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Autore: Mirella__    01/10/2013    2 recensioni
Storia ispirata al famoso Canto di Natale di Charles Dickens.
Tre spettri faranno visita al giovane e cinico Light Yagami incitandolo a cambiare condotta, un triste destino si abbatterà sul diciassettenne in caso non accetti; in base al suo comportamento il ragazzo riceverà una dannazione eterna, oppure un qualcosa di molto più terreno che starà a lui decidere se considerarlo più come una maledizione che altro…
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti | Coppie: L/Light
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A Very Christmas Carol

 

 4.Di colleghi invadenti, di spettri albini saccenti e di futuri sconosciuti

 

Il ragazzo posò una mano tra le lenzuola bianche, ne carezzò la morbida consistenza e con un blando sospiro schiuse gli occhi.

Spesso si domandava cos'avesse fatto di tanto male da meritarsi un lavoro così caotico e infernale.

Il suo ufficio - nei giorni dopo le festività - avrebbe assistito ad un via vai di gente cupa e imbronciata, che dalla fine della vacanze sarebbe stata pure scocciata.

Alta la tensione si sarebbe rivelata e tesa come una corda di violino, ma Light sarebbe riuscito a calmare gli animi, ricorrendo al suo intelletto sopraffino.

Ben sapeva giostrare i giochi dell'azienda di famiglia ed era solo merito suo se gli affari procedevan a meraviglia.

Ma il sonno era suo nemico: da tre notti, ormai, il ragazzo non dormiva tranquillo, giacché tre malvagi demoni avevano avuto modo di turbare il suo riposo, ognuno dei quali aveva un potere a dir poco spaventoso.

Per queste ragioni Light dubitava seriamente di riuscire a riprendere il lavoro e ad essere impeccabile come suo solito.

 Sbatté le palpebre un paio di volte, la luce del giorno lo infastidiva non poco, allora portò il lenzuolo sopra la propria testa, non aveva alcuna intenzione d'andare a messa.

 

— — —

 

 I rintocchi delle campane riecheggiavano gioiosi, i fedeli prendevano posto tra le panche di legno, i bambini erano in silenzio all'interno della chiesa, sembrava che persino a loro la parola fosse stata presa.

In piedi, in un angolo oscuro dell'edifico, stava un ragazzo dai folti capelli neri, avvolto in un abito domenicale che risultava scialbo, grezzo e un tantino stropicciato, nonostante da pregiate stoffe fosse stato creato.

                                                                                                                                                                            

Le scarpe erano malamente indossate, tanto che i calcagni toccavan il freddo pavimento, anche se dei brividi che lo avrebbero dovuto cogliere, il giovane, non pareva aver presentimento.

I pantaloni circondavano la vita mollemente - chiunque avrebbe capito che bisognavano di una cintura, persino un malato di mente! - lasciavano intravedere una sottile linea blu che altro non era se non la biancheria.

La camicia bianca era lasciata a se stessa, i bottoni erano fuori dalle giuste asole, mentre la giacca era stata affidata al vecchio maggiordomo, accentuando la noncuranza del nobil uomo.

Lawliet non ascoltava il prete - il quale  aveva già dato il benvenuto ai fratelli - ma scrutava disinteressato la folla, in cerca di una capigliatura perfettamente liscia e ordinata.

Sporse il labbro inferiore quando non  trovò quel che cercava, assumendo un espressione simile a quella di un bambino capriccioso che non aveva ottenuto ciò che desiderava.

L'anziano si avvicinò, gli porse la giacca e accennò un inchino.

"Conviene tornare alla villa, signorino, so che volevate vedere il giovanotto, ma è chiaro che non farà mostra della sua persona. Vi consiglierei d'attendere la cena".

"Watari, ti prego di non parlare quando non sei interpellato". Furono le lapidarie parole di L. "Lui non verrà stanotte da me". Poi si stampò un finto sorriso sulle labbra, talmente tirato da risultare inquietante e si avvicinò ad una signorina dai lunghi capelli neri, avvolta in un cappotto all'apparenza tanto ingombrante.

Dunque prese fiato e disse col tono di voce più normale di questo mondo: "Perdonate  il disturbo, ma dovrei rubare un attimo del vostro tempo, il signorino Yagami è il vertice dei miei quesiti, non voglio vagar in tondo".

Le occhiate irritate dei fedeli giunsero a colpire Lawliet, che, imperterrito e menefreghista, iniziò a porre una domanda dopo l'altra alla signorina Misora, tutte incentrate sulla persona del giovane Light: quale fosse il suo colore preferito, cosa mangiasse con più letizia, quali fossero i suoi giorni liberi, le feste che più adorava o odiava e così via...

Naomi cercava di scacciarlo lontano, rispondendo agli interrogativi in modo netto e sbrigativo, invitandolo -ogni qualvolta finisse di dare la risposta, perché certamente Lawliet non era un tipo che si accontentava - a lasciare quel luogo di culto.

Quando, finalmente, il moro raggiunse la propria auto, Watari sospirò sollevato, per un attimo aveva pensato che il suo protetto sarebbe finito dalla folla linciato.

"Avete saputo ciò che v'interessava?" Chiese curioso l'anziano al volante.

Lawliet annuì, ma non gli prestava davvero attenzione, era in un luogo tutto suo, dall'auto molto distante.

Seduto nel sedile posteriore, portò le ginocchia al petto e vi poggiò la fronte.

Informazioni, se doveva avere a che fare con Light Yagami non gli serviva altro.

Conosceva già tutto di lui, era riuscito ad entrare in possesso di contratti che il ragazzo aveva stipulato con altre aziende; il suo metodo lavorativo era impeccabile.

Lawliet lo voleva come suo socio in affari, ma non solo.

Era rimasto colpito dalla personalità del giovane, dal suo atteggiamento, dal suo portamento.

Rare erano state le occasioni nelle quali lo aveva incontrato, eppure sentiva che tra di loro c'era qualcosa, un sentimento che avrebbe acceso molto più di una questione.

Non amore, certo che no! Bensì attrazione.

La sua attenzione era sempre calamitata dal modo di controbattere che il ragazzo adottava nei confronti di chi gli era avverso; cercare d'affermare la propria ragione era solo tempo perso.

Light Yagami vinceva, sempre.

Ed era qui che la mente contorta dell'uomo d'affari si era incaponita.

Una persona non poteva trionfare in qualsiasi occasione, doveva sbagliare,  doveva avere anche una piccola imperfezione! Altrimenti sarebbe giunta a credere d'essere irraggiungibile, perfetta, divina.

Ebbene, Lawliet voleva essere questo per Light.

Voleva essere il suo sbaglio, voleva essere la sua imperfezione.

Il nobil uomo sarebbe stato ciò che avrebbe reso il signorino Light umano.

Sarebbe stato sorprendente, lo avrebbe preso in contropiede.

Ryuzaki era abbastanza accorto da rendersi conto che il ragazzo teneva molto a pianificare ogni singolo evento della giornata: la sua vita era scandita dai ritmi che il lavoro gli imponeva, quindi le sue giornate erano monotone e noiose.

L'uomo doveva riuscire a non diventare il passatempo che avrebbe fatto divertire quel ragazzetto durante le ore di riposo.

L Ryuzaki Lawliet , per il signorino Yagami Light, sarebbe stato imprevedibile, inafferrabile.

Deciso questo, non gli restava altro da fare se non scegliere l'abito per il loro prossimo incontro.

Ah, già! Quasi dimenticava!

Doveva anche eliminare ciò che dalla lettera inviata a quella gallinaccia avrebbe potuto far risalire a lui, avrebbe evitato  una figuraccia!

 

— — —

 

"Buonasera, Light Yagami".

Il castano, che camminava avanti e indietro nelle sue stanze, aveva atteso la venuta del terzo e ultimo fantasma di Natale, tuttavia, non si trattenne dal sussultare quando sentì una voce alle sue spalle.

Si voltò e, con sua somma sorpresa, si trovò davanti un ragazzino sul pavimento seduto, intento a comporre un puzzle, bianco in gran parte, ma dal bordo dorato.

Ormai mancavan pochi pezzi alla fine del lavoro, ma sembrava fosse bloccato  da chissà quale mistero arcano.

"Buonasera," rispose il castano, osservandolo poi per qualche minuto.

Quello spettro era diverso dagli altri, ma Light non sapeva dare una spiegazione a questa strana sensazione.

Era come se il suo ospite fosse  colui che avrebbe messo la parola fine ad un ciclo di sfortunati eventi e che presto ne sarebbe iniziato uno nuovo.

Che pensieri pessimistici! Meglio riporre fiducia in qualcosa di più positivo, come sempre provava a fare, anche se in modo approssimativo.

"Sono Nate River, fantasma dei Natali futuri, sono venuto sin qui per mostrarti il tuo avvenire".

Il fantasma si alzò e in un unico, fluido movimento tese la mano verso Light, non era di molte parole; il signorino, però, si scostò in fretta, intimorito da colui che sembrava essere poco più di un candido infante e un'affermazione fulminea gli giunse schietta: "Non voglio sapere".  

Uno sghignazzo  si distese sui tratti delicati del piccolo albino, ma sembrava più un ghigno, che un vero riso di bambino.

"E perché mai, Yagami, non vuoi sapere cosa il destino ti riserva? Sei forse pentito di qualcosa e hai paura di ciò che ti spetta?" Nate sedette nuovamente e incastrò una tessera nel suo stupido gioco, che risultava infantile agli occhi ambrati del castano e non poco!

"Io non mi pento di nulla," lo rimbeccò Light stizzito. "Ho sempre saputo in anticipo a cosa le mie scelte mi avrebbero portato e adesso, se non ti dispiace, credo d’aver abbastanza tollerato".

"Stai parlando delle tue decisioni, Light!" Lo riprese lo spettro, quasi senza dare il tempo al ragazzo di finire la frase. "Ma sei al corrente di cosa passa nella mente di chi ti è vicino?"

"Certo che sì, sono io che comando anche le loro". Quasi il signorino rise, "se tu e i tuoi compari avete avuto modo di tenermi d'occhio, dovreste aver capito con quali pecore ho a che fare, non saprebbero distinguere del banale metallo dall’oro!"

"E se in mezzo al tuo gregge ci fosse un ladro? A questo hai pensato?"

Il diciassettenne affilò lo sguardo e incrociò le braccia sul petto. "Nessuno riuscirebbe a fregarmi, nessuno ne è all'altezza".

"Pecchi in superbia, Light Yagami". Constatò l'albino, ma l'altro scosse il capo.

"No, la mia non è superbia; sarò ben lieto di porgere la mano di fronte a chi risulterà essere mio pari, ma ancora nessuno se ne è dimostrato degno".

"Non ti preoccupa la lettera che è giunta a Misa Amane?"

"Uno stupito scherzo, niente di più, non ho posto questioni perché della situazione non m'importava".

"E se il ladro avesse fatto la prima mossa con quel testo?"

Light si irritò, il motivo, anche stavolta, chiaro non gli risultava, forse era il fatto che l'albino non avesse gli occhi puntati su di lui mentre parlava, oppure l'insistenza con la quale il ragazzino antitesi ad ogni sua argomentazione creava;  il dubbio, però, aveva iniziato a tormentargli l'animo... che non avesse prestato attenzione a qualcosa di davvero importante?

"No, non può essere". Rispose più a se stesso che allo spettro.

"Allora, se non hai torto, cosa ti costa dare un'occhiata a ciò che già sai?"  Per la seconda volta, River porse il palmo e di nuovo restò in attesa, ma il giovane ancora non accettò la mano tesa.

L'albino, a quel punto, fece nuovamente quell'inquietante smorfietta  e mise al suo posto un'altra tessera.

"Non ho voglia di partecipare a lunghe odissee inconcludenti".

 "Secondo me, hai solo paura".

Punto nell'orgoglio, il giovane incenerì quell'essere con un solo sguardo.

Lui non temeva niente, non c'era nessuno che potesse creargli un simile disagio;  così, di slancio, fece per afferrare la mano dell'albino, come una muta dichiarazione di sfida, ma non acchiappò altro che aria e tale era la grinta che aveva messo in quel movimento, che per poco non rischiò di rovinare a terra e veder tutti i firmamenti.

"Cos'è? Non cogli la mia proposta, Light?"

Ora l'albino teneva un tono di voce canzonatorio, il castano non si fece prender dalla rabbia e sprezzante disse: "Spiegami tu, visto che sei tanto furbo"

Nate riportò l'attenzione sul puzzle e il giovane accontentò: "Il futuro non è deciso: subisce cambiamenti con rapidità e noi non possiamo fare nulla per prevederlo. Il passato è scritto, dunque immutabile, mentre il presente non è altro che un foglio bianco riempito a metà". E, dette queste parole, l'albino sistemò il penultimo pezzo.

"È possibile, Yagami, prevedere una catastrofe naturale? No, certo che no, dunque sta attento, perché a questo mondo c'è chi possiede la forza di una tempesta".

Così scomparve il terzo fantasma, lasciando sul lucido parquet un'ultima piccola tessera.

Il puzzle non era completo, ancora.

  
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