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Autore: Aura    01/10/2013    1 recensioni
Diana cambia città, trasferendosi in un posto dove l'unica persona che conosce è Michele, un tempo suo mentore ma ora praticamente un estraneo, dopo dieci anni in cui non si sono né visti né sentiti. E quando lo rivede capisce che quello che prova è ben più della nostalgia di un'amicizia: ma Michele è anche il suo nuovo capo, e il ricordo del loro passato è troppo bello, così l'unica cosa sensata da fare è cercare di soffocare quel sentimento nascente.
Riprenderà in mano le bottiglie e ricomincerà a fare la barista, lasciando che Michele ancora una volta torni ad essere il suo mentore; lei dovrà solo preoccuparsi di tenere a bada i pensieri che hanno iniziato a tormentarla.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una ventata d'aria fresca: Rossella sarebbe andata a trovarla, in quei giorni di ferie prima dell'apertura dell'estivo.
La mattina dopo la festa Diana si era alzata presto e aveva lucidato la casa, impaziente di rivedere l'ex collega e amica, e quando le arrivò la sua telefonata, che la informava che il navigatore non trovava l'indirizzo e si era persa, corse giù per le scale, troppo impaziente per aspettare l'ascensore.
– Ehi! – gridò, vedendo la sua macchina accostata vicino a quel tabaccaio dove anche lei si era fermata quando era arrivata in città. La raggiunse, indicandole un parcheggio libero, e quando la vide spegnere il motore praticamente la tirò giù dalla macchina, da tanto aveva voglia di abbracciarla.
– Che accoglienza! – rise lei, stringendola a sua volta. – Ti ho portato il resto delle tue schifezze, aiutami a tirare giù gli scatoloni.
Mezz'ora dopo erano scomposte sul suo divano, stanche per i viaggi con gli scatoloni in mano, e Rossella la stava aggiornando su tutte le ultime novità.
– Ti rimpiangiamo tutti, in negozio: il nuovo capo è uno stronzo totale, di quelli che ti davanti fanno i simpaticoni, ma non ti conviene dargli le spalle, sennò... Ti sei sistemata bene qui, vedo. Stasera dove mi porti? Cosa fai in genere?
Rimase scandalizzata nel sapere che in genere Diana la sera lavorava, e le sue sere libere o le passava con Michele oppure rimaneva a casa a riempirsi di film.
– Non vedo dove stia il problema: già sono in discoteca la maggior parte della settimana, almeno una sera le mie orecchie hanno bisogno di riposo. – si giustificò, rimasta male dall'espressione sconcertata di Rossella.
– Sì, ma non hai altri amici oltre a quel Michele? Andiamo, sono mesi che vivi qui! Non ti preoccupare, ora c'è Rossella in città, vedrai che ti rivoluzionerò la vita. Immagino che anche a uomini oltre a Michele... niente vero? Ma almeno vi date da fare? – Capì subito dall'espressione imbarazzata di Diana che non era esattamente così. – Oh, ma andiamo, ti sei data alla castità?
Diana sbuffò, seccata: non si aspettava certo di venire giudicata, con il lavoro che faceva era normale che la cerchia di conoscenze si restringesse ai colleghi, e sul fattore uomini non aveva minimamente intenzione di far venire in mente a Rossella di spingerla tra le braccia di Michele. Lei sarebbe partita, ma Diana doveva rimanere a fare i conti con le conseguenze delle sue azioni.
Certo, in tutta onestà il sesso le mancava, e abbastanza, ma non aveva la testa per anche solo pensare ad altri uomini che non fossero lui.
– Scusa tanto se non sono venuta a fare la prostituta di Padova: non sono in vacanza, è il luogo dove sto vivendo, e non ho intenzione di mettermi a fare la stupida. E prendi nota e tienilo bene in mente: Michele è il mio capo e il mio amico, non ho proprio l'intenzione di andare a letto con lui. – sperò di essere stata abbastanza chiara, Rossella era un tesoro ma a volte aveva la sensibilità di un elefante, e aveva il potere di metterla nei guai.
Non aveva fatto un programma, ma captando come il suo interesse si fosse focalizzato sulla sua vita sociale, sentimentale e sessuale decise che doveva tenerla impegnata, così mentre Rossella faceva la doccia preparò un itinerario che avrebbe potuto sfiancarle, in modo da poterla inibire. E poi Rossella faceva la commessa a tempo perso, la sua vera passione era l'arte, per cui non si sarebbe insospettita per quel tour.
Anzi, fu proprio lei a prenderne in mano le redini, dopo ore di cammino.
– Muovi quelle gambe! – la rimproverò, mentre guardava lo schermo del suo cellulare che le indicava il monumento più vicino. – Se ci sbrighiamo riusciremo a entrare alla Basilica, muoio dalla voglia di vederla! E qui mi dice che li vicino c'è un posto perfetto per fare l'aperitivo, così conosceremo i tuoi concittadini!
– Accaldate e sudate? – sbuffò, raggiungendola.
Rossella, nel pieno del suo elemento, ignorò quell'affermazione, la prese sottobraccio e la trascinò verso la Basilica.

– Smettila, Rossella! – la riprese, quando furono sedute sui tavolini esterni del bar dove l'aveva portata. – Sembri una ragazzina di quei film, dove le protagoniste iniziano una nuova scuola e iniziano a guardarsi intorno per riuscire a entrare nel sistema e diventare reginette: non mi piace affatto.
– Sei pesante, guarda che tra reginetta e sfigata asociale c'è la normalità in mezzo, e a quella mi sembri abbastanza lontana!
No, la visita della città aveva sfiancato più lei che Rossella, non andava affatto bene.
Sentì una voce famigliare chiamarla,
– Vecchietta! – si voltò verso Stefano, che si stava sedendo nel tavolo accanto al loro, non riuscendo a decidere se era un bene o un male che Rossella lo incontrasse. – Che ci fai qui, dove hai lasciato il Boss?
Rossella lo aveva subito adocchiato, lanciandole delle occhiate molto eloquenti.
– Non lo so, sai, non viviamo in simbiosi come pensi.
– Aspetti qualcuno? Unisciti a noi, piacere, sono Rossella, un'amica di Diana. – si intromise, porgendo la mano a Stefano.
– Certo che aspetta qualcuno. – commentò sarcastica Diana, ma Stefano decise di portare lì la sua sedia.
– Ma è in ritardo, – diceva, – quindi bevo volentieri qualcosa con voi. Da dove sei spuntata, Rossella?
Non che non le interessasse socializzare con Stefano, ma era quella sua ossessione a voler evitare che altri si intromettessero nel rapporto tra lei e Michele: Stefano già ne aveva fatto accenno, anche se Rossella non era riuscita a coglierlo, e conoscendoli entrambi sapeva che se avessero unito le idee non ne sarebbe uscito fuori niente di buono. Forse Stefano le aveva dato una mano la sera prima, ma non voleva che esagerassero: era la sua vita, il suo rapporto, e nessuno doveva metterci il becco. Come infatti avvenne.
– Stefano, tu cosa dici del fatto che da quando Diana è qui non è ancora uscita con nessun ragazzo?
– Potete evitare di parlare di me?
Stefano la guardò,
– Sei il nostro unico argomento in comune, e anche io penso che tu debba darti una svegliata. Comunque, Rossella, il fatto è che io ci ho provato a spingerla tra le braccia di un uomo affascinante e molto dotato, ma questa scema non ha occhi che per il Boss!
Diana sbatté il bicchiere sul tavolo.
– Non è affatto vero!
– C'ero anche io ieri: ho visto la tua faccia quando ballavate, e ho visto anche quel b-a-c-i-o. E la tua faccia diceva tutto, fidati.
Sentì che gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime.
– Non mi ha propriamente baciata. E...
Rossella spalancò gli occhi.
– Allarme rosso: non è cotta, è proprio innamorata persa! Bimba, ma perché non mi hai detto niente?
– Sentite, – disse, asciugandosi gli angoli degli occhi con un tovagliolino. – io non voglio interferenze esterne. Voi non potete capire, non voglio essere né spinta né consolata, fate finta di non saperlo, per favore.
Non vide lo sguardo che si scambiarono Rossella e Stefano.
– Ehi, – iniziò lui, – io e Fabio stasera usciamo, e lui probabilmente porterà Paola, ieri sera hanno limonato duro... perché non venite anche voi? Andiamo a bere qualcosa, magari si va a ballare in quel posto verso Mestre.
– Fantastico! – esclamò Rossella senza darle la possibilità di declinare.
Poi, quando si separarono, si girò verso di lui, e senza che Diana la vedesse mimò una cornetta con le mani, e con il labiale gli ricordò di chiamare il Boss.

Come ai vecchi tempi, quando Rossella si fermava a dormire a casa sua quando andavano a ballare e si preparavano insieme, entrò in bagno mentre Diana si stava asciugando i capelli e si buttò sotto alla doccia.
– Perché non mi hai detto quello che provavi? Magari avrei evitato.
– Non è facile parlarne. – sospirò, dopo averci riflettuto. – E poi non scherzavo: non voglio intromissioni, tra me e Michele c'è troppo in ballo, e so che tu saresti tentata di combinare un gran casino, anche con le migliori intenzioni. – disse, passandole l'accappatoio.
– Ma ti ha baciato, no?
– Non proprio in maniera consueta, forse non se ne è nemmeno accorto.
– Diana, – sbuffò, accarezzandole la spalla, – non esiste che un ragazzo non si accorga di averti baciato. E sì, ti vorrei spingere verso di lui: tu non faresti lo stesso con me? Comunque non farò niente di eccessivo, niente che tu non voglia, e per dimostrarti la mia buona fede ti dico che stasera ci sarà anche lui.
Rischiò di strapparsi una ciocca di capelli,
– Eh?
Passarono il resto del tempo con Rossella che faceva di tutto per farla mettere “da battaglia”, come diceva lei, e Diana che puntualmente si toglieva ogni vestito che Rossella sceglieva e si puliva dalla faccia ogni trucco che le metteva. Se forse la parte più vanitosa di sé voleva apparire carina, trovando che in fondo fosse utile scuoterlo un po' per capire se era o non era interessato a lei, l'altro lato combatteva con il ricordo delle amiche di Michele, così perfette, sapendo che era una competizione persa in partenza.
Rossella non era stata d'accordo quando glielo aveva detto.
– Sciocchezze, guarda che sai essere molto carina! – aveva protestato, ma Diana aveva abolito qualsiasi rossetto rosso e qualsiasi vestito che potesse fornire un paragone.
Poi, quando Rossella riuscì finalmente a crearle un look che accontentasse entrambe, Diana si lasciò cadere a terra, tentando di togliersi anche quel vestito e dichiarando che sarebbe rimasta a casa.
– Ti prego, ti lascio scegliere il film da guardare! Anche “E.T.”, nonostante mi faccia una paura boia! O se vuoi proprio uscire andiamo da un'altra parte, ti prego! – piagnucolava.
Aveva paura di rendersi ridicola, di fare la figura della ragazzina che si veste bene per fare colpo su il ragazzo che le piace e che non la guarderà mai.
– Siamo due adulti, – continuò, – renditi conto che lui ha quarant'anni? Questi trucchetti da dodicenni sono solo tristemente comici.
Rossella si sedette di fronte a lei, bloccandole le mani in modo che non rovinasse il suo lavoro.
– Respira. – disse, guardandola negli occhi. – E ora guarda la cosa per quello che è: esci e c'è anche lui. Non è un crimine se ti sei vestita bene, vorresti dirmi che se non hai nessuno su cui far colpo ti copri di stracci? Tu? Sei la stessa che aveva speso con orgoglio mezzo stipendio per un paio di scarpe? – le ricordò, facendola ridere. – Quindi: sei uscita a fare un po' di festa con la tua amica Rossella che non vedi da mesi, saresti strana se ti mettessi i jeans e le scarpe da ginnastica, concordi?
Diana chiuse gli occhi e annuì: detto da lei sembrava diverso. E accettò la versione, nonostante dentro di sé sapeva che quando si trattava di lei e Michele le cose non seguivano mai il filo logico di tutti gli altri.
In fondo, nonostante la sua ingombranza, Rossella le dava fiducia.

Michele non sembrò particolarmente sorpreso o infastidito dalla sua presenza.
– Stavo giusto chiedendo a Stefano chi erano quelle due tamarre che avevano parcheggiato. – la prese in giro, salutandola.
– Esagerato, solo perché non mi adeguo sempre ai tuoi gusti musicali: guarda che quando non ti sto intorno mi piace non avere l'ansia da prestazione culturale e se mi va ascolto anche musica più plebea. Ascoltavo Justin Timberlake, è un problema?
Michele rise,
– Ansia da prestazione? Non ne avevi quando mi hai fatto ascoltare tutta la discografia di Beyoncè, vero? – Poi si rivolse a Rossella. – Io sono Michele, comunque, dato che la tua amica si è dimenticata le buone maniere.
Diana presentò velocemente Rossella a Fabio e Paola, che non la conoscevano, e si guardò intorno.
– Aspettiamo ancora qualcuno?
Stefano guardò interrogativo Michele, che lo informò:
– No, ci raggiungono là, possiamo andare. – colse l'espressione curiosa di Diana. – Beh, cosa pensavi, che sono un pirla che sa solo circondarsi di ragazzini come voi? Io appartengo a un altro decennio, ogni tanto mi piace parlare con qualcuno della mia età. Vedo che ti sei vestita bene, Daiana, per fortuna: dove ti porto stasera è un posto da grandi. – disse finendo il commento con un occhiolino, mentre saliva in macchina e faceva cenno a Stefano di andare con lui.
E lì, in piedi su quel marciapiede, se avesse potuto Diana lo avrebbe incenerito con lo sguardo.
– Che bisogno c'è di parlarmi così? – si lamentò, ferita, salendo in macchina con Rossella.
– Ma se ti ha fatto un complimento! Io non lo conosco, ma ti assicuro che dalla faccia che ha fatto si vedeva che non gli dispiacevi affatto.
– Non lo conosci: – dichiarò Diana, – Michele non fa mai complimenti, soprattutto davanti ad altre persone.
– O forse te li fa e tu non li capisci. – commentò testarda, mentre metteva in moto e seguiva la macchina che le stava aspettando.

Rossella era proprio in clima da vacanza, si era fiondata in pista a ballare non appena erano entrati. Diana agitò nervosa il ghiaccio nel suo bicchiere: non aveva avuto torto a preoccuparsi, ovviamente avevano trovato ad aspettarli le solite tre amiche di Michele, che ovviamente lo avevano subito monopolizzato.
– Vecchia spugna. – La raggiunse Stefano, per riprendere un po' fiato provato dall'energia inarrestabile di Rossella, che si stava ancora scatenando. – Che ci fai tutta sola?
Al diavolo.
– Direi “io non ballo con i ragazzini”. – imitò Michele, – Peccato che qui non ce ne siano. Hai ragione, sei pronto a tornare nella mischia? Ma stammi lontano: se mi stai troppo vicino io sembro una milf. – Gli intimò, facendolo scoppiare a ridere.
Trovò facilmente Rossella, e nonostante Diana non si sentisse proprio l'anima della festa iniziò a ballare, decidendo di mandare a quel paese Michele e quello che avrebbe fatto quella sera: lei era lì solo per divertirsi con la sua amica.
– Ma guarda chi è arrivato! – urlò Stefano, dandole una gomitata.
Vide Pietro, che si stava avvicinando a loro, e commentò, incredula:

– Devi aver puntato proprio tanti soldi, eh?
E ignorò Rossella dietro di Pietro mentre che lo stava salutando: da come stava muovendo le mani stava chiaramente chiedendo a Stefano se era proprio lui. E lei che aveva paura che volessero buttarla tra le braccia di Michele...
Fortunatamente la sera prima aveva avuto la buona idea di parlare a Pietro, spiegandogli che ultimamente era stata in difficoltà a parlare con lui per via della scommessa, evitando accuratamente di scendere nei particolari, e avevano chiarito di non avere nessun interesse reciproco.
Tornò a ballare accanto a Rossella, sperando che il suo sguardo non significasse “se non lo vuoi tu me lo prendo io”.
– Non ci credo! – rise con molto poco tatto Stefano, indicando il limite esterno della pista. – Lui è proprio il Boss, non c'è storia!
Si voltò e si bloccò, smettendo di ballare, incredula: Michele era lì.
Non ballava, se ne stava fermo con il cocktail in mano, ma le sue amiche lo facevano ampiamente anche per lui.
– Calmati. – l'afferrò Rossella, facendola girare. – Non è mica niente!
– Lui non balla. Mai. – scandì, tornando a voltarsi verso la scena, come se non potesse evitare di vederla. Non poteva rimanere lì, immobile mentre tutti ballavano, a guardarlo. Rossella e Stefano l'avrebbero certo compatita, e Fabio e Paola erano così appiccicati da non lasciare spazio a nessun dialogo, così chiese a Pietro se l'accompagnava a prendere da bere.
E lui, che era più alto della maggior parte della gente lì e sovrastava molte teste, cercò di starle dietro mentre lei marciava verso il bar.
– Tutto bene? – provò a chiederle, e lei gli scoccò un'occhiata sarcastica.
– Ma certo, perché non dovrebbe andare bene? Sono stata con questa persona in decine di discoteche diverse e l'ho sempre visto attaccato al bancone, guai a spostarlo, e poi scopro che... niente, ignorami. No, scusami, – Cercò di calmarsi, capendo quello che stava facendo. Appoggiò i gomiti al banco e nascose la faccia tra le mani. Era davvero una stupida a comportarsi così. – Non volevo trascinarti dentro alla mia follia, ma se fossi venuta da sola Rossella mi avrebbe seguito, e non volevo.
– Vuoi rimanere da sola?
– Sarebbe l'ideale se tu potessi fare finta di niente.
Lui le sorrise,
– Tornerò là camminando molto piano, così avrai tempo di seminarla.
Diana prese la birra e si allontanò, prendendo un'uscita di emergenza che la portò fuori, dove nessuno sarebbe andato a cercarla.
Era talmente nervosa che i denti stringevano il collo della bottiglia, mentre beveva. Certo, Michele le aveva fatto un complimento secondo Rossella, ma intanto non l'aveva degnata di uno sguardo per tutta la sera. Era ora di guardare in faccia la realtà.

– Disturbo? Sta tornando Pietro?
Michele l'aveva trovata. Diana corrugò la fronte.
– Ma cosa dici?
Stava avvicinandosi, un passo alla volta, aveva un che di strano: si sentiva con le spalle al muro, e quella sensazione, combinata con la gelosia che l'aveva colpita, la innervosì ancora di più. Cercò di mantenere un ritmo di respiro regolare, riuscendo però solo a evidenziare la sua agitazione, sottolineando ogni respiro.
– Mah, non so, ho visto che vi siete allontanati insieme.
Allora quando gli faceva comodo si accorgeva di lei. Doveva evitare di guardarlo, si stava avvicinando sempre di più. Per distrarsi prese un altro sorso di birra.
– A dire la verità l'ho usato come espediente perché non mi andava di avere intorno nessuno: sapevo che Rossella mi avrebbe seguito, se mi fossi allontanata da sola. – disse, funerea. – Comunque, anche se fosse? – lo guardò giusto per scoccargli un'occhiata di sfida, e poi continuò a dedicarsi allo studio della recinzione a cui si era appoggiata mollemente. Michele ora era davanti a lei, lo percepiva chiaramente anche se stava guardando altrove, e poteva scommettere che aveva le braccia incrociate. Se pensava che si sarebbe arresa a guardarlo si sbagliava di grosso, pensava testardamente.
– Ogni tanto hai delle reazioni esagerate. – le rimproverò, osservandola. Diana si leccò le labbra e sospirò, ironica, bisbigliando qualcosa. – Non ho capito: se bisbigli e guardi dall'altra parte non ti sento.
– Ho detto: – si girò finalmente a guardarlo, contraendo le labbra per il nervoso. – che almeno io ho delle reazioni, per esagerate che siano. Sai che conosco delle persone che non perdono mai il controllo? – lo sfidò. Al diavolo se avesse capito che parlava di lui, voleva che lo capisse: odiava essere lì, a tremare quasi dalla rabbia e dalla delusione, davanti a lui, che per giunta sembrava si stesse prendendo gioco di lei e delle sue “reazioni”.
Fu un istante, Michele strinse gli occhi a due fessure, le bloccò i polsi con le mani e la spinse contro la cancellata, obbligandola a guardarlo.
– Perché mai una persona dovrebbe perdere il controllo?
Diana era immobilizzata, sentiva il suo respiro sfiorarle la pelle, i suoi occhi la fissavano senza darle la possibilità di guardare altrove. Raccolse tutto il coraggio che aveva, forse dovuto dalla rabbia che l'aveva colta, e sostenne fieramente il suo sguardo. Sapeva cosa dirgli, ma non pensava che ne avrebbe mai avuto il coraggio:
– Perché chissene frega, cazzo.
Quasi non riuscì a pronunciare le ultime lettere, perché la sua bocca le aveva impedito di continuare. Chiuse gli occhi, incredula, e si aggrappò a lui. Come la stava baciando... era come se fossero le uniche persone sulla faccia della terra. Sentiva le sue mani stringerla, aggrapparsi ai suoi capelli, accarezzarle la schiena, i fianchi. E il suo bacio era esattamente come se lo ricordava, se non meglio, perché non stava accennando a finire: era in totale balia delle sue labbra, delle loro lingue che si incontravano e si sfidavano a ottenere sempre di più.
E lei glielo avrebbe concesso senza tanti pensieri, lì, contro quella rete o per terra, ovunque. Si sentì stringere ancora di più e si abbandonò totalmente a lui.
Si staccò da lei, allontanandosi un poco, vedeva che il suo petto si muoveva allo stesso ritmo affannato del suo respiro.
– Chissene frega cazzo? – le domandò, sarcastico.
– Sì. – dichiarò, tirandolo nuovamente a sé.
Chissene fregava delle discussioni che avrebbero avuto o delle scuse che avrebbero utilizzato per non parlarne, ormai erano lì e tanto valeva immergersi ancora in quel bacio, di cui era ancora affamata.
E poi, non poteva negarlo, le sue mani, le sue mani sui suoi fianchi che la stringevano, l'accarezzavano, senza varcare i confini ma provocandole sensazioni come se l'avessero fatto: quelle mani dimostravano che in fondo anche lui la voleva, Michele la vedeva, e lei aveva bisogno di sentirlo.
Capiva che per qualche motivo non avrebbe voluto perdere il controllo come aveva fatto, non avrebbe voluto baciarla: lo percepiva quasi arrabbiato, ma questo non gli impediva di continuare a baciarla ancora di più, fino a stordirla, e quindi non le importava dei pensieri che gli passavano per la testa, se lo spingevano a baciarla così.
– Ora basta. – mise in chiaro, lasciandola andare.
– Ok. – riuscì a dire, stordita, nonostante le fosse di fronte e se lo sentisse ancora addosso, e non poteva evitare di guardarlo come se fosse così.
Michele aggrottò le sopracciglia,
– Che discorso è, comportarti come se ti avessi fatto un torto mortale? Perché ero con delle altre persone.
– No, – ansimò, – forse sono stata un po' esagerata.
Gli avrebbe detto anche che la Terra era piatta, se glielo avesse chiesto in quel momento.
– Allora siamo d'accordo? Basta reazioni eccessive. Per tutti e due.
Diana annuì, anche se non capiva esattamente quello che le aveva detto.
– Aspetta. – gli tirò la manica, prima che potesse allontanarsi, senza sapere neanche lei perché.
Michele la tirò a sé, baciandola ancora, più dolcemente.
– Ok, il discorso è chiuso, allora: non parliamone più, basta.
Rientrò, e Diana era sicura solo di una cosa: non aveva capito una parola.

– Cosa... Ah, sei qui. – la raggiunse Rossella, guardandola. – Qui? Viziosa! – si mise a ridere.
Diana strizzò gli occhi: forse stava perdendo la capacità di capire le persone.
– Ma che dici? – notò poi il suo sguardo eloquente. – No, ma cosa pensi?
Rossella le porse una sigaretta,
– Penso quello che mi dice la tua faccia, e la tua faccia sembra quella di una che ha appena messo fine al periodo di castità!
Diana gliela strappò quasi di mano.
– Cretina. – la rimproverò, come se non le fosse neanche passato per la testa. – Però... mi ha baciato. Di brutto. – scandì, guardando un punto inesistente davanti a sé, ripensando al genere di bacio.
Rossella le prese la sigaretta dalle dita e tirò una boccata.
– Allora il nostro piano ha funzionato alla grande. – esclamò, soffiando via il fumo. – Io e Stefano, mentre tu facevi l'asociale: tu eri gelosa marcia, e abbiamo pensato che anche lui andava ingelosito, così ha chiamato Pietro. Da quanto mi ha detto, Michele non ha preso molto bene il fatto che tu non sia più intimidita da lui, quindi sapevamo che si sarebbe ingelosito vedendolo comparire. Poi hai fatto tutto tu, allontanandoti con lui. Quindi?
Diana alzò le spalle, ancora troppo nel mondo dei sogni per potersela prendere con lei per quello che le aveva appena detto.
– Non lo so, continuava a dire che il discorso era chiuso e cose così.
– Non sarà facile, a quanto pare per qualche motivo non vuole cedere: ma almeno sai di non essergli indifferente.
Diana ripensò alla sua bocca, alle sue mani... probabilmente Rossella aveva ragione.



Rossella era partita a mezzogiorno, abbracciandola e ricordandole che la sua previsione si era avverata: era riuscita a dare una scossa alla sua vita.
– Però non dormire sugli allori! Guarda che ho lasciato a Stefano il mio numero, se vede che fate i cretini mi avvisa e io torno qua e ne combino un'altra delle mie, a tuo rischio e pericolo!
Diana l'abbracciò, assicurandole di non preoccuparsi, e rimase in strada finché non vide la sua macchina scomparire nel traffico.
Le porte dell'ascensore si stavano chiudendo quando qualcuno che stava arrivando di corsa lo fermò.
– Ah. Ciao. – disse, quando si accorse che era Michele.
Lui sembrava sorpreso quanto lei.
– Ho finito il caffè, ero andato a prenderlo. – gli mostrò il pacchetto, come se volesse giustificarsi. Diana ebbe conferma della conclusione a cui era arrivata quella notte: il suo “basta, non parliamone più” si riferiva al loro bacio. Abbozzò un sorriso, come a volerlo tranquillizzare, e guardò il display dell'ascensore, aspettando che segnasse il numero del loro piano.
Quando le porte si aprirono rischiarono di rimanere incastrati, poi Michele fece un passo indietro lasciandola passare.
– Beh, – disse, avvicinandosi alla sua porta e guardandolo uscire dall'ascensore con la coda dell'occhio – ci si vede.
– Caffè? Stamattina mi è arrivato il pacco da Amazon con i dvd che ho ordinato.
Prese fiato: quello che aveva voluto per tutta la salita dell'ascensore era un altro bacio, in realtà.
– Va bene, ma scelgo io.










Nda: Sorry per il ritardo, ma è stata una settimana decisamente impegnativa!
Piccola nota: Diana non intendeva It, ma proprio ET; ve lo assicuro perché quel film fa morire di paura anche me O_O mille volte meglio It!!! XD
Grazie immenso a Bloomsbury, perché mi ha letto e recensito e perché mi ha lasciato un minimo di speranza nel finale del suo Draw Skin, speranza di rivedere ancora il mio uomo preferito ;-)
Alla prossima!

   
 
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