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Autore: Layla    30/09/2013    3 recensioni
"Jack impallidisce e mi lascia da sola, tanto lo becco a letteratura inglese dopo.
“Sei veramente poco sensibile, DeLonge.”
La teppista della scuola – Maria Gonzalez, detta Ginger– mi rivolge di nuovo la parola.
“Scusa?
“Ho detto che sei poco sensibile, DeLonge.”
“Perché Gonzales?”
“Perché non vedi un ragazzo meraviglioso, anche se ce l’hai sotto il naso.”

Ava DeLonge/Jack Hoppus
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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7)È lunga la strada per il para...MONTREAL.

 

La malattia di Derek continua per una settimana, è un’influenza seria e alla fine anche io ne vengo contagiata.
Quando usciamo dalla mensa dei poveri siamo entrambi pallidi e smunti, stanchi da morire, ma decisi a proseguire il nostro viaggio.
Prendiamo il primo treno merci per Ottawa  e poi a Ottawa uno per Montreal.
Quando finalmente scendiamo dall’ultimo treno mi sento leggera, così leggera che potrei volare via trasportata dal vento freddo della città.
Montreal ci accoglie con una bella giornata limpida, ma fredda.
Noi siamo di buon umore e ci trasciniamo alla prima agenzia immobiliare per trovare subito un posto per vivere.
Le case nei quartieri residenziali sono fuori dalla nostra portata, ma riusciamo ad avere in affitto una casetta che confina con i quartieri poveri e che nessuno vuole per questo.
Ci sono anche leggende che dicono che in quella casa un uomo abbia fatto a pezzi la sua famiglia e che lì si aggirino ancora i loro fantasmi.
Fa niente, io sono abituata al soprannaturale, anche a casa mia ci sono i fantasmi e li vedo solo io, per somma rabbia di mio padre.
Pensando a lui mi rabbuio e non posso permettermelo.
Da questo momento in poi la nostra vita accelera, sistemiamo le nostre cose  in casa e poi sistemiamo la casa stessa: ridipingiamo le pareti, restauriamo le sedie scompagnate e troviamo le loro sorelle in soffitta, sistemiamo il divano e la tv che non va.
Derek sistema gli elettrodomestici con il mio aiuto, io invece restauro le varie cose.
In un mese la casa è tornata ai suoi antichi fasti e io e Derek abbiamo un lavoro: lui lavora in un negozio aggiusta tutto, io come cameriera da Mac Donald, sperando che presto mi promuovano e mi mettano in cucina.
Lì lavori come uno schiavo, ma vieni anche pagato di più.
La mia vita sta prendendo una direzione calma e senza scossoni e io non chiedo di più.
All’inizio di dicembre ci raggiungono anche Ashley e Mickey, i loro genitori li hanno di nuovo buttati fuori e noi li ospitiamo nella stanza di quello che doveva essere un bambino, solo che ora ci abbiamo messo un letto a una piazza e mezza trovato alla discarica e sistemato da me.
La pancia di Ashley è bella grossa e – grazie a un’ecografia fatta su un camper di prestazioni sanitarie gratuite ai senza tetto – hanno scoperto che sarà un maschio.
Fila tutto per il meglio insomma, oggi è una domenica tranquilla. Ashley guarda la tv con Derek e commentano ironicamente uno mielatissimo film d’amore.
Io invece finisco di decorare la casa con Mickey, l’albero l’abbiamo fatto ieri tutti insieme.
Il campanello suona all’improvviso e ho un bruttissimo presentimento: non mi piacerà la persona che ci sarà dall’altra parte della porta.
“Kate, non vai ad aprire?”
Mi chiede Mickey.
“Sì, sì, vado.”
Mi avvio verso la porta bianca che ho dipinto io stessa e la apro.
Sbianco non appena vedo chi c’è.
Jack.
“Jack?”
Gli domando con una voce flebile.
“Sì, sono io. Ava, ti ho trovato finalmente!”
Io gli sbatto la porta in faccia prima che possa infilarci un piede per costringermi a parlare con lui, cosa che non voglio.
Lui inizia a tempestare la porta di pugni, che io ignoro.
“Ava! Apri, cazzo!”
Io me ne torno in salotto, tra lo stupore di tutti.
“Chi è?”
“Uno che ha sbagliato porta.”
“Non sembrerebbe, sembrerebbe conoscere bene chi vuole e sembri proprio tu.”
“Io non voglio parlare con lui. Forza, continuiamo con le decorazioni!”
Dico secca.
Mickey mi guarda perplesso, ma alla fine annuisce e continuiamo come se nulla fosse, come se non ci fosse un pazzo che continua a tempestare la nostra porta di pugni e a chiamare il mio nome.
“Se ne andrà prima o poi, vero?”
“Sì, ma è probabile che ritorni.”
Sono seccata, ma cosa vuole da me?
Non ha Ginger? Non ha una vita a cui pensare?
Non ero la stronza? Perché venirmi a cercare?
Da quel momento mi chiudo in un silenzio ostile e furioso, come ha fatto a trovarmi?
Eppure abbiamo lasciato pochissime tracce!
“Kate, non c’è qualcosa che ci devi dire?”
Mi chiede cauta Ashley.
“No, non ho nulla da dire.”
Rispondo funerea, lei e Mickey si lanciano due occhiate incredule, sembra che all’improvviso non sappiamo cosa dire o fare.
È questo il prezzo da pagare quando dici una bugia e la verità viene a scovarti.
Finalmente dopo mezz’ora si stanca e se ne va, ma ho l’impressione che tornerà domani.
“Per fortuna se ne è andato, eh ragazzi?”
La voce di Derek ha un tono leggero per evitare domande.
“Sì, ma sembrava che ti conoscesse davvero, Kate.”
Io scuoto la testa.
“Non conosceva neppure il mio nome, ha continuato a chiamarmi Ava tutto il tempo.”
“Forse Kate non è il tuo verro nome.”
Azzarda Mickey.
“Ci sono tanti senzatetto che entrano illegalmente in Canada e si cambiano il nome, adottando quello dei documenti falsi.”
Io mi alza in piedi nervosa e sbatto un pugno contro lo stipite della porta.
“Non fatemi domande su questa storia, non ho intenzione di rispondere, ok?
E adesso esco a mangiare!”
Raccatto la giacca e la borsa e mi metto gli anfibi, in soggiorno Ash e Mickey stanno tempestando il povero Derek di domande.
Idiota di un Jack!
Doveva proprio venire a scovarmi ora che ho trovato un po’ di pace?
Cammino di pessimo umore, masticando amaro fino al Mac più vicino, lì ordino un bel menù di quelli che ti ammazzano di calorie e cerco di darmi una calmata.
Sono furiosa, nelle settimane di punizione che ho scontato – per modo di dire perché alla metà della seconda sono scappata di casa – non mi ha mai mandato nemmeno un messaggio  e ora si fa vivo.
Come se fosse mio amico
Come se gli importasse.
Forse Ginger l’ha mollato o ha chiuso le gambe.
Non lo so e non sono certa di volerlo sapere, in fondo non mi interessa granché.
Bugia!
Quando me lo sono trovato davanti il mio cuore ha iniziato a battere troppo veloce e questo non va affatto bene, lui non può farmi questo effetto. Non ancora.
Quanti chilometri devo mettere tra me e Jack Hoppus?
E anche se ne mettessi degli altri chi mi assicura che non mi segua?
Potrei trasferirmi in Europa e lasciare la mia casettina, anche se mi mancherà insieme a Derek, Ashley e Mickey.
“Non dirmi che vuoi scappare ancora?”
Una voce maschile ironica mi riscuote dalle mie elucubrazioni: è Derek.
“Sì, stavo pensando di fuggire in Europa, non nel Regno Unito, però.
Jack ha vissuto per un po’ a Londra e conosce il posto.”
“Non sarebbe meglio parlargli invece di scappare?”
Io sbuffo.
“Non me la sento, lui mi fa incazzare da morire, ma anche sentire debole da morire.
Mi fa scoppiare il cuore e non gliene frega nulla, dato che ha una ragazza.”
Lui scuote la testa.
“Sei innamorata, ma non vuoi metterti in gioco.”
“L’ho già fatto e guarda cosa è successo: sono scappata in Canada e l’ho attraversato tutto pur di non vedere più lui e la mia famiglia. Non credo sia una bella idea rimettermi in gioco di nuovo.”
“Dipende da come gliel’hai detto e poi le circostanze ora sono diverse, che ti piaccia o no lui ha attraversato il Canada per venirti a riprendere.”
Io faccio un verso indefinito tra lo sbuffo e quello tsch che amano tanto i padrini mafiosi.
“Avrebbe potuto avermi a San Diego.”
“La situazione era diversa: prima ti scopi il suo migliore amico e lo fai soffrire perché lui ti ama e tu non voluto parlargli, poi te ne vieni fuori di botto con il fatto che lo ami.
Penso sia quasi normale che una persona reagisca male in questa situazione.”
“Se lo dici tu.”
“Non ti ho convinta, eh?”
Io scuoto la testa.
“Sei così forte da attraversare uno stato, sopravvivendo al gelo, agli avanzi di galera e senza farti trovare da nessun poliziotto eppure sei anche così debole da non voler riflettere sul rapporto che c’è tra te e Jack e dargli la possibilità di dire la sua.”
Io sto zitta, questo argomento non mi piace per niente e io taccio quando qualcosa non mi interessa.
“Ava, non è scappando che questa cosa si risolverà, anzi si ingigantirà fino a  travolgerti.”
“Non esageriamo, Derek!”
“Non è quello che sta succedendo?
Tu pensavi di esserti liberata di quel ragazzo, ma lui è qui e deciso a parlarti e lo sarà ovunque tu decida di andare.
Fallo parlare, mandalo a fanculo e chiudi questa situazione, eviterete di soffrire entrambi.”
“Mah, se lo dici tu.”
“Sì e sono certo di quello che dico, ti voglio troppo bene per vederti comportati così senza fare niente.”
Io arrossisco.
“Grazie Derek.”
“Figurati.”
Derek ordina anche lui da mangiare e alla fine finiamo per mangiare insieme due hamburger, penso che Ashley sia in grado di cucinare qualcosa al suo ragazzo.
Torniamo a casa e li troviamo intenti a sparecchiare la tavola, non ci dicono niente e passiamo la serata a guardare la tv.
Apparentemente sembra tornata la normalità, ma so che è solo momentanea.

 

Il giorno dopo Jack si ripresenta e io devo uscire dalla porta sul retro insieme agli altri per andare al lavoro.
Seccatore maledetto!
Al lavoro sono svogliata e sull’attenti, non vorrei mai che capitasse nel locale e facesse una scenata, non voglio essere licenziata per colpa sua.
Arrivo a casa e lo vediamo accoccolato sul portico, io mi avvicino cauta e gli tocco la fronte: è gelida.
“Derek, portiamolo dentro prima che congeli.”
Io lo prendo per le spalle, lui per i piedi e con l’aiuto di Mickey lo mettiamo sul divano, gli togliamo giaccone e scarpe e lo avvolgiamo in due coperte.
Un quarto d’ora si sveglia, ancora mezzo intontito, e mi individua subito.
“Ava!”
“Jack.”
Dico priva di allegria.
“Finalmente ti ho trovata, stavano diventando matti.”
“Ma davvero?”
La mia voce ha una sfumatura feroce.
“Sì, cosa ti è saltato in mente?
Come mai sei scappata di casa?”
“Forse perché mio padre mi considera una puttana, la band ha cessato di esistere, per Landon ero solo una scopata, mancata direi e tu avevi Ginger.
Per chi sarei dovuta rimanere?
Per la mia famiglia? Per il mio migliore amico che mi ha mandata a fanculo?”
Lui scuote la testa.
“Ero solo arrabbiato con te perché mi sembrava di essere un burattino tra le tue mani.”
Mi risponde con voce debole.
“Bene, il burattinaio ti ha tagliato i fili, puoi andartene.”
“Ava, non abbiamo ancora finito di parlare.”
“Io non ho nient’altro da dirti, vattene.”
Lui si alza barcollante, si rimette scarpe e giacca e mi guarda.
“Tornerò, non è finita qui.”
Se ne va curvo e io lo seguo con lo sguardo.
Di cos’altro dobbiamo discutere?
“Testardo il ragazzo!”
Commenta Derek divertito.
“Sì, è una delle sue peggiori qualità.”
Lui ride.
“Poverino, si è fatto tutto il Canada, potresti essere meno gelida.”
“Come ho già detto poteva dirmi tutte queste cose ed essere gentile in California invece che qui.
Qui dà solo fastidio a tutti.”
Derek smette di ridere.
“Non è vero, cerca solo di farsi ascoltare, un’impresa non facile, quando si ha a che fare con una testona come te.”
Io sbuffo e incrocio le braccia davanti al petto, non sono poi così testona e non ho voglia di discutere.
“Io vado a letto.”
Lui annuisce e mi raggiunge poco dopo.
“Vuoi davvero dare nessuna possibilità a quel ragazzino?”
“Sì..”
Mormoro stanca.
“Pensa a cosa ha fatto per te – in ritardo, d’accordo – e non essere così affrettata.”
“Va bene, Derek.”
Io mi addormento tra le sue braccia, nel mio cervello vorticano le immagini di me e Jack insieme e poi quelle con me e Derek.
Che casino.
La mattina dopo mi sveglio intontita, non vedo l’ora che sia Natale per dormire un po’ di più, mi sento veramente stanca.
Mangio svogliatamente la colazione e poi mi reco al lavoro, di solito non mi pesa, ma rivedere Jack mi ha sconvolto. Frammenti della mia vecchi vita si sono conficcati in quella nuova e non è piacevole.
Ora mi sento in bilico tra due dimensioni, quella in cui ho sempre vissuto – rappresentata da Jack – e quella nuova, rappresentata da Derek, Ash e Mickey.
Cosa devo fare?
Ascoltare Jack o ignorarlo?
Cosa significa che il nostro discorso non è finito?
Non ne ho idea e la cosa mi preoccupa non poco, mi piace avere le cose sotto controllo.
La mattina dopo mi sveglio nervosa, nessuno mi può parlare senza ricevere una critica o un insulto gratuito. Certe mattine mi gira così e non c’è niente che possa fare per cambiare questa cosa, anche se so che è fastidiosa per chi vive con me.
Vado al lavoro e verso mezzogiorno trovo in coda Jack, evviva. Decido di trattarlo come un normale cliente, lui ordina un menù e poi mi guarda.
“Stasera usciresti a bere qualcosa con me?”
“No, non vedo perché dovrei.”
“Abbiamo parecchio in sospeso io e te.”
“Ecco il suo menù, buon appetito.”
Gli porgo il suo vassoio e lui si allontana deluso.
Il resto del turno procede tranquillamente, il brutto arriva alla fine ed è Jack appoggiato al muro davanti all’uscita sul retro.
“Cosa vuoi?”
“Parlare con te, dobbiamo chiarire.”
“Ti ricordi cosa mi hai detto la notte che sono venuta da te?
No, vero?
Beh, io sì, era più o meno così: “Ho detto che è troppo tardi, Ava. Non puoi trattarmi come una merda e poi pretendere che io ti dica che va tutto bene e che è tutto a posto tra di noi”.
Ecco, Jack, è esattamente così.
Non puoi pretendere che io torni da te dopo che tu mi hai detto di andartene. Non puoi dire a una persona che ha disperatamente bisogno di te di andarsene e poi pretendere che torni da te a tuo piacimento.
Non funziona così, Jack Hoppus.
E adesso, scusa, ma devo andare a casa.”
“Casa tua è a San Diego.”
“Casa mia è a Montreal.”
Rispondo fredda io.
“Smettila di scappare! La vera Ava non l’avrebbe mai fatto!”
“E tu smettila di rincorrermi! Il vero Jack non mi avrebbe mai lasciato nella merda fino al collo.”
Me ne vado e lui non mi segue, ho parlato di un vero Jack, ma forse non esiste, forse ha solo finto bene in tutti questi anni.
Arrivo a casa di malumore, ma cerco di non esternarlo questa volta. Nessuna delle persone presenti può pagare per la stupidità di Jack , solo Derek intuisce qualcosa.
“È tornato alla carica, vero?”
“Sì, ma non voglio cedere. È facile presentarsi qui e fare l’eroe romantico della situazione, ma dov’era prima?”
“Tutti sbagliamo, ma come possiamo rimediare se nessuno ci dà una seconda possibilità?
Come possiamo dimostrare di essere cambiati se tutte le porte ci vengono sbattute in faccia?”
Io non dico nulla e preparo la cena, le parole di Derek hanno aperto una piccolissima breccia dentro di me.
Servo la cena e mi chiedo se forse non dovrei davvero parlare sul serio a Jack, niente frecciatine, niente acidità, solo un confronto pacifico.
La mia mente dice che è una buona idea, ma l’istinto – il cuore, la pancia – è ancora arrabbiato.
Come diceva quella frase?
“Io sto bene, sono i miei sentimenti a essere arrabbiati.”
Ecco, sintetizza perfettamente la mia situazione.
La ferita che mi ha inferto sanguina ancora troppo per far sì che sia un confronto pacifico.
Lavo i piatti, sistemo la cucina e poi salgo in camera mia buttandomi sul letto.
“Fa male ancora?”
“Fa male ancora. Sono ancora ferita, arrabbiata, non lo so.
Quando si parla di lui sento come se ci fosse un gomitolo di lana incastrato in gola, che non mi fa parlare, urlare e respirare. Quando voglio rompere qualcosa per sfogarmi le mie braccia diventano pesanti.
Il mio corpo non risponde ai miei comandi quando c'è lui nelle vicinanze, sono sempre stata fredda con lui per tenere a bada questo corpo che vorrebbe solo saltargli in braccio e baciarlo.
Non posso, non posso dopo quello che mi ha fatto!”
All’improvviso si apre la porta della camera si apre e Jack fa irruzione, trattenuto da Mickey.
“Scusate, non ce l’ho fatta a trattenerlo!”
Jack lancia un’occhiata di fuoco a Derek che risponde con un’occhiata di sfida aperta, che fa stringere i pugni al mio ex migliore amico.
“Ava, dobbiamo parlare!”
“Ancora? Lasciami in pace, Jack!
Ne ho le palle piene di te e dei tuoi appostamenti!”
“Parlami e finirà tutto.”
Io guardo lui e poi Derek, poi dalla mia bocca esce una specie di ringhio.
“Va bene. Domani vieni qui e poi ce ne andiamo in un posto che conosco io, adesso vattene.
Non voglio vedere la tua faccia da cazzo fino a domani!”
Urlo fuori di me.
Domani si prospetta un giorno di merda e soprattutto un confronto non facile con una persona che per me – un tempo – rappresentava tutto.
Che Dio me la mandi buona e mi assista o rischio di ammazzare quella testa bionda e non mi va di finire in carcere per lui.
Dannazione!

Angolo di Layla.

Ringrazio staywith_me e DeliciousApplePie per le recensioni.

   
 
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