Le spirali di vento danzavano prima veloci poi più
lente e incerte. Arrabbiate e malinconiche, leggere e giocose trasportate dalle
note di un pianoforte invisibile i cui tasti erano
sfiorati solo dalle dita affusolate e trasparenti di Eolo.
Alla loro danza si univano miriadi di granelli di
sabbia che come fatine lasciavano che i loro passi fossero disegnati solo dalla
melodia della brezza che le trasportava in alto tutte insieme
poi le divideva facendole roteare più veloci, più fugaci verso le strade del villaggio
dove nuovi mulinelli di simili fatine si formavano e attendevano di volare a
loro volta.
Il tramonto era già iniziato e la calura iniziava finalmente a dare un po’ di tregua alla terra arsa.
Gli ultimi raggi morenti abbandonavano le abitazioni strisciando lenti verso la
loro fine sulla sabbia dell’infinito deserto che si estendeva al di la delle mura del villaggio.
Stava finendo un altro giorno e già le prime stelle
facevano capolino nel manto cobalto indossato dalla sera brillando e tremando
perché la notte è gelida e terribile nel deserto.
Dall’alto di una finestra illuminata due occhi verdi
e immensi si perdevano oltre i confini delle dune ma senza soffermarsi su
qualcosa di particolare. Nulla dello spettacolo della natura sfiorava il loro
interesse; nemmeno le orecchie, fin troppo avvezze all’ululato del vento,
udivano il pianoforte suonato da Eolo.
Un sospiro ansioso tagliò l’atmosfera della stanza e
lo sguardo prese a spostarsi
fin dove poteva ai due lati estremi dello spicchio di deserto che
si affacciava da quella finestra. Non si vedeva nulla e ormai anche l’ultimo
raggio aveva ceduto il posto alla notte. La luna però
non era ancora sorta.
Un altro respiro, più corto e affannoso, e Gaara si spostò definitivamente dalla sua postazione per
andare a sedersi dietro alla vecchia scrivania. Era stanco e non vedeva l’ora
di tornarsene a casa per fare una doccia e coricarsi. Sentiva odore di sudore
salire da quegli scomodi vestiti troppo lunghi e troppo pesanti per il clima
del deserto ma che era costretto a portare in qualità di
Kazekage.
Li odiava e in più di un’occasione aveva pensato di
abbandonarli per un abbigliamento meno formale ma sicuramente più comodo e
leggero. Ma ogni volta il suo senso del dovere lo
faceva cambiare idea inculcandogli in testa che essendo Kazekage
doveva anche vestirsi come tale.
Più semplicemente non gli andava di dover ascoltare
le lamentele dei vecchi.
Gaara abbassò lo sguardo sui documenti sparsi sul tavolo
cercando di concentrarsi sulla lettura di essi. Erano
tutte missioni di vari livelli che avrebbe dovuto firmare e distribuire il
giorno seguente affinché venissero portate a termine.
Prese la penna e cominciò a scrivere ma dopo qualche
minuto passato a scartabellare si accorse che un grosso mal di testa cominciava
a farsi strada. Era meglio lasciar perdere tutto e
chiudere gli occhi per qualche istante.
Gaara non trovò di alcun
sollievo quell’ operazione di rilassamento poiché si
ritrovò a pensare al motivo per il quale non era ancora andato a casa. Così
dovette riaprire gli occhi e alzarsi dalla sedia per tornare alla finestra;
ormai era buio e il vento si era intensificato.
Non riusciva più a distinguere la linea di confine
tra deserto e cielo e questo gli destò nuovamente
l’ansia e la preoccupazione. Il vetro lo beffeggiava frapponendo al suo sguardo
il riflesso della stanza troppo illuminata: Gaara
irritato fu costretto a staccarsi dal suo ruolo di vedetta per andare a
chiudere la luce e cercare di distinguere meglio le sagome che potevano
comparire all’esterno.
-
ma dove
diavolo…?!-
Gaara cominciava a spazientirsi dondolandosi da un piede
all’altro senza trovare sollievo
-
ma dove
diavolo…?!- continuava invece a pensare mentre gli occhi
cominciavano a bruciargli per l’intensità con il quale si ostinava a guardare
dalla finestra.
Avrebbe aspettato solo qualche altro istante in più
dopo di che sarebbe corso lui stesso all’esterno per mettere fine alla sua
agonia.
-ma dove
sei!? Ma dove sei!?...- Gaara impazziva di
preoccupazione sempre più velocemente finchè decise
che non avrebbe atteso un secondo di più e sarebbe partito lui stesso per
cercarla. Si staccò dalla finestra col fiatone e il cuore che aveva preso a
martellargli nel petto e si precipitò fuori dall’ufficio
scendendo a gran velocità le scale che portavano fino alla porta d’ingresso.
Uscì, quindi, dalla porta e subito venne investito
dalla terribile forza del vento che gli schiaffeggiò la faccia e fece volare i
vestiti attorno a lui.
Gaara non se ne curò e prese a correre nella direzione
del deserto aperto
-
ti prego, ti
prego fa che non sia successo nulla.. ti prego…-
D’improvviso un’ ombra gli
parve davanti, bardata e coperta da strati di veli protettivi contro il vento e
la sabbia e lo abbracciò forte facendogli per un attimo perdere l’equilibrio.
- Sono tornata Gaara!-
disse una voce femminile a lui conosciuta e tanto cara
- Andiamocene da qui, il vento è
troppo forte questa sera. Ti racconterò tutto a casa -
finì di dire la ragazza e senza nemmeno aspettare che Gaara le desse una risposta si affrettò a portarlo di nuovo
verso l’edificio che ospitava l’ufficio del Kazekage.
Gaara si lasciò trascinare via senza dire nulla,
sollevato e affranto allo stesso tempo e con un vortice di pensieri che gli
turbinavano furiosamente in testa amplificandogli l’emicrania e il senso di
spossatezza.
Giunti all’interno dell’edificio, Matsuri si tolse le protezione
lasciando cadere a terra molta sabbia e sorridendo gioiosamente a Gaara che intanto la guardava senza proferire parola.
- Beh? – gli disse
- che hai da guardare, Gaara? Avrò sicuramente i capelli in disordine
ma non me ne vergogno nemmeno un po’…- rise sonoramente la ragazza prima
di aggiungere
- ho lavorato onestamente ed è andato tutto per il
meglio! Mi merito una ricompensa questa sera!!-
Finalmente Gaara si decise
ad aprire la bocca:
- e quel ritardo…?- disse solamente
mentre continuava a fronteggiare lo sguardo di lei con malinconica
tristezza
- come scusa? – chiese Matsuri
colta alla sprovvista dall’inconsueta domanda
- non potevi pretendere che tornassi prima! Era una
missione impegnativa…-
Gaara sospirò e lasciò che la testa ciondolasse all’indietro mentre con le mani prese a massaggiarsi le tempie
dolorose:
- non mi va di dovermi preoccupare per te…- aggiunse
mantenendo gli occhi chiusi
Matsuri sgranò lo sguardo e il sangue le affluì alle gote:
- ma non devi preoccuparti
per me! In fondo sono una ninjia! – reclamò lei
- infatti…- disse Gaara abbassando ora la testa e puntando due occhi verdi e
feroci contro la ragazza
- questa era l’ultima volta che mi preoccupavo per
te! È ora di fare qualche cambiamento che decido io stesso…-
Quindi le diede le spalle e se ne andò
lasciandola ammutolita ammezzo al corridoio.
CIAOOO!!!!!! Dopo aver letto le
richieste di fare un’altra fanfic sulla
coppia Gaara/ Matsuri sono giunta alla conclusione che… NE ELABORO SUBITO
UN’ALTRA!!!
Questa volta il carattere narrativo sarà
diverso, non più in prima persona ma saranno gli eventi
a narrare tutto. Spero di riuscire a catturarvi anche con questa nuova storia.
Intanto buona lettura e un grazie
sentito a chiunque la segua e a chi mi fa le recensioni.
Un bacio dalla sempre vostra SNK