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Autore: Phenex    01/10/2013    0 recensioni
Un oscuro materiale precipitato dal cielo ha trasformato la Terra in modo radicale, modificando la sua struttura e riunendo i continenti in un unica pangea primordiale. Gli umani vivono all'interno di colonie alimentate esclusivamente da energia elettrica, costruite da un leader di nome Dio Manen. Al di fuori delle colonie vi è solo mistero, violenza ed il devastante "Giudizio della Natura".
Zack Lux è un ragazzo semplice. Non ha particolari interessi e desidera solo una vita tranquilla e lontana dai problemi che contraddistinguono il caos, componente dell'esistenza umana stessa. Il suo intento di calma ed assenza di pericoli viene però messo a dura prova dal momento in cui Emily Silva, piccola inventrice brillante e misteriosa, si presenta come sua dipendente al lavoro. Tuttavia Zack non è solo un semplice ragazzo come tanti altri, nel suo passato si nasconde qualcosa di pericoloso quanto la materia oscura che ancora trafigge la crosta terrestre.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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II

 

Durante le ultime ore che segnavano la fine della giornata lavorativa all'interno della colonia i grossi schermi collocati sugli edifici risalenti a prima dell'avvento della Materia Nera, ristrutturati e modernizzati, iniziarono a trasmettere quella che poteva essere definito un annuncio straordinario.

Gran parte dei coloni interrompeva qualsiasi tipo di mansione per portare lo sguardo, o per lo meno l'orecchio, verso ciò veniva comunicato.

Quando si trattava di notizie improvvise, che ponevano fine ai spot pubblicitari o ai video che illustravano come si viveva nei nuovi insediamenti terrestri, ricordando quanto fosse importante mettere da parte tutte le differenze che tempo addietro erano nate dalla divisione dei continenti, nasceva una sorta di solidarietà globale tra tutti i componenti delle colonie. Invero, dietro questa forma di comunità unita, si celava un viscido e più che umano comportamento egoistico. Il motivo di ciò era dovuto al fatto che gli schermi si concedevano tutti per un solo tipo di notizia, quella che veniva definita: Il Giudizio della Natura.

Nonostante la Materia Nera risultasse adesso solo come una massa di antichi monumenti del passato ed i figli di Yomi fossero ritenuti estinti, vi era ancora un grosso problema che impediva all'umanità di riprendere il controllo del proprio pianeta a livello globale: gli animali. A causa dell'unione dei continenti, dei cambiamenti climatici ed alla presenza dei Fulgur all'interno di ogni tipo di organismo vivente, gli animali erano stati costretti ad una nuova evoluzione che, per la necessità di sopravvivenza, li aveva portati a divenire creature possenti e pericolose. Ovviamente quello non era l'unico fattore che rendeva la fauna terrestre un pericolo per tutte le colonie, visto che, da svariati punti di vista, molte tipologie di animali avevano rappresentato una minaccia per l'uomo sin dall'alba dei tempi. Il motivo che prendeva il nome di "Giudizio della Natura" era l'inspiegabile collera con cui ogni singola forma di essere vivente animale avesse deciso di impedire all'umanità di risorgere dalle sue ceneri.

Lo schermo della colonia stava infatti mostrando cosa era avvenuto in un insediamento che era sorto lì dove Italia ed Africa si erano toccate sino a fondersi molto tempo addietro. Rettili, felini, rapaci, insetti, ogni genere di creatura si stava lanciando con furia sopra le persone disperate in fuga. A difenderle vi era solo il corpo di sicurezza della colonia che, benché fosse armato dell'equipaggiamento più tecnologico in circolazione, stava subendo numerose perdite di fronte a quella che poteva definirsi un'alleanza di creature inferocite.

« E' il terzo attacco in neanche una settimana, era ovvio che quel posto alla fine sarebbe crollato. »

Osservò, come se non fosse abbastanza chiaro a chiunque, Spike, portandosi la sigaretta contro le pallide labbra e lasciandosi nuovamente scivolare contro la parete che gli aveva fatto da poggia schiena per tutto il pomeriggio.

Raul si limitò a annuire, senza però distogliere lo sguardo dei suoi grandi occhi neri, cupi ed adirati, dallo schermo più vicino. In quel momento stavano trasmettendo il recupero dei civili dalla zona, coperti dal Colonizzatore Mark II che risiedeva in ogni colonia. I Colonizzatori erano dei robusti costrutti di acciaio e circuiti dalle fattezze umane. Alti circa tre metri, con un'anatomia identica a quella umana, riprodotta sopra il metallo con dei rinforzi isolanti di colore nero, e con il volto rinforzato da quello che poteva essere definito un elmo medievale dotato di sei grosse telecamere rosse di forma sferica disposte verticalmente in file da tre dalla fronte al mento, i Colonizzatori rappresentavano una delle armi più potenti mai create dal genere umano. Essi, quando ancora non avevano raggiunto il grado di Mark II, avevano portato alla fine la guerra tra umanità e figli di Yomi. Il loro costruttore era lo stesso uomo che stava tentando di ricolonizzare la terra: il Dio Manen.

Nel vedere il Colonizzatore affrontare da solo tutte quelle creature riportando sulla sua spessa corazza solo qualche graffio superficiale, Raul ricordò tutti i tipi di tragedie che avevano coinvolto quei robot. Essi ne uscivano sempre intatti, oppure con qualche danno che non impediva loro di continuare a lottare. Li aveva visti ingoiare da animali giganteschi per poi farsi strada tra le loro interiora, li aveva visti saltare in aria oppure precipitare da altezze mostruose. Non importava cosa gli accadesse, i Colonizzatori erano sempre lì, pronti ad alzarsi, quasi come se avessero voluto dimostrare che il loro creatore, che vegliava dall'alto dei cieli, era davvero un Dio.

Al pensiero che Manen stesse osservando proprio lui in quel momento, Raul scrutò il cielo nel punto dove la luna stava iniziando a manifestarsi come una macchia bianca immateriale, simile ad un fantasma...

 

...O ad una manifestazione divina?

 

« Noi siamo a rischio quasi quanto loro. »

Puntualizzò poi, cercando di uscire da tutte le sue fantasie sul come potesse essere la prima colonia lunare che l'uomo creò durante la guerra contro i figli di Yomi, quando oramai la Terra era solo un campo sterminato di combattimenti e città in rovina.

 

Magari era proprio come il paradiso no?

 

I ragazzi con cui passava il pomeriggio per le strade lo scrutarono senza neanche sprecarsi a rispondere. Raul li fissò negli occhi. Analizzò la loro postura, le loro condizioni fisiche ed infine la loro discutibile capacità deduttiva. Non era certo un segreto e non c'era bisogno di una laurea sulla nuova geografia terrestre per sapere che se i continenti si erano fusi come se fossero stati attratti tra loro da una forza magnetica, allora l'America, in particolar modo Virginia, combaciava perfettamente con i contorni dell'Africa, luogo totalmente privo di colonie a causa dell'ingente attività animale. Tuttavia quegli obsoleti primati, che con il tempo erano diventati gli unici compagni di Raul, sembravano perfettamente in grado di ignorare la realtà che li circondava, con i suoi doveri, impegni, responsabilità...

 

... e pericoli.

 

Raul si limitò a fare un cenno di dissenso, portandosi poi il cappuccio della felpa grigia sopra la testa, come era solito fare, coprendo gli ispidi capelli neri che ricordavano delle lingue di fuoco spinte indietro dal vento. Sollevò la mano destra e salutò tutto il resto del gruppo.

« Ci vediamo stanotte al ritrovo ok? Ho bisogno di stare un po' da solo. »

Spike lo scrutò per un paio di secondi, giusto il tempo necessario per permettere al suo cervello corrotto dai vizi e dalla vita malsana di realizzare quanto gli era appena stato detto, poi rispose al saluto.

« A stasera fratello. »

 

Fratello un cazzo.

 

Raul si lasciò alle spalle per un po' quella che era la sua vita, continuando a camminare con la testa china e le mani dentro la felpa. Le dita gli premevano contro il freddo metallo della pistola che portava nella tasca sinistra. Si trattava di un'arma che era riuscito a far entrare dentro la colonia superando il controllo legale. La aveva usata per la prima volta a dodici anni per proteggersi dall'aggressione di un gruppo di erranti in preda alla follia causata dalla fame. I bambini erano spesso una buone fonte di cibo in casi estremi ed in un certo senso, ora che Raul di anni ne aveva venticinque, anche lui lo capiva.

 

Se non c'è vita per gli adulti, perché lasciare i giovani crescere?

 

Quel lontano giorno sparò tre colpi di 9mm su quegli aggressori che la sua mente gli ricordava come ombre dai denti acuminati, ma che in realtà erano soltanto rachitici disperati, simili ai senza tetto che, neanche a volerlo, avevano già invaso alcune delle colonie e Virginia non faceva eccezione.

Adesso quella pistola era per lui più un ricordo che un'arma, visto che, rispetto a ciò che era stato inventato successivamente per abbattere i figli di Yomi, una 9mm rappresentava al massimo una fionda caricata con qualcosa di appuntito.

All'interno del caricatore c'erano ancora cinque colpi, o meglio, quattro colpi. Il quinto Raul si era preso accuratamente la briga di rimuoverlo, in modo da essere sicuro di poterlo usare su se stesso se la sua vita non avesse deciso di riprendersi da quella brutta piega che stava caratterizzando tutta la sua esistenza. Alle volte utilizzava l'arma per spaventare qualche venditore, in modo da assicurarsi lo stomaco pieno durante il giorno, ma per il resto non aveva mai sparato un proiettile in tutti gli anni in cui aveva vissuto all'interno della colonia.

Si fermò un secondo di fronte ad una vetrina, ma non per vedere cosa ci fosse all'interno. I suoi occhi si bloccarono sul riflesso di quel ragazzo di colore, con la testa e il volto oscurati dall'ombra e dal cappuccio.

 

Eccomi qui, miserabile come sempre.

 

Raul non era affatto soddisfatto di ciò che viveva ogni giorno.

Al contrario di quei tossicodipendenti dei suoi compagni, che pensavano solo al presente ed avevano gettato le speranze in un baratro di fiamme e narcotici, lui continuava ancora a desiderare che tutto cambiasse in meglio. Non voleva che la sua vita rimanesse così insignificante, non lo avrebbe mai accettato. I suoi occhi si posarono nuovamente sulla luna, adesso divenuta più nitida e visibile. Si chiese ancora una volta come ci si potesse sentire a poter vedere il mondo da lassù. Ad avere una visione completa di tutte quelle persone che sconosciute erano e che sconosciute sarebbero rimaste, perché insignificanti.

 

Dammi solo un'occasione.

 

Quando Raul fece per tornare a muoversi, dopo un primo passo, andò a sbattere contro qualcuno con la spalla sinistra. Il suo primo impulso, dettato dalla collera che gli ronzava a livello viscerale, fu si aggredire chiunque si trovasse di fronte a lui, come se si trattasse del responsabile delle sue sventure, ma poi ritrovò la calma e si limitò a ringhiare, senza però interrompere il passo.

 

 

҉҉

 

 

« Guarda dove cazzo vai. »

Zack sospirò con pazienza per ignorare l'arroganza del tipo che aveva appena urtato.

Aveva avuto una pessima giornata e non era certo sua intenzione peggiorarla mettendosi a discutere con un poco di buono che sicuramente proveniva dai quartieri in restaurazione della colonia.

I quartieri in restaurazione erano parti della città che non erano ancora state restaurate con le nuove tecnologie ed erano solitamente abitati dalle persone senza un lavoro o che vivevano alla giornata.

 

Scarso senso ha costruire in un mondo devoto alla distruzione.

 

Questo perché un mucchio di abitazioni da occupare che non richiedevano alcuna tassa per il fatto che la loro costruzione era stata rimandata sino a nuovo ordine. Il motivo per cui alcune persone non potevano permettersi di usufruire del pagamento tramite i Fulgur, ed accedere quindi al diritto di una vita regolare, era che esse possedevano il sangue infetto da troppe sostanze estranee e, anche se nulla era totalmente dimostrato, nessuno desiderava problemi al nucleo di Scentiam. Molti altri invece si trovavano dentro le colonie con la sola ambizione di oziarvi all'interno, magari rallentandone anche lo sviluppo per la loro scarsa voglia di coesistere col prossimo o di impegnarsi in qualcosa di più che il semplice vegetare, alla fine nonostante la guerra, l'umanità non era poi così cambiata.

A Zack non erano mai andate giù le persone che abitavano i quartieri in costruzione, le riteneva controproducenti ed anche pericolose, ma come per tutte le cose, lasciava che i problemi scivolassero dedicandosi alla sua vita tranquilla e priva di problemi rilevanti.

Il notiziario riguardante la caduta della colonia che arginava con l'Africa per lo aveva per lo meno distratto dal pensare, per almeno una mezzora, a quanto era stata stressante quella giornata lavorativa. Il fatto che un esercito di animali potesse improvvisamente irrompere all'interno della colonia lacerando e dilaniando chiunque gli capitasse sotto tiro era un pensiero che lo faceva sempre rabbrividire, tuttavia vedeva il "Giudizio della Natura" come una forma giusta di rivendicazione dello spirito della Terra, se mai fosse esistito, anche se, probabilmente, si trattava solo di una malattia simile alla rabbia che faceva impazzire gli animali, ma di questo nessuno era certo.

 

Molte persone dovrebbero imparare a non rovinare intere esistenze pur di ottenere ciò che vogliono.

 

Rassicurandosi con false speranze in caso di attacco, Zack fece di corsa le scale di casa per ritrovarsi di fronte alla busta di viveri, lasciata dal facchino del supermercato, davanti alla porta dell'appartamento. Come al solito suo padre non si era neanche degnato di uscire dal suo studio, per fortuna Zack aveva evitato di prendere prodotti surgelati sospettando tale evenienza.

Una volta entrato in casa, trovò il genitore in cucina, di fronte al lavandino, intento a versarsi un bicchiere di gassosa, con indosso solo un paio di boxer a righe viola e azzurre. I lunghi capelli neri gli dondolavano all'altezza della vita ed alcune ciocche bianche, impossibili da nascondere, erano rese ancor più visibili dal neon che illuminava la stanza.

Il suo corpo mostrava i segni di una vita sedentaria e priva di qualunque tipo di attività che non fosse rimanere rinchiuso nel suo studio per lavorare ai suoi "progetti".

Per Zack quello che faceva il padre era totalmente un mistero. Non perché egli glie lo nascondesse, ma perché a lui non interessava minimamente.

Suo padre non lavorava da nessuna parte eppure sembrava non avere mai bisogno di soldi, cosa che garantiva così un distacco ancor più profondo, causato dalla mancanza di argomenti su cui discutere. I due vivevano singolarmente la propria vita, come se fossero dei perfetti sconosciuti e non si dovessero niente l'un l'altro.

« Oh. Già, me ne ero dimenticato. »

Esordì Sebastian Lux, indicando con un cenno della testa la borsa del supermercato in mano a Zack che, con dissenso, rispose emettendo una sorta di grugnito, per poi poggiare i viveri sopra la tavola.

« Cosa è successo al lavoro? Non ti sei annoiato abbastanza a fare lo schiavo? E' per questo che sei nervoso? »

Lo canzonò il padre, bevendo la sua gassosa tutta d'un fiato e riempiendosi nuovamente il bicchiere. Era come sempre stupefacente la quantità di quella robaccia che Sebastian Lux riusciva ad ingurgitare. La beveva sempre ed in qualsiasi occasione, sino al punto di far chiedere a chiunque come potesse essere possibile che il suo stomaco non si fosse ingrossato così tanto da rovesciare il suo contenuto dentro il resto del corpo, portandolo ad una morte per emorragia interna.

« Tu invece? Hai fatto la zecca il più del solito per essere così allegro? »

Rimandò Zack, sfilandosi di dosso la tuta da lavoro prima che il caldo lo soffocasse. Il padre scolò il secondo bicchiere, poi la sua espressione si contorse nel solito sorriso. Zack odiava vederlo sorridere. Dietro quelle labbra a mezza luna e quei denti bianchi gli sembrava sempre di riuscire a vedere una cattiveria smisurata. Era difficile da spiegare, ma in qualche modo suo padre lo inquietava nel profondo, forse per motivi di cui neanche lui era totalmente al corrente.

« Suvvia sono tuo padre. So quando qualcosa non va. »

Lo incalzò, sedendosi al contrario su di una delle sedie della cucina, per poi piegarsi sul poggia schiena con entrambe le braccia, affogandoci il viso. Adesso solo i suoi vitrei occhi grigi potevano essere scorsi. Un altro indescrivibile componente di terrore per Zack.

« Sei arrivato troppo tardi per fare il padre ... »

 

...troppo tardi, anche per la mamma.

 

Con quelle ultime parole, Zack infilò la mano dentro la busta della spesa e ne estrasse quanto gli serviva per cenare quella notte. Del pane, qualche formaggio e della carne. Osservò quest'ultima per scoprire se il prezzo era aumentato ancora. Era difficile ottenere la carne dal momento in cui tutti gli animali erano diventati dannosi per l'uomo e quindi era quanto difficile cacciarli, quanto impossibile allevarli. Subito dopo, senza degnare il padre di uno sguardo, cercando di ignorare il suo sorrisetto compiaciuto, si voltò e si apprestò a ritirarsi in camera sua, senza però sperare di addormentarsi subito, perché il giorno dopo avrebbe avuto a che fare di nuovo con Emily.

La ragazzina, o meglio, la sua apprendista, si comportava costantemente in un modo che Zack non riusciva a sostenere. Non si faceva scrupoli ad interromperlo ed addirittura era capitato che si mettesse a fare il lavoro di altri, mentre questi erano troppo impegnati a farsi gli affari propri. Quella predisposizione al volersi esibire a tutti i costi aveva totalmente mandato in fumo la tranquillità di Zack. Trovava Emily una persona fastidiosa e piena di sé, tanto da volersi mettere al di sopra degli altri. Era irrispettosa e, non meno importante, del tutto incapace di stare al proprio posto. Così, dopo aver finito di mangiare, Zack si addormentò con quel pensiero in testa che continuava a sbattergli per tutte le pareti del cranio.

 

Emily, Emily, Emily.

 

   
 
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