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Autore: Psplik    30/09/2013    2 recensioni
Me la ricordo mentre canticchiava in cucina quando preparava la cena e si sporcava la maglietta bianca di sugo e di spezie e rideva e imprecava e si malediceva perché aveva dimenticato per l'ennesima volta di mettersi il grembiule. Con i capelli che sembravano tagliati con una cesoia raccolti all'indietro e un libro di ricette in mano, il volto pensieroso. Ingredienti e ciotole disposti alla rinfusa sul bancone della sua cucina disastrosa. La mia Biancaneve allucinata.
Ennesima one-shot senza trama né senso.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Quei giorni perduti a rincorrere il vento'
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La mia Biancaneve


 

And do you still think love is a laserquest
Or do you take it all more seriously?
I've tried to ask you this in some daydreams that I've had
But you're always busy being make-believe

(Love is a laserquest-Arctic Monkeys)

 

 

Me la ricordo come vista attraverso lo specchio del bagno, quando non chiudeva la porta per lasciare che il cane entrasse e uscisse a suo piacimento.
Con i capelli neri sciolti sulle spalle larghe e i segni bianchi del costume.
Come quando entravo per sbaglio e lei mi sorrideva dallo specchio con le labbra ancora truccate di rosso e gli occhi segnati di nero, il vapore che le sfocava i tratti e le addolciva lo sguardo.
Me la ricordo mentre canticchiava in cucina quando preparava la cena e si sporcava la maglietta bianca di sugo e di spezie e rideva e imprecava e si malediceva perché aveva dimenticato per l'ennesima volta di mettersi il grembiule. Con i capelli che sembravano tagliati con una cesoia raccolti all'indietro e un libro di ricette in mano, il volto pensieroso. Ingredienti e ciotole disposti alla rinfusa sul bancone della sua cucina disastrosa. La mia Biancaneve allucinata.
Me la ricordo a pezzi, me la ricordo nei suoi momenti migliori, quando non sapeva di essere bella e lo era e quando invece non lo era affatto, ai suoi occhi, ma ai miei sì.
Me la ricordo con una sigaretta accesa in terrazza, quando usava come posacenere il cartone della pizza in estate e parlava e non c'era altro che la sua voce profonda e un po' roca per il troppo fumo e il troppo ridere.
Un giorno mi ha detto, con le sue labbra rosse da Biancaneve, che non riusciva a vedere oltre a domani. Che pensava alla settimana ma non all'anno. Non al futuro. Che non sapeva più cosa farsene, della vita. Quel giorno non rideva.
Quel giorno cantava canzoni tristi e le sue labbra rosse da Biancaneve erano di un pallore sconosciuto. Senza rossetto sembrava così rotta e interrotta e fragile.
Senza rossetto la mia Biancaneve sembrava triste.
Sussurrava il mio nome come se fosse una preghiera venuta dritta dalla sua anima senza dio.
Con l'alito che sapeva di vomito e alcool e fumo.
Ricordo il suo sorriso come l'ultimo raggio di sole prima che si spegnesse tutto.
Lo spettacolo è finito, signori, buonanotte e alla prossima.
Ricordo la sua pronuncia del greco antico e la cacofonia del suo inglese dall'impeccabile grammatica. Ricordo le sue sigarette e ogni sfumatura di rosso dei suoi smalti.
Ho un'immagine vividissima di lei seduta sul marciapiede con l'eastpack in spalla che leccava una cartina. Di lei che fumava, di lei che mi sorrideva.
Ho così tanti ricordi di lei che quasi non ho più spazio in testa.
La mia memoria è un intero film su di lei, la protagonista indiscussa di tutto quello che mi abbia mai riguardato.


Il suo nome era Lucifero e non le avevano mai chiesto scusa per questo.
Il suo nome era Lucifero e lei era atea e blasfema e non sapeva se chiamarsi così fosse ironico o solo estremamente stupido.
Il suo nome era Lucifero ed era affascinante e dolorosa come un cuore infranto.
Era una di quelle persone che scrivono ad anafore, come me.
Era una di quelle persone a cui domandi perché soffrono così tanto senza motivo.
Io gliel'avevo domandato, almeno.
-Non è una cosa su cui ho il controllo.-
E non ce l'aveva, Dio, ovvio che non ce l'aveva.
La mia Biancaneve era un fiume impetuoso e sotterraneo di emozioni incontrollabili.
E io, io mi trovavo sempre così lontano da lei, per quanto mi sforzassi.
Del resto, come potevo starle vicino quando era così tristemente accecante?
Era doloroso starle accanto come lo era allontanarsi da lei.
Non era una di quelle persone speciali per tutti, ma lo era per me.
-Adesso noi due ci lasciamo. E non ci vedremo né sentiremo più. Mai e poi mai e poi mai.-
Me l'hai sussurrato all'orecchio che era estate e stava piovendo.
La mia Biancaneve di ghiaccio. La mia Grimilde. La mia Lucifero chiaramente caduta dal cielo.
Ho deciso che era giusto sprecare un po' di fiato.
Ho deciso che, per una volta, era giusto chiedere spiegazioni.
-Perché?-
-Perché mi annoi. Perché mi sento sola. Perché sono sola.-
Non che avesse senso, ma quello che diceva non aveva senso quasi mai.
Io ero Stendhal e lei era la mia Firenze.
Io ero solo un satellite per lei, e non potevo pretendere di più.
Avrei voluto, ma non potevo.
Nella mia testa lei è di una bellezza eterna.
Avrei voluto marcire al suo fianco fino alla fine dei tempi.
Nella mia testa lei è indelebile. Una cicatrice.
Come quelle canzoni che non puoi non canticchiare sottovoce quando sei in treno ed è sera e fuori piove e il tuo vagone è così vuoto che sembra che tu gridi. O forse stai davvero gridando.
I suoi due libri preferiti erano Margherita Dolcevita di Benni e Diary di Palahniuk.
La mia Biancaneve malvagia con le labbra rosse e il cuore infranto.
Il mio angelo caduto in disgrazia.
Mi sono chiesto se sarei mai potuto essere felice senza di lei come mi chiedevo se avrei mai potuto esserlo con lei.
La risposta è sempre stata il dubbio.
La verità era che la mia Biancaneve aveva atteso a lungo i baci del vero amore e aveva ricevuto solo i miei, che ero solo veramente innamorato.
E allora s'era svegliata da sola, e si era unita a Grimilde in cerca di avventure meno banali di questa.
Io, povero principe abbandonato, che sussurravo canzoni malinconiche sui marciapiedi come faceva lei, con una Chesterfield fra le labbra e il suo stesso cuore infranto, vivevo nei ricordi.
Era una creatura abbandonata, Biancaneve, e sapeva di non potermi scaldare il cuore, quindi mi ha abbandonato perché potessi imparare a farlo da solo.
La sua logica, così impeccabilmente sbagliata.
Lei se n'è andata, eppure è come un profumo persistente in una stanza vuota.
Vive nei miei ricordi, ed io con lei.

 

 


Ed ecco che riemergo brevemente dalle tenebre per scrivere un mini-”racconto” dalla trama a dir poco inconsistente e pieno di anafore a sproposito.
Mi dispiace tanto per gli Arctic Monkeys che hanno ispirato questa...cosa.
Perdonatemi e grazie di aver letto,

Splik

  
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