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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    29/09/2013    2 recensioni
(RIVISITATA)
Non è la solita storia, non è la solita battaglia.
Non sono le principesse ad essere in pericolo e nemmeno i loro principi ed i loro regni: sono i loro nemici a tremare, sono loro a trovarsi dalla parte dei fuggitivi.
La loro vita, la loro esistenza stessa è minaccia da un’entità che si definisce “il Bene” e che, in quanto tale, ha deciso di estirpare ogni male, alla radice stessa.
Un “Bene” che non ha nulla a che vedere con i “Buoni” delle fiabe, ma una creatura del tutto nuova ed implacabile.
Come reagiranno i Cattivi dinnanzi a questa nuova minaccia?
Ed i nostri paladini, da che parte si schiereranno?
A loro non resta che una sola ed umiliante scelta: chiedere, per una volta, l’aiuto di coloro che hanno sempre tentato di ferire in ogni modo.
Genere: Avventura, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una giornata pulita e luminosa, il sole alto nel cielo consentiva quel briciolo di tepore capace di rasserenare la natura e tutti i suoi abitanti.
Gli uccelli cinguettavano, molti erano appollaiati sui rami più vicini ad un pozzo in mattoni a vista, una lunga edera fiorata ne colorava la volta di rosa e bianco.
Poi una melodia, dolce ed armoniosa, intonata da una fanciulla dalla pelle bianca ed il volto tanto delicato da apparire etereo, quasi irreale.
Una melodia che avrebbe affascinato chiunque, che sapeva coinvolgere ogni singolo spirito della natura, renderlo partecipe di una felicità radicata nel cuore e capace di scaldarlo dal profondo.
Calò il secchio sino a toccare l’acqua sul fondo del pozzo, le labbra rosse che si muovevano appena, gli animali che incantati ascoltavano quella canzone.
Il cinguettio degli uccelli accompagnava tale melodia, mentre il frusciare dell’acqua si udiva di sottofondo.
I fiori erano sbocciati da tempo e da quel momento non erano mai appassiti, poiché a mantenerli vivi e rigogliosi bastava la sola presenza di quella principessa dai corti capelli neri e lucenti.
Prese il secchio ma lo lasciò appoggiato al bordo del pozzo, poiché una colomba giunse in quel momento con una rosa rossa tenuta nel becco.
Biancaneve sorrise dolcemente, accarezzando dolcemente quella creatura ed alzando lo sguardo alla finestra del terzo piano del palazzo: da lì, il principe le mandò un bacio con un gesto della mano, annunciando il suo imminente arrivo.
Lei lo salutò con un gesto, sin quando il cinguettio degli uccelli non cessò di colpo.
 
Le piante, rigogliose come non mai, lentamente cominciarono ad appassire, ad incupirsi, e gli animali fuggivano lontani e tremanti, ad eccezione di qualcuno particolarmente coraggioso che rimaneva dinnanzi alla veste gialla della ragazza.
«Ma cosa…» Bisbigliò appena, per poi alzare lo sguardo e vedere una figura a lei familiare farsi avanti da un cespuglio.
«Ciao, Biancaneve. Vedo che te la passi piuttosto bene.» La conosceva, quella voce. Conosceva quello sguardo tagliente, quella veste nera e viola, quel volto bello ma ormai avanti con l’età.
Era sempre regale, nelle sue sembianze migliori, non si smentiva.
Si portò una mano alle labbra, quasi a trattenere un grido di stupore, mentre le iridi scure e lucenti la fissavano perplesse.
«Tu… come… perché…» Grimilde sbuffò sonoramente, roteando le iridi al cielo.
«Cavolo, il tuo quoziente intellettivo non si è alzato di mezzo punto, visetto d’angelo!» La sbeffeggiò muovendo ironicamente una mano all’altezza della testa, lanciando sguardi schifati verso le piante verdeggianti che la circondavano.
«Tu non potresti essere qui…» Bisbigliò la principessa, ancora incredula: il dolore che le era stato inferto era ancora grande e presente dentro di lei, il petto le doleva come avesse appena mangiato quella maledetta mela avvelenata.
Scosse appena il capo, la schiena appoggiata al pozzo come fosse già con le spalle al muro, eppure voleva capire.
«Lo so. Ma ci sono casi in cui degli accordi bisogna infischiarsene.» Affermò la Regina senza tanti giri di parole.
Poi sospirò, volse di nuovo lo sguardo verso quel volto delicato, perfetto, bellissimo: la odiò, la odiò infinitamente per ciò che lei non avrebbe mai avuto.
La odiò perché le era bastato sangue reale ed un bel visetto per diventare felice, mentre a lei non era stato concesso nulla se non un dolore eterno.
«Se sei qui, significa che potresti volere solo due cose… uccidermi, oppure ti serve qualcosa.» Disse ancora la ragazza, intimorita, in preda ad un terrore che la riportava indietro nel tempo, ma convinta del proprio coraggio.
La donna davanti a lei fece appena una smorfia, inarcando pigramente un sopracciglio.
«Ucciderti? No, se volessi vendicarmi su di te, ammazzerei quel bellimbusto che ti porti dietro.» Rispose con tutto il disprezzo e la sporca sincerità che possedeva.
 
Questione di pochi attimi e dalla porta affianco al pozzo uscì il principe, le iridi chiare che immediatamente andarono a posarsi sul volto dell’amata.
«Biancaneve, devo dirti una cosa importan…» Ma si interruppe nel momento in cui vide la regina a pochi passi da loro.
Estrasse la spada d’istinto, puntandola contro quella che era stata una loro acerrima nemica.
Non l’aveva affrontata di persona, ma il pensiero di ciò che aveva fatto alla donna che amava bastava per adirarlo.
«Ecco, appena chiamato in causa, il bellimbusto.» Lo canzonò incrociando le braccia sotto il seno, ma lo sguardo del principe era senza dubbio particolarmente tagliente, deciso, del tutto ostile alla persona che aveva dinnanzi.
«Non trovo un motivo valido perché tu sia qui» Disse freddamente, parandosi davanti a Biancaneve.
Grimilde sbuffò di nuovo, pur mantenendo quel fare elegante che la caratterizzava.
«Credimi, pur di non rivedere le vostre facce felici e contente darei un braccio… ma non ci tengo ad incontrare la morte.» Le era uscita di getto, quella frase, l’orgoglio che le ribolliva dentro come volesse ucciderla dall’interno.
Floriant non abbassò la guardia, ma l’ira si placò, succube della curiosità e della necessità di capire.
«Spiegati meglio…» Le disse ancora diffidente. Grimilde incrociò per un attimo lo sguardo ancora dolce ed ingenuo di Biancaneve, prima di parlare: quella maledetta principessa non la odiava, non la detestava nonostante tutto.
Ne aveva paura, sì, e lei di questo godeva, ma non era sufficiente per essere soddisfatta.
Scosse il capo, inspirò profondamente un paio di volte, placò il proprio animo e si sforzò con quanta forza avesse: la sopravvivenza prima di tutto.
«Ho bisogno del vostro aiuto» Una frase secca, senza emozioni e colma di risentimento, verso se stessa.
Vergogna. Rabbia. Disonore.
Floriant si trattenne a forza dal ridere, Biancaneve invece pareva più sconvolta che mai.
«Il nostro… aiuto? Ci stai prendendo in giro per caso?» Proruppe il ragazzo dopo qualche attimo di silenzio.
Grimilde aggrottò la fronte, si fece più seriosa, profondamente irritata, ma non perse completamente la calma.
«Secondo te starei qui a parlarvi se non fosse così, idiota?!» Gli ringhiò contro, il tono di voce alzato, gli ultimi animali se la squagliarono alla svelta dopo quell’impeto di rabbia.
Perché era diventata più debole, la Regina, ma non per questo aveva perduto quell’aura oscura e crudele che la caratterizzava.
L’invidia che ancora le dava quei poteri metafisici.
«C’è qualcosa che ci sta dando la caccia ed ha intenzione di eliminarci, uno ad uno. E sembra che i nostri poteri non abbiano molto effetto su di lui.» Disse schiettamente tutto quello che poteva sapere, l’orgoglio chiuso a chiave in un cassetto, nonostante i suoi continui tentativi di fuga.
Chiedere aiuto ai buoni, non c’era umiliazione peggiore.
«Eliminare chi?» Domandò il principe, sicuro di aver compreso ogni cosa, ma la Regina rispose con un sonoro sbuffo, scocciata e frustrata come non mai, oltre che angosciata.
«Noi cattivi
Calò il silenzio per qualche attimo, la regina passò in rassegna quei due volti puri uno alla volta: il principe era stupito, disorientato, mentre l’espressione di Biancaneve diveniva sempre più preoccupata.
…Preoccupata?
«Non capisco… non siamo noi a darvi la caccia, questa volta.»
Grimilde lanciò un’occhiata torva al principe, la spada tratta e puntata verso di lei, mentre la principessa dalla pelle bianca come la neve e le labbra rosse come una rosa restava perplessa  a pochi passi dietro di lui.
«Cosa pretendi di capire, tu che hai sempre vissuto in una favola? Cosa pretendi di comprendere, quando la tua unica fatica è stata quella di dare un bacio?
Tu non sei come noi, bamboccio, non hai dovuto lottare tutta la vita per poi essere sconfitto e gettato all’altro mondo come fossi una pezza da piedi…»
Gli sputò addosso tutta la propria rabbia, frustrazione, angoscia, tormento…
Perché era così che si sentiva: umiliata e gettata come un sacco d’immondizia senza che il proprio destino se lo potesse scegliere.
Lei non aveva scelto, perché era nata per uno scopo: vivere nell’oscurità e nell’odio, ed in essi prima o poi sarebbe veramente affogata.
«Floriant, abbassa la tua spada. Per favore…» La voce cauta di Biancaneve fece rialzare il capo alla Regina, la quale le lanciò un’occhiata tanto tagliente quanto interrogativa: aveva seriamente intenzione di ascoltarla?
Naturalmente, il principe non era dello stesso parere, non azzardava ad abbassare la guardia.
«Ma Biancaneve, questa donna ti ha fatto del male, voleva ucciderti, distruggere tutto!» Cercò di farla ragionare il ragazzo, ma la principessa posò delicatamente le dita sulla lama della spada, costringendolo ad abbassarla.
Poi tornò verso la matrigna, colei che aveva tentato non solo di rinchiuderla, segregarla e rovinarle la vita, ma addirittura ucciderla.
Eppure in quelle iridi scure e profonde Grimilde vedeva soltanto una bontà infinita, proveniente da un cuore puro e maledettamente sincero.
Dio, se la odiava.
«Ti ascoltiamo.» Disse gentilmente, la regina si trattenne dall’approfittarne per lanciare un qualche sortilegio sul principe, per liberarsi di lui almeno in quella discussione: Biancaneve era eternamente buona, ma altrettanto ingenua.
Con lei, lo sapeva, sarebbe stato più semplice trattare.
Eppure senza di lei sarebbe già stata cacciata e, quindi, spacciata.
«Questa… cosa, di cui non conosciamo l’entità, è capace di risucchiarci e trasportarci chissà dove. Ha già eliminato qualcuno di noi ma la cosa più grave è che pensiamo abbia rapito Malefica…»
Floriant sbatté le palpebre un paio di volte, incredulo.
«Quella Malefica?» Chiese sconcertato, quasi non gli sembrava possibile che la Regina del Male fosse davvero stata sconfitta.
Grimilde stava ormai perdendo la pazienza, roteò le iridi al cielo imprecando contro l’inettitudine di quel ragazzo: a lei, invece, non pareva vero che uno tanto idiota potesse essere davvero un principe.
«Sì, lei. Dubitiamo che sia stata uccisa, è pressochè impossibile. Ma sicuramente quell’essere se ne servirà per un qualche scopo ed i nostri poteri sembrano non contare su di esso.» Specificò dicendo quel poco che aveva saputo: Diablo era giunto da lei il prima possibile, stanco ed affannato per il viaggio, ma con quante informazioni necessarie per metterli all’erta.
Calò di nuovo il silenzio, una sentenza stava per essere emessa.
Floriant inspirò profondamente, spazientito e combattuto, ma ancora una volta fu la bontà della principessa ad intervenire.
Fece qualche passo in avanti, una mano allungata verso Grimilde: le tremava appena, la paura era palese tanto quanto la sua benevola determinazione.
E sì, Floriant in quell’istante si rese conto del perché l’amasse così tanto e Grimilde, all’opposto, la odiasse profondamente.
«Faremo il possibile» Aprì le labbra rosse in un sorriso: sincero, luminoso, benevolo.
La regina fu tentata di rifiutare, di non seppellire il proprio orgoglio sino a quel punto.
Ma Malefica le aveva dato un incarico, e lei comunque non aveva intenzione di crepare in quel modo e per mano di un essere che manco conosceva.
Non prese la mano di Biancaneve, ma si avvicinò a lei quanto bastava: mezzo metro, nulla di più, nulla di meno.
Il principe aveva ripreso saldamente la spada ma non l’aveva alzata, pur mantenendo un costante contatto visivo con la strega.
«Non guardarmi in quel modo, Biancaneve. Non voglio la tua pietà.» Le disse freddamente, ma la ragazza non ritirò la mano, per quanto il sorriso cominciasse a spegnersi.
Era ingenua, ma particolarmente testarda.
«Tutti ne abbiamo bisogno, matrigna. Tu non sei diversa.» Le disse dolcemente, quel volto perennemente angelico, etereo, splendidamente accogliente.
Le lanciò un’occhiata torva, per poi rivolgersi di nuovo al principe.
«Allora, avete qualche idea?» Chiese schiettamente: di tempo da perdere non ne avevano poi molto.
Floriant non si azzardò a rinfoderare la spada, ma la tenne comunque abbassata, nonostante la diffidenza.
«Convocheremo gli altri regnanti, non è una decisione che possiamo prendere da soli.»
 
****
 
«Chiedere aiuto ai buoni? Ma siete tutti diventati scemi?!» La voce prorompente della Strega dei Mari risuonò in quell’antro di terra abbandonata, la desolazione più totale caratterizzava un mondo che oggettivamente non poteva esistere.
«Abbiamo cercato di ucciderli o impossessarci di loro dalla notte dei tempi, perché mai dovremmo abbassarci sino a tanto?! Io non ho intenzione di mettermi in ginocchio davanti a quella ragazzina viziata!» I capelli bianchi ritti sulla nuca enfatizzavano ulteriormente le sue parole del tutto contrarie, rabbia e sconvolgimento si erano ormai impadroniti di lei.
Lei, la Strega dei Mari. Lei che non aveva rivali in quanto a pozioni ed incantesimi. Lei che mai avrebbe smesso di lottare per il dominio di Atlantica.
«Vuoi finire allo spiedo come l’ultima volta, Ursula? Non mi sembrava ti fosse piaciuto molto.» Le iridi nere della strega fulminarono senza mezzi termini la figura longilinea e secca di Jafar, ancora vestito con abiti eleganti nonostante fosse stato cacciato da Agrabah ormai da tempo.
«E poi quella ragazzina non è per niente male, anzi… Io fossi in te ci ripenserei sull’ucciderla, sarebbe uno spreco!» Affermò Gaston, seduto in modo tutt’altro che consono su una specie di trono di pietra fredda e dura, un bastoncino tenuto fra i denti mentre osservava il resto della combriccola con uno sguardo di superiorità.
«I tuoi gusti sessuali non ci interessano, playboy, grazie.» La voce profonda e moderata dell’arcidiacono di Notre Dame attirò una vaga attenzione dei presenti, ma naturalmente nessuno aveva intenzione di trattenersi da quell’acceso battibecco.
«Ha parlato il santerello di turno… non sei meno pervertito di lui, Frollo.» Clayton non usava mezzi termini, appoggiato ad una parete nell’intento di pulire il proprio fucile da caccia preferito.
«Almeno io non sbavo dietro alle scimmie.» Fu la risposta pungente quanto precisa di Frollo, perennemente cauto e calmo nel moderare il linguaggio, eppure tutt’altro che interessato a perdere una sfida verbale.
«Oh, suvvia, cos’avete contro una bella pelliccia? Non fate i plebei…» Espirò un paio di nuvolette di fumo dopo quelle parole, pavoneggiandosi in quell’immensa pelliccia beige.
«Ecco, ci mancava solo lei… » I commenti continuarono senza ritegno, ognuno aveva da ridire sui difetti degli altri, rinfacciandogli sconfitte e pesanti delusioni.
Non erano solidali tra di loro, i cattivi, non sembravano intenzionati a collaborare nemmeno dinnanzi al pericolo della morte.
Poi, d’improvviso, una fiammata azzurrognola prese vita sul trono di pietra, costringendo Gaston a spostarsi rapidamente, con una velocità tipica di chi sta per farsela sotto: dopotutto, chi avrebbe voluto morire bruciato?
«Signori, vi prego, calmatevi! Vi sembra questo il modo di affrontare una faccenda tanto delicata?» La voce era quella calma quanto ironica del Signore degli Inferi, il quale aveva preso posto quasi a comando di quel manipolo di nemici del lieto fine.
Gli animi si quietarono appena, ma non mancarono sbuffi, smorfie e semplici sospiri.
«Dunque, analizziamo i fatti. Questo simpatico amico vuole cuocerci tutti in fricassea, giusto? Noi, quindi, dobbiamo trovare il modo di sbarazzarcene, se vogliamo salvare le chiappe.» Gesticolava ad ogni parola, mentre gli sguardi si facevano più attenti: non che amassero l’idea di avere un capo, dopotutto ognuno era indipendente ed egoista anche se in misura diversa, ma forse le circostanze erano un po’ diverse dalla classica favola.
«E fin qui non ci hai detto nulla di nuovo, Ade. Illuminaci sul perché mai dovremmo allearci con i buoni, piuttosto.» Jafar era sempre maledettamente preciso nelle sue affermazioni, difficile che lasciasse qualcosa al caso e tale occasione lo dimostrava.
Ursula era piuttosto spazientita, più di molti altri: non avrebbe accettato di umiliarsi sino a quel punto.
Ade roteò le iridi al cielo, mettendosi ulteriormente più comodo sul trono gelido e giocherellando con le fiammelle bluastre.
«E’ molto semplice, miei irascibili amici. Questa sorta di “Bene” sembra non poter subire i nostri attacchi oscuri e, per ragionamento logico-deduttivo, si può facilmente intuire che al contrario le magie buone possano ferirlo o quantomeno indebolirlo» Gesticolò di nuovo nel parlare, il silenzio era ormai calato nella sala.
«Continua.» Lo esortò Frollo con tono serioso, quasi funerario, e così Ade continuò la sua spiegazione, sporgendosi ora in avanti, una maggior enfasi caratterizzava le sue parole.
«E quindi, se noi ci alleassimo con quegli stupidi bambocci, avremmo la possibilità di liberarci di questo simpatico amicone nebuloso e al contempo affiatarci tanto ai nostri paladini della giustizia da poterli sconfiggere facilmente, a sorpresa, considerando che ci consentiranno ingenuamente di avvicinarci a loro. Mi sembra chiaro e limpido, non trovate?»  domandò metaforicamente.
Un bisbigliare generale si fece largo tra i presenti, mentre il Signore degli Inferi manteneva un’espressione ironicamente allegra in volto.
Tale brusio durò un discreto numero di minuti, dopotutto il fatto che Malefica stessa fosse stata rapita non era una notizia che avesse confortato nessuno: conoscevano tutti la sua immensa potenza e, nonostante non la considerassero una leader, restava una sorta di punto di riferimento.
Jafar più di tutti sembrava essere rimasto scosso da tale avvenimento, nonostante dietro quel volto impassibile non lasciasse trasparire poi molto.
«E chi ci garantisce che non ci metteremo soltanto in ridicolo? Dopotutto siamo sempre stati i loro antagonisti.» Sollevò l’opposizione un’Ursula ancora particolarmente contraria alla questione, uno sguardo altezzoso e di sfida le si leggeva nel volto paffuto.
Ade sorrise ironicamente.
«A questo ha già pensato la nostra cara Regina Cattiva

 
  
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