Sasori era
seduto nell’erba fresca e profumata, su una stoffa a
quadratini rossi e bianchi. Vicino a lui c’erano vari tipi di
formaggio, panini,
acqua, pomodorini, cetrioli e mozzarella.
Guardò
il ruscello che
scorreva
tranquillo tra fiori, con l’acqua limpida che brillava alla
luce del sole.
Poi
osservò i papaveri, sparsi sul prato come una coperta
colorata e
profumata. Alzò lo sguardo e osservò il compagno
che faceva il bagno.
Poi si
sdraiò, chiuse gli occhi e si lasciò trascinare
in un mare di
pensieri.
“Una
volta ero diverso” pensò ”Avevo come
un’altra vita. Ma
quest’ultima non mi manca, anzi mi fa piacere di non viverla
più, di essere
finalmente cambiato, di essermi svegliato”.
Poi
rise.
Si
ricordava fin troppo quella
sua vita precedente di cui adesso, forse forse, anche se non voleva
ammetterlo,
si vergognava.
Alcune volte il
rosso aveva bisogno per riflettere, per vagare nel suo
fiume di idee e pensieri.
“Che
sciocco che ero… Pensavo
che se provocassi dolore agli altri, questi finalmente si
accorgerebbero della
mia presenza
… Non sopportavo che le
persone ridevano mentre io ero avvolto dal dolore e così le
facevo piangere.
Solo così pensavo di riuscire a liberarmi di quel sentimento
che ancora oggi
cerca di turbarmi …”
Non si era
fidato di nessuno. Non aveva considerato l’uomo qualcosa di
speciale, per lui erano tutti… uguali.
Aveva odiato tutti e tutto, e le parole “amicizia”
e “amore” per lui non avevano
significato più nulla. Quando era stato piccolo la sua vita
ne era stata piena,
ma la morte dei genitori, ovvero le persone a cui più aveva
voluto bene, delle
cui si fidava più di tutte, aveva
trascinato con sé nella tomba il significato di quelle
parole.
Ma tutto questo
cambiò quando entrò nell’Akatsuki.
Conobbe Deidara
e fin dal primo momento si sentì strano vicino a lui.
Gli dava la sensazione di valere qualcosa, di essere importante per
qualcuno.
Quando lo
osservava si sorprendeva ogni volta come faceva a vedere
sempre il lato positivo di ogni cosa anche se in verità non
c’era. Non si
perdeva mai d’animo ed era sempre di buon umore.
“Come
fa Deidara a ridere per niente?” si chiedeva sempre, ma
quando
lo osservava bene si accorgeva che a differenza delle altre persone non
gli
dava fastidio vederlo ridere o scherzare. Ogni volta che rideva, Deidara riusciva a
sciogliere un piccolo
pezzo del ghiaccio che avvolgeva il suo cuore.
Sasori provava
anche… affetto a vederlo.
Era questo il
sentimento che tutti chiamavano amicizia?
Deidara lo
avrebbe abbandonato dopo un po’?
Considerava
Sasori un amico o solo una persona qualsiasi con cui
passare il tempo per non annoiarsi?
Tutte queste
domande vagavano nella mente di Sasori e ogni volta che
cercava di trovare una risposta sperava che si trattasse di amicizia e
che
Deidara non lo avrebbe abbandonato, lasciandolo di nuovo cadere nel
vortice della
solitudine.
Cominciò
a parlargli e pian piano diventarono amici.
Amicizia…
Forse adesso Sasori sapeva cosa voleva dire. Per lui
amicizia era sinonimo di Deidara.
Era
l’unica persona che lo capiva fino in fondo e
l’unica di cui si
fidava ad occhi chiusi.
Presto,
diventarono migliori amici, e ormai anche Sasori era sicuro che:
·
Sì,
questa era amicizia;
·
No, non lo
avrebbe mai abbandonato, perché erano
amici, e gli amici si aiutano a vicenda;
·
Lo considerava
un amico e gli voleva un mondo di
bene.
“Adesso
tocca a me fargli vedere quanto gli voglio bene!”
pensò e così
si alzo, corse al lago e senza dire niente abbracciò l’amico
il
migliore amico.
Poi
sussurrò: -Promettimi una cosa. Promettimi che saremo per
sempre
migliori amici!-.
Fine
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autrice----------------------------------------------
Ciao! :D
Volevo dirvi una
cosa: questa fiction è dedicata alla mia migliore
amica Sofia.
L’ho
scritta per dirle quanto le voglio bene e per ringraziarla per
tutto quello che ha fatto per me! ♥♥♥
Ps:
sono sicura che saremo
migliori amiche per sempre.
_Zetsu