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Autore: IamShe    30/09/2013    12 recensioni
Non è buffo? È mio marito e padre di mio figlio, ma non conosce quel qualcuno che è la causa scatenante delle mie azioni; quel qualcosa a cui la mia vita si relaziona per essere tale. «Shinichi Kudo» dico. Non lo conosce, sa soltanto che è il mio amico d’infanzia.
Sorrido, afflitta. Di che mi lamento? In fondo è davvero così.

Ran è sposata ed ha un figlio, ma il marito e padre del suo bambino non è Shinichi. Lui è mancato per dieci lunghi anni e continua a mancare. Eppure, anche quando credeva di aver finalmente voltato quella maledetta pagina, di aver dimenticato quel nome, si ritrova a dover fare i conti col suo passato. Un passato che è più vicino di quanto voglia ammettere.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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#8 Il puzzle completo

 
Shinichi lascia scivolare le sue dita fra le mie, accarezzando dolcemente la mia bocca con le sue labbra. Ho chiuso gli occhi e non lo vedo, ma permetto agli altri sensi di giocare con la sua presenza. L’udito ascolta il suo lieve ansimare, il tatto disegna la linea del suo corpo, l’olfatto annusa il profumo mascolino e forte della sua pelle, mentre il gusto assapora il piacere della sua lingua sulla mia. Con la mano libera sfioro la sua schiena, ma non ho voglia di indugiare oltre: lascio che le mie dita scivolino sino all’orlo della sua maglietta, e gliela alzo, sfilandogliela. Lui sorride, poi torna ad agganciarsi alle mie labbra. Mi spinge verso il muro e mi blocca ad esso. Avverto le sue mani sui miei fianchi, mentre io vado a circondargli il collo con le braccia. Non smetto di baciarlo e non ho alcuna intenzione di farlo. Adesso so cosa farò. Vivrò a pieno il mio amore, crescerò Conan come meglio potrò, accanto al padre ma anche accanto alla persona di cui più ho bisogno al mondo. È inutile mentire, è stupido sperare che un giorno io possa lasciarmelo alle spalle. Non ci sono riuscita in dieci anni e non ci riuscirò mai. E adesso so che questa sarebbe dovuta essere la prima scelta, fin dal principio. Fin da quando feci l’amore per la prima volta con Conan, in quella notte di Natale di quasi un anno fa. La stessa scelta che avrei dovuto fare nel momento in cui scoprii la sua vera identità e negli istanti in cui avevo paura potesse mentirmi ancora. La stessa che avrei dovuta fare nel momento in cui scoprii d’essere incinta, e lo dissi a lui...
Esco dal bagno gettandomi la porta alle spalle con incuranza. Ho già la nausea e sospetto che nel giro di qualche minuto tornerò a vomitare. Sono incinta. Aspetto un bambino. E allora Shinichi, o Conan, o chi diavolo sia, resterà davvero il sogno lontano della ragazzina liceale che lo sta ancora aspettando.
L’ecografia l’ha confermato. La ginecologa l’ha confermato. Sono incinta. Cosa posso fare altrimenti? Non so cosa pensare, ed il peggio è che i miei pensieri virano ad una sola persona: Shinichi non può più appartenermi. Come posso privare al bambino che porto in grembo la presenza di suo padre? Per cosa poi? Per una cotta finita male anni fa? Se in questi giorni avevo creduto, sperato almeno di trovare le parole giuste per parlare a Shirai e dirgli che, in fondo, gli volevo bene, ma non lo amavo, adesso mi ritrovo a cercare di confessargli che aspetto un bambino. Per un po’ rimugino su quando possa essere successo.
“Il feto è di due settimane” mi ha detto il medico. Tre settimane, circa venti giorni.
Con un po’ di sforzo riesco a ricordare quella sera a casa sua, il giorno prima che Shinichi si rivelasse a me. Ci spogliammo e facemmo l’amore, dimentica d’essere nel periodo proficuo alla semina. Dev’essere stato lì, indubbiamente.
Alzo lo sguardo, e mentre gli occhi si inumidiscono, incontro Shinichi nel corridoio che lega la toilette alla mia camera. Lui dorme ancora lì, con me.
Non ci parliamo da tantissimo tempo. Non riesco più a dirgli nulla da quando ho scoperto d’esser stata presa in giro per dieci lunghi anni. Lui mi lancia un’occhiata profonda, preoccupata. Ha di sicuro notato la mia cera poco vivida. Entriamo insieme in camera, mentre io tento di ignorarlo. Sembra essersene accorto. Mi blocca il polso e mi costringe a guardarlo.
“Stai bene?” mi chiede, ma so per certo che conosce già la risposta. Esito qualche minuto ancora, e nel frattempo riesco a liberare il mio polso dalla sua mano. È giusto che lui sappia la verità.
Lo guardo e recuperando tutto il fiato che possiedo, lo butto fuori: “Sono incinta, Shinichi.”
Lui non si muove, probabilmente ha perso l’uso degli arti e della parola. Le lancette dell’orologio scoccano diversi minuti e parecchi secondi, prima che torni a parlare.
“...Incinta?” , il suo tono è talmente incredulo che fa dubitare anche me di quello che dico.
Annuisco, tentando di convincermi. “Incinta” ripeto.
Mi guarda con gli occhi divaricati e le labbra dischiuse. “Di chi...?” prova, ma io lo fermo.
“È di Shirai. Il feto è di due settimane.” Rispondo. Avrei potuto aggiungere “ed io e te siamo stati insieme solo una volta, e più di un mese fa” ma non credo sia il caso. Adesso non è il caso di far nulla. Shinichi abbassa le palpebre e stringe i pugni, deglutendo saliva.
“Cosa... cosa farai?” mi chiede poi. Noto che i suoi occhi sono lucidi e che la sua voce è tutt’altro che sicura.
Adesso sono io a deglutire, sperando di liberarmi del nervosismo e del senso di paura che mi opprime.
“Shirai mi ha chiesto di sposarlo.”
È un’altra bomba, un’altra esplosione che distrugge quel poco di speranza che i nostri cuori avevano covato in questi giorni. Il destino è stato davvero cattivo per noi.
Lui mi guarda, incredulo, ed io aggiungo rapidamente: “Gli ho risposto di sì.”
È la fine di tutto quello in cui avevo sperato. Le lacrime mi riempiono gli occhi ma so per certo che io non posso cedere, non voglio fargli capire che alla fine ci ho davvero sperato ancora in noi. Shinichi non parla, sembra perfino non respirare.
“Dimmi una cosa...” intavola, con un filo di voce. “Mi avevi detto che ero ancora importante. È vero? Mi ami, Ran?”
Non rispondo subito. Devo trattenermi dall’urlargli: sì, ti amo. Ti amo da impazzire. Ti amo da sempre e per sempre. Ma è tutto così complicato adesso. Tutto così difficile, tutto così sbagliato. Penso al bambino dentro di me, sento che gli devo molto più di quello che posso offrirgli. Lo faccio solo per lui, pensando a lui.
“No. Non più.”
Shinichi deglutisce, si prende qualche istante per metabolizzare. Sospira, poi abbassa gli occhi e stringe i pugni.
“...sono felice che tu abbia trovato l’uomo da amare e non l’uomo da aspettare.”
Si avvicina, mi prende il viso e mi bacia la fronte. Rimaniamo per un po’ così, senza parlare, senza muoverci. Una lacrima mi attraversa l’occhio e cade sulla mia guancia, scivolando velocemente verso il pavimento. Proprio come noi, come la nostra storia, precipitata non appena cominciata.
Ho l’incessante bisogno di aprire gli occhi e guardarlo. Non riesco a credere che da quel giorno sia mutato tutto ma che per l’ennesima volta il fato non si sia solo fermato a guardare. Ha messo in moto altri momenti ed ha cambiato ancora le carte in tavola. In quell’istante credei che non l’avrei mai più rivisto in vita mia, e il fatto che il giorno dopo fosse scomparso me lo assicurò. In camera mia trovai un biglietto quella mattina. C’era scritto «farò finta di morire», e per i primi minuti non capii a cosa si riferisse. Ma qualche giorno dopo sì: non mi preoccupai quando il dottor Agasa diede ai miei genitori la triste notizia.
Fu quella scomparsa, a farmi capire che avrei dovuto chiamare mio figlio come il suo alter-ego.
Shinichi mi sta trascinando verso il letto, ma credo abbia notato il mio esitare. Mi sono immersa così tanto in quei ricordi che quasi ho dimenticato il presente. Mi guarda e si ferma, preoccupato.
“Che succede, Ran?”
Le lacrime tornano di nuovo, tornano incombenti. Ho bisogno di abbracciarlo e tentare di dimenticare tutto ciò che ha ostacolato la nostra vita. Gli salto addosso e lui mi prende in braccio, con atteggiamento spaesato. Affondo il mio viso nell’incavo della sua spalla e lo stringo forte a me, come se niente potesse staccarci.
“Mi sei mancato. Mi sei mancato tantissimo.”
Lui mi sta accarezzando i capelli, ma non smette di stringermi. “Adesso sono qui.”
“Ero innamorata di te quando cercavo un modo per dimenticarti, lo ero quando incontrai Shirai e quando Conan cominciò a mostrarsi diverso. Ero innamorata di te quando baciai per la prima volta Conan e quando feci per la prima volta l’amore con lui...”
“Con me.” Mi corregge, sorridendo.
“Ma io ero innamorata di te, e non di Conan! Lo feci con lui perché mi ricordava te. E poi scoprii che eri tu, che eri sempre stato tu! E quella è stata la prima volta, dopo anni, che ho sperato che le cose si risolvessero davvero. Ma non te lo dissi perché ero arrabbiata e allora rimandai! E rimasi incinta e lì tutto cambiò...” scoppio a piangere di nuovo, ma Shinichi torna a guardarmi negli occhi.
“Ran...”
“Scusa se non ho scelto te sapendo comunque di amarti.” Dico poi, lasciandolo leggermente di stucco. “Sono stata una vigliacca! Non ho saputo decidere, ho intrapreso la strada più semplice... quella che, almeno all’apparenza, avrebbe dato meno problemi. Ti mentii un anno fa, io ti amavo, ma come potevo dirtelo? Mi dicesti che eri felice che avessi trovato l’uomo da amare e non da aspettare. Scusa se non ti ho detto che quell’uomo eri sempre tu.”
“Ran... non importa.” Mi prende le spalle e mi guarda fisso. “Di quante cose mi hai perdonato tu?”
“Non c’entra. Avrei dovuto scegliere te... ed invece sono stata pessima! Con te, con Shirai, con me stessa! Tu eri costretto a mentirmi, lo facevi per proteggermi.”
“Ma ti ho comunque mentito per dieci anni.” Lui sorride. “E tu mi hai comunque perdonato. Mi hai aspettato più di quanto credessi. Hai sperato che io tornassi tutti i giorni. Non hai nulla da rimproverarti.”
“Ma ho sposato un altro, ho un figlio con un altro! Ieri... ieri ho fatto sesso con lui. È stato orrendo, ma... tu... come puoi perdonarlo?”
Mi poggia un dito sulle labbra. “Ran... a volte c’è bisogno di sbagliare per trovare la strada giusta.”
Rimango per un po’ zitta ad ammirarlo. Mi sento diversa, mi sento libera di un peso. È come se dirgli la verità avesse purificato il mio spirito.
“Lo credi davvero?”
Annuisce. “Sei la donna migliore che potessi incontrare, Ran.”
Il mio cuore si ferma, o forse solo adesso ha ricominciato a battere. Nell’incapacità di dire qualsiasi cosa ho solo la certezza di amarlo davvero, di amarlo come pochi fanno. Ciò che ci unisce è qualcosa di unico. Qualcosa che appartiene solo a noi e che decidiamo solo noi.
“Ti amo, da sempre” dico.
Sento le nostre labbra scontrarsi e i nostri respiri unirsi di nuovo, in un unico grande circolo. Accarezzo la sua pelle meravigliosa, il suo petto allenato, scivolo lungo i suoi bei capelli corvini. Mi lascio trascinare sul letto, dove lo aiuto a spogliarmi. Intreccio le nostre lingue, assaporando la sua saliva e stringendomi alla sua schiena. Mi alza la maglietta, mi bacia la pancia con dolcezza, e mentre io sorrido ed inarco la testa all’indietro, il campanello di casa suona. Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
“Ho il presentimento che l’erede della Suzuki Corporation sia tornata.” Mi dice, donandomi un bacio sulle labbra, prima di alzarsi.
“Cosa te lo fa pensare?” gli chiedo, inarcando un sopracciglio. In contemporanea con lui mi alzo anche io. Mi infilo di nuovo la maglia, mentre lui copre i suoi addominali con la sua, gettata a terra da me, prima.
“La borsa. L’ha dimenticata qui, prima.” Rivela, ridacchiando.
Rido anche io, mentre raggiungo la porta. La apro, ed ovviamente lui aveva ragione. Sonoko entra in casa col viso paonazzo.
“Ehm... non voglio assolutamente interrompere i due piccioncini, solo è che...”
“Hai dimenticato la borsa.” Sorrido, anticipandola.
Mi guarda, deglutendo ed annuendo. “Sì. Scusa. Vi ho disturb...? No, non me lo dire. Non lo voglio sapere.”
Scoppio a ridere. “Sonoko... non preoccuparti.”
La lascio entrare ed insieme arriviamo in salotto, dove lei si copre gli occhi con le mani.
“Ci sono detective nudi in casa? Non vorrei imbattermi in visioni spiacevoli.”
“È vestito, puoi guardare.” Le levo le mani e lascio che guardi l’ambiente e si imbatta in Shinichi, a mezzo metro da noi.
“Oh, bene.” Lo squadra, poi torna ad osservare me. “Spero che non sia veloce a farlo quanto a rivestirsi, perché sennò sei messa male, amica mia.”
Shinichi scoppia a ridere, mentre io mi passo una mano sugli occhi, imbarazzata. “Sonoko...”
La mia amica si avvicina al salotto dove aveva posato la borsa stamattina, la prende e si gira di nuovo verso di noi. Precisamente, vira verso Shinichi.
“Devo chiederti scusa.”
“Per averci disturbato?” sorride malizioso lui. Io arrossisco ancora di più.
“A parte”, ride lei. “Scusa per come mi sono comportata prima. Ran dice che hai avuto delle buone ragioni per sparire...ed io le credo.”
Sorrido anche io adesso. Shinichi annuisce soltanto, sempre ridente.
“E poi, in fondo... ma proprio in fondo... mi è mancato prenderti in giro.” Dice, con tono più dolce. “Bentornato ufficialmente.”
“Grazie.” Risponde lui. “Ma mi fai paura quando sei così... sopportabile.”
“È solo adesso, non abituarti.” Sonoko si gira a guardarmi, spegnendo man mano il suo sorriso. “Shirai-kun lo sa?”
Scuoto il capo. “No. Glielo dirò stasera appena torna. Domani avremmo dovuto firmare la legalizzazione del matrimonio e vorrei dirglielo prima.”
“Be’, quando si dice i colpi di fortuna! Menomale che il piccoletto è nato proprio quel giorno. Era un segno del destino, secondo me.” Poi si volta verso Shinichi. “Tu non c’eri quel giorno. Lo devi sapere: le si sono rotte le acque proprio prima che pronunciasse sì. Ti giuro che all’inizio ho creduto stesse fingendo” ride, e contagia anche lui.
“Perché?”
“Sembrava fatto apposta! Poi però si è accasciata a terra, e tutti siamo corsi con lei in ospedale. Conan è nato dopo circa due ore, ma purtroppo è stato in incubatrice tantissimo tempo. Che cucciolo... un bambino bellissimo costretto alla respirazione artificiale. Mi piangeva il cuore.”
“Vedessi a me” rispondo io, al ricordo di quei giorni. Vedere mio figlio lì dentro mi abbatteva ancora più di quanto già lo fossi.
“Ah, Ran. C’è una cosa che non ti ho detto. Ricordo che in uno di quegl’infernali giorni, vidi Shirai particolarmente agitato. Certo, era normale ovviamente. Però ricordo della sua figura uscire dall’ospedale e calciare contro un cestino e gettarlo a terra. Stava malissimo, povero.”
Abbasso lo sguardo, sentendomi profondamente in colpa. Dopo la nostra discussione di ieri, sarà difficile rivelargli la verità. Non vorrei ferirlo, ma lo farei anche mentendogli. Sarebbe inutile.
“Be’, comunque non pensiamoci più.” Sorride lei.
“Già, ormai è passato.” Dico.
Sonoko rimane per un po’ silenziosa. “M- meglio che vada, no?”
“Non vuoi restare a pranzo, dai?” La invito, pregandola con gli occhi. “Stiamo un po’ insieme.”
Tossisce, maliziosa. “Credo che il tuo amore abbia altri progetti per voi per pranzo...”
Shinichi ride, poi scuote il capo. “Non ho fretta.”
“Sonoko, dai!” avvampo nel frattempo. “Rimani.”
Lei sospira e socchiude gli occhi. “Mmh...”
Ci supera e posa la borsa sul tavolo del soggiorno, poi torna a guardarci, mandandoci occhiate strane e spiritose.
“Lo faccio ad una condizione” dice, poi.
“Quale?” mi interesso io, tentando di leggere la sua mente attraverso la conoscenza che ho di lei. Ma non mi viene in mente nulla.
“C’è una cosa che vorrei vedere da più di dieci anni.”
“Sarebbe?” stavolta lo chiedo insieme a Shinichi.
“Vi date un bacio davanti a me!?” schiamazza, incrociando le mani in pugno.
“Eh?” arrossiamo all’istante noi, mentre lei guizza felice come un bambino.
“Ho sempre desiderato vedere un vostro bacio. Su, su.”
“Ma sei impazzita?!” grido, paonazza.
“Dai, Ran! Per favore!” mi prega, illuminando i suoi occhi. “Sennò me ne vado! E sarà colpa tua.”
Sbuffo, mandando un’occhiata al mio detective. Anche lui è leggermente rosso in viso, ma è meno imbarazzato di me. Mi osserva ridacchiando, poi si avvicina. Mi prende il viso e mi bacia, unendo le nostre labbra in un altro dolce tocco. Socchiudo gli occhi nell’istante in cui avverto il suo profumo vicino e la sua bocca sulla mia, ma li riapro appena qualche secondo dopo. Ho la certezza che questo basti a Sonoko, e infatti, continua a schiamazzare.
“Ooooh! Siete perfetti!”
Ci abbraccia forte, e poi sorride: “Siete la coppia più bella che esiste!”
 
 
 
 
Quasi con l’abilità dei migliori camerieri, porto a tavola tre piatti di ravioli al vapore. Conosco i gusti di entrambi i miei ospiti, e sono abbastanza certa che rimarranno felici del pranzo. Seduti a tavola uno di fronte all’altro, Sonoko non fa altro che cercare di storcere a Shinichi informazioni sui suoi dieci anni di assenza. Lui gioca con mio figlio, facendo rimbalzare la palla sulle sue gambe. Ignora la mia amica ereditiera, essendo comunque impossibilitato a raccontarle la verità. Io posso solo rimanere zitta e perdermi ad osservarlo. Stasera dirò a Shirai ogni cosa, e probabilmente questo porterà ad odiarmi da parte sua. Ed anche se fosse l’ultima cosa che vorrei, non posso decidere i suoi sentimenti. Avrebbe tutte le ragioni per farlo. L’ho tradito prima e dopo, senza rendermi conto di star distruggendo ciò che avevamo sperato di costruire. Ma mentirgli ancora sarebbe inutile e dannoso, soprattutto per Conan. Se prima avevo qualche dubbio, adesso sono certa che sia meglio per mio figlio vivere con genitori separati piuttosto che con genitori che non si amano. Lascerò che Shirai abbia tutti i diritti e doveri su Conan, lascerò che si amino come avrebbero fatto se non fosse successo tutto questo e lascerò che il mio amore per Shinichi non pesi al mio bambino.
Nel guardarlo così, giocarci con tutta questa spontaneità, non posso fare a meno di pensare che sarebbe potuto essere un padre perfetto per il piccolo. Che la speranza che ebbi mesi fa che il figlio fosse suo non era del tutto stupida, ma guidata da un principio più razionale: Shinichi è un esempio di comportamento per molti, sebbene non tutti lo sappiano.
“Ecco a voi” porgo a loro i piatti, mentre ripongo il mio davanti al mio posto.
“Almeno una cosa devi dirmela!” continua coi suoi intenti persuasivi Sonoko, impugnano la forchetta. “Quante volte sei tornato ed io non lo so?”
Shinichi mi guarda e sorride, ed io lo imito. “Mai tornato, ma son sempre stato vicino.”
Strabuzzo gli occhi, mandandogli un’occhiataccia. Sonoko potrebbe capire tutto! Lui sembra leggermi nel pensiero, al che mi fa l’occhiolino.
“L’ha detto anche Ran, ma che significa? Io ricordo solo che lei si lamentava che tu non ci fossi mai.”
Guardo male Sonoko e distolgo il viso dal suo, imbarazzata. Non c’è bisogno di ricordare sempre e solo la stessa cosa di quei dieci anni.
“Questo è un segreto.” Risponde lui, ridacchiando, e lei ringhia.
“Questo è straziante!” insiste ancora lei. Poi posa le sue dita sulla mia mano, stringendola. “Sappi che stai deliberatamente mentendo alla tua migliore amica, e non te lo perdonerò.”
Rido, poi le indico il piatto. “Mangia, che si raffredda.”
Lei borbotta qualcosa, poi comincia ad addentare la sua porzione di ravioli. Shinichi ha ancora in braccio Conan, perciò decido di prendere il suo posto nel distrarre mio figlio. Mangiamo in allegria, ridiamo insieme senza curarci più dei problemi che ci circondano. Sonoko dice d’essere intenzionata a scoprire il grande segreto che nascondiamo io e lui, ma so per certo che non ci arriverà, come non ci è arrivata in dieci anni. Mi alzo e prendo la frutta, distribuendo una mela ciascuno. La mangiamo e volto lo sguardo alla mia amica.
“Verrai alla festa di papà, domenica?”
“Tuo padre da una festa...?” chiede, stupita. Anche Shinichi ha un’espressione strana in viso.
Sorrido. “Domenica compie cinquanta anni. Mia madre vorrebbe organizzargli una piccola festicciola. Ha dato a me il compito di spargere la voce tra parenti e amici.”
“Figo!” schiamazza lei. “E... dirai loro di...?” gira il volto verso il detective, allusiva.
Arrossisco leggermente, ma lancio un’occhiata a lui. “Vuoi venire tu?”
Shinichi deglutisce, mentre Sonoko osserva il tutto con fare malizioso. “Speriamo solo che la festa non si tramuti in omicidio.”
“Oddio... dovrai dire a tuo padre che hai una relazione con lui? Non vorrei essere nei tuoi panni!” ci prende in giro la mia amica, mentre io sbuffo e Shinichi ride appena.
“Non sono più una bambina. Capirà.”
Sonoko si alza, vira verso lui e gli da una pacca sulla spalla. “Goditi questi ultimi attimi di vita. Ti mancheranno.”
“Che esagerata”, sbuffo. “Mio padre non lo ucciderà di certo. Magari si arrabbierà un po’.”
“Si arrabbierà solo...?” chiede lei, con un sopracciglio inarcato.
“Ran, a proposito di uccidere...”, la voce dell’uomo che amo mi porta a guardarlo e lasciar andare le smorfie della mia amica. “...I biglietti? Tendo mi ha chiamato dicendo che ne era sbucato un altro.”
“Biglietti?” chiede Sonoko, rimettendosi a sedere. “Uccidere...?”
Io annuisco, mi alzo nello stesso momento in cui finisco di masticare uno spicchio di mela. Corro verso la camera da letto, raggiungendo un comodino ancora avvolto dalla carta in cellophan. Il biglietto che ieri Shirai mi fece leggere è ancora lì, appoggiato vicino ad una lampada ancora inscatolata. Lo prendo e fuggo verso la cucina, dove trovo Sonoko ancora intenta a spulciare un filo di verità a Shinichi. Lo salvo io, consegnandogli il foglietto con l’indovinello stampato sopra.
“Me l’avevi accennato se non sbaglio. Cosa sono?” chiede la mia amica, mentre noto il mio detective immergersi nella lettura del codice. So per certo che ne caverà qualcosa fuori, proprio come l’altro giorno.
“Biglietti anonimi. Arrivano a lavoro da Shirai da un paio di settimane. E lui ha ingaggiato Shinichi per decifrarli.”
Sonoko mi guarda come se avessi appena detto un’eresia. Ha gli occhi spalancati, ma improvvisamente si mette a ridere. “Cioè... è stato lui a farvi rincontrare? È stato lui stesso la causa di tutto?”
Guardo Shinichi e noto che non ci sta minimamente calcolando. Piuttosto sembra essere entrato in un mondo tutto suo, fatto di indovinelli e misteri. Sposto gli occhi su Sonoko e rilascio un debole sospiro.
“Be’, Shirai sapeva soltanto che lui era il mio amico d’infanzia. Nulla di più.”
“Ahia! Sarà una bella batosta per lui. Sapere di averti messo in contatto con quello con cui l’hai tradito...”
Abbasso gli occhi. I sensi di colpa stanno divorando per me la mia mela.
“Be’, io non posso nemmeno rivelargli tutta la verità. In realtà, io... l’avevo già... tradito...”
Sonoko si strozza quasi con il suo spicchio di pera. “COSA?!”
Deglutisco, e rilascio un’altra occhiata a Shinichi. È davvero immerso in qualche altro mondo: sembra non sentirci proprio. Ma sul suo bellissimo viso noto una vena di preoccupazione. Che stia risolvendo l’intricato puzzle di indovinelli?
“Lo so... non te l’ho detto.” Riprendo il discorso, mordendomi un labbro.
“Cosa non mi hai detto!?” chiede. Sembra impossessata.
“Io e lui...” indico con la testa il detective, per niente interessato alla discussione. “...l’anno scorso...”
“Aspetta! Un momento!” Sonoko sposta lo sguardo da me a Shinichi come indemoniata. “Ma da quanto dura questa cosa!?”
“Una settimana” rispondo, prontamente. “Però... non è stata la prima volta che io e lui...”, non riesco a completare la frase, dato che le fiamme ardono sul mio viso.
“E ti sei tenuta questo segreto dentro per tutto questo tempo?” mi rimbecca, avvicinandosi a me.
“Cosa avrei dovuto fare, secondo te?” imito il suo tono, sospirando.
“Parlarne con qualcuno, per esempio?”
“Ran...” mi chiama Shinichi, dalla voce rotta e fredda. Non mi guarda, ma il suo tono ha interrotto il diverbio fra me e Sonoko. Mi volto verso di lui, incuriosita, e penso che m’abbia bloccato per non rivelare qualcosa di troppo alla mia amica. Ma io non l’avrei mai fatto.
“Comunque è storia vecchia ormai.” Concludo, rivolgendomi a Sonoko con un sorriso.
Lei inarca un sopracciglio, non sembra soddisfatta.
“Ran...”
Adesso lui mi guarda. Ha gli occhi velati da un infinito senso di terrore.
“Che succede?”
“I biglietti.” Deglutisce mentre mi parla. “Sono per Tendo. Siete in pericolo: vogliono uccidere te e Conan.”
 
 
Chi ha mai provato la tachicardia? Quella sensazione di tremolio generale, accompagnato ad un battito accelerato ma debole allo stesso tempo, che ti priva di ogni forza che possiede il tuo corpo. È quello che sento io in questo momento, all’ascolto di questa notizia.
Shinichi si è alzato, è visibilmente agitato. Sonoko stenta a crederci: continua a chiedergli perché ritiene sia così. Lo vedo poggiare i pugni sulla tavola non ancora sparecchiata, e per un attimo apro le orecchie alla sua voce.
“I tre biglietti costituiscono una frase: Ucciderò Ran e tuo figlio.” Comincia a spiegare, guardandoli. Noi lo imitiamo. Prima che possa continuare, li rileggo velocemente, cercando di trovare un senso alle sue parole.
Ci mette davanti quello che parla degli stati e dei cartelli per i sordi.
“Come sospettavo, l’altro biglietto era strettamente correlato a questo.” Poggia l’indice sulle lettere, strisciandole con lentezza. “Incrocio le dita per scaramanzia quando vedo i cartelli per i sordi. Nel linguaggio dei segni, ovvero quello per i sordi, l’incrociare le dita, nel solito gesto scaramantico, è equivalente alla lettera R. Ora, il codice non può essere risolto se non ci si affida all’ultimo verso: Per fortuna che in Giappone non sembrano esserci. Parlando di lingua e linguaggi, è chiaro che si riferisca all’alfabeto. Dunque, continuando con l’indovinello: Non ne esistono? Eppure, io, in Italia, li ho visti 16 volte. In Italia, ovvero... nell’alfabeto italiano, qual è la sedicesima lettera? La R. Il non esistono è una conferma della lettera precedente. Inoltre: Una volta sola mi basta per quelli inglesi. La prima lettera dell’alfabeto inglese è la A. Il peggio è con quelli grechi: 13 volte, prima che io possa capire. L’alfabeto greco... la tredicesima lettera è la N. Unisci, e ottieni... RAN.”
Io e Sonoko strabuzziamo le palpebre, ma lasciamo che lui prosegua con la spiegazione. Shinichi prende l’altro biglietto, quello delle stelle e dei sogni, e fa la medesima cosa.
“Questo messaggio è strettamente legato al precedente, lo conferma la E iniziale. Dunque, il mistero dell’enigma si basa sull’ultima frase. Una stella a cinque punte ti illumina ed oscura per te ciò che non dovresti vedere. Se, partendo dalle E iniziale, saltiamo 5 parole, ovvero le cinque punte, ed ignoriamo ciò che non serve, ne esce fuori: E smettila di giocare sognatore, il tuo cervello ti porterà alla realtà. Figlio, guarda, il gioco finisce ora. Il gioco finisce ora, quindi lì si conclude. La frase subliminale è chiara: Ucciderò Ran e tuo figlio.”
“Ma... chi può essere tanto crudele?” chiede la mia amica, mentre io sono ancora persa nei meandri delle mie paure. Chi è che vuole far del male al mio bambino? Non m’importa molto di me, no. Ma chi è che può avercela con una creatura così innocente, così dolce ed indifesa?
Shinichi mi raggiunge e mi mette le mani sulle spalle.
“Stammi bene a sentire. Ultimamente... è successo qualcosa di strano?”
“Io... non... non lo so.”
“Ran, per favore! Pensa!”
Chiudo gli occhi, ripensando alle ultime settimane come se fossero un film velocizzato proiettato nella mia mente. Shinichi...Conan...Shirai...Mamma...Sonoko...la palla...papà...l’agenzia...e...
“Non so se può essere rilevante...” sospiro, riaprendo gli occhi.
“Tutto è rilevante!” rimbecca lui, agitato. “Parla!”
“L’altro giorno... io e Shirai sentimmo un rumore provenire dalla camera da letto. Quando andammo a vedere notai che la finestra era aperta, e che uno scatolo era a terra. Ma non credo che...”
“Uno scatolo!?” chiede Shinichi, stringendo più forte le dita sulle mie spalle. Poi indietreggia e vira verso gli scatoloni che affollano casa mia. Quelli che avrei già dovuto svuotare, da più di una settimana.
Lo vedo frugarci dentro, e ciò mi insospettisce. Ma quando lo vedo estrarne fuori una piccola videocamera nera, il mio cuore perde un battito. Shinichi la stringe in pugno e la distrugge, ma non si ferma. Nel giro di dieci minuti, porta all’esterno altre quattro cinque videocamere. Le rompe tutte.
“Ma che scherzo è questo?” chiedo, mentre Sonoko struscia con le mani il suo viso, incredula.
“Eri spiata! Eravate spiati!” urla Shinichi, dagli occhi infuocati. Mi fissa e noto nel suo volto preoccupazione seria, che mai sono riuscita a scorgere.
“Come ho fatto a non capirlo prima...” abbassa il capo, annunciando un tono fin troppo rammaricato. Non è certo colpa sua se qualche pazzo ha preso di mira me e Conan, e magari anche Shirai! Neanche a pensarlo, che il mio quasi marito si fa spazio in casa. Non avevo sentito la porta aprirsi, né i suoi passi avvicinarsi. Ci guarda tutti un po’ spaesato, poi inarca un sopracciglio: “C’è una vecchia riunione di liceo in corso?”
Shinichi non bada alla sua frase, ma si affretta a raggiungerlo.
“Senti, Tendo, i biglietti sono per te!” Spiega lui quello che significano e perché, con la stessa accuratezza di prima, senza tralasciare il problema delle telecamere. “Ran e il bambino sono in pericolo!”
“Ma... com’è possibile? Non ho nemici mortali io.” Replica Shirai, cominciando a preoccuparsi. Noto che sta sudando, perché delle gocce d’acqua gli cadono lungo la fronte e le tempie.
“Non so chi possa essere, ma è il momento di attivare i neuroni. Mi devi dire tutto quello che sai, così potrò cercare di scoprire chi è il colpevole. È importante, potrebbe essere un pazzo!”
Si guardano profondamente per qualche attimo, poi Shirai si volta verso di me.
“Perché non andiamo via di qui? L’assassino non può trovarci! Sei d’accordo con me, vero, Ran?” mi chiede, spingendomi a deglutire. Sono imbarazzata. Vorrei affidarmi pienamente a Shinichi, credo in lui e mi fido di lui, ma come faccio a dirlo a Shirai? Avrei anche dovuto parlargli, ma come posso farlo adesso?
Socchiudo gli occhi e mi volto verso Shinichi. “Tu che vorresti fare?”
“Penso che sia giusto che veniate messi sotto custodia dalla polizia. Parlerò io con l’ispettore Megure, sono sicuro che capirà. Nel frattempo ho bisogno di tutte le informazioni possibili.”
“Sotto custodia?”, Shirai sembra stizzito. “Come i criminali?”
Shinichi si avvicina e lo fissa negli occhi con tenacia. “Forse non hai capito che c’è qualcuno che ha voglia di uccidere la tua famiglia!”
“Sì, ma se noi scappassimo nel frattempo, daremo alla polizia la possibilità d’agire...”
“No!” urla il detective. “In questo momento, questo pazzo, potrebbe star controllando le vostre mosse. Ha messo già diverse videocamere, chi ci conferma che non ha posizionato qualche rilevatore gps nella tua auto?”
Shirai sorride, annuisce, concorde. “Be’, allora dammi le chiavi della tua.”
“Eh?” Shinichi sembra sorpreso, proprio quanto me e Sonoko.
“Andremo tutti e tre in un posto stabilito, lì verremmo scortati dai poliziotti e aspetteremo che il criminale venga preso. Ci stai ad aiutarci?”
Il detective manda giù saliva e aria, poi annuisce, debolmente. “Ok.”
“Bene. Ran, prepara un po’ di roba da portare... cibo, bevande e vestiti. Io intanto chiamo la polizia.”
Annuisco e, dopo aver dato un’occhiata a Shinichi, viro verso la porta della mia camera. Quando tutto sembrava risolto, quando tutto pareva accelerare e filare liscio, interviene qualcosa a distruggere quel po’ di tranquillità che ho agognato. Recupero qualche maglietta e dei pantaloni, ma mi curo più di Conan che di me e Shirai. Prendo tutto ciò che può servirgli per stare bene, medicine comprese, e getto tutto in una borsa abbastanza capiente, con la tracolla. Torno in salotto e mi scontro con Sonoko, che mi abbraccia e quasi mi soffoca.
“Ti prego. Sta’ attenta. Chiamami.”
Annuisco, ricambiando la stretta. “Non preoccuparti.”
Ci lasciamo andare e noto che ha le lacrime agli occhi. Le do un bacio sulla guancia e provo a rincuorarla, sebbene ci sia bisogno di qualcuno che sollevi me di morale.
Shirai mi viene incontro, ma la mia attenzione è alle sue spalle: Shinichi mi guarda da lontano, consapevole di poter fare poco o nulla. Ha gli occhi fissi su me e il mio quasi marito, con l’espressione di chi si rende conto d’essere di troppo. Perché questo è un problema nostro, un problema della mia famiglia. E lui, per quanto mi dispiaccia e mi faccia male, non c’entra.
“Abbiamo chiamato la polizia, arriveranno tra circa mezz’ora al luogo stabilito.”
“Dov’è?” Chiedo, osservandolo.
“È la mia villa in campagna, Ran. Quella che ha comprato da poco mio padre” si intromette nella discussione la mia amica. “Credo che sia abbastanza sicura, nessuno ne è a conoscenza.”
“Grazie, davvero.”
“Di nulla, amica mia.”
Io annuisco, mentre Shirai prende il borsone e si infila la tracolla. Raggiungo Conan e lo prendo in braccio, Shinichi afferra il suo passeggino. Mi lancia una breve occhiata che vale più di mille parole. Ci accompagna alla sua auto, in cui avevo già viaggiato giorni fa, e porge le chiavi al mio compagno. Shirai si mette al posto guida ed io lo affianco, con ancora il mio piccolo tra le braccia. Il mio detective mi guarda ancora, poi si appoggia al finestrino con i gomiti, e vira il volto verso lui: “Sta’ attento. Il tempo non predice nulla di buono.”
Guardo il cielo, è colorato di grigio scuro. Ha proprio ragione.
Shirai struscia le mani sul volante: “Be’, il tuo suv è previsto anche di catene. Non avremo problemi.”
Shinichi annuisce con debolezza, quasi distratto e confuso dalle sue parole, poi mi lancia un’ultima occhiata. “Ciao, Ran.”
Gli sorrido, debolmente. “Ciao, Shinichi.”
Shirai chiude il finestrino e parte, lasciando lui indietro. Lui, che girandomi a guardarlo, sta ancora lì, fisso, a vedermi andare via. Lui che, per la prima volta, non ha nulla a che fare con ciò che mi sta accadendo.
Guardo il mio quasi marito, osservandolo aprire una bottiglietta d’acqua che ha portato da casa. La mette alla bocca, ma prima di berla, mi fissa.
“Che c’è? Hai sete anche tu?”
Sospiro. Questo non è il momento per parlare. “Sì” fingo.
Trangugio un po’ d’acqua e stringo forte a me Conan, mentre appoggio il capo al poggiatesta dell’auto comoda e confortante di Shinichi. Qui dentro c’è impregnato il suo profumo, che inspiro a più non posso. Nessuno può capire quanto lo amo, forse solo quel cielo grigio e tetro ha la vera risposta. Sembra essere in pena per noi. Ed imbambolandomi a guardarlo scorrere davanti a me, divenire sempre più nero e sconfortante oltre il vetro del finestrino scuro dell’auto, avverto le forze abbandonarmi.
“Ran, prima che ti addormenti...” sento la voce di Shirai lontana, ma è talmente gelida, fredda e sicura da scuotermi ad ascoltarlo. “Dimmi un po’... secondo te...”
Man mano socchiudo gli occhi.
Quanto ci impiegherà l’amore tuo a capire che i biglietti non erano per me... ma per lui?
Un secondo di puro oblio. Poi le forze mi abbandonano, e il suo ghigno sfuma. Mi lascio andare in un mondo tutto mio, quello dove io e Shinichi siamo felici.

 
 
 
 
 
Ebbene sì, siamo al penultimo! ç__ç La settimana prossima ci saluteremo per vederci chissà fra quanto! Però per il momento basta piagnistei ed occupiamoci del chap, che porta alla luce tutti (quasi) i misteri nascosti! Abbiamo scoperto il senso dei biglietti, e quindi abbiamo uno Shinichi preoccupato... eppure le cose non sembrano stare come dice lui. Sebbene nel flashback d'addio, Ran dica all'amico che il figlio è di Shirai... l'autrice le ha voluto fare un regalino 3:) E va be' che si sapeva che Conan piccino fosse figlio di Conan grande alias Shinichi Kudo... però ho tentato comunque di sdeviarvi xD 
Adesso Shirai è con Ran e col bambino, nella macchina di Kudo.... cosa starà tentando di fare? A voi i commenti! xD
Vi lascio lo spoiler dell'ultimo chap, e vi dico che ci rivediamo, per l'ultima volta, il 7 ottobre.



Spoiler #9 Il mio fratellino
“L’ho scoperto solo qualche giorno fa, questo... però adesso andiamo per ordine: due settimane fa ottenni il nome. Ed era anche familiare dato che il signorino era abbastanza famoso per via del suo mestiere. Lì mi venne l’idea di incastrarlo. Non ero sicuro di quello che sospettavo, ma dovevo provare... volevo sapere.”
“Ecco perché non hai chiamato mio padre.” Lo interrompo per un attimo, senza più fiato. Non avrebbe avuto senso il contrario: adesso capisco. Ma lui sembra non ascoltarmi, e prosegue: “Realizzai tre indovinelli che lui avrebbe dovuto decifrare, e posizionai in casa telecamere negli scatoloni per spiarvi mentre io non c’ero. Immagina la mia faccia nel vederti...” ride, sarcastico. “...scopare con lui... solo due giorni dopo averlo chiamato. Eri tutta sciolta con lui, e con me eri un pezzo di legno. Cravatte in aria e vestiti scombinati... mi hai preso per idiota, forse? Però diciamocelo, abbiamo fatto tutti la nostra parte. Quindi... complimenti, Ran, complimenti vivissimi. Sei un’ottima attrice.” Mi prende in giro, mentre le mie labbra si seccano dal terrore.

 

Baci,
Tonia
   
 
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