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Autore: Eleonora_86    01/10/2013    1 recensioni
Storia di violenza, tra le mura di casa. Jessica racconta, in prima persona, una breve parte della sua vita. Una parte però così importante che cambierà tutto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Mi risveglio ancora a terra, sul pavimento freddo della camera da letto. Il mio corpo è distrutto ma il mio primo pensiero va alla mia pancia piatta. Per la prima volta, dopo anni, la mia mente non si concentra subito sui lividi da coprire ma sulla possibile vita che porto dentro di me. Mi alzo e lentamente vado in cucina. La porta è aperta. Luca non ha dormito nella nostra camera ma sul divano ed è già uscito per andare a lavoro. La cosa non mi dispiace.
 
                Respiro con calma, la schiena mi fa male. Continuo a guardare il calendario. C’era sempre la possibilità che fosse solo uno stupido ritardo dovuto allo stress. Ma come potevo vivere con questo dubbio? Ho mille pensieri in testa che fanno a botte l’uno con l’altro. Luca ed io siamo sposati, che male ci sarebbe se fossi incinta? Ma lui non vuole un figlio. “è troppo presto” mi dice sempre “sei troppo stupida per crescere un bambino, non sei in grado nemmeno di badare a te stessa da sola, senza di me non hai nulla, non vali nulla” dice. Io incasso il colpo. Ha ragione. So che ha ragione, io non valgo nulla. Da sola non potrei fare nulla. La casa è sua. Il conto in banca è suo. Non ho soldi. Non ho un lavoro. Non ho nemmeno la patente. Non ho nulla. Non potrei vivere senza di lui. Non valgo nulla io.
 
                Mi alzo e una fitta alla schiena mi fa sibilare. Mi accarezzo il fianco e poi la pancia. Sospiro. Mi tolgo la catenina che mi ha regalato e la poso sul tavolo. Prendo la borsa ed esco chiamando Monica. Le dico poco, solo di trovarci in un determinato posto. Dopo nemmeno mezzora scendo dall’autobus nel parcheggio del cinema che, vista l’ora, è deserto. Lei è già lì ad aspettarmi.
 
                Quando salgo sulla sua auto non ho il coraggio di parlare, resto in silenzio guardandomi i piedi. Per la prima volta in sei anni non ho coperto i lividi, mi siedo fissando il tappetino dell’auto sotto di me. Lei respira. Trattiene il fiato. Si sposta nervosamente sul sedile e poi scoppia. Monica non è come me. Monica è una vera donna, una “con le palle”.
 
“Brutto bastardo, figlio di puttana” sbotta facendomi alzare il viso verso di lei prendendolo tra le dita della mano destra. Mi scende una lacrima silenziosa. Il mio primo istinto è quello di trovare una scusa. Una tra le mille che ho sempre inventato in questi anni. “Sono caduta dalle scale” “Sono inciampata in una buca sul marciapiedi, lo sai che sono sempre distratta” oppure di coprirlo, come sempre: “è colpa mia, è nervoso e l’ho fatto arrabbiare” oppure “lui mi ama, sono stata io a stuzzicarlo, non capisco mai quando smettere di stressarlo” Ne avrei altre centinaia da dire ma mi limito a guardarla per alcuni secondi restando in silenzio.
 
                “Forse sono incinta” mi costringo a dire alla fine “non posso tornare a casa” è questa l’unica cosa che le dico. “Non tornerai a casa” dice lei partendo con l’auto. Guida per alcuni minuti. Solo alla fine riconosco la strada. Scuoto la testa spaventata ma lei è irremovibile “Se sei incinta, ciò che fa a te lo farà a tuo figlio. E’ ciò che vuoi?” Scuoto la testa sgranando gli occhi e scendo davanti al pronto soccorso dell’ospedale. Lei mi segue subito e mi spinge delicatamente dentro. Due infermiere mi vengono incontro. Si parla poco, si sorride tanto, ci sono molti sguardi. Tra me e Monica. Tra Monica e le infermiere. Tra le infermiere tra loro. Sospiro. Mi vergogno. So cosa pensano. La mano di Monica sulla mia spalla mi tranquillizza, almeno in parte. Arriva una dottoressa. Anche lei sorride, ma è un sorriso che dice tante cose.
 
È un sorriso che non sorride. Annuisco seguendola in una stanza e… parlo.
   
 
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