensa , gigante casa delle bambole, con tanto di mobili d’epoca e meravigliosa tappezzeria. Oramai erano quasi due mesi che avevamo lasciato Washington per venire ad abitare ad Exeter, in Inghilterra, ma sapevo che c’era qualcosa in quel posto che non andava. E presto ne avrei avuto la certezza.
 
-Hai visto? Con le buone maniere si sistema tutto!- disse mia madre con un sorriso a trentadue denti sul volto.
Le sorrisi e la vidi raggiante nel suo abitino colorato tutto pieno di volantini che svolazzavano ad ogni suo gesto.
Ormai avevamo quasi finito di spacchettare tutto e la casa cominciava ad avere un aspetto più familiare e in un qual modo più accogliente.
Non sembrava quasi più la casa dove mi ero ritrovata ad abitare circa due mesi prima.
 
La serata trascorse velocemente tra un “Ma quanto sei cresciuta!” e un “Somigli ogni giorno di più a tua madre”. Era così ogni volta che veniva la nonna. Tante risate, tanti abbracci e il tempo volò via in un battibaleno, e di colpo ci ritrovammo di nuovo da sole in quell’enorme casa.
Ora l’odore di chiuso era sparito, le finestre, i mobili e tutto il resto erano puliti e luccicanti, e il sole sbucava timido dietro le tende del salone.
Dopotutto non era una casa così terribile. Forse avrei potuto anche abituarmi, ma il mio pensiero ora era altrove.
Pensavo alla scuola, ai miei amici e alla mia dolce, piccola casa circondata dagli alberi nel Massachusetts.
Mi mancava tutto così tanto. Avrei avuto voglia di addormentarmi, chiudere gli occhi e come per incanto risvegliarmi di nuovo nel mio caldo lettuccio in quella che era stata da sempre casa mia e riscoprire che non era altro  che un brutto sogno. Un semplice, orribile brutto sogno. Ma purtroppo non era così e lo sapevo bene, avrei dovuto iniziare una nuova vita in una casa nuova, in una città a me sconosciuta, in una scuola a me totalmente estranea. Mi sentivo sola, spaesata.
L’unica persona dove potevo rifugiarmi nei momenti di sconforto era la mia amorevole mamma. Mia madre era una delle donne più straordinarie che io conoscessi. Era bella, un po’ in carne ma dolcissima. Era una donna di successo, a soli 21 anni si era ritrovata ad essere una ragazza-madre all’ultimo anno di università. Vi starete chiedendo il suo nome suppongo, bè lei è mia super mamma Jane!
E mio padre?
 Ehm.. io non ho mai avuto un padre, e visto la sua reazione appena seppe di me, forse è meglio così. Non mi voleva, non mi avrebbe mai amata. Lui, un certo Daniel Twain, colui che avrebbe dovuto essermi vicino durante la mia infanzia era scappato a gambe levate non appena mia madre gli aveva confessato di essere incinta. Ma nonostante ciò mia madre non si era scoraggiata e grazie ai miei affettuosi nonni, Luigi e Cassandra, e alla sua buona volontà si era laureata in legge con il massimo dei voti  con l’obbiettivo di darmi un futuro sicuro, lontano dalla tristezza e dalla fame.
 Io d’altro canto non ero certo una figlia perfetta, ma facevo di tutto per esser tale. Volevo che mia madre fosse fiera di me!
-Lily, sei così carina.-
-Suvvia mamma, lo dici solo perché sono tua figlia! Tutte le mamme vedono i loro figli belli- dissi ridendo di gusto.
-Si ma non tutte le mamme hanno la fortuna di avere te come figlia!-, mi fece l’occhiolino e con un bacio sulla fronte andò in cucina a preparare la colazione.
Un buon odore mi fece ricordare che non avevo ancora mangiato e l’acquolina si fece sentire.
Scesi in cucina con l’intento di fare colazione, ma al solo pensiero che sarei dovuta andare a scuola mi si chiuse lo stomaco e persi l’appetito, così corsi in fretta e furia in cameretta. Sciolsi i capelli e mi guardai allo specchio.
-Non ti preoccupare, andrà tutto bene. Sei uno schianto!- mi dissi allo specchio con voce ferma e convinta. Poi ripensai a quanto fosse risultata stupida la scena per chiunque altro mi avesse visto giusto un attimo prima e mi misi a ridere da sola come una matta e caddi all’indietro sul letto e mi misi a fissare il soffitto.
Io mi consideravo un tantino anormale, ma non tantissimo, quel tanto che serviva appena a rendermi diversa dagli altri.
Non amavo agghindarmi come tutte le mie amiche facevano anche per andare a scuola, per me una felpa larga e un paio di jeans erano più che perfetti. Adoravo andare a scuola e avevo un mucchio di amici sulla quale io potevo contare in ogni momento.
L’unica cosa che mi mancava era un fidanzato, ma ad esser sinceri non c’avevo pensato quasi mai né lo volevo.
I ragazzi per me non servivano a niente.
Non facevano altro che andare dietro alle cosiddette “ochette tutte forme e niente cervello” e quando si trovavano davanti una ragazza con un po’ di sale in zucca non facevano altro che prenderla in giro.
Il momento così poco atteso arrivò subito. Erano già le 8:30 e mi ritrovai davanti scuola con la bocca aperta, quasi volessi dire un grande “Ohhh!” con tanto di espressione stupita.
Non avevo mai visto una scuola così, era praticamente immensa e in un certo senso il solo guardarla mi dava le vertigini. Si intuiva subito che quella scuola era molto vecchia.
Bellissima ma antica.
 Non so bene a quale stile appartenesse però dava un certo effetto. Aveva aule immense e numerosi laboratori per materie che io non avevo nemmeno mai studiato.
La paura di conoscere nuove persone mi paralizzava un po’ le gambe.
Avevo le mani sudaticce e la lingua come arrotolata in bocca. Non riuscivo a pensare la reazione che avrebbero avuto in classe i miei nuovi compagni non appena mi avrebbero vista. Speriamo bene, pensai.
Bè… era arrivato il momento di farsi coraggio ed entrare.
Entrai.
Non era come me l’aspettavo, la classe della prima ora era un po’ diversa da quelle che avevo visto prima.
Era più piccola delle altre. Le pareti bianche un po’ scritte sembravano quasi raccontare i giorni di scuola che già erano trascorsi  quasi fossero una sorta di diario di bordo.
I miei compagni erano dei tipi qualunque, niente di particolare. Mi sedetti nel primo posto libero che trovai e presi subito l’orario per vedere che professore avrei conosciuto di li a breve.
Storia, la materia che da sempre odiavo. Si, lo so è importante studiare ciò che è già successo visto che, come si dice “La storia si ripete”, ma io proprio non la sopportavo. Tutte quelle date, quelle guerre mi sembravano inutili. Una perdita di tempo prezioso che avrei potuto impiegare per fare qualcosa di più costruttivo, come non so, imparare a cucinare per esempio e invece eccomi qui a studiare la prima guerra mondiale. Che noia. E vabbè passerà presto un’ora.
-Ciao, io mi chiamo Margareth Johnson. Tu devi essere nuova suppongo- disse una ragazza pienotta dall’espressione affabile tendendomi una mano.
-Si, mi chiamo Lily. Piacere!- risposi con la voce roca. Mi schiarii la voce e la ragazza si sedette vicino a me.
 Passarono appena due minuti dal suono della campanella che il professore entrò. Sembrava quasi che si fosse nascosto sotto la cattedra, tanto era stato rapido ad entrare. Fece l’appello e mi chiamò.
-Lilian Andrews-.
- Presente-, mi affrettai a dire.
 - Buongiorno signorina Andrews- mi salutò educatamente il prof.
- Se la sente di presentarsi alla classe? Suvvia, non si vergogni,  venga qui e ci parli di lei! - e con un sorriso il prof finì la frase, facendomi cenno di avvicinarmi.
Andai alla cattedra con le gambe rigide che mi bloccavano i passi e cercando di mantenere una voce il più possibile ferma, mi presentai.
- Buongiorno, mi chiamo Lilian Andrews ma tutti mi chiamano Lily da quando avevo… bè per quanto io ricordi praticamente da sempre. Vengo dal Massachusetts e ho diciassette anni. Mi sono trasferita da due mesi  qui insieme a mia madre per motivi di lavoro e sono figlia unica. E con questo direi che ho già detto tutto- dissi tutto così velocemente che quasi mi mancava il fiato alla fine. Il professore fu gentile, mi disse soltanto - Bene, se è così le diamo il nostro benvenuto. Si può accomodare, grazie- e così mi evitò l’imbarazzo di stare li alzata davanti a tutti.
Wow, per i miei standard era andata più che bene, direi quasi alla grande.
 Non me lo sarei mai aspettata.
 La lingua si era srotolata da sola e non si era incespicata neanche una volta. Meglio così.
Sarebbe stato davvero terribile altrimenti. Mi avrebbero subito etichettata Lily l’imbranata. Così con un sospiro di sollievo andai verso il mio posto e mi sedetti senza guardare l’espressione dei miei compagni mentre passavo. L’ora passò svelta e così anche quelle a seguire.
La giornata trascorse velocemente tra una lezione e un’altra, fino a quando non suonò la campanella che annunciava che finalmente ero libera di tornare a casa a rilassarmi un po’.
 Tornata a casa lasciai lo zaino sul pavimento e cercai mia madre.
-Mamma? Sono a casa! Dove sei?- dissi in attesa di trovarla. Dannata casa gigantesca!
-Sono qui amore mio!- mi rispose lei con la voce un po’ affaticata.
La voce proveniva dalla cucina, quindi mi diressi li e la trovai tutta intenta a cucinare, con i capelli fuori posto, legati con una pinzetta gialla e  con addosso un grembiule tutto sporco di sugo e un cucchiaio di legno nella mano destra.
Mi avvicinai e la bacia sulla guancia come di mia abitudine fin da bambina.
-Cosa stai preparando di buono? C’è un profumino che mi sta facendo venire una fame da lupi!- dissi, e mi accorsi della gran fame che mi era venuta dopo una giornata così impegnativa per me.
-Indovina! Sto facendo il tuo piatto preferito!- disse lei felice.
-Ma dai, non dirmi che hai preparato la pasta al sugo! Oh mamma, quanto ti voglio bene!- dissi abbracciandola fortissimo.
Lei sorrise compiaciuta e mi disse di prepararmi per pranzare che era quasi pronto.
Questa si che era una bella sorpresa.
I miei nonni avevano origini Italiane e mia madre adorava tutto quello che riguardava l’Italia, tanto che aveva seguito anche un corso di cucina per imparare i piatti tipici delle varie regioni.
Menomale che i miei nonni non erano originari di posti esotici dove il piatto più prelibato consiste in code di topo e cavallette, altrimenti chissà cosa mi sarebbe toccato mangiare! E invece per fortuna, dopo il mio primo giorno di scuola eccomi servito un buon piatto di pasta!
Aveva un odore così invitante che lo stomaco brontolava.
Era proprio ciò che ci voleva. Forse magari l’indomani mi sarei messa di nuovo un po’ a dieta, ma al sugo che fa mia madre proprio non so resistere!
Mangiata la pasta decisi di correre a fare i compiti, così “tolto il dente tolto il dolore!” perché anche se non sono una secchiona, mi piace avere il pomeriggio libero il più possibile, senza la preoccupazione di dover ancora finire i compiti per il giorno dopo. 
Mia madre era un po’ preoccupata e prima che io potessi scappare mi fermò e mi chiese guardandomi negli occhi con sguardo indagatore -Amore di mamma, com’è andata oggi a scuola? Ti sei trovata bene? Non mi hai raccontato nulla!-.
-E’ andata alla grande, non preoccuparti! Sei sempre la solita! Ti preoccupi per niente- la presi un po’ in giro e poi continuai - Sai ho conosciuto anche una ragazza molto simpatica di nome Margareth e penso che qualche giorno di questi ci vedremo di pomeriggio- e dopo un altro bel bacione sulla guancia e un sorriso lei si rasserenò e io corsi in camera mia a bearmi del silenzio e trovare la voglia di iniziare i compiti.
 Finito di studiare sistemai un po’ delle mie cose che erano rimaste negli scatoloni e prima che me ne accorgessi si era fatta sera.
 Dopo una giornata così ero sfinita, troppe emozioni per un giorno solo.
Saltai la cena  e andai a letto presto. Mi addormentai in un batter d’occhio e dormii profondamente.
I giorni passarono in fretta, così anche le settimane e in men che non si dica erano passati già due mesi da quel primo giorno.
A scuola avevo conosciuto parecchie persone, un po’ interessanti, un po’ meno, ma tutte gentili nei miei confronti.
Maggie mi aveva presentato alcune sue amiche e ogni tanto uscivamo insieme e andavamo al pub vicino casa mia.
Era un posto delizioso, più che un pub mi ricordava la casetta di marzapane di Hansel e Gretel.
Era piena di cioccolata, dolci e pasticcini vari; alle pareti c’erano fotografie che ritraevano il locale nei vari anni e dal tetto pendevano una serie di campanellini scaccia-spiriti di tutte le forme e di tutti i colori che a me piacevano da matti.
Erano stupendi, ogni volta che si apriva la porta si sentiva il loro suono e questo ad  alcuni clienti dava ai nervi, ma a me e alle mie amiche ci divertiva, anzi, ci faceva proprio ridere vedere la reazione degli altri non appena entrava qualcuno. 
Mi trovavo davvero bene con Maggie e grazie a lei avevo conosciuto un’altra ragazza fantastica Alexis. Non erano le solite ragazze attente al trucco e basta, loro erano un po’ come me e cosa più importante non mi giudicavano per come mi vestivo, mi accettavano così com’ero e questo mi rendeva felice.  Grazie a loro pian piano mi stavo abituando a questa nuova città e un po’ cominciavo a sentirmi a casa. L’unica cosa che paradossalmente non mi piaceva era casa mia, era una bella casa e non mi mancava niente davvero, ma mi dava sempre uno strano senso di disagio, come se non fosse il mio posto, come se non dovessi stare li. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: anaibes