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Autore: AsanoLight    02/10/2013    1 recensioni
Una raccolta di flash-fics e One-shots sul personaggio di Tokitatsu ed il rapporto che ha con il fratello Hirato.
Vari inserti anche sulla pairing Hirakari.
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akari, Hirato, Tokitatsu, Tsukitachi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '♣ Karneval Parade'
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Titolo: Misunderstandings
Pairing: Hirakari
Personaggi: Akari, Hirato, Tokitatsu
Avvertenze: One Shot
Wordcount
: 958




 

«Prego Akari, accomodati pure».

 

Il dottore tacque, impalato all’uscio della porta con i piedi saldamente inchiodati al pavimento e lo sguardo fisso sui due fratelli e sulla pila di documenti ora dispersi tutti sul pregiato parquet dell’ufficio. Deglutì, senza sapere se provare rabbia ed obbedire al suo istinto –che in quell’istante gli suggeriva di sbattere la porta ed andarsene, oppure rimanere basito in preda allo sgomento suscitato da quella vista.

Tokitatsu si riallacciò frettolosamente il colletto della camicia e con altrettanta foga si rifece il nodo della cravatta mentre Hirato, con il petto quasi completamente scoperto, si allontanava da lui permettendogli di rialzarsi dalla scrivania sulla quale l’aveva precedentemente sbattuto.

Notando il silenzio e l’imbarazzo generale, fu il comandante generale del Circus stesso il primo a prendere la parola.

 

«Prima che tu possa saltare a conclusioni affrettate, Akari», disse dunque accigliandosi e dandogli amichevolmente una pacca sulla spalla, le gote ancora rosee dalla bella figura che aveva fatto, «N-Non stava accadendo quello che tu ora pensi stesse succedendo –o, per succedere».

Il dottore si voltò di scatto, con un incendio nella sua occhiata minacciò di incenerire i due fratelli in un battito di ciglia se non avesse ottenuto in breve una spiegazione.

Tokitatsu fece per parlare ma la voce stentorea e tuttavia melliflua di Hirato lo convinse a tacciarsi dandogli la possibilità di spiegarsi.

 

«Akari-san, la tua gelosia quasi mi sorprende», mormorò invece il corvino compiaciuto, avvicinandoglisi e mantenendo la sua maschera di compostezza, «Ma al contempo –aggiunse dunque in un tono più basso e riservato, mi rende felice».

Il ricercatore indietreggiò paonazzo in viso dalla rabbia e dall’impaccio, piegò le rosee sopracciglia fino a creare una linea quasi continua che legava l’estremità di una a quella dell’altra, a mo’ di ‘v’, la fronte corrucciata tanta era la rabbia.

«Di cosa diavolo parli?!», gli berciò contro perdendo tutta la pazienza che aveva cercato di mantenere per sé integra da quando aveva messo piede nella stanza, «Quando sono entrato voi due stavate chiaramente-».

 

Hirato sogghignò.

Come sempre, quando si trattava della sua relazione con il fratello, nulla cominciava mai per caso.

 

 

«Ho sentito che Akari passerà qui più tardi», commentò il comandante della Seconda Nave lanciando un’occhiata d’intesa al maggiore, che allora aveva la testa poggiata sopra il ripiano lucido di noce della scrivania e la giacca che usava portare era appesa all’attaccapanni.

«Sì, dovrebbe passare più tardi», bofonchiò in tono assertivo esalando esausto un respiro, «Speriamo che riesca a non morire di caldo o per quando arriverà non mi troverà vivo».

«Se hai caldo spogliati», suggestionò allora in tono freddo Hirato, come fosse stata la cosa più ovvia del mondo, suscitando la riluttanza del fratello, «Non dovresti avere problemi, no? D’altronde, anche quella volta che hai fatto indossare alla tua segretaria il costume da bagno-».

«Sei mio fratello ma non guardi mai in faccia a nessuno quando si tratta di fare critiche, mi sbaglio forse?», domandò il castano guardandolo perplesso, sollevando di poco il mento dal pianale.

Si alzò dunque dalla scrivania e posò per un istante gli occhi su Hirato con tono di sfida.

 

«Hirato», aggiunse dunque dopo una lunga pausa di riflessione, «Io mi sto davvero annoiando. Facciamo qualcosa di divertente, dai!».

«Lo sai che quando dici così finisci sempre nei gua-»

«Tranquillo, stavolta non sarà così!»

 

Così si erano ritrovati l’uno con le mani addosso all’altro, in una delle solite ridicole competizioni indette da Tokitatsu e prive di senso alle quali, tuttavia, Hirato per qualche ambiguo motivo non sapeva dire di no.

 

Il primo a spogliare l’altro della propria camicia avrebbe vinto.

“Cosa” ancora non si sapeva, ma l’importante era vincere, non importava come.

 

Hirato aveva capito che stava per essere battuto al gioco del fratello così aveva deciso di imporsi con la forza sul suo corpo, sbattendolo con la schiena sulla scrivania e facendo volare le pile di documenti a terra.

Ma per quando era riuscito a sciogliere il complicato nodo della cravatta di Tokitatsu e scoprire il suo petto, Akari era già entrato e Tokitatsu aveva vinto la sua partita.

 

 

***

 

 

Akari ascoltò basito la storia, amareggiato, sorseggiando del bollente Darjeeling Tea.

Per l’intera conversazione non aveva fatto altro che altalenare lo sguardo posandolo ora su Tokitatsu ora su Hirato, ora perplesso, ora severamente inquisitore.

 

Aveva il cuore di Hirato, aveva i suoi sentimenti, la sua fiducia, il suo corpo, il suo amore.

Eppure c’era qualcosa che gli sfuggiva. Quando Hirato era con il fratello tendeva ad essere diverso.

C’era qualcosa che invidiava al comandante generale del Circus.

Forse il fatto che Hirato non avesse avuto bisogno di maschere con lui.

Tokitatsu sapeva tutto di Hirato, cose che lui non avrebbe mai potuto sapere.

 

 

«Akari»

La voce del comandante lo riportò alla realtà.

Aprì gli occhi e si accorse di essere nella sua camera. Sbuffò gettandosi stanco all’indietro e si passò una mano tra gli spettinati rosei capelli.

«Beh, cosa aspetti?», domandò irritato, «Ho abbassato la guardia, puoi saltarmi addosso quando vuoi».

«E’ questo ciò che vuole Akari?», chiese perplesso Hirato, sfiorandogli la fronte e depositandovi un affettuoso bacio, «Sesso violento come una bestia? Pensavo cercassi amore».

«O vuoi forse sfogare la frustrazione dopo la vista di oggi?», chiese pungente.

Akari digrignò i denti ma non rispose alla provocazione ignorandolo e suscitandogli un sorriso soddisfatto.

 

«Se c’è qualcosa che vuoi chiedermi Akari, io sono qui, non fuggo».

 

Sì, dimmi, dimmi della tua storia, della tua famiglia, delle tue paure, dei tuoi sogni. Parlami parlami di quello che eri, rivelati e getta la maschera”.

 

Una luce di flebile speranza si accese negli occhi del comandante ma si spense non appena vide Akari voltarsi dall’altro lato del letto, grugnendo mentre arrossiva in volto.

 

«Non dire idiozie e dormi»

 

Non sarebbe mai riuscito a chiederglielo.

   
 
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