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Autore: miseichan    02/10/2013    9 recensioni
E’ semplice.
Si riduce tutto a una sola parola: lapalissiano.
Assaporala, contemplala, ripetila; lascia che ti scivoli sulla lingua.
Fintanto che riesci a pronunciarla sei ancora in gioco.
Non dimenticarla. Lapalissiano. 
Lapalissiano, lapalissiano, lapalissiano. Lapalissiano.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Lapalissiano

 

 

Ora svengo. Oh, vi prego, fate che svenga. 

 

Espirò, la testa che girava, ma invece dell’impatto con il pavimento quello che sentì fu un paio di braccia impegnate a mantenerla in piedi. 
“Presa!” esclamò qualcuno alle sue spalle, sostenendola con decisione. 
Nora chiuse gli occhi, desiderando di scomparire all’istante. 
“Rico, e che diavolo!” continuava frattanto la voce “Un po’ di tatto in più, no?”
“Non la smetteva di insultarmi, come avrei dovuto fare?”
“Ci sono modi e modi”
“Se mi avesse lasciato il tempo di intervenire o...”
“Ho bisogno di sedermi” biascicò allora Nora, cercando di liberarsi dalla presa ferrea in cui era stretta “Ho davvero bisogno di sedermi”
“Agli ordini” approvò la voce, senza tuttavia lasciarla andare. 
Nora si sentì trascinare, o forse spingere non avrebbe saputo dirlo con certezza. Fatto sta che senza nemmeno rendersene conto si ritrovò dietro il bancone del bar. 
La testa girava ancora, ma il problema principale era quello strano vuoto che sentiva nel petto. Un vuoto pesante, per quanto insensato potesse sembrare. Fece ancora una volta per liberarsi dalla stretta sconosciuta, ma d’improvviso si accorse di non averne bisogno: le braccia lentamente la stavano lasciando andare, facendola scivolare a sedere sul parquet.
“Ecco. Così dovrebbe andare meglio, no?”
Nora annuì appena, sbattendo velocemente le palpebre per cacciare indietro le lacrime.
“Sono una stupida” mugugnò, stringendosi le gambe contro il petto. 
“No, non esageriamo adesso” ribatté la voce, di colpo più vicina “Stupida non saprei. Ubriaca, probabilmente. Brilla, sicuramente.”
Nora tirò su col naso mentre la voce assumeva finalmente una forma; scrutò diffidente la mano appena apparsa nel suo campo visivo:
“E tu chi sei?”
“Quello che ti ha evitato una possibile commozione cerebrale” si presentò il giovane, limitandosi a darle una pacca sul ginocchio “Anche conosciuto come Roberto”
“Oh. Commozione cerebrale?”
“Il parquet è duro,” spiegò lui, appoggiandosi al muro “uno svenimento non previsto con conseguente colpo di testa può portare a una possibile commozione cerebrale”
“Non esistono svenimenti previsti” borbottò Nora, squadrandolo dal basso.
“Non da chi sviene, certo. Gli astanti, tuttavia, potrebbero intuirlo” sogghignò Roberto “Prendi me, io l’ho intuito”
“Non sono svenuta” soffiò la ragazza, indecisa se fosse il caso o meno di offendersi.
Probabilmente no: bisognava essere in forza per offendersi.
“C’eri quasi” insisté Roberto.
“Certo che c’ero quasi!” scoppiò allora lei “Lui è gay!”
“Sottigliezze, dai”
Nora, però, non lo stava più ascoltando: 
“Due mesi che vengo qui. Due mesi e lui... oddio, non riesco neanche a dirlo, te ne rendi conto? Come fa a essere gay? E’ uno spreco! E... gli ho dato dello stronzo. Oh, signore gli ho dato dello stronzo. L’ho fatto, vero?”
“Sì, temo di sì” 
Nora si coprì il viso con le mani, un leggero tremito che le scuoteva le spalle. 
Roberto ruotò gli occhi, imprecando internamente prima di piegarsi in avanti, facendo leva sui talloni:
“Non fare così, su” mormorò incerto “Se può consolarti è davvero stronzo”
“E tu che ne sai?”
“Lo conosco da più di dieci anni e ci condivido casa, una vaga idea ce l’ho, sai com’è”
Un gemito prolungato sfuggì dalla bocca della ragazza che cominciò a fissarlo come se gli fosse spuntata una seconda testa:
“Perché? Perché tutte a me?” guaì, afferrandolo brutalmente per la camicia “Tu! Se sei il suo dannatissimo migliore amico perché diavolo stai qua a interagire con la pazza?”
“Ti... ti sei appena data della pazza?” ridacchiò Roberto, appoggiandosi al bancone per non caderle addosso “Non avevamo concordato per brilla?”
Si fissarono per diversi istanti, studiandosi vicendevolmente.
“Perché sei ancora qui?” sfiatò infine lei, lasciandolo andare
“Ci lavoro, dolcezza” sussurrò lui “Due mesi che vieni qui e non ti ricordi del barista?”
Nora scosse il capo: 
“Tu non sei il barista” mugugnò “Lui è il barista” 
Roberto seguì il dito della ragazza e fece poi cenno col capo al ragazzo da lei indicato:
“Lui è Mario” spiegò paziente “L’altro barista”
“Oh. Siete in due, allora”
“Già”
“Sono brilla”
“Sei ubriaca”
“Avevi detto che brilla andava bene”
“Cercavo di essere gentile dato che avevi appena avuto un quasi svenimento”
“E una quasi commozione cerebrale”
“Ti stai riprendendo, vedo”
“No” brontolò Nora “Anzi. Mi sa che devo vomitare”
“Ottima scelta” approvò Roberto alzandosi in piedi e tirando su anche lei “Segui il corridoio: la seconda porta a sinistra”
“Okay”
“Ce la fai?” domandò il ragazzo, scrutandola con occhio critico.
“Naturalmente” rispose lei, sollevando il mento e incamminandosi con passo malfermo verso il bagno.
Roberto la guardò inciampare per la seconda volta dopo appena dieci passi e sospirò, affrettandosi ad aggirare a sua volta il bancone:
“Mario, torno subito”
“Non che fino ad ora tu sia stato minimamente d’aiuto” gli gridò dietro quello, il sorriso nella voce “Attento a non farti rimettere sulle scarpe!”
La raggiunse mentre oscillava nel corridoio, canticchiando a mezza voce un ritornello stonato. Lei si fermò davanti alla prima porta e lui la sospinse in avanti, ripetendo:
“Seconda porta a sinistra, dolcezza”
“Non chiamarmi dolcezza” borbottò la ragazza “Mi chiamo Onoria, per gli amici Nora”
“Onoria?” ridacchiò lui, tenendole aperta la porta giusta “I tuoi ti odiano parecchio, eh?”
“I miei non mi odiano. E io ce la potevo fare anche da sola.”
“Naturalmente” le fece il verso Roberto, accendendole la luce. 
“Così questo è il bagno” mormorò lei, tentennando sull’uscio e alternando lo sguardo fra le piastrelle blu e il ragazzo al suo fianco. 
“Ebbene sì” annuì Roberto “Cambio di programma?”
“Come?”
“Non dovevi vomitare?”
“Chi, io?”
Roberto sospirò per l’ennesima volta, inclinando il capo verso destra:
“Forse è meglio che tu vada a casa” le sussurrò “C’è qualcuno che posso chiamare per farti venire a prendere o preferisci un taxi?”
“Non voglio andare a casa” ribatté lei, incrociando le braccia al petto “Per farlo dovrei uscire dalla porta”
“Sì” ridacchiò Roberto “Temo che sia inevitabile”
“Non capisci!” si accalorò Nora, spintonandolo “Se uscissi dalla porta lui mi vedrebbe!”
“Immagino che il lui in questione sia Enrico”
“Sì!” soffiò lei “Lui Enrico. Lui il gay. Mio Dio, è gay...”
“Per carità non ricominciamo” la bloccò Roberto, afferrandola per le spalle. 
“Lui lo stronzo!” sibilò ancora Nora.
“Senti...”
“Vieni con me” lo interruppe lei, afferrandolo per il gomito e trascinandolo in bagno.
Roberto sgranò gli occhi a quelle parole, ma non fece in tempo a reagire che lei aveva già chiuso la porta e spinto lui contro il muro:
“Che diavolo stai facendo?” boccheggiò, un attimo prima che la bocca di lei eliminasse ogni tentativo di conversazione. 
Fu un bacio irruente. Inaspettato, violento quasi, e decisamente focoso.
Ci vollero svariati secondi prima che Roberto ricordasse di essere quello sobrio. 
Dannazione, lui era quello sobrio. 
“Nora, Nora, ferma” balbettò, cercando di allontanare la ragazza “Cosa stai cercando di fare?”
“Te” sillabò lei, cominciando maldestramente a sbottonargli la camicia “Sto cercando di farmi te”
“Sì” biascicò Roberto “Lo avevo intuito, sai? Non credo sia un’idea brillante”
“Non m’interessa” sbottò Nora, continuando imperterrita a denudarlo.
“Nora”
“Sta’ zitto e baciami, per l’amor del Cielo!”
E senza neanche sapere come si ritrovò di nuovo con le labbra incollate a quelle di lei e per di più senza camicia. Quando sentì che la lingua di Nora era arrivata a contargli i molari, si decise a interrompere il bacio. Perché lui era un gentiluomo. 
O quantomeno un ragazzo per bene. E lo sapeva benissimo che non è educato dar corda alle giovani donne ubriache, per quanto sexy e pazze possano essere. 
“Nora, Nora, ferma” sbraitò, cercando inutilmente di arretrare “Sei ubriaca, dai! Non si fa! Non si può! Insomma non va bene, su!”
“Cosa in sta’ zitto e baciami non ti è chiaro, scusa?”
“Non sei in te, dolcezza”
“Ti ho già detto di non chiamarmi dolcezza” soffiò lei, le dita che correvano verso la zip dei pantaloni neri di lui “E’ vagamente maschilista”
“Maschilista?” ansimò Roberto quando la mano di Nora indugiò un attimo di troppo “Non... non è maschilista. E’... carino. Vuole essere gentile.”
“Tu o il dolcezza?”
“Non sono discorsi troppo avanzati per una ragazza ubriaca?”
“Brilla, prego” sorrise divertita lei, alzandosi sulle punte dei piedi per mordicchiargli un labbro “E credevo di essere stata chiara: devi stare zitto”
Roberto aprì la bocca per ribattere, ma le parole morirono assieme agli ultimi neuroni pieni di riguardi non appena il vestito di lei toccò terra.
“Wow” riuscì a malapena a bisbigliare, la gola improvvisamente secca. 
“Sai, non sei proprio il mio tipo” fece Nora, invertendo rapidamente le posizioni. Poggiò il capo contro il muro e sorrise, tirando a sé il ragazzo per un bacio veloce:
“Sei troppo alto” cominciò, mentre le mani di lui le carezzavano i fianchi.
“Uno e novanta non è troppo alto” mugugnò Roberto contro le sue labbra, afferrandola per sollevarla alla sua altezza.
“Per una di appena uno e sessanta lo è” sospirò Nora, circondandogli i fianchi con le gambe “Poi sei riccio. E castano.”
“Problemi di vitale importanza” approvò Roberto, mordicchiandole una spalla mentre le abbassava le spalline del reggiseno.
“Non parlo di problemi veri e propri” fece lei, reprimendo un ansito “Ti sto spiegando perché non sei il mio tipo”
“Cosa molto coerente da fare mentre cerchi di portarti a letto il tuo non-tipo”
“Non a letto, prego. Contro la parete del bagno”
Roberto le baciò il collo e poi sollevò il capo, fissandola negli occhi:
“Dimmi che non sei ubriaca”
“Come?”
“Ho bisogno di sentirtelo dire” 
“Non sono ubriaca”
“Non posso continuare se sei ubriaca”
“Non sono ubriaca”
“Tanto non sono nemmeno il tuo tipo” accennò un sorriso Roberto “Sono troppo alto, riccio e castano. Il tuo tipo è Enrico”
“Non sono ubriaca”
“Peccato solo che Enrico sia gay”
Nora gli afferrò il mento fra due dita e gli scoccò un bacio veloce sulle labbra, la fronte poggiata alla sua mentre ripeteva per l’ultima volta:
“Non sono ubriaca”
Roberto sorrise, stringendosi più a lei:
“Perciò contro la parete del bagno”
“Contro la parete del bagno”
“Tutto quello che vuoi, dolcezza”

 

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