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Autore: honeyes    01/10/2013    6 recensioni
Barbara, ragazza di 19 anni, decide, andando contro tutto e tutti, di inseguire il suo più grande sogno:
lascia la sua città e vola dritta a New York per studiare nella miglior scuola di recitazione della metropoli statunitense, dimenticando però che non è sempre tutto rose e fiori e che per potersi definire un'artista completa avrebbe dovuto imparare anche una disciplina da lei mai studiata prima d'ora... la danza.
L'insegnante severissima del corso di danza le affianca un "Tutor" per le lezioni intensive, al fine di farla migliorare... sarà davvero l'unico fine per questi due ragazzi che da un giorno all'altro si ritrovano a dover stare sempre insieme?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 3

betato da MedusaNoir

 

Passai l'intera notte fissando il soffitto, pensando a cosa volesse dire quel messaggio di SOS mandatomi da Amy: “News dall'Italia”. Cosa poteva significare? Aveva ricevuto una chiamata dai miei genitori? Le avevano scritto? L'avevano minacciata affinché mi facesse tornare? C'erano così tante possibilità che la mia mente pensò bene di usufruire completamente delle ore notturne per vagliarle tutte.
Mi alzai dal letto poco dopo l'alba; era completamente inutile stare sotto le coperte senza riuscire a chiudere occhio, perciò scelsi di utilizzare il tempo che mi avanzava per distrarmi, andando all'edificio di Malefica e provando a ripassare quel che avevo imparato con Matt. Andai avanti finché non cominciarono le lezioni, riguardando anche qualche battuta per il corso di recitazione.
La mattinata, come il pomeriggio, passò fin troppo velocemente. Nonostante sperassi di poter rimandare il più a lungo possibile quel momento, purtroppo non tardò ad arrivare: Amy si presentò alla stanza del dormitorio poco dopo le sette di sera.
«Ciao, Barbi» esclamò, entrando.
Ricambiai il saluto con il tono più gelido usato in vita mia, conseguenza dell'ansia che mi stava letteralmente logorando.
«Ti prego, dimmi tutto!» tagliai corto.
«Barbara, dimmi che hai spedito quella dannata lettera... ti prego.»
La sua domanda implicita mi colse alla sprovvista. Accaddero così tante cose in quei giorni che l'ultimo mio pensiero, un po' dovuto anche al mancato coraggio, era stato proprio recarmi in posta e provvedere a quella maledetta lettera. Mi ero ripromessa che l'avrei spedita non appena arrivata a New York ma, da buona vigliacca, accantonai l'idea durante i primi giorni fino a ritrovarmi con la mente invasa da ogni genere di cosa esclusa quella più importante: dare ai miei genitori la spiegazione della mia sparizione.
Amy dedusse la risposta grazie al silenzio che seguì la sua domanda, e non seppe nascondere il disappunto.
«Mi ha chiamata tua sorella: atterrerà qui sabato mattina.»
«Cosa ti ha detto?» chiesi ansiosa.
Finalmente, dopo la mia domanda, Amy raccontò tutto senza sosta: si trovava in ufficio quando mia sorella, Aurora, le aveva scritto un messaggio per sapere dove avrebbe potuto contattarla per parlarle a voce. Appena Amy aveva avuto modo si era fatta chiamare e fu in quel momento che era cominciato tutto. Aurora aveva interrogato Amy, richiedendo onestà, affinché le dicesse se fossi New York come sospettava – in principio Amy aveva cercato di coprirmi ma, conoscendo mia sorella, deve aver usato uno sei suoi giochi di furbizia per averle fatto vuotare il sacco.
«Così mi ha chiesto l'indirizzo e ha detto espressamente che non aveva alcuna intenzione di parlarti tramite telefono o pc» concluse.
Guardai Amy nella speranza potesse darmi qualche consiglio, qualsiasi cosa mi permettesse di vedere una via d'uscita senza troppe lacrime, ma giustamente non era lei a dover trovare una soluzione al caos che la mia codardia aveva creato.
«Grazie, Amy. Ora penserò non so che pur di non far scoppiare una guerra. Avrei dovuto rifletterci prima, conosco Aurora e il suo intuito» dissi rassegnata al fatto che avrei passato i giorni successivi con la testa in fiamme.

Quella sera la lezione con Matt andò malissimo; nonostante tentassi di seguirlo, ero in grado di rendermi conto che ogni mio pensiero era da tutt'altra parte, ma le lezioni erano obbligatorie e non avevo scuse decenti per potermi permettere delle assenze. Lui provò più volte a cercare di farmi tornare in me, di attirare l'attenzione e farmi concentrare ma non c'era verso.
«Barbara, se continui così ti mando in stanza e lasciamo perdere. Stiamo solo perdendo tempo» esclamò stizzito.
«Credi lo stia facendo di proposito?» Mi irritai.
Rimase spiazzato per qualche secondo e poi riprese: «Non ho detto questo! Posso capire il fatto che tu non riesca a vedermi come insegnante, abbiamo qualche anno di differenza, è vero, ma sono pur sempre il tuo tutor. Sto lavorando per te, Barbara» mi ammonì.
«A me non ha chiesto nessuno, sai? Non mi hanno domandato se volessi o meno un tutor e tantomeno se volessi te come tutor. Sono qui solo ed esclusivamente per quei dannatissimi crediti. Sono obbligata a restare in quest'aula con te, non credere che mi faccia piacere. Io odio ballare, è una disciplina stupida e inutile!» urlai a pieni polmoni, prendendomela con lui e la danza.
Matt non ribatté, prese la sua borsa e uscì in silenzio, lasciandomi sola con l'eco della mia voce.
I giorni seguenti seguii le lezioni regolarmente, il che permise alla mente di staccare un po' dal continuo pensare, ma quelle ore che avrei dovuto passare insieme a Matt si rivelarono una pugnalata al cuore: lui non si presentò più alle lezioni intensive e non rispose a nessuno dei miei messaggi.
Brava, Barbara! A quanto pare sei eccellente quando si tratta di allontanare tutti.
Avevo capito di aver esagerato, mi ero perfino scusata in uno dei messaggi mandati ma a quanto pare non era stato abbastanza... per lui ero andata oltre.

Al suono della sveglia mi alzai di scatto, indossai le prime cose proposte dall'armadio e uscii subito dal dormitorio in direzione Central Park: l'appuntamento era alle 10.00 in punto davanti allo Starbucks posto lungo la Broadway. Ovviamente ero in anticipo, perciò ordinai un cappuccino e presi posto in attesa di Aurora e Amy – che per starmi vicina aveva chiesto il giorno libero.
Il cuore sembrava volermi uscire dalla gola.
Aurora non era una cattiva sorella, lei amava il mio sogno e sperava con tutta se stessa riuscissi a realizzarlo; quello che lei non riusciva a comprendere erano i litigi che facevo con i nostri genitori. Con lei erano sempre stati molto più permessivi, non aveva mai dovuto discutere per poter uscire e gli orari erano palesemente più flessibili dei miei. Non aveva idea di cosa volesse dire essere soffocati dalle regole.
«Ehi...»
Era Amy, dal bancone, mentre ordinava la sua colazione. Le feci un cenno col capo e attesi il suo arrivo al tavolo.
«Come ti senti?» domandò, manifestando preoccupazione.
«Agitata» replicai laconica.
«Bea!»
Girai di scatto la testa, sapendo perfettamente che l'unica persona al mondo a chiamarmi in quel modo era lei.
«Aurora» dissi con un nodo in gola.
Rivederla provocò in me emozioni inaspettate: non ero più nervosa e spaventata ma non volevo fare altro che correrle incontro e abbracciarla fino a non permetterle più di respirare. Fu così che andò, inclusa una valle di lacrime che sommerse entrambi i nostri visi.
«Non farlo mai più, Barbi... mai!» asserì la mia dolce sorellina.
Avevo passato tuta la settimana pensando di dover litigare, arrivare a non rivolgerle più la parola o dovermi scontrare definitivamente con i miei genitori, invece il tutto si rilevò completamente differente: lei spiegò la sua voglia di venire qui e vedermi, così da riuscire a parlare con me di persona e dare l'incoraggiamento che non mi aveva mai dato. Era dispiaciuta del fatto che non le avessi detto prima della mia decisione, non mi avrebbe ostacolata ma probabilmente non sarebbe riuscita a prenderla con serenità – così come sospettavo. Mi fece comunque capire che non si sarebbe mai impicciata, trattandosi della mia vita e del mio più grande sogno. Dal mio canto, le spiegai che avevo una lettera pronta fin dalla partenza e che avrei dovuto spedirla appena arriva a New York, se non mi fossi fatta prendere dal panico.
«Mamma e papà sanno dove sei?» chiesi, curiosa.
«No, ma lo sa la nonna. Sai che lei queste cose “se le sente”» mimò le virgolette con le mani ed entrambe scoppiammo a ridere.
Amy ci osservava in silenzio, capendo abbastanza grazie al suo amore innato per l'Italia e l'italiano.
«Per quanto ti fermi?» mi informai, pensando alle mille cose che avrei voluto fare con Aurora.
«Riparto martedì in mattinata, purtroppo...» rispose seccata.
«Barbi, perché non racconti alla tua sorellina del tuo tutor?» esclamò, improvvisamente, Amy.
Ah ah, ora ci si diverte!
La guardai lanciandole occhiate fulminanti, che ignorò del tutto proprio come la mia mente inopportuna.
Decisi di confessare, sperando anche in alcuni consigli, e spiegai prima a mia sorella tutta la storia dal principio: l'arrivo sul bus, la figura oscena fatta fuori casa di Amy, il destino che si metteva in mezzo anche a scuola... da quel momento in poi fu impossibile zittire la curiosità di Aurora, mi estorse tutto compreso il giorno in cui dormii nel letto di Matt.
Bei ricordi, eh?
«Secondo me dovresti andare a casa sua e scusarti di persona» suggerì Aurora.
Amy annuì col capo per confermare.
Spaesata le guardai entrambe in cerca di un suggerimento un po' più approfondito. Cosa dovrei dirgli di persona? Le avevo già scritte, le scuse.
«Barbi, sei partita per un altro continente senza che mamma e papà sapessero nulla. Potrà mai spaventarti una conversazione con questo Matt? Io andrò da Amy, mi sistemo un po' e visto che ha preso il giorno libero per te... e me... andremo in giro per questa meravigliosa città. Tu, se dovessi finire presto, ci raggiungerai!» concluse, facendo l'occhiolino.

Suonai il campanello: nessun movimento dall'interno.
Magari non è a casa, pensai.
O magari non ti vuole aprire?
No, si sarebbe sentito qualche rumore, come dei passi; in quel modo dava proprio l'idea di essere vuota quella casa.
«Che ci fai qui?»
Forse avrei preferito l'ipotesi “casa vuota” al tono sgarbato con il quale aprì la porta.
«Volevo... cioè, io... Matt, mi dispiace» mi scusai, arrossendo.
Mi fece cenno d'entrare e senza esitare seguii il suo suggerimento. In qualche modo assurdo, sentivo di essermi legata a lui, di tenerci e di non voler perdere quella bozza di rapporto e complicità che si era creata tra noi. Avrei fatto tutto, comprese le suppliche, pur di farmi perdonare.
«Avresti potuto rispondere ai messaggi» dissi, accomodandomi sul divano del suo salotto.
Bell’inizio, devo dire! Complimenti, Barbara, sottolineò sarcasticamente il mio cervello.
Matt alzò lo sguardo su di me, scosse la testa e riprese ad andare verso la finestra.
Calò un silenzio imbarazzante.
Cerca di scioglierti, Barbara.
Quella volta non potei fare a meno di concordare e provare a rilassarmi. Mi alzai dal divano, accantonando l' esitazione, per dirigermi verso Matt che nel frattempo si era appoggiato al davanzale della sua finestra con lo sguardo rivolto verso l'esterno. Fermandomi proprio dietro al suo corpo, chiusi gli occhi e, inspirando a pieni polmoni, afferrai il suo braccio facendolo girare verso di me e attirando la sua attenzione. Mi dovetti alzare sulle punte per poter incrociare le braccia intorno al suo collo, affondare il viso nell'incavo del collo e soffocare in quell'abbraccio le ennesime scuse. Con mio stupore ricambiò l'abbraccio, strinse le sue forti braccia lungo i miei fianchi e lasciò un tenero bacio sui capelli. Una lacrima rigò il mio viso nello stesso momento in cui lui lo strinse tra le sue mani, desiderando i miei occhi puntati sui suoi. Avvicinò il suo volto al mio fino a far arrivare le sue morbidissime labbra sopra la lacrima, asciugandola - e da quel momento persi completamente il lume della ragione.
A distrarci da quell'attimo intenso fu il campanello di casa sua.
Oh, chi sarà mai il bersaglio delle tue maledizioni?
Nessuna maledizione; mi stavo esponendo troppo e, dopo quei secondi esageratamente “intimi” per due persone che hanno un rapporto studente-tutor, un diversivo era ciò di cui avevamo bisogno. Ero vulnerabile e dovevo fare in modo di non esserlo più.
Matt si diresse verso la porta per aprirla, lo seguii d'istinto, intenzionata ad andare via da quella casa per non rischiare nuovamente una situazione come quella di pochi minuti prima.
«Oh, mio Dio! Questo sì che è un gran figo, Barbi!» esclamò in italiano quella spudorata di mia sorella, nel momento esatto in cui Matt aprì la porta.
Un fulmine uscì dal mio sguardo con la speranza di colpirla in pieno. Lasciai la casa, prendendole il braccio e stringendolo infuriata, per trascinarla dritta in quella da cui proveniva. Poco prima di entrare da Amy, mi voltai e con un cenno della mano salutai il povero Matt, il quale rimase immobile e confuso in attesa di spiegazioni che non arrivarono.
«Ma dai, Barbi! Non fare l'esagerata, tanto non capisce l'italiano.»
«Amy, per favore!» incenerii anche lei.
In quel momento non sapevo quale delle mille emozioni stesse prevalendo: cosa sarebbe successo se Aurora non avesse interrotto il bacio che Matt diede sulla mia guancia? Sarei stata capace di frenarmi, nel caso in cui lui volesse andare oltre? Quanto oltre? Io cosa avrei voluto?
Tutte quelle domande risuonavano nella mia mente, una dietro l'altra, come se fossi sotto interrogatorio. Una parte del mio cervello voleva capire fino a che punto stavo lasciando il comando al mio cuore, mentre l'altra non voleva assolutamente permettere al cuore di provare alcun genere di sentimento.
No, vorrei solo capire quando ti deciderai ad ammettere quello che provi per lui!
Sbuffai, pensando di essere solo emotivamente disturbata.
«Perché sbuffi?» domandò Aurora.
«Perché quello che hai definito “figo” è il mio tutor e tale deve rimanere» le risposi inacidita.
«E quindi?» incalzò.
«E quindi, se non fossi arrivata tu non riesco a immaginare cosa sarebbe potuto succedere.» dissi, portando le mani al volto per nascondere la mia frustrazione.
Logicamente, alla mia affermazione, seguii una dettagliata spiegazione dell'accaduto.

Quel pomeriggio girammo per i più bei negozi di New York: mia sorella era arrivata con una valigia totalmente vuota, consapevole del fatto che si sarebbe data da fare con lo shopping newyorkese. Comprò così tante cose che se ne avessimo stilato una lista ci sarebbero servite più pagine di quelle usate da Dante nella sua Divina Commedia.
Verso le sei di quel pomeriggio mi squillò il cellulare, era un messaggio di Matt.

EHI, COS'È SUCCESSO CON QUELLA RAGAZZA FUORI CASA MIA?
SEI ANDATA VIA ALL'IMPROVVISO...


Lessi il messaggio con accanto due avvoltoi pronti a dare un'occhiata al telefono.
«Quel ragazzo è perso di te, Barbi» esclamò Amy.
Preferii non risponderle, così come feci con il messaggio di Matt, lasciandolo privo di spiegazioni. Sapevo che era un comportamento da codarda, come ero solita fare, ma avevo troppa paura di quei sentimenti e di quel che sarebbe potuto succedere se avessi permesso loro di crescere o manifestarsi.
Terminato il lungo giro di acquisti, tornai al dormitorio mentre Aurora andò da Amy, obbligata da quest'ultima che riteneva troppo piccolo per due persone lo spazio di un dormitorio.
Non che avesse torto...
Entrai nell'account di posta elettronica, giusto per dare un'occhiata alle eventuali comunicazioni dell'accademia e per confermare il fatto che nessuno dei miei amici italiani si era fatto sentire. Nonostante me lo aspettassi, ci rimasi male.

Matt: Ehi
Barb: :)
Matt: Che fine hai fatto oggi?
Barb: Sì, scusami... quella ragazza era mia sorella, Aurora.
Matt: Ah! Non vi somigliate tantissimo...
Barb: No, lo so...
Matt: Tutto ok?


Era arrivata la domanda che temevo di più.
Ora che pensi di fare?
Disastri, come ero solita fare da quando ero nata. Ero incerta se essere sincera o far finta di nulla e lasciare che il tempo ci facesse dimenticare a entrambi quel che era successo.
Nemmeno vi foste baciati. Come la fai lunga!

Barb: Sì, tutto ok. Tu?
Matt: Certo!
Barb: Devo andare, ciao.


La fuga? Coraggiosa!
Era l'unico modo che avevo per evitare certe domande, certi discorsi e certe situazioni; non parlare con lui o parlare lo stretto necessario la vedevo come unica via d'uscita. Lo stesso valeva per i momenti in cui ci saremmo visti, avrei limitato il tutto alle lezioni, niente di più. Mi rendevo conto di essere un controsenso - la mattina pregavo di perdonarmi affinché il nostro rapporto non mi scivolasse dalle mani e la sera ero nuovamente io a lasciarlo cadere. La mancanza di esperienza con i ragazzi mi faceva sentire inferiore, mi spaventava non sapere cosa sarebbe potuto succedere e quali fossero i passi successivi – come se esistesse una linea guida universale nei sentimenti. Tutto quello e il fatto di averlo come tutor erano le ragioni che mi spingevano ad allontanarlo.

PICCOLA, TI VA DOMANI POMERIGGIO DI RECUPERARE LE LEZIONI PERSE?
TI ASPETTO PER LE TRE NELLA SOLITA AULA.

BUONANOTTE


Quella volta era il caso di rispondere, a prescindere da tutto non avrei scelto lui, o la lezione, con mia sorella in città.

MI DISPIACE, MIA SORELLA RIPARTE FRA POCHI GIORNI E DOMANI È L'ULTIMA VOLTA CHE RIESCO A PASSARE DEL TEMPO CON LEI.
NOTTE.

Avrei potuto scrivere di più, un messaggio con una spiegazioni più esaustiva e che gli permettesse di capire che non mi mancava la voglia di vederlo, ma tutto questo non mi rendeva possibile allontanarlo e placare le emozioni. Naturalmente non rispose; spensi tutto e mi accovacciai a letto. Avevo pensato fin troppo per quella settimana, se mai avessi avuto bisogno di altri ragionamenti per risolvere la situazione non era quello il momento. Fortunatamente, in pochi minuti, crollai in un sonno profondo.

La domenica passò in modo ben troppo veloce: avevo dimenticato quanto fosse divertente stare con mia sorella e quante risate era in grado di farmi fare con le sue battute. Girammo per tutta New York a fare le peggiori figuracce immaginabili - grazie alla sua totale incompetenza nell'imparare le lingue, aveva chiesto un favore sessuale al posto di un consiglio su che linea prendere a un povero passante. Tutto per farci spiegare come poter raggiungere la Statua della Libertà senza spendere un occhio della testa.
Ero stata davvero bene quel giorno e avrei tanto voluto poterla tenere lì con me.
Quando arrivò il momento dei saluti, una stretta allo stomaco richiamò alla mia memoria che lei era l'unico pezzo di famiglia che avevo modo di avere accanto per il momento; che prima di lunghi mesi non avrei rivisto nessuno e se le cose non si sarebbero sistemate...
«Barb, darò a mamma e papà la lettera. Spiegherò loro come ti ho vista e proverò a fare in modo che possano perdonarti per essere partita senza avvisare. Tu però mi devi promettere che a Natale tornerai; per me, per loro, per i nonni» disse Aurora.
Annuii senza rispondere e la abbracciai forte.
«Ti voglio bene, Aury» sussurrai.
Concordammo anche alcune cose un po' più pratiche come il pagamento dei biglietti, nel caso di un mio ritorno durante le feste, e le volte che ci saremmo sentite su Skype.
La giornata trascorse abbastanza tranquillamente, Jennifer pranzò con me e mi aiutò a ripassare qualche battuta in vista del provino per lo spettacolo de “The Great Gatsby” - non vedevo l'ora arrivasse quel giorno, anche se per il momento non sapeva darci una data nemmeno il nostro insegnante. L'unica cosa certa era la presenza di Nathaniel Harding, unica ragione per essere terribilmente ansiosa.
Eh, quel gran bel ragazzo!
Verità indiscussa, Nathaniel oltre a essere un grande attore era un bellissimo ragazzo, molto richiesto aggiungerei.
Come? E Matt?
Alzai gli occhi al cielo.

Quel martedì sera mi sentivo in imbarazzo al pensiero di dover sostenere due ore a contatto con Matt, contando che il giorno prima mi aveva dato buca con la scusa di avere problemi personali. Sentivo che c'era qualcosa che non andava, come se avesse capito che stavo cercando di allontanarmi.
Di allontanarlo, volevi dire...
Non faceva alcuna differenza, le due cose si susseguivano; in fin dei conti, allontanare lui voleva dire allontanare me e viceversa.
Raggiunsi l'edificio di danza in perfetto orario con Matt lì, in attesa del mio arrivo.
«Ciao» dissi, entrando con un sorriso un po' forzato.
«Ciao» rispose secco Matt, che al contrario di me non sorrise affatto.
La lezione cominciò subito, senza le battutine che eravamo soliti fare prima, dopo e durante. Mi indirizzò alla sbarra, dando istruzioni su quelli che sarebbero stati gli esercizi.
«Stai sbagliando!» mi ammonì, all'improvviso.
Di poco, ma ero migliorata; grazie a lui ora sapevo le posizioni di cui parlava Eleonor e riuscivo a seguire le lezioni senza farmi urlare dietro quanto fossi incapace – almeno la maggior parte delle volte. Per questa ragione guardai i miei piedi, cercando di capire quale fosse l'errore, ma non mi sembrava ci fosse nulla di sbagliato in ciò che stavo eseguendo. Alzai lo sguardo per incrociare il suo e chiedere spiegazioni.
«Hai piegato il ginocchio. Ti ho ripetuto infinite volte che devi tenere le gambe tese durante il giro» chiarì severo.
Mi scusai, mortificata, e ripresi l'esercizio senza aggiungere altro. Provai diverse volte il giro senza perdere la presa sulle gambe, ma proprio non riuscivo a tenerle tese come richiedeva. Stanco di vedermi fallire, Matt si accovacciò chiedendo di ripeterlo per un'ultima volta. Obbediente eseguii la sua richiesta, mettendomi in posizione iniziale, spostai la gamba destra a lato e, posando su di essa il peso del mio corpo, iniziai a girare con Matt che teneva d'occhio il tutto a pochi centimetri di distanza. Nell'istante in cui il ginocchio iniziò a piegarsi lui lo bloccò con entrambe le mani, facendomi perdere l'equilibrio.
«Ahi» esclamai dolorante.
Avevo preso un botta proprio sul ginocchio, ma la cosa non scosse Matt. Non fece alcun movimento, né si preoccupò di come stavo; atteggiamento strafottente che non mi piaceva affatto, perciò presi la borsa e decisi di andare via. Pochi passi prima dell'uscita dall'aula mi fermai e girandomi verso di lui sputai fuori con tutto il rancore che avevo in corpo: «Quando ti comporterai nuovamente da persona matura, chiamami.»
Uscii da lì, sbattendo la porta.
Percorsi il giardino del campus il più rapidamente possibile, sperando non gli venisse in mente di seguirmi e ricominciare a discutere. Che razza di modi erano quelli? Capisco di essere stata ambigua, di aver chiesto perdono e successivamente essermi comportata freddamente allontanandolo, ma che diritto aveva di farmi cadere durante gli esercizi di danza, senza nemmeno preoccuparsi e chiedere se mi fossi fatta male? Quell'atteggiamento era sbagliato, non glielo avrei mai perdonato.
Mai dire mai!
Al diavolo le frasi fatte. Ero piena di difetti, lo sapevo, ma quella volta Matt mi aveva ferita nel profondo .
«Fermati, Barbara!» urlò alle mie spalle.
«Lasciami in pace, Matt. Mi sono rotta! Non mi va di rimanerci male ogni giorno con te.»
Prese la mia mano con forza bloccandomi il copro dall'insistente cammino.
«Non mi toccare!» esclamai stizzita.
«Io non capisco per quale ragione devi comportarti così. Barbara, stavo solo cercando di farti eseguire correttamente un esercizio!»
«No, no! Non osare far passare queste scemenze per altruismo. Chiunque perderebbe l'equilibrio se, mentre esegue un giro in punta di piedi, un'altra persona gli toccasse il ginocchio. Mi hai sbilanciata, cazzo. E non ti sei minimamente preoccupato... nemmeno un semplice “tutto ok?”, nulla!» sputai fuori acida e offesa.
«Lo vuoi capire, che è colpa tua, dannazione? Tu... tu mi...» sbottò, spiazzandomi.
I miei occhi chiusero le palpebre ripetutamente, confusi anch'essi dal suo tono.
«Cos-cosa vuoi dire? Io, cosa?» domandai, sperando in una spiegazione esaustiva.
«Tu... lascia perdere, Barbara. Buonanotte» disse, lasciando la presa e andando via.
Rimasi lì, nella penombra dei giardini del campus, sola. Non avevo la forza di tornare al dormitorio, né di camminare per le vie di New York com'ero solita fare. Presi posto su una delle panchine lì vicino e mi ci sdraiai guardando il cielo. Scrissi n messaggio ad Amy, avendo bisogno di un consiglio per cercare di capire qualcosa in più. Fortunatamente non era ancora andata a dormire e rispose subito.

BARBI, VOI DUE SIETE ATTRATTI L'UNO DALL'ALTRA... QUANDO PENSAVI DI AMMETTERLO?
NON CONOSCO LUI, COME TI HO SPIEGATO GIORNI FA, MA CONOSCO BENE TE E SO CHE LO STAI ALLONTANANDO PER PAURA. NON STA FACENDO ALTRO CHE COMPORTARSI DA UOMO: TU SCAPPI DOPO ESSERTI AVVICINATA E AVERLO FATTO ESPORRE? LUI FA LO STRONZO.

SII TE STESSA E LASCIATI GUIDARE DAI SENTIMENTI, ALMENO PER UNA VOLTA.
NON AVERE PAURA.

TI VOGLIO BENE!
AMY

 

* * * * *

SPAZIO AUTRICE

Be', chi non muore si rivede!
A quanto pare il detto non è poi così distante dalla realtà di tutti i giorni. :)
Sono passati mesi dall'ultimo aggiornamento, se non sbaglio quasi tre, e non saprei esprimere a parole il dispiacere che provo per avervi fatto attendere così tanto- purtroppo, però, ci sono situazioni, problemi ed eventi che richiedono la nostra completa attenzione e dedizione.

Ma ora sono qui... con questo nuovo capitolo contenente le news dall'Italia. :)
Come sempre, spero vi sia piciuto e non nego di avere un certo timore: andando avanti con la storia, credo sia ovvio debbano accadere cose, più o meno discutibile, e spesso non sono condivise da tutti. Questa credo sia una paura comune, ma essendomi cimentata per la prima volta in una storia mi sommergo di scrupoli. ^_^

Ho già detto troppo... :P
Vi ringrazio tutti, nessuno escluso, e do un super abbraccio alla mia Alba e la Beta Reader che, oltre fare sempre uno splendido lavoro, mi sta aiutando tantissimo in un percorso di crescita che sognavo da tanto tempo.
Grazie per le recensioni passate e per quelle che metterete in futuro - se ci saranno! xD 

Gruppo, per chi volesse news (sei viva? Aggiorni? Quando e come? ecc...): honeyes !

Queste, invece, sono delle storie che vi consiglio di leggere: | Gli eroi di Sandpoint | :)

Grazie ancora a tutti!
Willa
   
 
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