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Autore: Euterpe_12    29/03/2008    3 recensioni
“-Non ci credo Ichigo. Perchè non puoi dirmi che tutte le volte che ti sfioro questo brivido, questo bellissimo brivido, lo sento solo io. Non puoi dirmi che anche tu non vedi l'immenso nei miei occhi, perchè io nei tuoi lo vedo bene. E non puoi raccontarmi che quando ci siamo baciati quello non è stato il momento più bello della tua vita. Io non ci credo Ichigo, non ci credo!- inerme. Immobile. Incredula. Pareva che le avesse letto nel pensiero, un pensiero che nemmeno lei fino a quel momento era stata in grado di codificare e tradurre in un qualche modo. Lo amava? Vedeva davvero l'immenso nei suoi occhi?” Biagio Antonacci si chiede che differenza c’è tra amare e farsi male… forse se lo chiedono anche i protagonisti di questa storia: guerra e sangue. Cattivi che tanto cattivi non sono, e amori che non sarebbero mai dovuti nascere. Una KisshuxIchigo&RyouxIchigo piena di intrighi, in un mondo mangiato e consumato dalla guerra.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti ^__^ spero che questo capitolo vi piaccia… in realtà è solo la prima parte ma mi sono accorta che se no sarebbe stato troppo lungo

Salve a tutti^__^ eccomi con un nuovo cap! E’ la prima parte perché se no sarebbe stato troppo lungo e vi avrei potuto stufare!

 

Ringrazio molto chi ha commentato la mia storia e cioè: asiagiuly,

Shark Attack, _AqUa PrInCeSs_, Mitsutsuki_chan.

 

 

3-Ricominciamo... (part.1)

 

La pioggia cadeva inesorabile sulla grande Tokyo. Non importa, tanto non avrebbe disturbato nessuno. Erano in pochi ormai quelli tanto coraggiosi da camminare per strada la sera tardi, e lei sicuramente quella volta, non avrebbe affrontato una prova simile. Si scostò una ciocca di capelli rossi da davanti al volto: aveva davvero bisogno di certezze. E proprio per questo, si rese conto di dover prendere una serie di decisioni che, purtroppo, la mettevano di fronte a tutte le disgrazie che in pochi attimi, avevano intaccato la sua vita. In primo luogo aveva perso i suoi genitori. Una lacrima le scese giù sulla guancia, senza essere, tuttavia, fermata. Ormai era abituata a versare lacrime amare, e non era certo quella goccia di sofferenza caduta accidentalmente a fare la differenza. In secondo luogo, aveva perduto la casa e tutte le sue cose. A quel pensiero si guardò intorno, notando che la casa dove abitava in quel momento appariva piuttosto confortevole. Naturalmente si sta parlando del piccolo appartamento di Kisshu. Ichigo sorrise tra le lacrime: l’aveva accolta subito, senza alcun problema. Era una settimana intera che lo costringeva a dormire sul divano, senza nemmeno dargli la possibilità di avvicinarsi al letto. Sapeva in fondo al proprio cuore che Kisshu non si sarebbe mai approfittato di lei, ma era sempre meglio essere discreti. Ichigo si sedette sul grande davanzale della finestra, portandosi poi le ginocchia al petto. Pioveva ancora. “Che strano -pensò- nonostante il fitto rumore della pioggia... io riesco a sentire ben distintamente il mio dolore...” la ragazza si perse in quei fitti ragionamenti, rendendosi conto che, forse, era arrivata l’ora di darsi una mossa. Non solo perché non poteva continuare ad approfittarsi del suo amico, ma perché era pericoloso vivere con lui. Era già un reato essere amico di un non-umano, figuriamoci viverci insieme! Ichigo scosse il capo, abbandonando quella possibilità. Per quanto volesse bene al ragazzo, non poteva fare altro che cercare un modo per guadagnare dei soldi e trovarsi quindi un tetto economico sotto al quale vivere.

-Oh...  finalmente ci onori della tua presenza!- esclamò un ragazzino, forse poco più che dodicenne. I capelli castani e gli occhi furbi di chi la sa lunga. Fissava il proprio interlocutore con fare convinto, incrociando le braccia al petto e picchiettando il piede nudo per terra.

-Non scocciarmi, nano!- rispose Kisshu, poggiandosi sulla parete diroccata di un vecchio edificio. Il ragazzo sospirò, osservando il cielo notturno: era la prima volta che lasciava Ichigo a casa da sola, e sperava davvero che non accadesse nulla. 

-Lascialo stare Taruto, oggi il re delle corse è agitato...- comparve dal nulla una figura molto più alta degli altri due interlocutori. Gli occhi profondissimi sembravano due ametiste; i capelli legati in una treccia che era stata portata davanti, più precisamente sul lato sinistro. Teneva tra le mani un ventaglio rosso e giallo, quella che lui chiamava la sua arma di battaglia.

-Se... il re delle corse...- commentò Taruto dando un calcio contro un sassolino che trovò a terra. Tra Kisshu ed il nuovo arrivato ci fu un solo scambio di sguardi, poi Pay -questo il nome del giovane- si avvicinò all’interlocutore, guardandolo con aria investigativa.

-Dove sei stato queste ultime settimane?- domandò Pay, socchiudendo gli occhi ametista. Kisshu sorrise, portandosi entrambe le mani dietro alla nuca.

-In giro...- sussurrò, osservando l’interlocutore senza alcun problema. Aveva un segreto, e mai lo avrebbe rivelato. Ichigo sarebbe stata la sua “prigioniera” per un po’ di tempo, o forse di più?

-Sì, in giro! Non mi dirai che sei tornato solo perché hai speso tutti i soldi della tua ultima vincita...- indagò Pay, avvicinandosi sempre di più all’interlocutore. Quello sorrise, facendo di no con il capo. Kisshu, infatti, era un famosissimo ladro di auto: sin dall’età di tredici anni si dilettava nel furto di macchine, per poi utilizzarle nelle corse clandestine. Era l’unico modo che aveva trovato per guadagnarsi da vivere. E dato che ogni corsa rappresentava una vittoria, con il tempo era riuscito a guadagnare una bella somma che però, non gli bastava mai.

-Non scherzare! Comunque ora sono tornato, e voglio sapere la data della prossima corsa.- spiegò il ragazzo, cercando di tagliare corto. Sia Pay che Taruto lo guardarono con aria stupita, quasi avesse detto una cosa impossibile. -Che c’è?- domandò Kisshu, spalancando i grandi occhi dorati.

-Non la sai la novità?- chiese Taruto osservandolo strano. Kisshu rispose scuotendo il capo, ed attendendo così una risposta.

-Deep Blue ha fatto in modo di interrompere tutte le corse clandestine...- intervenne Pay, parlando piano.

-Pay, ti ricordo che si chiamano corse clandestine proprio perché sono segrete! Se il governo lo sapesse... mi dici dove sarebbe il gusto di correre? Vorresti dirmi che è impossibile organizzare delle corse di auto?- domandò Kisshu, più che stupito. Nella loro cultura le corse erano una cosa quasi normale: chiunque nascesse con il talento del pilota riceveva grandi lodi, seppur fosse tutto illegale.

-Purtroppo sì... Hanno intensificato i controlli.- sussurrò Taruto, abbassando il capo.

-E perché questi controlli improvvisi?- domandò ancora il ragazzo, sempre più incuriosito. Pay a quel punto alzò il capo, sospirando piano.

-Perché ti stanno cercando.- disse, incrociando le braccia. Gli occhi di Kisshu si spalancarono a dismisura, mentre le braccia crollavano lungo il busto snello. Non riusciva proprio a capire.

-E perché mai?- domandò, senza perdere tempo. In realtà un sospetto c’è l’aveva, ma non poteva anche solo immaginare che la notizia potesse essere arrivata sino ai piani alti in poco tempo.

-Perché sembra che tu nasconda un’umana a casa tua.- disse in risposta Pay, incrociando le braccia. Kisshu tentò di mantenere uno sguardo più normale possibile, ma era parecchio difficoltoso nascondere lo stupore e l’angoscia che lo avevano catturato in quel momento. Chi diavolo lo aveva visto andar via con Ichigo? Dopo quel che era accaduto erano usciti davvero raramente da casa sua, e sempre facendo parecchia attenzione a chiunque li potesse vedere insieme. Ed ora? Ora saltava fuori che qualcuno aveva fatto la spia!

-Che stronzate...- tentò di sdrammatizzare, facendo per andarsene. Era meglio non farsi vedere in giro. Si voltò quindi, sospirando piano.

-Kisshu?- lo chiamò tuttavia Pay, con aria severa.

-Ummh?- voltò solamente il capo, socchiudendo gli occhi. Si fissarono solo un secondo, giusto il tempo che aveva Pay per far comprendere a Kisshu la propria preoccupazione.

-A me non importa niente di quel che fai o non fai a casa tua... ma cerca per favore di stare lontano dai guai. Anche perché sai che ci metteresti in mezzo tutti noi.- disse semplicemente, mentre Kisshu tornava sui propri passi. Ci riflettè solo un secondo, tentando di mettere in ordine le idee.

-Io faccio quello che voglio... non sarà un dittatore bastardo come Deep Blue a togliermi la libertà!- detto questo si dileguò, così velocemente che Pay e Taruto ci impiegarono un attimo per comprendere che c’era davvero qualcosa che non andava.     

-Ichigo?- disse Kisshu, rientrando in casa. La vide seduta sul davanzale della finestra, a scrutare la pioggia che ormai, si era affievolita. Era strano come il tempo potesse cambiare da una zona della città ad un altra.

-Sono qua.- si voltò verso di lui. Kisshu notò che ancora una volta, aveva pianto. Le si fece quindi più vicino, squadrandola. Nonostante la loro convivenza, il ragazzo non poteva davvero fare a meno di guardarla in continuazione. Sembrava cibarsi della sua bellezza, vivere di ogni suo respiro. Si sedette accanto a lei su quel davanzale scomodo, osservandola riflettere. “Mia bella Ichigo, passerei la vita a guardarti. Se nella vita mi fosse concesso osservarti sempre, ascoltare il suono del tuo respiro ogni minuto della mia esistenza allora sì che potrei ritenermi un ragazzo fortunato...” quanto avrebbe voluto dirle ciò che pensava, ma come prevedibile, non lo fece. Si limitò a guardarla, guardarla così come solo lui riusciva a fare con quella rossina dall’animo d’oro. -Dove sei andato di bello?- chiese lei, voltandosi verso Kisshu. Quello ci riflettè un solo istante, decidendo di dire la verità solo in parte. Nonostante Ichigo sapesse del suo “lavoro” non proprio legale, preferiva tenerle nascoste certe cose.

-A trovare degli amici.- rispose, avvicinando il volto a quello di Ichigo. -E tu? Che hai fatto?- chiese, socchiudendo gli occhi. Come accadeva da sempre, i loro sguardi rimasero vicini a lungo, senza imbarazzo, senza preoccupazioni. Tuttavia quella volta Ichigo si scansò, alzandosi in piedi.

-Ho pensato...- si voltò verso il ragazzo. -Ho pensato a me e a te...- continuò ancora, sino a quando Kisshu non la interruppe.

-Hai capito finalmente che mi ami? Bè sì, ci hai messo un po’ ma... non ti preoccupare, per me va comunque bene!- precisò Kisshu, esprimendo fitta felicità. Era bastato guardarla in viso per capire che neanche i soldati di Deep Blue gli avrebbero tolto la possibilità di proteggerla. Avrebbe preferito stare rinchiuso in quella casa per sempre piuttosto che consegnarla a quei loschi individui. In fondo, pensava Kisshu, prima o poi l’avrebbe conquistata.

-Non scherzare, Kisshu-chan!- ribattè lei, portandosi entrambe le mani ai fianchi. Il ragazzo sorrise, poi fece spallucce.

-Io ci ho provato...- proferì, divenendo improvvisamente serio. -Su cosa avresti riflettuto allora?- chiese così, preso dalla curiosità.

-Bè... io ti sono davvero grata per l’ospitalità che mi stai dando ma... mi sono resa conto di dover trovare una soluzione a questa situazione.- rispose lei, sedendosi sul grande letto della camera. Lo stesso letto dove Kisshu aveva sognato di possederla tante volte. Il ragazzo non capì subito: quale soluzione?

-Di cosa parli? Mi sembra che una soluzione sia stata trovata...- si alzò in piedi, scrutandola con aria poco convinta, ma più di tutto indagatrice. Ichigo sentiva lo sguardo di Kisshu premere forte sulla propria figura, e questo la metteva non poco a disagio.

-No, ti sbagli. Da quando sono morti i miei genitori io mi sono approfittata  di te: per via della guerra sei costretto a stare sempre in casa perché mi nascondi... e se ci scoprissero?- Kisshu avrebbe voluto risponderle con un: “Non ti preoccupare Ichigo, tanto ci hanno già scoperti!” ma preferì evitare. Anche perché così avrebbe solo peggiorato la situazione.    

-Ichigo, non mi sembra di essermi mai lamentato. Qua sei al sicuro, qua non hai alcun problema...- la ragazza fece di no con il capo.

-Qua dovremo vivere entrambi come topi in trappola! Kisshu-chan, c’è già la guerra ad opprimerci, vogliamo farci ancor più del male?- domandò lei, alzandosi a propria volta in piedi. Aveva tentato di mantenere un atteggiamento tranquillo, tuttavia quella discussione l’aveva fatta innervosire.

-Io e te siamo amici da anni... questo nonostante la guerra e tutte le altre cose che vuoi mettere in mezzo! E tu lo sai il motivo? Lo sai?- domandò, avanzando verso di lei. Ichigo lo fissava incredula, chiedendosi perché il ragazzo volesse a tutti i costi averla vicino.   

-No... illuminami!- disse, con tono provocatorio. Solo un istante dopo Ichigo era già tra le braccia di Kisshu, in una morsa dolce ma amara allo stesso tempo.

-Perché tra noi c’è qualcosa... Ichigo, finchè io e te saremo vicini, niente potrà dividerci...- strinse ancor più la presa, sussurrando quelle piccole parole all’orecchio di lei. -Io me ne fotto della guerra, me ne fotto che potrebbero scoprirci... noi possiamo vivere qua, insieme.- la scansò piano, dandole una carezza leggera. -Ti prego, dammi la possibilità di aiutarti.- i loro respiri erano così vicini che poco sarebbe bastato per farli unire in un bacio. Ed Ichigo si distrasse, perdendosi per qualche secondo in quegli occhi così soli. Occhi che da sempre l’affascinavano, occhi che non aveva mai saputo interpretare. Forse perché non sapeva davvero la sua storia, forse perché nonostante Kisshu Hikisatashi fosse il suo migliore amico, in realtà non lo conosceva affatto. Si scansò qualche secondo dopo, agitata e con il fiato corto. Lo fissò poco convinta, con una mano premuta forte sul cuore.

-Kisshu-chan, lo sai che io ti sarò sempre riconoscente... ma non mi va di metterti in pericolo. Voglio rifarmi una vita... una vita in cui comunque, ci sarai anche tu.- si sedette sul letto, guardando in basso. -Aiutami ti prego!- pianse nuovamente, anche quando pochi secondi dopo il ragazzo le era accanto.

-Va bene Ichigo.- Kisshu parve più distaccato, ma volle tuttavia esprimere ciò che provava. -Ma lasciami almeno la possibilità di proteggerti.- per questo Ichigo gli porse il mignolo, che poco dopo fu stretto da quello del ragazzo.

-Ti prometto che ti starò sempre accanto, qualunque cosa accada.- ripeterono all’unisono, sorridendo tra una lacrima e l’altra. E finalmente quella sera la ragazza, poteva dire di andare verso una nuova vita.  

Ichigo lesse ancora una volta l’indirizzo del luogo in cui doveva andare. La ragazza infatti, doveva recarsi in una villa appartenente ad una famiglia piuttosto importante del Giappone. Avrebbe fatto semplicemente la cameriera, ma almeno quello era uno stipendio, quindi soldi, quindi casa. Scosse il capo, dicendosi che forse stava correndo troppo con la fantasia. Tra le altre cose, si era anche dimenticata il nome di quella famiglia prestigiosa. Che figuraccia avrebbe fatto? Cercò ancora, trovando finalmente il luogo desiderato. I suoi occhi rimasero sbalorditi nel vedere uno dei pochi edifici non distrutti dalle tante battaglie contro i non-umani. In effetti, notò, la villa si trovava in una zona piuttosto protetta, dove raramente si erano tenuti scontri diretti. Abbandonò quel pensiero, andando poi a suonare il campanello. Lesse il cognome: Shirogane. E capì presto, che non avrebbe mai e poi mai dimenticato ancora quel nome.

-Chi è?- domandò una voce.

-Sono la nuova cameriera.- specificò la ragazza, vedendo poi avvicinarsi in lontananza una donna piuttosto robusta con degli asciugamani in mano. Le aprì il cancello.

-Salve.- disse. Non era certo una di quelle persone che ispirano simpatia al primo colpo, ma Ichigo si disse che non doveva dare giudizi troppo presto.

-Salve, il mio nome...- tentò di presentarsi, ma quella non le diede il tempo.

-Non importa! Entra là, nella dependance, troverai tutte le divise. Poi io ti aspetto nella cucina, è nella porta sul retro.- disse la donna, correndo verso l’entrata della villa. Ichigo rimase in mezzo al vialetto a fissarla, più che sconvolta. Che bella accoglienza! Si recò quindi nella dependance, dove trovò un vasto assortimento di divise. Optò per una divisa rosa, con un simpatico grembiulino bianco. In coordinato c’era anche un cerchietto tipico da cameriera che la ragazza si sistemò sulla testa. I capelli li lasciò sciolti, come al solito. Poco dopo si recò nella cucina, dove la domestica robusta l’attendeva.

-Eccomi.- disse Ichigo, chiudendosi la porta alle spalle.

-Siediti.- le ordinò l’altra, divenendo sempre più seria. Sembrava fare una radiografia completa della sua interlocutrice. -Allora, abbiamo poco tempo. La famiglia Shirogane è formata da tre persone: il signor Kaze, la moglie Katy ed il figlio Ryou. Ma spesso li viene a trovare un loro caro amico che si ferma anche per la notte.- disse ancora, poggiando il pugno sul tavolo. -La villa è molto grande, per questo ad ogni cameriera  vengono assegnate delle aree: tu hai quella del primo piano nella seconda ala. Ti occuperai della pulizia delle stanze e della biancheria.- Ichigo non la stava ascoltando molto: era troppo assorta nei propri pensieri. Chissà com’erano questi Shirogane. Ed il figlio? Ci pensò su: magari era uno di quei bambini viziati che corrono da una parte all’altra senza darti pace. Sospirò a quel pensiero, dicendosi di dover tornare ad ascoltare la donna. -I tuoi turni sono dalle otto alle dodici, e poi dalle sedici alle venti. Se abiti lontano ed è pericoloso venire qua, allora i signori possono cederti una stanza in cui dormire.- disse la donna, dando una luce importante ad Ichigo. Se avesse accettato di vivere là, almeno avrebbe potuto smettere di stare a casa di Kisshu. Immaginò la faccia del suo amico mentre gli dava la notizia, ma preferì evitare quel pensiero. Poco dopo lei e la donna stavano già percorrendo il grande corridoio del piano superiore, dirette verso le stanze che Ichigo avrebbe dovuto pulire. -I signori non sono troppo scrupolosi, ma desiderano che noi facciamo bene il nostro lavoro. Inizia con il pulire questa camera, poi togli le lenzuola e portale in lavanderia dove ti ho detto prima. Le lenzuola pulite sono qua, mi raccomando!- disse la cameriera, porgendole le lenzuola. Neanche un sorriso uscì dalle sue labbra, ed Ichigo pensò che probabilmente, se avesse approfittato della loro ospitalità, avrebbe potuto averla come compagna di camera. Le venne un brivido: non era certo un’idea allettante! La donna si dileguò subito dopo, lasciando Ichigo al proprio lavoro. La ragazza si guardò intorno: la camera era estremamente semplice, un contrasto piuttosto evidente con la sfarzosità e la bellezza dell’edificio. Il mobilio era costituito semplicemente da un letto singolo, un armadio ed una scrivania con sopra un computer. Davanti al letto era stato posto un tappeto verde, che rappresentava un certo contrasto con la tristezza della camera. Ichigo infatti notò che pareti, tende e coperta erano completamente bianchi. Si chiese se quella non fosse la camera degli ospiti. Era talmente semplice che sicuramente non sarebbe stata adatta né ai signori della villa -oltre tutto c’era solo un letto singolo- né al loro bambino viziato. Si voltò quindi verso la finestra, tirando poi le tende. Era strano, ma finalmente aveva potuto guardare fuori senza correre il rischio di essere attaccata da uno dei non-umani. In quella zona della città, infatti, si poteva vivere quasi normalmente: le battaglie erano davvero rarissime, infatti erano in pochi a potersi permettere di vivere “tranquillamente” là. Ichigo ci pensò su: solitamente erano i grandi scienziati o gli uomini di politica a permettersi un tale lusso; che fosse capitata in una famiglia davvero importante? Purtroppo la ragazza non poteva saperlo, era da talmente tanto tempo che non guardava un telegiornale o che non leggeva qualcosa che la notizia di quella famiglia di certo non le sarebbe potuta arrivare. Si voltò quindi verso il mobiletto posto accanto al letto. Era ancora curiosa di sapere di chi fosse quella camera. Notò sopra al comodino il modellino di una moto: era rossa e nera, un vero gioiellino. Ichigo la guardò bene, immaginando come sarebbe stato fare un giro sopra ad una di quelle. “Deve essere fantastico!” pensò, dicendosi che era arrivata ora di lavorare. Doveva abbandonare la propria curiosità e dedicarsi anima e corpo a quella che sarebbe stata la sua occupazione forse per il resto della sua vita. Sospirò, poi prese a fare le faccende. Prima cambiò le lenzuola del letto, sistemando tutto con cura. Poi spazzò a terra, notando che quella camera era assolutamente immacolata, quasi non ci stesse mai nessuno. “Sì…. Deve essere la camera degli ospiti.” Pensava lei, mentre stanca, si abbandonava seduta sul letto. Aveva ancora la scopa in mano, ma sicuramente nessuno l’avrebbe picchiata se si fosse fermata anche solo cinque minuti. Tuttavia un attimo dopo udì dei passi dall’esterno. Si alzò subito in piedi, poggiando la scopa al muro. Che fosse la cameriera che era venuta a controllare il suo lavoro? Rimase ferma in mezzo alla stanza, attendendo il verdetto. E come predetto, udì la porta aprirsi. Anche lei aprì gli occhi, ma di certo non si aspettava di vederlo. Lui, lui che le avrebbe sconvolto la vita. La ragazza rimase sbigottita nel vedere il giovane più bello che avesse mai avuto la possibilità d’incontrare; ed avrebbe sfidato chiunque a dire il contrario. Aveva i capelli biondissimi, di un chiarore quasi angelico; gli occhi blu, profondi e misteriosi lamine di ghiaccio difficili da scalfire; un fisico snello ed armonioso, composto da muscoli e gambe lunghe e ben formate. Quel che la preoccupò, tuttavia, fu l’abbigliamento del ragazzo: era semplicemente in accappatoio! Non che quella visione fosse sgradevole, anzi, ma il cuore aveva davvero iniziato a battere a mille.

-Emmh...- fece, riafferrando la scopa in mano. Sarebbe dovuta uscire dalla camera. -Tolgo il disturbo.- disse. Se quello era il figlio dei signori Shirogane... altro che bambino viziato! Procedette quindi verso l’uscita, notando che il ragazzo era rimasto sul ciglio della porta.

-Sei la nuova cameriera?- domandò lui, rimanendo fermo. La ragazza arrossì, notando quanto perfetti fossero i suoi lineamenti. Annuì semplicemente, dicendosi che sarebbe dovuta rimanere calma.

-Sì, mi hanno detto di pulire la tua stanza.- le venne quasi automatico dargli del tu: in fondo, non doveva essere tanto più grande di lei.

-Capito...- prese a guardarla. Ma perché la scrutava così tanto? E dopo pochi secondi, Ichigo sentì la mano del ragazzo premuta sul proprio petto. La fece camminare all’indietro, per poi farla cadere sul letto. Ma che diavolo voleva farle? Ok, era bello ma... non poteva permettersi di toccarla!

-Ehi che...- disse, tentando di trattenere le urla. Il ragazzo era sopra di lei, fermo come una statua. La sua espressione non era mutata neanche quando Ichigo aveva iniziato a guardarlo con espressione ricca di paura. -Lasciami...- sussurrò un secondo dopo. Ma lui non l’ascoltava. Chino su di lei, le alzò leggermente la gonnellina della divisa. Bastò una sola occhiata alla coscia ormai nuda, per fargli cambiare completamente espressione.

-Tu...- sussurrò, completamente sconvolto. Ma il ragazzo non ebbe il tempo di alzare lo sguardo che Ichigo gli tirò un calcio ben assestato, che lo fece cadere a lato del letto.

-Sono una cameriera...  non mi presto a nulla!- esclamò, guardandolo un solo istante. Poi corse via, con le lacrime agli occhi. Ma quel tipo era completamente pazzo? Correva senza tregua, dicendosi che aveva iniziato davvero bene: se con il termine cameriera in quella casa si voleva definire il ruolo di putttanella... allora avevano sbagliato persona! Corse sempre più veloce, convinta di dover andarsene da quella casa. Ma accidenti: era talmente grande che non sapeva dove si trovasse l’uscita! Improvvisamente però, si scontrò contro qualcosa, o meglio qualcuno.

-Ehi... che succede?- chiese una voce. Ichigo alzò lo sguardo, notando di fronte a sé un uomo piuttosto alto, dai folti capelli castani. Non appena i loro sguardi si incrociarono, Ichigo sentì che era scattato qualcosa. Qualcosa d’importante, o forse no?

-Mi scusi...- disse, trattenendo le lacrime. Era stato davvero ignobile ciò che aveva dovuto subire.

-Non ci posso credere… - l’uomo le porse la mano, aiutandola ad alzarsi. La scrutò: era sicuro. -Ichigo Momomiya?- domandò, con la faccia sconvolta. La ragazza non ebbe il tempo di rispondere, che arrivò da dietro le sue spalle il ragazzo biondo tutto trafelato. Questa volta si era infilato un paio di jeans, lasciando il petto scoperto.

-Aspetta!- tuonava, sino a quando non si fermò. Ichigo non sapeva davvero che dire: quel biondino si era comportato con lei da maniaco sessuale, mentre l’altro conosceva il suo nome!

-Stammi lontano!- tuonò tuttavia, in preda alla paura. Il solo pensiero di ciò che le avrebbe potuto fare la mandava in bestia.

-Ryou, che le hai fatto?- domandò Kaze, osservandolo. Quello fece spallucce, socchiudendo gli occhi blu.

-Lei è una delle nostre ragazze...- disse, lasciando il padre sgomento. Quello si voltò verso Ichigo, confusa per via della situazione.

-No, io sono una cameriera!- specificò, lasciando Kaze sempre più sbalordito. Quello si voltò verso di lei, posando entrambe le mani sulle piccole spalle.

-Ichigo Momomiya?- domandò ancora, guardandola negli occhi. Era sicuro, anzi sicurissimo che si trattasse della figlia di Shintaro Momomiya.

-Sì...- sussurrò appena, chiedendosi quale sarebbe stata la reazione dell’uomo. Kaze infatti pianse. Due lacrime solitarie scesero sulle sue guance, lasciandolo completamente sconvolto.

-Non ci posso credere... finalmente ti ho trovata!- esclamò, mentre sia Ichigo hche Ryou rimanevano basiti dalla situazione.

Il laboratorio era freddo e buio. L’avevano portata là non appena Kaze le aveva spiegato la sua situazione. Ichigo si era emozionata non appena saputa la notizia che l’uomo, era stato un caro amico di suo padre. E che si era preoccupato tanto per lei, da farla cercare per tutta la città. Non appena trascorsi i convenevoli, il figlio le aveva fatto scendere una lunga scala, facendola arrivare in un luogo buio e desolato. L’unica fonte di luce era un grosso schermo, sotto al quale era stato collocata una scrivania sulla quale, probabilmente, venivano presi gli appunti.

-Potrei sapere che posto è questo?- domandò Ichigo, fermandosi in mezzo al buio laboratorio. Sia Kaze che Ryou si fermarono davanti allo schermo, sorridendo beffardi.

-Non credevo che proprio lei sarebbe stata una delle prescelte.- commentò Kaze, incrociando le braccia. Il figlio lo fissò con aria complice, andando poi ad accendere il grande schermo. Ichigo intanto continuava a fissarli, piena di interrogativi in testa.

-Prescelte? E chi sarebbero?- chiese, venendo interrotta.

-Ichigo, tu sai perché combattiamo questa guerra contro i non-umani?- domandò Kaze, con aria gentile. Ichigo fece di no con il capo, pensando semplicemente alla sua infanzia disastrata dalla guerra. A tutti gli amici che aveva tra i non-umani, e che aveva dovuto abbandonare. -Purtroppo sono in pochi ad esserne a conoscenza. A dirla tutta la comunità scientifica lo sa da poco.- specificò Kaze, abbassando lo sguardo. -Deep Blue, il loro nuovo dittatore, ci ha dichiarato guerra perché vuole da noi l’acqua cristallo.- disse, suscitando nuovi dubbi nella ragazza.

-Acqua cristallo?- domandò, sentendo che era qualcosa d’importante. Lo scienziato tornò a guardarla, sorridendo appena.

-Non so dirti purtroppo cos’è, poiché noi umani non disponiamo di un tale oggetto. Tutto ciò che siamo riusciti a capire è che quello doveva essere un cristallo parecchio importante per i non-umani, e Deep Blue è convinto che noi lo abbiamo rubato alla sua gente.- l’uomo fu interrotto dal figlio.

-E’ da quel momento che è iniziata la guerra.- Ichigo notò quanto la voce di Ryou fosse profonda e calda. Abbandonò subito quel pensiero, trovando finalmente un barlume di luce.

-E dire loro che noi non abbiamo l’acqua cristallo?- Kaze ridacchiò.

-Oh Ichigo, sei proprio come tuo padre... magari fosse così semplice! Lo abbiamo fatto ma non ci vogliono ascoltare.- disse.

-Ok, ma io cosa centro in questa storia?- poco dopo un piccolo robottino rosa le comparve davanti. Ichigo rimase subito scioccata da una tale apparizione, fissandolo con occhi sgranati.

-Ciao Ichigo! Ciao Ichigo!- ripeteva il robottino, facendo strani giochetti nell’aria.

-Su Masha, non giocare. Dalle il suo medaglione!- ordinò Kaze. Qualche secondo dopo comparve tra le mani della ragazza un medaglione molto particolare che Ichigo sentì estremamente prezioso.

-E questo...-

-Tu sei una delle cinque prescelte che dovranno salvare la terra da questa guerra.- disse Ryou, incrociando le braccia. Ichigo lo guardò con aria di sfida: come poteva ordinarle una cosa simile?

- Cosa? Ma tu deliri! E poi  chi ti ha detto che lo farò? Voi mi avete portata qua... mi avete raccontato cose più grandi di me e...- si dimenava, agitando forte le braccia.

-Salveresti il mondo intero.- l’interruppe Ryou, uscendo dal grande laboratorio.

-Dove vai?- gli chiese il padre, osservandolo allontanarsi.

-A prepararmi... Ichigo deve affrontare la sua prima battaglia!-         

 

   
 
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