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Autore: TerryDona    01/10/2013    1 recensioni
Caro Louis, ti verrei a cerare se potessi.
Caro Louis, per una sola notte tornerei da te, anzi per quella notte.
Caro Louis, ho appena scoperto di essere incinta e ho bisogno che tu ci sia e che tu sia quel ragazzo che ho conosciuto.
Caro Louis per una notte è stato forse tutto uno sbaglio?
Caro Louis se sei stato il mio primo errore allora sei stato anche il migliore
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Manatthan,20  Settembre 2003.
Caro Louis,
Se è davvero così che ti chiami, forse queste lettere non ti arriveranno mai, ma ciò non mi impedisce di scrivertele, penserai che sono scappata da tutto,da te, ma non è vero. Sono passati quasi due mesi, ma io non ti ho dimenticato, come potrei dopo tutto. I giorni passano, sembra, difficile dimenticarti, sembra difficile dimenticare chi per la prima volta mi ha capita, vorrei tanto che tu mi potessi credere, non sono voluta fuggire, ora penserai  che sono bugiarda, ipocrita, soprattutto dopo tutto ciò che ci siamo detti, promesse e parole, vorrei che non rimanessero solo parole o promesse, vorrei che tutto diventasse concreto, ma ormai pare quasi impossibile. Ti vedo in tutto quello che mi piace, ti sento in ogni canzone, vorrei lasciare tutto e tornare da te, se solo fosse possibile tornerei indietro nel tempo…
Ho iniziato da poco la Julliard, non è poi tanto difficile,forse perché ho esperienza o semplicemente grazie alle lezioni private che mio padre mi fa prendere continuamente. Non hai avuto modo i conoscerlo, ma è talmente testardo, vuole che io sia la figlia perfetta, vagli a dire che mi ero, sono innamorata di un cantante di strada.
La mattina quando “sono scappata” non era per fuggire da te, al contrario, è stato mio padre a costringermi.
Vorrei tanto dirti ogni cosa, ma mi pare ovvio che non ho neanche il tuo indirizzo, come potrei fare?
 
Londra, 11 Luglio 2003. 20:52
Era sera, stavo sistemando i pochi spiccioli che ero riuscito a guadagnare in una giornata passata a suonare canzoni da quattro soldi che avevo scritto in uno spacco di tempo qua e la.
“ ehi Lou, hai fatto poco oggi,eh?” Arrivò scherzosa la voce di Evan, un mio amico che come me passava la maggior parte del tempo con uno strumento in mano, o meglio con la chitarra, anche se lui era più tipo da chitarra elettrica, mentre io alternavo  l’acustica alla classica, eppure anche se eravamo così diversi, avevamo un punto comune che ci univa: La musica!:” non sono in vena oggi” risposi distaccato,era stata una pessima giornata per non parlare del tempo, aveva piovuto e spiovuto ininterrottamente, per di più avevo anche rischiato di rovinare la mia chitarra:” Suvvia non essere così scontroso, m’era venuta un’ idea per farti guadagnare qualcosa di più” propose lui, attendendo la mia reazione. La sua idea mi incuriosiva, ma non volevo lasciarlo a vedere,  così con nonchalance gli domandai:” e sentiamo la tua idea…” ci fu un momento di silenzio mentre mettevo la chitarra in spalla e ci sedevamo su dei gradini:” Allora Lou, stasera  il country club dà una festa, in onore di alcune ragazze, bla bla bla, cose da persone cariche di soldi no?” continuò mostrando un certo entusiasmo, io lo guardai alzando un sopracciglio: “Quindi?” domandai aspettando che continuasse, ma lui con tutta calma sorseggiava una lattina di Fanta: “Allora? Bhe potremmo sempre imbucarci alla festa, magari dare un po’ di spettacolo suonando qualcosa, poi magari se il pezzo spacca sicuramente a loro piacerà, e ci finanzieranno !” concluse con un sorriso che gli riempiva il volto chiaro: “ Certo e se il pezzo non piace?” domandai annoiato: “ Bhe, se non piace saremo costretti a svignarcela il prima possibile, altrimenti sai come sono quelli là” ora ero davvero annoiato: “Mi aspettavo un’idea migliore, questa è troppo pericolosa, sai io ho una sorellina a cui pensare te no eh?” ora sembrava deluso, anzi no, supplichevole: “Per favore Lou? Dai, tu non ami un po’ di rischio? Ti prego?” continuò così per almeno cinque minuti? No, ma che dico, 20, alla fine, forse perché il mio cervello era fuso, o perché  non ne potevo realmente più di quei quattro spicci, decisi di accettare.
 
Manhattan, 22 Settembre 2003.
 
Caro Louis,
Oggi,la giornata è stata più difficile del solito, ho discusso ancora con  mia madre, si ci è messa pure lei, sai perché? Bhe per il semplice fatto che non voglio conoscere tutti quegli stupidi ragazzi, tutti carichi di soldi, ma scommetto che il cervello gli manca.
Caro  Louis, sono a Manhattan, ma ho bisogno di te.
Caro Louis, stai con un’altra e mi hai già dimenticata?
Caro Louis, perché non mi hai dato uno stupido indirizzo? Mi odi forse adesso?
Insomma, io non so cosa fare, sai, oggi mi sentivo davvero strana, quasi nauseata, non è stata proprio una bella giornata, mi manchi!
 
Londra, 11 Luglio 2003, 21:26
 
Finalmente eravamo alla festa … volete sapere come siamo entrati? Insomma, al solo ricordarmelo, mi vergogno troppo, ora vi spiego:
Evan, non mi aveva parlato del suo geniale piano per imbucarci, in pratica, bussammo alle cucine dicendo che c’era una consegna, ci aprirono due camerieri che poi dopo molti sforzi chiudemmo fuori e prendemmo il loro posto. Non dico le bestemmie che ci inviarono contro quei due poverini.
Appena fummo travestiti da impeccabili camerieri dissi: “ Ma poveretti! Un piano migliore, no?” ma lui sorrise: “ Non c’era tempo per pensarne uno! Forza prendi dei piatti che andiamo in sala, dobbiamo verificare dove attaccare un amplificatore” ora ero senza parole: “Scherzi? “ sorrise ancora spingendomi fuori dalle cucine tra il viavai di uomini che sembravano pinguini con la loro divisa: “ ci vediamo qui tra mezz’ora e fammi sapere che hai trovato” stavo  per contraddirlo, ma lo persi in men che non si dica di vista.
Stavo pensando mille modi per ammazzarlo una volta che lo avrei rivisto, mi muovevo  per la sala facendo finta di non ascoltare chi mi chiamava, per chiedermi qualcosa, sentivo voci indistinte che mi gridavano: “Hey scusa!” “ cameriere!”  ma ovviamente non li calcolavo affatto.
Ma senza neanche che me ne accorgessi una ragazza lievemente più bassina di me, con i capelli ricci rossi, una pelle chiara, delicata e gli occhi verdi, profondi e impenetrabili, labbra sottili, di un rosso vivo, che spiccava su quella carnagione chiara, vellutata, come solo un rossetto lunga durata poteva fare, mi guardava terribilmente infastidita, anche se quello infastidito dovevo essere io visto che era lei a sbarrarmi la strada, sbatteva le ciglia guardandomi dritto negli occhi: “ Hey tu!” mi intimò, ma io risposi: “ Credo di non capire, signorina!” cercai di sembrare il più educato possibile: “ Senti, non fare il rintonato, non ti accorgi che le persone ti stanno chiamando!” io la guardai senza capire, ma poi connessi che in realtà agli occhi delle persone io ero un cameriere: “ Aspetta … ma fai anche il cameriere?” mi domandò guardandomi meglio, ora veramente non capivo: “ Anche? Che intendi?” dissi per tutta risposta, perdendo definitivamente il filo della  conversazione: “ Ma sì, io ti ho visto ieri, mentre scendevo da un taxi, tu suonavi una chitarra e cantavi una canzone .. come faceva? A sì: Diana let me be the one to Light a fire inside your life…  ! Ecco perché m’ero girata …” continuavo a non capire: “ Scusa?” ma lei proseguì senza nemmeno rispondermi:  “ Ma sì, tu sei un cantante di strada, come ho fatto a non ricordarmelo prima … aspetta, a me non risulta che un cameriere sia un cantante di strada, insomma qui siete tutti ben pagati, perché dovresti farlo?” aveva abbassato il tono, e ora mi guardava curiosa di sapere una risposta, ma io non staccavo gli occhi dalla sua figura slanciata e sottile che era avvolta in uno splendido vestito  blu notte, ma lei aspettava ancora una risposta:” Senti, io non sono ciò che credi ok? Non ho tempo da perdere!” feci per andarmene, ma lei mi bloccò ancora: “ Ma certo,  tu sei un imbucato! Che fine hanno fatto i camerieri? Sei l’unico o c’è qualcun altro?” cominciò a sbraitare, ma io le tappai la bocca, e la trascinai in un angolo: “Vuoi mettermi nei guai? Sta’ zitta ok?” cercai di non sembrare irritato: “ Lasciami, guarda  che io ti ci metto e come nei guai, questa è una festa privata e tu non puoi …” ma rimase interdetta, perchè le tappai nuovamente la bocca: “ Senti non dire altro ok? Altrimenti … altrimenti ti chiudo in uno sgabuzzino”  ma guardando la sua faccia, non potei fare a meno di scoppiare a ridere, rilassando il volto: “ dai, non fare quella faccia, non lo farei mai, sei una ragazza!”.
“e cosa vorresti dire con questo: sei una ragazza?” mi chiese mostrando quanto fosse contraria alla mi affermazione: “No aspetta, non era un’offesa suvvia” ma non fece neanche in tempo a rispondermi che in lontananza  c’era Evan vicino a u microfono, voleva forse presentarci ma ovviamente non andò tutto come era previsto, dall’ingresso della voce si alzarono due voci piuttosto irritate, erano i camerieri, quelli veri di cui noi avevamo preso il posto: “ è un’impostore, lui e il suo compagno ci hanno chiusi fuori per imbucarsi” ora mi passavo la mano sul volto, mentre Evan scese in fretta dal palco improvvisato e iniziò a correre verso l’uscita gridandomi: “Louis dobbiamo andare sbrigati” mentre la sicurezza lo inseguiva e cercava ancora di individuare io chi fossi e in quale parte della sala mi trovassi: “ Oh cazzo! Ora sì che siamo nei guai!” affermai, mi voltai ancora una volta verso la ragazza: “Spiacente della discussione, ma ora devo proprio andare” e feci per iniziare a correre: “Aspetta, che se vai per l’uscita ti prenderanno sicuramente, è meglio passare per l’uscita laterale, seguimi và ..” al momento sembrava la proposta più ragionevole sebbene venisse dalla stessa  persona che cinque minuti prima aveva quasi rischiato di farmi scoprire con le sue urla isteriche. Il tempo però di pensare non c’era quindi spostando le persone davanti a me in modo per nulla gentile riuscimmo a raggiungere  una porta, lei l’apri con disinvoltura e aprendoci la strada iniziammo a correre, non avevo idea di dove fossi, ma in breve tempo connessi  che stavamo correndo in un campo da golf, lo spazio sembrava troppo ampio e scoperto, solo il buio della sera ci faceva da scudo agli occhi della sicurezza. Non so per quanto corremmo, ma mi resi conto solo dopo che lei mi teneva la mano. Alla fine ci ritrovammo in strada, lontani dal Cauntry Club , lontani dalla sicurezza e finalmente al sicuro, finalmente ci fermammo di correre, ero esausto, e lei aveva l’affanno, non capivo perché mi avesse aiutato, le sorrisi, lei si accorse che mi teneva a mano e arrossendo me la lasciò: “ Perché mi hai aiutato? Non eri tu che volevi chiamare la sicurezza?” le domandai: “ Un Grazie sarebbe gradito” mi rispose sistemandosi i capelli ricci che le coprivano il volto: “Ok Grazie! Ora puoi dirmi il perché?” continuai: “Così va meglio ..” iniziò lei prima di continuare: “ Non farti strane idee ok? Ti ho aiutato solo perché mi piace l’idea di aver messo un po’ di scompiglio al Cauntry Club, così tanto per movimentare la serata, mi stavo annoiando a morte, sai è noioso vivere senza poter commettere errori perché altrimenti deludi i tuoi!” fece lei, sedendosi su una panchina e levandosi le scarpe coi tacchi: “ Fidati, commettere errori non è bello!” lei mi guardò dritto negli occhi, potevo verde il verde dei suoi e accorgermi che erano inaccessibili: “Non hai paura di non commettere errori?”  chiese aspettando che io rispondessi: “Un po’ … ma non è un problema, fare errori è quello che mi riesce meglio!” feci un mezzo sorriso.
 
Manatthan,23  Settembre 2003.
Caro Louis,
Mi manca tanto il tuo mezzo sorriso, quello che vidi la prima volto la era in cui ci conoscemmo, non so perché ma già da lì mi faceva battere forte il cuore, non so perché ma i tuoi occhi tutto di te era qualcosa di nuovo, qualcosa che non avevo mai provato, qualcosa di forte, forse perché tu non avevi paura di NON commettere errori, tu avevi già vissuto più di me e mi hai insegnato in così poco tempo cosa significasse vivere.
Ricordo ancora chiaramente che dopo averti aiutato a fuggire dissi: “Bene, ora devo tornare al Cuntry Club” e tu scoppiando in una risata mi dicesti:”Vuoi tornare davvero a quella noia?Non avevi voglia di commettere un errore? Dai vieni ..” io rimasi stupita: “L’errore non sarebbe venire con te, ma deludere i miei genitori” ti risposi poco convinta, ma tu mi sorridesti ancora mandando in tilt i miei pensieri: “Allora è la posta in gioco che ti spaventa?” mi chiedesti giocando con uno dei miei ricci.
 
Londra, 11 Luglio 2003, 22:00
Dopo che l’avevo convinta a venire con me riuscì anche a farmi dire i nome: “Bhe? Non vuoi dirmi come ti chiami? Io sono Louis Tomlinson ..” lei sorrise: “Io mi chiamo Diana!”  ora iniziava ad avere un senso anche il fato della canzone.
“ Piuttosto dove stiamo andando?” mi chiese, lei aveva ceduto il passo, capivo che i tacchi dovevano farle male, diedi uno sguardo al vestito poi avendo un colpo di idea le chiesi: “Ci tieni molto a questo vestito?”
“ Non troppo!” mi rispose: “Perfetto, siccome io in giro per  Londra con quel vestito altolocato non ti ci porto bisogna modificarlo un po’” “Che?!” domandò: “ Allora ora ti porto da una mia amica, è un mito ti risistemerà quel vestito!”.
In breve tempo  bussammo alla porta sul retro di una  Boutique, ad aprirci fu Jessica: “Hei Jessy, ho un favore da chiederti!”
Mezz’ora dopo il vestito di Diana era diventato un vestitino corto sul ginocchio con la gonna larga e senza più quel tulle ingombrante: “ Il mio vestito!” esclamò vedendolo: “è più comodo, mi pare ovvio!” lei sorrise: “Se lo vedessero i miei!” alzai gli occhi al cielo: “ Ancora con sta’ storia!”.
In dieci minuti eravamo nuovamente per la strada, camminavamo per le strade buie semi illuminate dai lampioncini, lei sorrideva, forse sotto quella luce non aveva mai visto  Londra.
“Dove andiamo?” mi chiese con gli occhi pieni di luce, le brillavano di un luccichio particolare, pensai che doveva essere la stessa che hanno tutti quando combinano la loro prima stronzata. Le sorrisi appena:
“ Hai mai conosciuto le guardie di Buckingham Palace ?” chiesi guardando fisso avanti a me la strada: “ No perché dovrei? Tu le conosci? E siete amici ?” adesso scoppiai a ridere per la sua ingenuità: “ ma sì, proprio amici, quando mi vedono vanno su di giri, letteralmente, sai sono persone molto serie” lei mi guardava  con curiosità: “ che fai? Mi prendi in giro?” le sorrisi con onestà: “Ma no, è solo che .. vabbè lascia stare” accelerai il passo, ma lei mi stava dietro tirandomi la camicia: “ daiii ..  dimmelo” chiedeva ancora più insistente: “ noo!” andammo avanti così fino a quando non fummo quasi vicino al cancello: “ ma dai, veramente ci andiamo?!” pensava che scherzassi?:” Non scherzavo cosa credi?” ridemmo,  la sua risata era contagiosa, sincera.
Alla fine ci divertimmo a fare le boccacce alle guardie che cercavano di non calcolarci, e ce ne andammo ridendo come due matti: “ Sei matto, anzi no peggio pazzo” e continuava a ridere poggiandosi alla mia spalla: “ Già però anche tu non scherzi!”.
 
Manatthan,24  Settembre 2003
Caro Louis, ti verrei a cerare se potessi.
Caro Louis, per una sola notte tornerei da te, anzi per quella notte.
Caro Louis, ho appena scoperto di essere incinta e ho bisogno che tu ci sia e che tu sia quel ragazzo che ho conosciuto.
Caro Louis per una notte è stato forse tutto uno sbaglio?
Caro Louis  se sei stato il mio primo errore allora sei stato anche il migliore
 
Londra, 11 Luglio 2003, 23:07
 Seduti a un tavolino di un bar, uno di quelli che fa le serate fino a notte fonda, parlavamo di tutto:
“ è così movimentata sempre la tua vita?” mi chiese mentre assaggiava un cocktail  alla fragola che aveva letto sul menù e aveva voluto provare: “ Diciamo di sì!” “ Non ti stanchi mai? Non ti viene mai voglia di tranquillità, pace ..” un capello le copriva un occhio, quindi lievemente col dito glielo spostai: “No, la mia pace, la mia tranquillità sta nella musica … e poi se  non fosse così movimentata non vivrei ti pare?”
“ Allora io non vivo mai!” disse per tutta risposta: “ Se vuoi posso insegnarti a  vivere” le chiesi terribilmente serio, tutto in ei mi attraeva, e mi prendeva un desiderio di volerle stare vicino: “ va bene, insegnami a vivere a modo tuo”.
Verso mezzanotte stavamo uscendo dal bar e vedevo che era un po’ brilla, ma ancora del tutto cosciente: “Però penavo non reggessi l’alcol” e le sorrisi: “Su questo ti sbagli” mi poggiò il dito sulle labbra: “Secondo te per far passare  quelle noiosissime serate al Country Club come facciamo noi ragazze …” e rise: “Quanti segreti hai ancora da svelare” e sorridemmo, riuscì a perdermi nei suoi occhi …
“ Mi è venuta un’idea!” esclamai ridendo, lei alzò il sopracciglio con aria interrogativa: “Ti va di andare al centro commerciale?” ora si vedeva chiaramente che non capiva: “Dimentichi che sono chiusi!” “ Ma chi t’ha detto che devono essere aperti?” “ Aspetta .. vuoi fare irruzione in un centro commerciale?” chiese particolarmente colta in  contro piede: “ Mai provato?” domandai come se fosse una cosa naturale.
 
Verso l’una irrompemmo ne centro commerciale, ma ovviamente senza rompere nulla, entrammo da una finestra, scassinando il lucchetto l’aprimmo e entrammo chiudendola da dentro, già avevo programmato tutto, non avremmo rubato nulla né rotto niente e quando saremo usciti ci saremmo chiusi la finestra alle spalle e nessuno si sarebbe accorto di niente.
Ci inoltrammo nel buio di quell’immenso centro, feci scattare l’interruttore, e milioni di luci ci illuminarono, potevo vedere la faccia stupita  di Diana. “ Wow” la sentì proferire a fior di labbra sottovoce.
 
 
 
Londra, 11 Luglio 2003, 23:07
 Dai ricordi di lei …
 
Louis aveva aperto davanti ai miei occhi  un mondo diverso da quello che ero abituata a vedere: “ Che c’è? Sei sorpresa?” “ Lo dici solo?!” feci ironicamente.
Passammo tutto il tempo camminando e ridendo …
Ricordo che ci tenevamo nuovamente per mano, ma questa volta non ero imbarazzata, sentivo di conoscerlo, sentivo di avere un legame con lui: “Che dici allora ti ho sorpreso?” “Forse ..” sorrisi, ora stavamo in un negozio che improvvisava una camera da letto, c’era anche il materasso ad acqua: “Forse? “ io sorrisi passandogli un dito  sulla guancia: “ Guarda c’è un materasso ad acqua!” e mi ci lanciai sopra , era comodissimo, mi sentivo sprofondare, e scoppiai a ridere: “ Ecco, hai visto persino il materasso ad acqua!” e anche lui si lanciò di fianco a me ridendo anche lui, iniziammo a saltare e a ridere, ma in breve tempo inciampammo, e cademmo uno di fianco all’altro, le nostre facce erano vicinissime, e i nostri occhi si guardarono, e non so perché, ma tutto successe troppo velocemente, le sue labbra, si poggiarono sulle mie, potevo sentire il suo sapore, sentivo il suo odore.
Una mano iniziò ad accarezzarmi i capelli, mentre io gli carezzavo il volto,  la sua boccia, iniziò ad accarezzarmi con dolci baci il collo, mentre io non ebbi il tempo di connettere se fosse giusto o meno, per una volta feci quello che volevo e lo baciai, lui mi guardò: “  Non devi se non vuoi!” mi sussurrò all’orecchio: “sarà come se non fosse mai successo!” proferì con le labbra vicinissime al mio orecchio: “ Chi ha detto che non voglio!” e lo baciai con passione.
Il resto fu veloce, in breve tempo, gli tolsi la camicia sbottonandogliela, mentre lui mi sfilava il vestito, sentivo che volevo che lui fosse mio, sebbene lo conoscessi da troppo poco, decisi di non pensare.
Giocherellò con mano esperta col gancio del mio reggiseno, e in breve tempo, fummo nudi, mi accarezzava dolcemente, e dopo poco lui era dentro di me, mi bacia dolcemente la spalla.
Ci lasciammo trasportare da quei giochi d’amore, mentre la notte inghiottiva tutti i timori.
Erano le tre e un quarto su per giù quando eravamo sdraiati abbracciati uno  accanto all’atro, mentre lui mi accarezzava i capelli io gli dissi: “ Io non sono mai stata bene come questa sera, Lou” li dolcemente mi accarezzò: “ Anche io!” mi sorrise con una dolcezza unica che nessuno mi aveva mai dato prima.
“ Spero solo di non essere stata da una botta e via!” gli sussurrai: “Assolutamente!”.
 
Londra, 11 Luglio 2003, 5:00
Dopo esserci rivestiti ci stavamo chiudendo la finestra alle spalle ed eravamo nuovamente in strada, camminavamo abbracciati: “ Forse l’errore più grande che ho commesso non è stato questa notte, ma al contrario, non vivere per paura!” buttò su due  piedi mentre il silenzio ci avvolgeva: “ Non lasciare mai che il passato dica chi sei, lascia che esso sia solo parte di ciò che diventerai!” le risposi.
Passammo il resto della notte insieme.
 
Manhattan, 25 Settembre 2003
Caro Louis,
 forse questa è l’ultima lettera che ti scrivo, sto per prendere il primo aereo, fa scalo a Parigi, mentre aspetto, ho deciso di scriverti per dirti che se è necessario ti vengo a cercare in capo al mondo a costo di mandare al diavolo tutto, dopo aver litigato con mio padre perché gli ho detto di essere incinta, ho deciso di mollare tutto.
Caro Louis, sono ancora la ragazza di quella notte.
Caro Louis sto venendo a cercarti.
Caro Louis, sono incinta di tuo figlio.
Caro Louis, almeno tu non deludermi.
Caro Louis, voglio che tu mi perdoni, quella mattina quando sono fuggita col taxi e ti ho visto, non mi sono fermata perché è stato mio padre a tirarmici dentro, volevo solo che tu lo sapessi.
Volevo che mi perdonassi perché sono una codarda che non ha avuto il coraggio di reagire, quando avrei dovuto. Speravo che il mio sguardo dal taxi ti mostrasse il mio rimpianto.
Quando ho capito l’errore era troppo tardi.
 
Londra  12  luglio 2003 ore 9:33
Dai ricordi di lui …
 
L’avevo lasciata fuori casa sua quella mattina presto, avevamo deciso che ci saremmo rivisti proprio lì verso le dieci.
Io alle dieci ero lì, giusto in tempo per vederla prendere un taxi con dei bagagli, mi guardò dritto negli occhi, non riuscì a decifrarli, volevo fermarla, ma lei era già dentro ed era partita.
Sentì il mondo che ci eravamo costruiti quella notte cadere in pezzi.
Per la prima volta soffrivo. E non capivo perché mi avesse lasciato così, perché fosse fuggita, non avrebbe dovuto.
 
Londra  25 Settembre  2003
Louis …
Erano passati tre mesi, e avevo solo ora scoperto da un amico che lei non era fuggita era stata costretta dal padre.
Non ci pensai nemmeno due volte, presi il primo aereo.
Il destino però volle che ci fosse un imprevisto, e il mio aereo dovette fermarsi alla stazione di Parigi.
Scesi scocciato e demoralizzato, ma fui colto da una gioia unica, credetti di avere una visione, ma mi sbagliavo: lei era lì, seduta che leggeva un opuscolo vicino a dei bagagli, la chiamai e vidi finalmente dopo tanto i suoi occhi quel verde …
Si alzò e mi corse incontro e ci stringemmo in un abbraccio e le sussurrai: “ Mi sei mancata” lei piangeva e io col pollice le asciugavo le lacrime: “Anche tu !”
“ Grazie Diana per avermi spezzato il cuore, perché ora la tua luce può penetrarvi!”
 
Parigi 26 Settembre 2003
 
Ora non c’è più bisogno che scriva Caro Louis, perché lui è qui con me, stiamo in albergo da ieri, gli ho detto del bambino, è felice, e finalmente lo sono anche io.
Basta con la julliard
Basta con mio padre.
Basta soffrire!
La vita è mia! Forse darò un giorno le mie lettere a Louis ma ora è presto, spero di non avere mai più bisogno di scrivere.
 
Spazio autrici:

Bhe? Che dire.. un applauso a chi è arrivato alla fine .... non so cosa pensassimo per scriverla, ma ci teniamo a dei pareri da parte vostra grazie! 
<3 Saremmo contente se ci fate sapere che ne pensate e se tanto lavoro è valso a qualcosa. <3 
  
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