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Autore: Princess of the Rose    29/09/2013    4 recensioni
Fu una normale domenica. E avrebbe continuato ad esserlo se Giappone non avesse avuto l'idea di controllare il suo Facebook, e lì vedere quella notizia che fece crollare tutte le sue certezze...
Feliciano Vargas è passato da impegnato a single.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axis Powers/Potenze dell'Asse, Bad Friends Trio, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Forse era un paragone esagerato, ma dire che quella notizia fosse stata come un terremoto di forza cento sulla scala Richter che si era abbattuto sulla vita di tutti i giorni delle nazione era, almeno secondo Giappone, Prussia, e una buona cinquantina di altri paesi, alquanto azzeccato.
Insomma, era di Italia del Nord e Germania che si stava parlando, la sempliciotta e codarda nazione italica e la stacanovista e fin troppo ossessionata dall’ordine nazione germanica: due paesi che stavano insieme da solo due decenni, ma il cui amore era stata la naturale sintesi di un rapporto che durava fin dalla fine della Grande Guerra, nato come alleanza di convenienza, evolutosi in una amicizia talmente solida che nemmeno gli eventi del secondo conflitto mondiale erano stati in grado di distruggere, e infine sbocciato in un amore profondo, un esito fin troppo scontato agli occhi di tutti – perfino dei loro capi: insomma, era un dato assodato che quei due erano fatti per stare insieme!
Erano come i disgustosi scones di Inghilterra e l’orripilante salmoiakki di Finlandia, o l’ossessione per l’eros di Francia, o come le manie di grandezze di Prussia e di America: l’amore tra Germania e Italia era un punto fermo nella vita secolare di molte nazioni, una di quelle certezze che non possono essere scalfite dal tempo e destinate a durare per sempre; un dato assodato, la verità assoluta e incontrovertibile.
E ora, perfino questa certezza era crollata: quella singola frase postata su Facebook, quel cambio di stato che rendeva noto a tutti che Italia fosse tornato single – single, single! – era stato un fulmine a ciel sereno per tutti gli amici dell’italiano – e pure per i suoi nemici e per chi, semplicemente, lo ignorava.
Ma perché? Perché?! Cosa poteva essere successo di così tremendo da poter porre fine a quel legame amoroso? Una litigata finita male? Qualche voce di troppo? Forse i loro capi che si erano intromessi e gli avevano costretti a lasciarsi? O forse era uno scherzo di pessimo gusto perpetrato da Italia?
Un mistero che, forse, sarebbe stato finalmente risolto alla riunione dell’ONU che si sarebbe tenuta quel giorno, la settimana dopo quell’annuncio totalmente inaspettato.
Giappone aveva provato a contattare sia Italia che Germania, ma senza successo: Italia  -stranamente – non gli rispondeva; Germania… Bè, neanche lui sembrava stare bene: lo aveva sentito due volte sole in quei sette giorni, e ogni volta ci aveva parlato per troppo poco tempo, ma era riuscito perfettamente a cogliere nella sua voce un’evidente nota di stanchezza, e anche moltissima tristezza e afflizione, al punto che aveva preferito non sollevare l’argomento “Italia”. Ovviamente, la rottura non gli aveva fatto bene, e molto probabilmente  non era stata neanche indolore.
Giappone si sedette al suo posto, dando occhiate veloci all’enorme sala che ospitava i meeting delle  Nazioni Unite mentre il suo boss, assistenti e traduttori si sistemavano per l’imminente riunione. Né Germania né Italia erano ancora arrivati.
<< Japan. >>
<< Oh, konnichiwa Ighirisu-san. Fatto buon viaggio? >>
<< Come chiunque che abbia fatto una traversata dell’Atlantico incontrando turbolenze per più di metà viaggio, >> disse Inghilterra sconsolatamente, sedendosi vicino alla nazione nipponica assieme al gruppo di assistenti, mentre il suo capo chiacchierava con quello Svezia poco lontano da loro, << stupid America! Lui e i suoi aerei! >>
Giappone rise brevemente, senza smettere di lanciare sguardi preoccupati al portone d’ingresso della sala.
<< Japan? >>
<< … Ha saputo? >>
<< Well… Sarebbe stato difficile non saperlo. Ne parlano praticamente tutti, >> disse Inghilterra, sorseggiando lentamente il tè contenuto dentro il bicchiere di plastica che teneva in mano, << non per fare l’impiccione ma… Come mai Italy e Germany non stanno più assieme? >>
<< Non lo so. >> Giappone sospirò pesantemente, tornando a sedersi composto, << Itaria-kun non ha risposto alle mie telefonate;  ho parlato poco con Doitsu-san, ma non ho avuto il coraggio di chiedergli cosa fosse successo, mi sembrava di poco tatto parlargliene. >>
<< Capisco. Neanche quella rana di France è stato capace di scoprire qualcosa. >>
Giappone annuì, voltandosi di nuovo per vedere se i sui amici erano entrati; << Ighirisu-san, per caso non è che sa dove sono sistemati Doitsu-san e Itaria-kun, i loro posti nella sala? >>
<< Mh… mi sembra di aver visto il posto di Italy vicino al corridoio centrale, più o meno a metà sala. Germany non lo so. Come mai? >> chiese l’inglese, allarmandosi quando vide lo sguardo dell’altro inscurirsi.
<< Di solito Amerika-kun li mette vicini quando ci sono queste riunioni; e anche quelle poche volte che litigavano, non li ho mai visti cambiare di posto. >>
<< S-Stai dicendo che uno dei due ha chiamato America per separare i posti? >> chiese Inghilterra, stupito. Giappone annuì severamente, per poi voltarsi immediatamente quando sentì le porte della sala aprirsi e il vociare delle persone presenti quitarsi improvvisamente: Germania, assieme al suo capo e al folto gruppo di traduttori e assistenti, aveva finalmente fatto la sua entrata in scena, e subito tutti gli occhi si erano posati sulla nazione germanica, analizzandone ogni particolare, dall’aura negativa che sembrava emanare il suo corpo alle profonde borse nere sotto gli occhi cerulei, probabile segno di un sonno agitato, dall’andamento meno sicuro del solito al suo capo, che sembrava più nervosa del solito.
Presero posto tra le prime file, tra Kazakistan e Portogallo, senza che lo sguardo di tutti si staccasse da loro. Il boss di Germania mormorò qualcosa alla sua nazione con aria severa,  probabilmente infastidita da tutte quelle attenzione, mentre al tedesco non rimase che sospirare qualche scusa, per poi mettersi pesantemente seduto al suo posto.
<< Mi chiedo se Purosshia-kun sia presente. >>
<< Probabilmente, se è venuto, è fuori ad aspettare, sai che gli è proibito entrare alle riunioni. >> rispose Inghilterra, per poi controllare l’orologio, << ormai mancano pochi minuti all’inizio del congresso, siamo quasi tutti. >>
Il vociare riprese timidamente, ma l’attenzione di tutti era fissa su Germania, il quale si era messo a scrivere nervosamente su dei fogli, probabilmente cercando una distrazione da tutto quel clamore che aveva suscitato la sua entrata.
<< Forse dovrei andare a parlargli. >>
<< Credo che sia meglio se aspetti il break Japan, ormai manca poco all’inizio della riunione. >>
Giappone convenne con la nazione britannica, per poi voltarsi immediatamente quando il vociare della gente si bloccò di nuovo: vide i due fratelli Italia entrare insieme al loro boss e alcuni portaborse, in compagnia di Finlandia e Turchia; Romano teneva la porta affinché le traduttrici che accompagnavano Finlandia potessero passare, dispensando occhiolini e baci al volo a cui le signorine rispondevano con risolini lusingati; Veneziano, al contrario delle aspettative, sembra piuttosto sereno, e anche lui si dilettava in piccoli flirt con le assistenti di Turchia, ricevendo come al solito sorrisi e piacevoli rossori.
La nazione nipponica rimase ad osservare la scena per qualche istante, per poi voltarsi immediatamente verso Germania; trovò anche quest’ultimo voltato verso l’entrata con un’espressione neutra che tradiva però una grande tristezza.
Italia e il suo gruppetto scesero velocemente le scale, e presero postò nella fila centrale, ad una ventina di file di sedie da Germania. Il Settentrione poggiò subito la testa sul banco, apparentemente ignaro degli sguardi che puntanti insistentemente su di lui; poi prese dalla borsa un foglio e una matita, e cominciò a scarabocchiarci sopra con la solita giovialità, come se  non si fosse appena lasciato dal ragazzo con cui stava da circa vent’anni – che per una nazione erano pochi, corrispondenti a circa un paio di anni dal punto di vista umano, ma comunque significativi. Gli occhi di Germania non lo avevano abbandonato neanche per un secondo.
La riunione cominciò qualche minuto dopo, e il primo a cui diedero la parola fu America. Approfittando della sua parlantina, rinomata per essere logorroica e che conduceva in fretta ad un dormiveglia figlio della noia, Giappone prese dalla tasca il proprio cellulare, si posizionò in modo che le sue mani non potessero essere viste dal suo boss – che già dondolava avanti e indietro la testa - e si collegò alla prima applicazione che gli consentisse di poter parlare con Italia o Germania, verso i quali digitò un veloce “Come stai?”, in italiano ad uno e in tedesco all’altro, e  un “Dobbiamo parlare.” a Prussia, per poi voltarsi verso destra.
Germania non si era mosso, mentre Italia si era rimesso seduto compostamente e stava frugando nella propria borsa. Giappone si voltò di nuovo verso America, aspettando una risposta da uno dei tre; attese qualche istante prima di aprire il cellulare che si era messo a vibrare in segno di risposta: era Prussia: “Prima che tu me lo chieda: ja, so che Italien e West si sono lasciati. Nein, non so perché. Nein, West non me ne ha parlato né me ne ha voluto parlare. In ogni caso, ci vediamo nella sala ristorante appena vi viene dato il break.”
Giappone aggrondò severamente le sopracciglia, per poi controllare i messaggi in arrivo e vedere se almeno Italia gli aveva risposto; con sorpresa, trovò invece un messaggio di Germania: “Lo sai già, no?”. Non se la sentì di mentire – sarebbe stato come imprimere il dito nella piaga – e rispose affermativamente, per poi lanciare una breve occhiata verso la nazione tedesca, in tempo per vederlo sospirare pesantemente prima di digitare qualcosa sul cellulare, la risposta a Giappone: “Una sciocchezza, nulla di grave.  Se Italien mi lascia parlare, conto di risolvere tutto in giornata.”
Se Italia lo lasciava parlare? E che doveva essere successo di così grave perché uno come Italia togliesse il saluto e la parola? La preoccupazione di Giappone non fece che aumentare, soprattutto col fatto che, nonostante avesse visto perfettamente Veneziano prendere il cellulare, questi non gli aveva ancora risposto. Che voleva dire? Perché non voleva parlargli? Forse doveva essere più diretto e dirgli di incontrarsi da qualche parte durante il break?
<< Nihon-sama, faccia attenzione a ciò che sta dicendo Amerika-sama per favore! >>
<< Uh, h-hai! >> Giappone chinò brevemente il capo in segno di scuse al suo boss, per poi voltarsi verso la nazione americana, che aveva preso a parlare di come un supereroe potesse contribuire a risolvere tutti i conflitti del mondo, di come Russia continuasse a mettere i bastoni fra le ruote alla sua giustizia, e di altre cose che, in confronto alla rottura tra i suoi due migliori amici, per lui avevano la ben che minima importanza. In tutto questo, dopo venti minuti, Veneziano non accennava a rispondergli: era ormai palese che stava ignorando il suo messaggio, chissà per quale motivo! Eppure sembrava così sereno, con la tipica aria stupidotta sul volto.
Il cellulare del giapponese vibrò di nuovo, stavolta per un messaggio proveniente da Ungheria:  “Japán, sei riuscito a contattare Olaszország? L Io non ci riesco, non mi risponde neanche al telefono.”
Ya. Gli ho mandato un messaggio, ma non mi ha ancora risposto.”
“ç_ç Non vuole parlare con nessuno! Che facciamo? Non posso vederlo così! Dobbiamo parlargli dopo!”
“Al break devo andare da Purosshia-kun per discutere della faccenda. Può venire con me se vuole, Hungari-san.”
“<_<’ Credo ne farò a meno, Japán. Però aggiornami su quello che vi direte!”
Hai.” Giappone cercò con lo sguardo la postazione di Ungheria che era situata praticamente vicino all’entrata, e le fece un cenno di assenso, per poi tornare a concentrarsi sul suo cellulare. Forse avrebbe dovuto mandare un altro messaggio ad Italia, anche al rischio di apparire troppo insistente; ma che poteva scrivergli? Aveva ignorato il suo primo “Come stai?” e nulla gli garantiva che avrebbe risposto ad un eventuale  secondo, anche se posta in maniera differente. Poteva provare a fargli un’altra domanda; magari chiedergli se voleva venire  a prendere un caffè con lui e Prussia al break? No, forse era una richiesta da scartare: era probabile che Germania sarebbe andato dal fratello dopo, e forse Veneziano non era dell’umore adatto per poterlo vedere; forse era meglio un caffè con Ungheria? Si, difficilmente Italia avrebbe rifiutato un caffè con la donna a lui più cara; ma avrebbe aspettato una sua eventuale risposta prima di contattare Prussia e rimandare il loro incontro.
Itaria-kun, più tardi, al break, vuoi venire con me Hungari-san a prender un caffè?”
Inviato il messaggio, Giappone iniziò ad appuntarsi qualcosa del discorso di America, un modo per ingannare il tempo nell’attesa di una risposta. Che, con sua grande sorpresa e crescente preoccupazione, non arrivò.
Mancavano ormai una decina di minuti al break, e Italia non si era neanche degnato di controllare il proprio cellulare, sicuramente tempestato di messaggi da tutti i suoi amici. Giappone si voltò nervosamente verso Veneziano, trovandolo intento a dormire con la giacca di Romano sulle spalle, mentre quest’ultimo parlava concitatamente col loro capo. Forse avrebbe potuto provare con lui  per avere le informazioni che gli servivano? Gli sembrava altamente indelicato chiedere al Meridione informazioni sulla vita privata del fratello – e, conoscendolo, probabilmente aveva fatto i salti di gioia quando aveva saputo che Italia e Germania si erano lasciati – ma ormai non sapeva più che pesci pigliare: apprensione e curiosità lo stavano uccidendo!
Prima che potesse pensare ad un modo per poter porre la sua domanda nel modo più discreto possibile, però, ricevette un messaggio sul cellulare, proprio da Romano: “So cosa stai pensando. Prima che diventi la 206 persona a chiedermi che cosa è successo a mio fratello, te lo dico adesso: no, non so perché Veneziano  ha lasciato il crucco di merda – tanto sono sicuro che è colpa sua, figurati! E no, non ti sta ignorando: il nostro boss ha gli ha proibito di rispondere a messaggi che non fossero lavorativi. Spero di essere stato esaustivo.”
Giappone osservò stupito quelle poche parole, per poi voltarsi verso i due italiani in tempo per vedere Romano mostrare il dito medio a Germania - che dall’inizio del meeting non aveva smesso un attimo di girarsi verso il suo ex-ragazzo, con grande disappunto del suo boss – prendendosi per questo uno scappellotto dal suo capo.
<< Nihon-sama, la smetta di girarsi! >>
<< G-Gomen. >> la nazione tornò immediatamente composta al suo posto, nascondendo il cellulare sul grembo. Ormai il break stava per arrivare: magari avrebbe potuto provare ad intercettare Veneziano all’uscita, prima di andare da Prussia. Ma come poteva fare? Era troppo lontano per poterlo raggiungere in tempo prima che uscisse dalla sala. E comunque c’era anche il fattore ‘boss di Italia’ da tenere in conto, viste le strane disposizioni che aveva dato al Settentrione:  con molta probabilità non l’avrebbe lasciato solo neanche per un secondo, o avrebbe evitato che si potesse parlare di qualunque argomento che potesse irritare la nazione.
Un breve trillo segnò l’inizio del break di un quarto d’ora, e immediatamente si alzò una rumorosa babele di lingue, di sedie in legno che sbattevano quando si richiudevano, di lievi tintinnii di monete che sarebbero finite mangiate dalle macchinette degli snack e delle bevande calde, e di suonerie di cellullari appena riaccesi o col suono nuovamente attivato.
Giappone mise velocemente il cellulare in tasca, prese pochi spiccioli e si mise subito in piedi, volandosi immediatamente in direzione di Veneziano. Questi si stava riprendendo in quel momento dalla sua piccola siesta improvvisata, e stava scambiato qualche parola col suo capo: questi mise una mano sulla spalla della nazione latina, mormorando qualcosa con un’espressione ferma ma con un lieve sorriso che esprimeva compassione e preoccupazione insieme; il Settentrione ricambiò con un sorriso incerto, massaggiandosi gli occhi prima di prendere il portafoglio dalla borsa e alzarsi, per poi seguire suo fratello fuori dalla sala accompagnato dal suo capo.
Una ventina di file più avanti, Germania si affrettò a sistemare i fogli sul banco, si alzò in tutta fretta e cercò di uscire il più velocemente possibile dalla sua postazione, inciampando contro il suo boss prima e contro quello di Portogallo poi, senza distogliere l’attenzione da Italia.
Giappone si morse il labbro nervosamente. Viste le condizioni di Veneziano, forse non era il caso che Germania andasse a parlargli; fu tentato di andare a fermare il tedesco dal peggiorare la situazione, ma il comportamento anomalo dell’italiano lo impensieriva di più, e alla fine decise di dare la priorità a quest’ultimo.
<< Ighirisu-san? >>
<< Yes? >>
<< Mi faccia un favore, vada da Doitsu-san e cerchi di tenerlo il più impegnato possibile. >>
<< W-What? >>
<< Per favore, è urgente. Non ho tempo per spiegare, >> disse il giapponese mentre dava piccole spinte contro il suo capo cercando di uscire il più velocemente possibile dal suo posto, <<  la prego sia collaborativo! >>
Inghilterra lo fissò con sconcerto, poi sembrò rimuginare per qualche attimo su quanto richiestogli; infine, si alzò, scansò più gentilmente che poté tutti gli assistenti e i traduttori, afferrò il suo boss per un braccio e lo trascinò fino alle prima file, in tempo per evitare che Germania dribblasse il proprio capo di stato, che evidente si stava rifiutando di lasciarlo passare, e inchiodarlo in complicati discorsi riguardanti chissà cosa, probabilmente la crisi. Giappone ringraziò mentalmente l’amicizia che lo legava all’inglese, per poi salire le scale il più velocemente possibile, scansando chiunque fosse sul suo passaggio.
Finalmente fuori dalla sala riunione, si guardò velocemente attorno alla ricerca dell’amico. Si diresse verso il bar, sperando di trovarlo lì a consumare un << Caffè fatto come si deve piuttosto che quella brodaglia che si scioglie, ve. >> come amava dire la nazione italica, ma della sua testa rossiccia non c’era traccia, ne tra le persone in piedi ne tra quelle sedute a tavoli.
<< Japan! >>
L’interpellato si voltò verso gli ultimi tavoli della sala, notando quasi subito Prussia con la mano alzata che gli faceva segno di avvicinarsi, con Francia e Spagna seduti vicino a lui.
<< Purosshia-kun! >>
<< Arrivi giusto in tempo Japon. Immagino che tu sappia già di cosa stiamo parlando, non? >>
<< Bè, credo di si. >> il nipponico si sedette al tavolo, osservando uno ad uno i suoi interlocutori, e sorseggiò un poco del caffè ancora caldo che Prussia aveva ordinato per lui poco prima del suo arrivo.
<< Ne parlano tutti quanti. Certo che la rottura tra Italia e Alemania ha sorpreso veramente tutti. >> disse Spagna, per poi bere un lungo sorso di lemon-soda.
<< Ovvio, mon amì. Sarebbe stato strano il contrario. Abbiamo avuto una riunione dell’Unione tre giorni prima che Italie pubblicasse quel messaggio, e facevano i piccioncini come al solito. Davvero, nulla mi avrebbe fatto pensare che fossero in crisi. >>
Giappone osservò la nazione francese con stupore. Che poteva essere successo in tre giorni di così grave al punto da portare i due alla rottura?
<< Sono giorni che West dice che avrebbe risolto in fretta la situazione, ma inizio a sospettare che nemmeno lui ci creda poi molto. Lo ripete troppo spesso, >> Prussia sospirò amaramente, fissando la birra che arrivava ancora a metà del suo bicchiere, << senza contare che Italien neanche gli risponde al telefono. >>
<< Itaria-kun non risponde a nessuno, a dire il vero. Il suo capo  gli ha proibito di rispondere a domande che non riguardassero il lavoro; sembra anche un po’ nervoso, forse è preoccupato. >>
<< Questo spiega perché le segretarie non me lo hanno mai passato al telefono. >> Francia si mise una mano tra i capelli, sconsolato, << dì Prusse, Allemagne proprio non ti ha detto nulla? >>
<< Salvo che è “una sciocchezza da nulla che risolverò subito!”, >> rispose l’ex nazione, imitando malamente la voce del fratello, << nein, nulla. Ho provato anche a chiedere al boss, se magari sapesse qualcosa, ma figurati. >>
<< I boss non si intromettono mai nella nostra vita privata, Prusia. Almeno quello... Bè, vista la situazione, forse è meglio dire quasi mai.>>
<<  Anche a me Doitsu-san ha detto che avrebbe risolto tutto entro la giornata,  a patto che Itaria-kun lo lasciasse parlare però. >>
<< Tsk, West deve averla veramente combinata grossa per arrivare fino a questo punto, >> Prussia si grattò il mento, pensieroso.
<< Forse Italie è venuto a scoprire qualcosa riguardo Allemagne che non gli è particolarmente piaciuto? >>
<< Cioè Frankreich? >>
<< Potrebbe essere che Allemagne abbia, insomma.. Non sia stato molto… fedele? >>
I quattro si guardarono attentamente, analizzando quella supposizione che scartarono praticamente dopo pochi secondi perché, come disse Prussia: << La mia magnificenza non può aver educato West a simili bassezze! >> e, più semplicemente, Germania non era proprio un tipo fedifrago.
<< Però rimane sempre la questione, >> disse Spagna con il sorriso più malinconico del solito, << non lo mostra, ma anche Romanito è preoccupato.
Sui quattro calò un silenzio pensieroso, mentre attorno a loro le persone si preparavano a tornare in sala per la seconda parte della riunione.
<< Mon dieu, è già finita la pausa? >>
<< Mancano… cinque minuti. >> confermò Giappone, per poi guardarsi attorno in cerca dell’amico italiano. Lo trovò in piedi vicino ad un tavolino che conversava con Corea del Sud e Messico, assieme ai rispettivi capi; e, stranamente, era anche presente il suo, di boss, anche se questi sembrava più interessato al suo cellulare che alla conversazione intrattenuta dalla sua nazione.
<< È un’impressione mia, o il boss di Italie non lo lascia solo neanche un attimo? >>
<< Finlandia mi ha detto che prima ha provato a parlare con Italia del perché si è lasciato con Alemania, ma il suo boss lo ha preso per un braccio e lo ha portato via prima che potesse rispondere. >>
<< E questo che vuol dire? Che non lo lascerà mai solo per tutto il giorno e che gli impedirà con chiunque di parlare? >>
<< Non so Prusia. >>
<< È probabile. >> Giappone osservò attentamente Veneziano, non riuscendo a capacitarsi di come questi potesse essere così tranquillo nonostante la fine della sua storia: sorrideva allegramente e gesticolava con la solita frenesia, e sul suo volto non c’era alcun segno della stanchezza o della mestizia che invece era perfettamente riscontrabile su quello di Germania.
<< E perché lo fa? >>
<< Vista l’attuale situazione mondiale, penso che lo faccia per questioni diplomatiche, o forse per evitare di intristirlo. >> disse Spagna, finendo con un ultimo sorso la lemon soda, e si alzò quando il suo boss gli fece cenno di avvicinarsi, << Lo siento, amigos, ma il dovere chiama. >>
<< Non preoccuparti, mon amì, vai pure. >> Francia gli sorrise, per poi sospirare amaramente, << ci mancava questa, merde. Che facciamo? >>
<< Credo sia meglio aspettare e non intromettersi salvo su loro precisa richiesta. Doitsu-san ha detto di avere tutto sotto controllo, infondo. >>
<< Nah, sono troppo magnifico per farmi gli affari miei Japan! Parlerò io con West e gli farò vuotare il sacco; a proposito, ma dov’è? Ci dovevamo vedere per una birra assieme. >>
Giappone sussultò leggermente, ricordandosi solo in quel momento di aver lasciato Inghilterra in una situazione alquanto imbarazzante per lui, si alzò e si congedò velocemente dalle altre due nazione, per poi avvicinarsi alla cassa, pagare e prendere un tramezzino al prosciutto, e ritornare nella sala grande del meeting dopo aver preso anche un bicchierino di tè caldo alla prima macchinetta che incontrò per strada.
Inghilterra era tornato al suo posto, e sembrava anche piuttosto nervoso, mentre il suo boss dava degli ordini ad alcuni assistenti, e anche lui non sembrava di buon umore; Giappone sospirò, sentendosi un po’ in colpa, e si avvicinò alla nazione britannica sfoggiando il più educato dei suoi sorrisi.
<< Gomenasai, Ighirisu-san, >> disse con un po’ di imbarazzo, poggiandogli davanti il tramezzino e il tè, e sedendosi vicino a lui, << spero di non aver creato problemi con la mia… Richiesta, ecco. >>
Inghilterra prima lo guardò storto per qualche attimo, poi osservò lo spuntino che gli aveva portato con sguardo critico. << No problem, >> disse infine, scartando il panino imbottito e addentandolo dopo aver bevuto un sorso di tè, << infondo ho scoperto che dovevo parlare comunque con Germany oggi. Abbiamo solo anticipato i tempi. >>
<< È successo qualcosa? >> chiese il nipponico, occhieggiando Germania mentre parlava col suo capo – o meglio, il suo capo parlava, e lui rimaneva in silenzio a testa bassa, annuendo ogni tanto, evidentemente perso in altri pensieri.
<< Bè, >> l’inglese seguì il suo sguardo dell’amico, e si lasciò sfuggire un sonoro sbuffo, << è stata una chiacchierata  molto… improfessionale. Almeno Germany avrebbe potuto far finta di stare a sentire il mio boss quando parlava. Invece non ha fatto altro che girarsi in continuazione, a volte mi è sembrato pure infastidito, tsk. Il suo boss lo ha richiamato più volte, ma lui nulla. Scommetto che adesso gliene starà dicendo quattro, a quel idiot. >>
Giappone annuì preoccupato, per poi prendere il cellulare e controllare i messaggi. Italia non gli aveva ancora risposto.
 
 
Erano le quattro del pomeriggio, e il meeting era finalmente giunto al termine concludendosi con il solito nulla di fatto. Tuttavia, le persone presenti non stavano andando via con la solita velocità, anzi: con lentezza fin troppo sospetta, specialmente le nazioni stavano sistemando le loro cose nelle borse e allo stesso tempo si guardavano intorno, in cerca dei veri protagonisti della giornata, il centro di tutte le chiacchiere di corridoio e da salotto.
Germania stava buttando penne e fogli nella propria borsa a tempo di record, e osservava spesso le file centrali, annuendo assente al suo capo, la quale si stava evidentemente spazientendo per quell’atteggiamento atipico e irritante tenuto dalla sua nazione.
Italia Veneziano sembrava non accorgersi per niente di quelle occhiate insistenti, e chiacchierava allegramente con due traduttori, mentre il suo boss lo guardava di sottecchi.
<< Nihon-sama, noi ci dirigiamo in albergo. Ha degli impegni stasera? >>
<< Ehm, hai. >> rispose la nazione, digitando sul cellulare la risposta affermativa all’invito di Ungheria per una cena in un ristorante a poca distanza dal Palazzo di Vetro.
<< Faccia con comodo, comunque. La riunione di domani è nel pomeriggio. Le auguro una buona serata. >>
<< Arigatou, chiifu-sama. >> Giappone fece un piccolo inchino che eseguì anche quando salutò Inghilterra e il boss di questi, per poi uscire velocemente dalla postazione e avvicinarsi a Veneziano, che nel frattempo era già uscito e si era fermato ad una macchinetta per prendere uno snack.
<< Itaria-kun! >>
<< Ve~ >> Veneziano si voltò verso di lui, e  subito le sue labbra di distesero nel solito solare e un po’ ebete sorriso, << Giappone, ciao! Come stai? >>
<< Bene, >> rispose il nipponico, aspettandosi il solito abbraccio stritolante che, stranamente, non arrivò: Italia rimase al suo posto, e a giudicare da come le sue mani si alzarono e si abbassarono subito con dei lievi spasmi delle dita evidentemente si stava trattenendo dall’esibire le sue usuali manifestazioni di affetto, << e tu? Ti ho mandato dei messaggi prima. >>
<< Ah, ve~ ecco… I-Io n-non ho r-ricevuto n-nulla. >> disse l’italiano, mentendo visibilmente, mentre si guardava nervosamente attorno, << e-e che v-volevi dirmi? >>
<< Bè, ecco, stasera vado a cena con Hungari-san, probabilmente ci saranno anche Ousutoria-san e Purosshia-kun, e mi chiedevo se ti andasse di venire con noi. >>
<< Ve~ magari! >>  anche se chiusi, Giappone sapeva perfettamente che gli occhi color miele di Italia erano luminosi di gioia per la prospettiva di passare il tempo con i suoi amici; per questo rimase molto sorpreso quando quest’ultimo abbassò mestamente il capo, perdendo di colpo il sorriso, << Mi piacerebbe, ma il mio capo mi ha proibito di uscire fino  a quando non finiranno queste riunioni. >>
<< Ma sono sicuro che ***-san non se la prenderà se verrai a fare almeno un aperitivo con noi. Romano-kun può unirsi a noi se non ha altri impegni. >>
<< No, n-non è quello. >>  Veneziano si grattò la nuca, forse cercando di trovare le parole giuste per poter rifiutare quell’invito allettante, e Giappone decise di giocarsi una carta pericolosa, anche se non sapeva come sarebbe andata a finire; ma quel comportamento apparentemente così rilassato non poteva non dargli pensiero.
<< Doitsu-san non verrà, se è quello che ti preoccupa. >> disse con il tono più pacato di cui era capace, e fu quasi felice di vedere una reazione da parte dell’amico: questi sussultò visibilmente e addirittura spalancò gli occhi, sempre però tenendoli bassi.
<< V-Ve, no non è q-quello, mma perché n-non dovrebbe venire? >>
Far finta di non sapere nulla sarebbe stato inutile, se non dannoso: << Eto, non credo che il suo chiifu sarebbe d’accordo di farlo uscire stasera, non so se hai notato ma hanno  battibeccato parecchio quest’oggi, e poi, insomma, >> va bene l’inutilità del mentire, ma non voleva dire che dovesse mancare di tatto, << c-con lui potremmo uscire domani e… Però stasera potresti venire con noi e, magari divertirti un poco dopo quello che è successo. >>
<< Ve, perché che è successo? >>
<< Ehm… insomma, t-tu e Doitsu-san non vi siete… lasciati? >>
Veneziano rimase in silenzio per qualche secondo, per poi sospirare pesantemente, << Ve~ è vero. Con tutto il lavoro, che mi ha dato il mio capo e le uscite a cena con lui me ne ero dimenticato.  >>
Giappone si chiese internamente come si potesse dimenticare la rottura di un rapporto importante come quello, ma decise saggiamente di tenere per sé quelle considerazioni: << C-Capisco. I-Itaria-kun, se non sono indiscreto – sei libero di non rispondermi, comunque… p-perché tu e Doitsu-san avete rotto. >> chiese infine, mentre la parte di lui che sperava di trovare una risposta soddisfacente alla curiosità che lo attanagliava da tutta la settimana veniva soffocata dalla preoccupazione e alla speranza di non aver in qualche modo offeso l’amico.
Quest’ultimo emise di nuovo un lungo sospiro, e Giappone notò solo in quel momento delle lievi occhiaie sotto i suoi occhi, nascoste da un trucco leggero, e come Italia sembrasse molto più vecchio rispetto ai vent’anni che dimostrava di solito; e andò nel panico quando vide gli occhi di questi diventare lucidi di lacrime pronte ad essere versate accompagnate da singhiozzo rumorosi – e in tutto questo, ancora nessuna risposta.
<< V-Ve, G-Giappone, >> Veneziano tirò su rumorosamente col naso, che poi soffiò con un fazzoletto preso dalla tasca – e che l’altro notò essere un regalo da parte di Germania, risalente al Natale di una trentina di anni fa – e fissò i grandi occhi ambrati sull’amico, << i-il mio capo m-mi ha detto d-di non r-rispondere a n-nessuno r-riguardo questo a-argomento. >>
<< M-Ma il tuo chiifu non c’è adesso. >> disse la nazione nipponica con un lieve sorriso e, vincendo la sua riottosità al contatto e alla vicinanza fisica, poggiò una mano sul braccio dell’italiano. Attorno a loro, il via-vai di impiegati, capi di stato e nazioni era improvvisamente rallentato e fattosi più silenzioso, ma i due non se ne reso conto.
Italia singhiozzò mestamente, e fece per buttarsi tra le braccia di Giappone in cerca di conforto, ma la voce fin troppo familiare che lo chiamò lo inchiodò sul posto.
<< Italien! >>
Giappone si voltò in tempo per vedere Germania correre verso di loro, prima che Veneziano richiamasse la sua attenzione con un mesto: << Scusa Giappone devo andare. >> e si girasse in cerca di qualcuno, forse suo fratello.
<< M-Matte Itaria-kun!!! >>
<< No! >> il giapponese sussultò a quella negazione detta con fermezza, ed evidentemente se ne dovette stupire anche Italia, perché questi gli sorrise timidamente, correggendosi: << C-Cioè, d-devo andare da mio fratello, s-se il mio capo mi v-vede parlare con  te l-lui- >>
<< Italien, >> Germania li aveva ormai raggiunti, e Italia si era voltato senza finire la frase, << a-aspetta, p-per favore. >>
<< D-Doitsu-san- >>
<< Japan, per favore, puoi lasciarci un attimo da soli? >>
<< Uh… Hai. >> Giappone fece per allontanarsi, ma quando incrociò lo sguardo ancora lucido di Veneziano, che lo pregava silenziosamente di non andarsene, rimase al suo posto. Germania neanche se ne accorgerse, preso com’era dal suo ex-ragazzo.
<< Italien ascoltami per favore, dobbiamo parlarne, non è una cosa così grave, possiamo risolverla. >>
Con enorme sgomento di Giappone e di tutti i presenti che osservavano la scena, Italia non gli rispose, e neanche si degnò di voltarsi verso l’altra nazione.
<< Almeno voltati, guardami in faccia, >> il tedesco girò attorno all’italiano, prendendolo per le spalle per impedirgli di allontanarsi, << non puoi esserti arrabbiato per una cosa così… Stupida. >>
Italia sussultò, ma non alzò lo sguardo da terra, e Germania si accorse di non aver detto la cosa più giusta da dire visto il contesto: << Verdammdt Italien! Parliamone! >>
<< Italia Veneziano! >> i due si voltarono all’unisono verso il capo della nazione latina, che si era avvicinato non appena si era reso conto della situazione: << Perché hai disobbedito ai miei ordini? Ti avevo proibito espressamente di parlare a qualcuno. >>
<< N-No capo, n-non è come pensa! I-io stavo p-parlando a Giappone e- >>
<< Appunto per quello! >>
<< M-Ma- >>
<< Herr *** per favore, mi lasci finire di parlare con Italien, non ci metterò molto. >>
<< Mi spiace signor Germania, ma ho dato ordine a Veneziano di non parlare a nessuno se non per questione lavorative. E con tutto il rispetto, dubito che stiate parlando della crisi economica. >> disse il capo di Italia, fare cenno alla nazione di seguirlo. Questi sospirò mestamente, per poi cercare di eseguire la disposizione ordinatagli, ma Germania lo afferrò per un braccio.
<< Italien non ignorarmi. >>
<< Ve, e  lasciami! >> disse Italia scrollandosi dalla presa dell’altro  e rincorrendo il suo boss verso l’ascensore, lasciando Germania con un’espressione addolorata sul volto.
Cadde un silenzio teso e imbarazzante, e Giappone non sapeva cosa dire né che fare. La reazione di Veneziano lo aveva sconvolto, mai lo aveva visto scocciato e mai si sarebbe immaginato che potesse sentirsi infastidito tanto meno da Germania. Quest’ultimo era rimasto immobile, a fissare la mano tesa in avanti con bovino stupore; poi la sua espressione tornò quella di sempre, seria e lievemente arrabbiata, e si guardò attorno con evidente fastidio: << Bè? Che avete da guardare?! >> chiese a voce alta, e subito i presenti ritornarono a quello che stavano facendo prima o si sbrigarono a dirigersi verso gli ascensori.
Giappone si avvicinò all’amico tedesco, poggiando una mano sulla sua spalla, << Doitsu-san? >>
<< Va tutto bene, >> disse l’altro, sistemandosi nervosamente la cravatta << te l’ho detto prima, non è nulla di grave. >>
<< Non mi sembra. >> ribatté Giappone, osservando Germania con preoccupazione. Quest’ultimo sospirò stancamente, massaggiandosi gli occhi.
<< È un tale idiozia, non capisco perché se la sia presa tanto. >>
<< Doitsu-san, se non sono indiscreto, perché- >>
<< Deutchland! >> Germania si irrigidì quando sentì la voce irata e scocciata del suo boss chiamarlo, e subito si voltò mettendosi a petto in fuori, teso come una corda di violino.
<< Konbanwa ***-sama. >> disse Giappone, inchinandosi in segno di saluto. Il capo di Germania gli rivolse un piccolo sorriso, ricambiando il saluto, per poi tornare a concentrarsi sulla sua nazione con cipiglio infastidito.
<< Deutchland, è tutt’oggi che ti rincorro, verdammdt. >>
<< L-Lo so frau *** è solo che- >>
<< Niente “solo che” Deutchland! Hai avuto la testa fra le nuvole per tutta la riunione, non hai fatto altro che girarti in continuazione, ed è tutta la settimana che non fai il tuo lavoro come si deve! >>
<< L-Lo so. >> Germania abbassò il capo, imbarazzato. Il suo capo sospirò pesantemente, per poi rivolgersi a Giappone: << Herr Japan, potrebbe farmi un piacere? >>
<< Certo, se posso. >>
<< Se stasera non ha impegni, potrebbe per favore portare a cena fuori Deutchland? Magari con Preussen e herr Österrich. >>
<< Ma abbiamo una riunione con i mini- >>
<< Nein! Tu stasera uscirai e ti distrarrai un po’! >> disse, guardando con occhi di ghiaccio la sua nazione, la qual si mise immediatamente sull’attenti e rispose con un nervoso: << J-Jawohl! >>
<< A dire il vero, stasera ho una cena con Hungari-san e Ousutoria-san, ma non credo che ci saranno problemi se verrà anche Doitsu-san. >>
<< Perfekt. >> il capo di Germania sorrise soddisfatta e si congedò, non prima di dare alcune istruzioni alla sua nazione in tedesco, per poi raggiungere i suoi collaboratori. Solo quando entrò nell’ascensore Germania riuscì a rilassarsi del tutto: << Oh gott. >>
<< Doitsu-san, stasera alle otto e mezzo al ***, poco lontano da qui. >> disse Giappone, per poi salutarlo senza dargli il tempo di replicare e prendere al volo l’ascensore prima che si chiudesse.
Una volta fuori dall’edificio, controllò l’orologio, che segnava le cinque, e chiamò un taxi per andare in albergo a prepararsi. Durante il tragitto, scrisse un messaggio ad Ungheria: “Alla cena verrà anche Doitsu-san. Non è un problema, vero?”
La risposta della nazione magiara non si fece attendere: “Nem, anzi :-) Solo che alla cena si è accodato senza invito anche Poroszország assieme a Franciaország e Spanyolország <.<’. Comunque, ci vediamo al ristorante.”
Giappone sospirò pesantemente, cercando di prepararsi mentalmente a quella che si prospettava essere una lunga serata.
 

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Oilà! No non sono morta, ma l'avevo detto che avrei aggiornato a fine settembre XD
Che dire? Gli aggiornamente saranno mensili, anche perché sto provando a scrivere nel coltempo una storia che voglio finire per poi pubblicare in modo regolare, e spero seriamente di riuscirci. 
Bene, alloradirei che ci rivedremo a fine ottobre. :)

Grazie per le recensioni e le letture ragazzi. 

Alla prossima!
   
 
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