Una ventata d'aria fresca: Rossella
sarebbe andata a trovarla, in quei giorni di ferie prima
dell'apertura dell'estivo.
La mattina dopo la festa Diana si era
alzata presto e aveva lucidato la casa, impaziente di rivedere l'ex
collega e amica, e quando le arrivò la sua telefonata, che la
informava che il navigatore non trovava l'indirizzo e si era persa,
corse giù per le scale, troppo impaziente per aspettare
l'ascensore.
– Ehi! – gridò, vedendo la sua macchina
accostata vicino a quel tabaccaio dove anche lei si era fermata
quando era arrivata in città. La raggiunse, indicandole un
parcheggio libero, e quando la vide spegnere il motore praticamente
la tirò giù dalla macchina, da tanto aveva voglia di
abbracciarla.
– Che accoglienza! – rise lei, stringendola a
sua volta. – Ti ho portato il resto delle tue schifezze, aiutami a
tirare giù gli scatoloni.
Mezz'ora dopo erano scomposte sul suo
divano, stanche per i viaggi con gli scatoloni in mano, e Rossella la
stava aggiornando su tutte le ultime novità.
– Ti rimpiangiamo
tutti, in negozio: il nuovo capo è uno stronzo totale, di quelli che
ti davanti fanno i simpaticoni, ma non ti conviene dargli le spalle,
sennò... Ti sei sistemata bene qui, vedo. Stasera dove mi porti?
Cosa fai in genere?
Rimase scandalizzata nel sapere che in genere
Diana la sera lavorava, e le sue sere libere o le passava con Michele
oppure rimaneva a casa a riempirsi di film.
– Non vedo dove stia
il problema: già sono in discoteca la maggior parte della settimana,
almeno una sera le mie orecchie hanno bisogno di riposo. – si
giustificò, rimasta male dall'espressione sconcertata di Rossella.
–
Sì, ma non hai altri amici oltre a quel Michele? Andiamo, sono mesi
che vivi qui! Non ti preoccupare, ora c'è Rossella in città, vedrai
che ti rivoluzionerò la vita. Immagino che anche a uomini oltre a
Michele... niente vero? Ma almeno vi date da fare? – Capì subito
dall'espressione imbarazzata di Diana che non era esattamente così.
– Oh, ma andiamo, ti sei data alla castità?
Diana sbuffò,
seccata: non si aspettava certo di venire giudicata, con il lavoro
che faceva era normale che la cerchia di conoscenze si restringesse
ai colleghi, e sul fattore uomini non aveva minimamente intenzione di
far venire in mente a Rossella di spingerla tra le braccia di
Michele. Lei sarebbe partita, ma Diana doveva rimanere a fare i
conti con le conseguenze delle sue azioni.
Certo, in tutta onestà
il sesso le mancava, e abbastanza, ma non aveva la testa per anche
solo pensare ad altri uomini che non fossero lui.
– Scusa tanto
se non sono venuta a fare la prostituta di Padova: non sono in
vacanza, è il luogo dove sto vivendo, e non ho intenzione di
mettermi a fare la stupida. E prendi nota e tienilo bene in mente:
Michele è il mio capo e il mio amico, non ho proprio l'intenzione di
andare a letto con lui. – sperò di essere stata abbastanza chiara,
Rossella era un tesoro ma a volte aveva la sensibilità di un
elefante, e aveva il potere di metterla nei guai.
Non aveva fatto
un programma, ma captando come il suo interesse si fosse focalizzato
sulla sua vita sociale, sentimentale e sessuale decise che doveva
tenerla impegnata, così mentre Rossella faceva la doccia preparò un
itinerario che avrebbe potuto sfiancarle, in modo da poterla inibire.
E poi Rossella faceva la commessa a tempo perso, la sua vera
passione era l'arte, per cui non si sarebbe insospettita per quel
tour.
Anzi, fu proprio lei a prenderne in mano le redini, dopo ore
di cammino.
– Muovi quelle gambe! – la rimproverò, mentre
guardava lo schermo del suo cellulare che le indicava il monumento
più vicino. – Se ci sbrighiamo riusciremo a entrare alla Basilica,
muoio dalla voglia di vederla! E qui mi dice che li vicino c'è un
posto perfetto per fare l'aperitivo, così conosceremo i tuoi
concittadini!
– Accaldate e sudate? – sbuffò,
raggiungendola.
Rossella, nel pieno del suo elemento, ignorò
quell'affermazione, la prese sottobraccio e la trascinò verso la
Basilica.
– Smettila, Rossella! – la riprese, quando
furono sedute sui tavolini esterni del bar dove l'aveva portata. –
Sembri una ragazzina di quei film, dove le protagoniste iniziano una
nuova scuola e iniziano a guardarsi intorno per riuscire a entrare
nel sistema e diventare reginette: non mi piace affatto.
– Sei
pesante, guarda che tra reginetta e sfigata asociale c'è la
normalità in mezzo, e a quella mi sembri abbastanza lontana!
No,
la visita della città aveva sfiancato più lei che Rossella, non
andava affatto bene.
Sentì una voce famigliare chiamarla,
–
Vecchietta! – si voltò verso Stefano, che si stava sedendo nel
tavolo accanto al loro, non riuscendo a decidere se era un bene o un
male che Rossella lo incontrasse. – Che ci fai qui, dove hai
lasciato il Boss?
Rossella lo aveva subito adocchiato, lanciandole
delle occhiate molto eloquenti.
– Non lo so, sai, non viviamo in
simbiosi come pensi.
– Aspetti qualcuno? Unisciti a noi,
piacere, sono Rossella, un'amica di Diana. – si intromise,
porgendo la mano a Stefano.
– Certo che aspetta qualcuno. –
commentò sarcastica Diana, ma Stefano decise di portare lì la sua
sedia.
– Ma è in ritardo, – diceva, – quindi bevo
volentieri qualcosa con voi. Da dove sei spuntata, Rossella?
Non
che non le interessasse socializzare con Stefano, ma era quella sua
ossessione a voler evitare che altri si intromettessero nel rapporto
tra lei e Michele: Stefano già ne aveva fatto accenno, anche se
Rossella non era riuscita a coglierlo, e conoscendoli entrambi sapeva
che se avessero unito le idee non ne sarebbe uscito fuori niente di
buono. Forse Stefano le aveva dato una mano la sera prima, ma non
voleva che esagerassero: era la sua vita, il suo rapporto, e nessuno
doveva metterci il becco. Come infatti avvenne.
– Stefano, tu
cosa dici del fatto che da quando Diana è qui non è ancora uscita
con nessun ragazzo?
– Potete evitare di parlare di me?
Stefano
la guardò,
– Sei il nostro unico argomento in comune, e anche
io penso che tu debba darti una svegliata. Comunque, Rossella, il
fatto è che io ci ho provato a spingerla tra le braccia di un uomo
affascinante e molto dotato, ma questa scema non ha occhi che per il
Boss!
Diana sbatté il bicchiere sul tavolo.
– Non è
affatto vero!
– C'ero anche io ieri: ho visto la tua faccia
quando ballavate, e ho visto anche quel b-a-c-i-o. E la tua faccia
diceva tutto, fidati.
Sentì che gli occhi le si stavano
riempiendo di lacrime.
– Non mi ha propriamente baciata.
E...
Rossella spalancò gli occhi.
– Allarme rosso: non è
cotta, è proprio innamorata persa! Bimba, ma perché non mi hai
detto niente?
– Sentite, – disse, asciugandosi gli angoli
degli occhi con un tovagliolino. – io non voglio interferenze
esterne. Voi non potete capire, non voglio essere né spinta né
consolata, fate finta di non saperlo, per favore.
Non vide lo
sguardo che si scambiarono Rossella e Stefano.
– Ehi, – iniziò
lui, – io e Fabio stasera usciamo, e lui probabilmente porterà
Paola, ieri sera hanno limonato duro... perché non venite anche voi?
Andiamo a bere qualcosa, magari si va a ballare in quel posto verso
Mestre.
– Fantastico! – esclamò Rossella senza darle la
possibilità di declinare.
Poi, quando si separarono, si girò
verso di lui, e senza che Diana la vedesse mimò una cornetta con le
mani, e con il labiale gli ricordò di chiamare il Boss.
Come
ai vecchi tempi, quando Rossella si fermava a dormire a casa sua
quando andavano a ballare e si preparavano insieme, entrò in bagno
mentre Diana si stava asciugando i capelli e si buttò sotto alla
doccia.
– Perché non mi hai detto quello che provavi? Magari
avrei evitato.
– Non è facile parlarne. – sospirò, dopo
averci riflettuto. – E poi non scherzavo: non voglio intromissioni,
tra me e Michele c'è troppo in ballo, e so che tu saresti tentata di
combinare un gran casino, anche con le migliori intenzioni. –
disse, passandole l'accappatoio.
– Ma ti ha baciato, no?
–
Non proprio in maniera consueta, forse non se ne è nemmeno accorto.
– Diana, – sbuffò, accarezzandole la spalla, – non esiste che
un ragazzo non si accorga di averti baciato. E sì, ti vorrei
spingere verso di lui: tu non faresti lo stesso con me? Comunque non
farò niente di eccessivo, niente che tu non voglia, e per
dimostrarti la mia buona fede ti dico che stasera ci sarà anche
lui.
Rischiò di strapparsi una ciocca di capelli,
–
Eh?
Passarono il resto del tempo con Rossella che faceva di tutto
per farla mettere “da battaglia”, come diceva lei, e Diana che
puntualmente si toglieva ogni vestito che Rossella sceglieva e si
puliva dalla faccia ogni trucco che le metteva. Se forse la parte
più vanitosa di sé voleva apparire carina, trovando che in fondo
fosse utile scuoterlo un po' per capire se era o non era interessato
a lei, l'altro lato combatteva con il ricordo delle amiche di
Michele, così perfette, sapendo che era una competizione persa in
partenza.
Rossella non era stata d'accordo quando glielo aveva
detto.
– Sciocchezze, guarda che sai essere molto carina! –
aveva protestato, ma Diana aveva abolito qualsiasi rossetto rosso e
qualsiasi vestito che potesse fornire un paragone.
Poi, quando
Rossella riuscì finalmente a crearle un look che accontentasse
entrambe, Diana si lasciò cadere a terra, tentando di togliersi
anche quel vestito e dichiarando che sarebbe rimasta a casa.
–
Ti prego, ti lascio scegliere il film da guardare! Anche “E.T.”,
nonostante mi faccia una paura boia! O se vuoi proprio uscire andiamo
da un'altra parte, ti prego! – piagnucolava.
Aveva paura di
rendersi ridicola, di fare la figura della ragazzina che si veste
bene per fare colpo su il ragazzo che le piace e che non la guarderà
mai.
– Siamo due adulti, – continuò, – renditi conto che
lui ha quarant'anni? Questi trucchetti da dodicenni sono solo
tristemente comici.
Rossella si sedette di fronte a lei,
bloccandole le mani in modo che non rovinasse il suo lavoro.
–
Respira. – disse, guardandola negli occhi. – E ora guarda la cosa
per quello che è: esci e c'è anche lui. Non è un crimine se ti sei
vestita bene, vorresti dirmi che se non hai nessuno su cui far colpo
ti copri di stracci? Tu? Sei la stessa che aveva speso con orgoglio
mezzo stipendio per un paio di scarpe? – le ricordò, facendola
ridere. – Quindi: sei uscita a fare un po' di festa con la tua
amica Rossella che non vedi da mesi, saresti strana se ti mettessi i
jeans e le scarpe da ginnastica, concordi?
Diana chiuse gli occhi
e annuì: detto da lei sembrava diverso. E accettò la versione,
nonostante dentro di sé sapeva che quando si trattava di lei e
Michele le cose non seguivano mai il filo logico di tutti gli
altri.
In fondo, nonostante la sua ingombranza, Rossella le dava
fiducia.
Michele non sembrò particolarmente sorpreso o
infastidito dalla sua presenza.
– Stavo giusto chiedendo a
Stefano chi erano quelle due tamarre che avevano parcheggiato. – la
prese in giro, salutandola.
– Esagerato, solo perché non mi
adeguo sempre ai tuoi gusti musicali: guarda che quando non ti sto
intorno mi piace non avere l'ansia da prestazione culturale e se mi
va ascolto anche musica più plebea. Ascoltavo Justin Timberlake, è
un problema?
Michele rise,
– Ansia da prestazione? Non ne
avevi quando mi hai fatto ascoltare tutta la discografia di Beyoncè,
vero? – Poi si rivolse a Rossella. – Io sono Michele, comunque,
dato che la tua amica si è dimenticata le buone maniere.
Diana
presentò velocemente Rossella a Fabio e Paola, che non la
conoscevano, e si guardò intorno.
– Aspettiamo ancora qualcuno?
Stefano guardò interrogativo Michele, che lo informò:
–
No, ci raggiungono là, possiamo andare. – colse l'espressione
curiosa di Diana. – Beh, cosa pensavi, che sono un pirla che sa
solo circondarsi di ragazzini come voi? Io appartengo a un altro
decennio, ogni tanto mi piace parlare con qualcuno della mia età.
Vedo che ti sei vestita bene, Daiana, per fortuna: dove ti
porto stasera è un posto da grandi. – disse finendo il commento
con un occhiolino, mentre saliva in macchina e faceva cenno a Stefano
di andare con lui.
E lì, in piedi su quel marciapiede, se avesse
potuto Diana lo avrebbe incenerito con lo sguardo.
– Che bisogno
c'è di parlarmi così? – si lamentò, ferita, salendo in macchina
con Rossella.
– Ma se ti ha fatto un complimento! Io non lo
conosco, ma ti assicuro che dalla faccia che ha fatto si vedeva che
non gli dispiacevi affatto.
– Non lo conosci: – dichiarò
Diana, – Michele non fa mai complimenti, soprattutto davanti ad
altre persone.
– O forse te li fa e tu non li capisci. –
commentò testarda, mentre metteva in moto e seguiva la macchina che
le stava aspettando.
Rossella era proprio in clima da vacanza,
si era fiondata in pista a ballare non appena erano entrati. Diana
agitò nervosa il ghiaccio nel suo bicchiere: non aveva avuto torto a
preoccuparsi, ovviamente avevano trovato ad aspettarli le solite tre
amiche di Michele, che ovviamente lo avevano subito monopolizzato.
–
Vecchia spugna. – La raggiunse Stefano, per riprendere un po' fiato
provato dall'energia inarrestabile di Rossella, che si stava ancora
scatenando. – Che ci fai tutta sola?
Al diavolo.
– Direi
“io non ballo con i ragazzini”. – imitò Michele, – Peccato
che qui non ce ne siano. Hai ragione, sei pronto a tornare nella
mischia? Ma stammi lontano: se mi stai troppo vicino io sembro una
milf. – Gli intimò, facendolo scoppiare a ridere.
Trovò
facilmente Rossella, e nonostante Diana non si sentisse proprio
l'anima della festa iniziò a ballare, decidendo di mandare a quel
paese Michele e quello che avrebbe fatto quella sera: lei era lì
solo per divertirsi con la sua amica.
– Ma guarda chi è
arrivato! – urlò Stefano, dandole una gomitata.
Vide Pietro,
che si stava avvicinando a loro, e commentò, incredula:
– Devi aver puntato proprio tanti
soldi, eh?
E ignorò Rossella dietro di Pietro mentre che lo stava
salutando: da come stava muovendo le mani stava chiaramente chiedendo
a Stefano se era proprio lui. E lei che aveva paura che volessero
buttarla tra le braccia di Michele...
Fortunatamente la sera prima
aveva avuto la buona idea di parlare a Pietro, spiegandogli che
ultimamente era stata in difficoltà a parlare con lui per via della
scommessa, evitando accuratamente di scendere nei particolari, e
avevano chiarito di non avere nessun interesse reciproco.
Tornò
a ballare accanto a Rossella, sperando che il suo sguardo non
significasse “se non lo vuoi tu me lo prendo io”.
– Non ci
credo! – rise con molto poco tatto Stefano, indicando il limite
esterno della pista. – Lui è proprio il Boss, non c'è storia!
Si
voltò e si bloccò, smettendo di ballare, incredula: Michele era
lì.
Non ballava, se ne stava fermo con il cocktail in mano, ma le
sue amiche lo facevano ampiamente anche per lui.
– Calmati. –
l'afferrò Rossella, facendola girare. – Non è mica niente!
–
Lui non balla. Mai. – scandì, tornando a voltarsi verso la scena,
come se non potesse evitare di vederla. Non poteva rimanere lì,
immobile mentre tutti ballavano, a guardarlo. Rossella e Stefano
l'avrebbero certo compatita, e Fabio e Paola erano così appiccicati
da non lasciare spazio a nessun dialogo, così chiese a Pietro se
l'accompagnava a prendere da bere.
E lui, che era più alto della
maggior parte della gente lì e sovrastava molte teste, cercò di
starle dietro mentre lei marciava verso il bar.
– Tutto bene? –
provò a chiederle, e lei gli scoccò un'occhiata sarcastica.
–
Ma certo, perché non dovrebbe andare bene? Sono stata con questa
persona in decine di discoteche diverse e l'ho sempre visto attaccato
al bancone, guai a spostarlo, e poi scopro che... niente, ignorami.
No, scusami, – Cercò di calmarsi, capendo quello che stava
facendo. Appoggiò i gomiti al banco e nascose la faccia tra le
mani. Era davvero una stupida a comportarsi così. – Non volevo
trascinarti dentro alla mia follia, ma se fossi venuta da sola
Rossella mi avrebbe seguito, e non volevo.
– Vuoi rimanere da
sola?
– Sarebbe l'ideale se tu potessi fare finta di
niente.
Lui le sorrise,
– Tornerò là camminando molto
piano, così avrai tempo di seminarla.
Diana prese la birra e si
allontanò, prendendo un'uscita di emergenza che la portò fuori,
dove nessuno sarebbe andato a cercarla.
Era talmente nervosa che i
denti stringevano il collo della bottiglia, mentre beveva. Certo,
Michele le aveva fatto un complimento secondo Rossella, ma intanto
non l'aveva degnata di uno sguardo per tutta la sera. Era ora di
guardare in faccia la realtà.
– Disturbo? Sta tornando
Pietro?
Michele l'aveva trovata. Diana corrugò la fronte.
–
Ma cosa dici?
Stava avvicinandosi, un passo alla volta, aveva un
che di strano: si sentiva con le spalle al muro, e quella sensazione,
combinata con la gelosia che l'aveva colpita, la innervosì ancora di
più. Cercò di mantenere un ritmo di respiro regolare, riuscendo
però solo a evidenziare la sua agitazione, sottolineando ogni
respiro.
– Mah, non so, ho visto che vi siete allontanati
insieme.
Allora quando gli faceva comodo si accorgeva di lei.
Doveva evitare di guardarlo, si stava avvicinando sempre di più. Per
distrarsi prese un altro sorso di birra.
– A dire la verità
l'ho usato come espediente perché non mi andava di avere intorno
nessuno: sapevo che Rossella mi avrebbe seguito, se mi fossi
allontanata da sola. – disse, funerea. – Comunque, anche se
fosse? – lo guardò giusto per scoccargli un'occhiata di sfida, e
poi continuò a dedicarsi allo studio della recinzione a cui si era
appoggiata mollemente. Michele ora era davanti a lei, lo percepiva
chiaramente anche se stava guardando altrove, e poteva scommettere
che aveva le braccia incrociate. Se pensava che si sarebbe arresa a
guardarlo si sbagliava di grosso, pensava testardamente.
– Ogni
tanto hai delle reazioni esagerate. – le rimproverò, osservandola.
Diana si leccò le labbra e sospirò, ironica, bisbigliando qualcosa.
– Non ho capito: se bisbigli e guardi dall'altra parte non ti
sento.
– Ho detto: – si girò finalmente a guardarlo,
contraendo le labbra per il nervoso. – che almeno io ho
delle reazioni, per esagerate che siano. Sai che conosco delle
persone che non perdono mai il controllo? – lo sfidò. Al diavolo
se avesse capito che parlava di lui, voleva che lo capisse: odiava
essere lì, a tremare quasi dalla rabbia e dalla delusione, davanti a
lui, che per giunta sembrava si stesse prendendo gioco di lei e delle
sue “reazioni”.
Fu un istante, Michele strinse gli
occhi a due fessure, le bloccò i polsi con le mani e la spinse
contro la cancellata, obbligandola a guardarlo.
– Perché mai
una persona dovrebbe perdere il controllo?
Diana era
immobilizzata, sentiva il suo respiro sfiorarle la pelle, i suoi
occhi la fissavano senza darle la possibilità di guardare altrove.
Raccolse tutto il coraggio che aveva, forse dovuto dalla rabbia che
l'aveva colta, e sostenne fieramente il suo sguardo. Sapeva cosa
dirgli, ma non pensava che ne avrebbe mai avuto il coraggio:
–
Perché chissene frega, cazzo.
Quasi non riuscì a pronunciare le
ultime lettere, perché la sua bocca le aveva impedito di continuare.
Chiuse gli occhi, incredula, e si aggrappò a lui. Come la stava
baciando... era come se fossero le uniche persone sulla faccia della
terra. Sentiva le sue mani stringerla, aggrapparsi ai suoi capelli,
accarezzarle la schiena, i fianchi. E il suo bacio era esattamente
come se lo ricordava, se non meglio, perché non stava accennando a
finire: era in totale balia delle sue labbra, delle loro lingue che
si incontravano e si sfidavano a ottenere sempre di più.
E lei
glielo avrebbe concesso senza tanti pensieri, lì, contro quella rete
o per terra, ovunque. Si sentì stringere ancora di più e si
abbandonò totalmente a lui.
Si staccò da lei, allontanandosi un
poco, vedeva che il suo petto si muoveva allo stesso ritmo affannato
del suo respiro.
– Chissene frega cazzo? – le domandò,
sarcastico.
– Sì. – dichiarò, tirandolo nuovamente a
sé.
Chissene fregava delle discussioni che avrebbero avuto o
delle scuse che avrebbero utilizzato per non parlarne, ormai erano lì
e tanto valeva immergersi ancora in quel bacio, di cui era ancora
affamata.
E poi, non poteva negarlo, le sue mani, le sue mani sui
suoi fianchi che la stringevano, l'accarezzavano, senza varcare i
confini ma provocandole sensazioni come se l'avessero fatto: quelle
mani dimostravano che in fondo anche lui la voleva, Michele la
vedeva, e lei aveva bisogno di sentirlo.
Capiva che per qualche
motivo non avrebbe voluto perdere il controllo come aveva fatto, non
avrebbe voluto baciarla: lo percepiva quasi arrabbiato, ma questo non
gli impediva di continuare a baciarla ancora di più, fino a
stordirla, e quindi non le importava dei pensieri che gli passavano
per la testa, se lo spingevano a baciarla così.
– Ora basta. –
mise in chiaro, lasciandola andare.
– Ok. – riuscì a dire,
stordita, nonostante le fosse di fronte e se lo sentisse ancora
addosso, e non poteva evitare di guardarlo come se fosse
così.
Michele aggrottò le sopracciglia,
– Che discorso è,
comportarti come se ti avessi fatto un torto mortale? Perché ero con
delle altre persone.
– No, – ansimò, – forse sono stata un
po' esagerata.
Gli avrebbe detto anche che la Terra era piatta, se
glielo avesse chiesto in quel momento.
– Allora siamo d'accordo?
Basta reazioni eccessive. Per tutti e due.
Diana annuì, anche se
non capiva esattamente quello che le aveva detto.
– Aspetta. –
gli tirò la manica, prima che potesse allontanarsi, senza sapere
neanche lei perché.
Michele la tirò a sé, baciandola ancora,
più dolcemente.
– Ok, il discorso è chiuso, allora: non
parliamone più, basta.
Rientrò, e Diana era sicura solo di una
cosa: non aveva capito una parola.
– Cosa... Ah, sei qui. –
la raggiunse Rossella, guardandola. – Qui? Viziosa! – si
mise a ridere.
Diana strizzò gli occhi: forse stava perdendo la
capacità di capire le persone.
– Ma che dici? – notò poi il
suo sguardo eloquente. – No, ma cosa pensi?
Rossella le porse
una sigaretta,
– Penso quello che mi dice la tua faccia, e la
tua faccia sembra quella di una che ha appena messo fine al periodo
di castità!
Diana gliela strappò quasi di mano.
– Cretina.
– la rimproverò, come se non le fosse neanche passato per la
testa. – Però... mi ha baciato. Di brutto. – scandì, guardando
un punto inesistente davanti a sé, ripensando al genere di
bacio.
Rossella le prese la sigaretta dalle dita e tirò una
boccata.
– Allora il nostro piano ha funzionato alla grande. –
esclamò, soffiando via il fumo. – Io e Stefano, mentre tu facevi
l'asociale: tu eri gelosa marcia, e abbiamo pensato che anche lui
andava ingelosito, così ha chiamato Pietro. Da quanto mi ha detto,
Michele non ha preso molto bene il fatto che tu non sia più
intimidita da lui, quindi sapevamo che si sarebbe ingelosito
vedendolo comparire. Poi hai fatto tutto tu, allontanandoti con lui.
Quindi?
Diana alzò le spalle, ancora troppo nel mondo dei sogni
per potersela prendere con lei per quello che le aveva appena
detto.
– Non lo so, continuava a dire che il discorso era chiuso
e cose così.
– Non sarà facile, a quanto pare per qualche
motivo non vuole cedere: ma almeno sai di non essergli
indifferente.
Diana ripensò alla sua bocca, alle sue mani...
probabilmente Rossella aveva ragione.
Rossella era
partita a mezzogiorno, abbracciandola e ricordandole che la sua
previsione si era avverata: era riuscita a dare una scossa alla sua
vita.
– Però non dormire sugli allori! Guarda che ho lasciato a
Stefano il mio numero, se vede che fate i cretini mi avvisa e io
torno qua e ne combino un'altra delle mie, a tuo rischio e
pericolo!
Diana l'abbracciò, assicurandole di non preoccuparsi, e
rimase in strada finché non vide la sua macchina scomparire nel
traffico.
Le porte dell'ascensore si stavano chiudendo quando
qualcuno che stava arrivando di corsa lo fermò.
– Ah. Ciao. –
disse, quando si accorse che era Michele.
Lui sembrava sorpreso
quanto lei.
– Ho finito il caffè, ero andato a prenderlo. –
gli mostrò il pacchetto, come se volesse giustificarsi. Diana ebbe
conferma della conclusione a cui era arrivata quella notte: il suo
“basta, non parliamone più” si riferiva al loro bacio. Abbozzò
un sorriso, come a volerlo tranquillizzare, e guardò il display
dell'ascensore, aspettando che segnasse il numero del loro
piano.
Quando le porte si aprirono rischiarono di rimanere
incastrati, poi Michele fece un passo indietro lasciandola passare.
– Beh, – disse, avvicinandosi alla sua porta e guardandolo
uscire dall'ascensore con la coda dell'occhio – ci si vede.
–
Caffè? Stamattina mi è arrivato il pacco da Amazon con i dvd che ho
ordinato.
Prese fiato: quello che aveva voluto per tutta la salita
dell'ascensore era un altro bacio, in realtà.
– Va bene, ma
scelgo io.
Nda: Sorry per il ritardo, ma è stata una settimana decisamente impegnativa!
Piccola nota: Diana non intendeva It, ma proprio ET; ve lo assicuro
perché quel film fa morire di paura anche me O_O mille volte
meglio It!!! XD
Grazie immenso a Bloomsbury, perché mi ha letto e recensito e
perché mi ha lasciato un minimo di speranza nel finale del suo
Draw Skin, speranza di rivedere ancora il mio uomo preferito ;-)
Alla prossima!